TullianFineide.
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Gimand
Luciano Baroni
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Re: TullianFineide.
http://sarcastycon.files.wordpress.com/2010/10/fanta.jpg
http://sarcastycon.files.wordpress.com/2010/10/mysuper.jpg
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Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
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Re: TullianFineide.
Francesco Storace (La Destra)
08:00
L’approccio è cauto: le carte pubblicate dai giornali sulla vicenda della casa di Montecarlo «fanno trapelare più di qualche dubbio sulla richiesta di archiviazione dei pm». Ma la sostanza è chiara: la Destra non mollerà Fini fin tanto che la
http://www.ilgiornale.it/interni/francesco_storace_la_destra/31-10-2010/articolo-id=483728-page=0-comments=1
La casa venduta sottocosto? «C’era puzza...»
ore 08:00
Dalle versioni delle segretarie di Fini e di Pontone, prese a verbale dai pm di Roma, saltano fuori dettagli interessanti. E una curiosa, precisa, concordanza di ricordi, diretti o de relato, sul «cattivo odore» che proveniva dagli appartamenti
http://www.ilgiornale.it/interni/la_casa_venduta_sottocosto_cera_puzza/31-10-2010/articolo-id=483724-page=0-comments=1
Crescono i dubbi, altre 10 domande ai Pm
di Massimo Malpica
ore 08:00
La lettura degli atti non chiarisce affatto le perplessità: perché il presidente della Camera è stato indagato per un solo giorno? E perché non è stato convocato in Procura come Pontone, accusato dello stesso reato?
http://www.ilgiornale.it/interni/crescono_dubbi_altre_10_domande_pm/31-10-2010/articolo-id=483726-page=0-comments=1
Giancarlo Lehner (Pdl)
ore 08:00
Una giustizia a due velocità. Il sospetto che si è levato da più parti - non ultimo dalle colonne di questo Giornale - attanaglia anche la stessa maggioranza di governo. Tanto da spingere alcuni esponenti del Pdl a chiedere interventi chiarificatori
http://www.ilgiornale.it/interni/giancarlo_lehner_pdl/31-10-2010/articolo-id=483729-page=0-comments=1
Salvati e senza gogna, ecco i cocchi dei Pm
http://www.ilgiornale.it/interni/salvati_e_senza_gogna_ecco_cocchi_pm/31-10-2010/articolo-id=483732-page=0-comments=1
La «libera» stampa grazia Fini: gara a occultare l’affaire Tulliani
http://www.ilgiornale.it/interni/la_libera_stampa_grazia_fini_gara_occultare_laffaire_tulliani/31-10-2010/articolo-id=483730-page=0-comments=1
«Sospetti sulla stima del prezzo, subito la proroga delle indagini»
http://www.ilgiornale.it/interni/sospetti_stima_prezzo_subito_proroga_indagini/31-10-2010/articolo-id=483731-page=0-comments=1
08:00
L’approccio è cauto: le carte pubblicate dai giornali sulla vicenda della casa di Montecarlo «fanno trapelare più di qualche dubbio sulla richiesta di archiviazione dei pm». Ma la sostanza è chiara: la Destra non mollerà Fini fin tanto che la
http://www.ilgiornale.it/interni/francesco_storace_la_destra/31-10-2010/articolo-id=483728-page=0-comments=1
La casa venduta sottocosto? «C’era puzza...»
ore 08:00
Dalle versioni delle segretarie di Fini e di Pontone, prese a verbale dai pm di Roma, saltano fuori dettagli interessanti. E una curiosa, precisa, concordanza di ricordi, diretti o de relato, sul «cattivo odore» che proveniva dagli appartamenti
http://www.ilgiornale.it/interni/la_casa_venduta_sottocosto_cera_puzza/31-10-2010/articolo-id=483724-page=0-comments=1
Crescono i dubbi, altre 10 domande ai Pm
di Massimo Malpica
ore 08:00
La lettura degli atti non chiarisce affatto le perplessità: perché il presidente della Camera è stato indagato per un solo giorno? E perché non è stato convocato in Procura come Pontone, accusato dello stesso reato?
http://www.ilgiornale.it/interni/crescono_dubbi_altre_10_domande_pm/31-10-2010/articolo-id=483726-page=0-comments=1
Giancarlo Lehner (Pdl)
ore 08:00
Una giustizia a due velocità. Il sospetto che si è levato da più parti - non ultimo dalle colonne di questo Giornale - attanaglia anche la stessa maggioranza di governo. Tanto da spingere alcuni esponenti del Pdl a chiedere interventi chiarificatori
http://www.ilgiornale.it/interni/giancarlo_lehner_pdl/31-10-2010/articolo-id=483729-page=0-comments=1
Salvati e senza gogna, ecco i cocchi dei Pm
http://www.ilgiornale.it/interni/salvati_e_senza_gogna_ecco_cocchi_pm/31-10-2010/articolo-id=483732-page=0-comments=1
La «libera» stampa grazia Fini: gara a occultare l’affaire Tulliani
http://www.ilgiornale.it/interni/la_libera_stampa_grazia_fini_gara_occultare_laffaire_tulliani/31-10-2010/articolo-id=483730-page=0-comments=1
«Sospetti sulla stima del prezzo, subito la proroga delle indagini»
http://www.ilgiornale.it/interni/sospetti_stima_prezzo_subito_proroga_indagini/31-10-2010/articolo-id=483731-page=0-comments=1
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: TullianFineide.
Il ricatto di Fini: vuole bloccare la Camera
di Francesco Cramer
ore 08:00
Un inedito nella storia della Repubblica, il presidente di Montecitorio annuncia l’ostruzionismo: «Faremo interdizione» È l’ennesima prova che non è più un arbitro, ma un capo di partito. Poi fa il dipietrista: «Il Lodo? Non è una priorità»
http://www.ilgiornale.it/interni/il_ricatto_fini_vuole_bloccare_camera/01-11-2010/articolo-id=483935-page=0-comments=1
«Dopo Perugia via dal governo» Il lodo Granata fa infuriare il Fli
ore 08:00
RomaFuori dal governo: dopo Perugia, «passeremo all’appoggio esterno». Ma stavolta la granata di Granata, oltre a un po’ di rumore, fa danni solo dentro Fli. Il deputato finiano infatti, nel suo blog, dà un altro strattone: «Bisogna aprire una fase
http://www.ilgiornale.it/interni/dopo_perugia_via_governo_il_lodo_granata_fa_infuriare_fli/01-11-2010/articolo-id=483936-page=0-comments=1
lo spillo
ore 08:00
Se per provare la gravità basta la mela di Newton, per spiegare le «parti correlate» delle Spa può bastare una casa a Montecarlo. Accade sulle pagine del «Sole24Ore», dove l’editorialista Luigi Zingales utilizza la cessione dell’appartamento di An al
http://www.ilgiornale.it/interni/spillo/01-11-2010/articolo-id=483939-page=0-comments=1
IL SEGRETARIO «LA DESTRA» 4 FRANCESCO STORACE
di Antonio Signorini - 08:00
Roma«Ma che faccia tosta». Francesco Storace è saltato sulla sedia quando ha letto i resoconti della convention di Generazione Italia con Gianfranco Fini, al teatro Adriano di Roma. E non per la folla. «Erano pochi - assicura il leader della Destra -
http://www.ilgiornale.it/interni/il_segretario_la_destra_4_francesco_storace/01-11-2010/articolo-id=483938-page=0-comments=1
Lettera al giudice «condannato»...
di Redazione
http://www.ilgiornale.it/interni/lettera_giudice_condannato_fare_larchivista/01-11-2010/articolo-id=483928-page=0-comments=1
di Francesco Cramer
ore 08:00
Un inedito nella storia della Repubblica, il presidente di Montecitorio annuncia l’ostruzionismo: «Faremo interdizione» È l’ennesima prova che non è più un arbitro, ma un capo di partito. Poi fa il dipietrista: «Il Lodo? Non è una priorità»
http://www.ilgiornale.it/interni/il_ricatto_fini_vuole_bloccare_camera/01-11-2010/articolo-id=483935-page=0-comments=1
«Dopo Perugia via dal governo» Il lodo Granata fa infuriare il Fli
ore 08:00
RomaFuori dal governo: dopo Perugia, «passeremo all’appoggio esterno». Ma stavolta la granata di Granata, oltre a un po’ di rumore, fa danni solo dentro Fli. Il deputato finiano infatti, nel suo blog, dà un altro strattone: «Bisogna aprire una fase
http://www.ilgiornale.it/interni/dopo_perugia_via_governo_il_lodo_granata_fa_infuriare_fli/01-11-2010/articolo-id=483936-page=0-comments=1
lo spillo
ore 08:00
Se per provare la gravità basta la mela di Newton, per spiegare le «parti correlate» delle Spa può bastare una casa a Montecarlo. Accade sulle pagine del «Sole24Ore», dove l’editorialista Luigi Zingales utilizza la cessione dell’appartamento di An al
http://www.ilgiornale.it/interni/spillo/01-11-2010/articolo-id=483939-page=0-comments=1
IL SEGRETARIO «LA DESTRA» 4 FRANCESCO STORACE
di Antonio Signorini - 08:00
Roma«Ma che faccia tosta». Francesco Storace è saltato sulla sedia quando ha letto i resoconti della convention di Generazione Italia con Gianfranco Fini, al teatro Adriano di Roma. E non per la folla. «Erano pochi - assicura il leader della Destra -
http://www.ilgiornale.it/interni/il_segretario_la_destra_4_francesco_storace/01-11-2010/articolo-id=483938-page=0-comments=1
Lettera al giudice «condannato»...
di Redazione
http://www.ilgiornale.it/interni/lettera_giudice_condannato_fare_larchivista/01-11-2010/articolo-id=483928-page=0-comments=1
Ultima modifica di Luciano Baroni il Mar Nov 02, 2010 4:22 pm - modificato 2 volte.
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: TullianFineide.
Berlusconi su Ruby: "Solo solidarietà
Meglio passione per le donne che gay"
ore 13:58
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44 commenti
lancio video
All’inaugurazione del Salone del ciclo e del motociclo di Milano il presidente del Consiglio scherza sulla ragazza oggetto delle polemiche degli ultimi giorni: "Ho un problemino, avrei da sistemare una certa Ruby in uno di questi stand". Poi continua: "Sono fatto così, ma è meglio essere appassionato di belle ragazze che gay". E sul governo: "All'ultimo vertice europeo abbiamo fatto molti gol"
http://www.ilgiornale.it/interni/berlusconi_ruby_solo_solidarieta_meglio_passione_donne_che_gay/salone_moto_milano-ruby-berlusconi-governo/02-11-2010/articolo-id=484274-page=0-comments=1
L'Arcigay e Di Pietro infuriati col premier: "Si scusi" Ma VAFFANCULO !!!
http://www.ilgiornale.it/interni/larcigay_si_scusi_omosessuali_e_donne/arcigay-pietro-omosessuali-berlusconi/02-11-2010/articolo-id=484276-page=0-comments=1
INTERNI Inchiesta Palermo, inviati tutti gli atti a Milano
ore 12:29
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commenti
Il procuratore Messineo sull'inchiesta che coinvolgerebbe uomini dell'entourage del premier: "Stiamo mandando tutti gli atti istruttori relativi ai presunti festini di cui parla oggi la stampa alla procura di Milano". Anche la procura di Palermo va a caccia di escort
Per incastrare il Cav la Boccassini interroga a Ognissanti
COMMENTO Un'altra escort, che barba / di S. Tramontano
INTERNI Ultimatum del Pdl ai finiani: "Dentro o fuori"
di Laura Cesaretti - ore 09:31
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30 commenti
I capigruppo del Popolo della libertà mettono alle strette gli ex compagni di partito: "Futuro e libertà confermi la fiducia o apra la crisi". La replica di Viespoli e Bocchino: "Non stacchiamo la spina". Ma c’è anche chi rilancia l’ipotesi dell’appoggio esterno al governo
http://www.ilgiornale.it/interni/ultimatum_pdl_finiani_dentro_o_fuori/02-11-2010/articolo-id=484107-page=0-comments=1
Lega con Silvio: rivolta di popolo se fanno il ribaltone
http://www.ilgiornale.it/interni/la_lega_sta_silvio_rivolta_popolo_se_fanno_ribaltone/02-11-2010/articolo-id=484103-page=0-comments=1
La Merkel fa cucù a "Repubblica": confermato il vertice con l'Italia
http://www.ilgiornale.it/interni/la_merkel_fa_cucu_repubblica_confermato_vertice_litalia/02-11-2010/articolo-id=484268-page=0-comments=1
INTERNI Montecarlo, bonifici all’estero sospetti di Tulliani
ore 08:50
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28 commenti
La procura ha fatto accertamenti bancari sul cognato dell’ex leader di An, gli indizi dicono che è lui il proprietario della casa. Ma non lo ha indagato. Però ha chiesto sue notizie a tutti i testimoni
http://www.ilgiornale.it/interni/montecarlo_bonifici_allestero_sospetti_tulliani/02-11-2010/articolo-id=484110-page=0-comments=1
COMMENTO Ora il rischio è la libertà di truffa
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=484267#commenta
Anche se dovrebbe stare più attento ad aprire casa sua, GRANDE Silvio !!!
Meglio passione per le donne che gay"
ore 13:58
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All’inaugurazione del Salone del ciclo e del motociclo di Milano il presidente del Consiglio scherza sulla ragazza oggetto delle polemiche degli ultimi giorni: "Ho un problemino, avrei da sistemare una certa Ruby in uno di questi stand". Poi continua: "Sono fatto così, ma è meglio essere appassionato di belle ragazze che gay". E sul governo: "All'ultimo vertice europeo abbiamo fatto molti gol"
http://www.ilgiornale.it/interni/berlusconi_ruby_solo_solidarieta_meglio_passione_donne_che_gay/salone_moto_milano-ruby-berlusconi-governo/02-11-2010/articolo-id=484274-page=0-comments=1
L'Arcigay e Di Pietro infuriati col premier: "Si scusi" Ma VAFFANCULO !!!
http://www.ilgiornale.it/interni/larcigay_si_scusi_omosessuali_e_donne/arcigay-pietro-omosessuali-berlusconi/02-11-2010/articolo-id=484276-page=0-comments=1
INTERNI Inchiesta Palermo, inviati tutti gli atti a Milano
ore 12:29
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Il procuratore Messineo sull'inchiesta che coinvolgerebbe uomini dell'entourage del premier: "Stiamo mandando tutti gli atti istruttori relativi ai presunti festini di cui parla oggi la stampa alla procura di Milano". Anche la procura di Palermo va a caccia di escort
Per incastrare il Cav la Boccassini interroga a Ognissanti
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INTERNI Ultimatum del Pdl ai finiani: "Dentro o fuori"
di Laura Cesaretti - ore 09:31
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I capigruppo del Popolo della libertà mettono alle strette gli ex compagni di partito: "Futuro e libertà confermi la fiducia o apra la crisi". La replica di Viespoli e Bocchino: "Non stacchiamo la spina". Ma c’è anche chi rilancia l’ipotesi dell’appoggio esterno al governo
http://www.ilgiornale.it/interni/ultimatum_pdl_finiani_dentro_o_fuori/02-11-2010/articolo-id=484107-page=0-comments=1
Lega con Silvio: rivolta di popolo se fanno il ribaltone
http://www.ilgiornale.it/interni/la_lega_sta_silvio_rivolta_popolo_se_fanno_ribaltone/02-11-2010/articolo-id=484103-page=0-comments=1
La Merkel fa cucù a "Repubblica": confermato il vertice con l'Italia
http://www.ilgiornale.it/interni/la_merkel_fa_cucu_repubblica_confermato_vertice_litalia/02-11-2010/articolo-id=484268-page=0-comments=1
INTERNI Montecarlo, bonifici all’estero sospetti di Tulliani
ore 08:50
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La procura ha fatto accertamenti bancari sul cognato dell’ex leader di An, gli indizi dicono che è lui il proprietario della casa. Ma non lo ha indagato. Però ha chiesto sue notizie a tutti i testimoni
http://www.ilgiornale.it/interni/montecarlo_bonifici_allestero_sospetti_tulliani/02-11-2010/articolo-id=484110-page=0-comments=1
COMMENTO Ora il rischio è la libertà di truffa
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=484267#commenta
Anche se dovrebbe stare più attento ad aprire casa sua, GRANDE Silvio !!!
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: TullianFineide.
Non è mica Fini-ta : sono 72 di menzogna, non si è ancora dimesso come da promessa.
http://www.ilgiornale.it/interni/montecarlo_bonifici_allestero_sospetti_tulliani/02-11-2010/articolo-id=484110-page=0-comments=1
Sul link sottostante, fossi Tremonti diramerei una circolare.
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=484267#commenta
http://www.ilgiornale.it/interni/montecarlo_bonifici_allestero_sospetti_tulliani/02-11-2010/articolo-id=484110-page=0-comments=1
Sul link sottostante, fossi Tremonti diramerei una circolare.
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=484267#commenta
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: TullianFineide.
http://www.ilgiornale.it/interni/la_cassazione_tiene_mollo_bravata_subacqueo_fini/03-11-2010/articolo-id=484332-page=0-comments=1
Sono passate oltre 90 ore dall'accertamento della Procura di Roma, che il "cognato" è il proprietario dell'appartamento off-shore : DIMISSIONI!
Favori e spinte, dritte e colloqui Ma Gianfry fa telefonare gli altri
http://www.ilgiornale.it/interni/favori_e_spinte_dritte_e_colloqui_ma_gianfry_fa_telefonare_altri/03-11-2010/articolo-id=484333-page=0-comments=1
Sono passate oltre 90 ore dall'accertamento della Procura di Roma, che il "cognato" è il proprietario dell'appartamento off-shore : DIMISSIONI!
Favori e spinte, dritte e colloqui Ma Gianfry fa telefonare gli altri
http://www.ilgiornale.it/interni/favori_e_spinte_dritte_e_colloqui_ma_gianfry_fa_telefonare_altri/03-11-2010/articolo-id=484333-page=0-comments=1
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Non ci sono mica belle notizie.
Casa di Montecarlo, Fini incastrato dal catastodi Stefano Zurlo - 08:00
La rivelazione nell’ultimo libro di Vespa: il valore fiscale dell’immobile nel 2000 all’atto della registrazione era di 381mila euro Molto più alto di quanto incassato dal partito nel 2008 dalla società off-shore Printemps. Che fa capo a Giancarlo Tulliani
http://www.ilgiornale.it/interni/casa_montecarlo_fini_incastrato_catasto/06-11-2010/articolo-id=484975-page=0-comments=1
Quei rapporti pericolosi di Strano il finiano legato ai boss catanesi
di Gian Marco Chiocci
ore 08:00
La carte dei magistrati siciliani che hanno smantellato il clan Santapaola «L’ex senatore era disposto a favorire i familiari dei mafiosi finiti in cella»
http://www.ilgiornale..it/interni/quei_rapporti_pericolosi_strano_finiano_legato_boss_catanesi/06-11-2010/articolo-id=484972-page=0-comments=1
Quante macchie nell’album della famiglia Fli
di Massimo Malpica
ore 08:00
Come autocandidato al titolo di «partito della legalità», Futuro e libertà non sembra avere esattamente il curriculum giusto. Nella corsa all’arruolamento le truppe finiane da un lato insistono con slogan tra moralismo e duropurismo, dall’altro
http://www.ilgiornale.it/interni/quante_macchie_nellalbum_famiglia_fli/06-11-2010/articolo-id=484973-page=0-comments=1
Il vertice prima di Perugia
di Francesco Cramer
ore 08:00
RomaAlla fine, stretto tra falchi e colombe, Fini farà il corvo. Un volo frenetico, convulso, a rischio crollo. Strappo sì o strappo no? Domani probabilmente ni. Una via di mezzo, come ha fatto finora, col solo e unico obiettivo di sfibrare
http://www.ilgiornale.it/interni/il_vertice_prima_perugia/06-11-2010/articolo-id=484977-page=0-comments=1
La rivelazione nell’ultimo libro di Vespa: il valore fiscale dell’immobile nel 2000 all’atto della registrazione era di 381mila euro Molto più alto di quanto incassato dal partito nel 2008 dalla società off-shore Printemps. Che fa capo a Giancarlo Tulliani
http://www.ilgiornale.it/interni/casa_montecarlo_fini_incastrato_catasto/06-11-2010/articolo-id=484975-page=0-comments=1
Quei rapporti pericolosi di Strano il finiano legato ai boss catanesi
di Gian Marco Chiocci
ore 08:00
La carte dei magistrati siciliani che hanno smantellato il clan Santapaola «L’ex senatore era disposto a favorire i familiari dei mafiosi finiti in cella»
http://www.ilgiornale..it/interni/quei_rapporti_pericolosi_strano_finiano_legato_boss_catanesi/06-11-2010/articolo-id=484972-page=0-comments=1
Quante macchie nell’album della famiglia Fli
di Massimo Malpica
ore 08:00
Come autocandidato al titolo di «partito della legalità», Futuro e libertà non sembra avere esattamente il curriculum giusto. Nella corsa all’arruolamento le truppe finiane da un lato insistono con slogan tra moralismo e duropurismo, dall’altro
http://www.ilgiornale.it/interni/quante_macchie_nellalbum_famiglia_fli/06-11-2010/articolo-id=484973-page=0-comments=1
Il vertice prima di Perugia
di Francesco Cramer
ore 08:00
RomaAlla fine, stretto tra falchi e colombe, Fini farà il corvo. Un volo frenetico, convulso, a rischio crollo. Strappo sì o strappo no? Domani probabilmente ni. Una via di mezzo, come ha fatto finora, col solo e unico obiettivo di sfibrare
http://www.ilgiornale.it/interni/il_vertice_prima_perugia/06-11-2010/articolo-id=484977-page=0-comments=1
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: TullianFineide.
E non è mica finita con questi articoli : GianFrego e Pontone SONO indagati, hanno sbagliato nei 10 giorni scorsi i giornalisti ( apposta ? ) a scrivere che erano stati indagati un giorno e subito "ripuliti" dall'essere stati iscritti nel registro degli indagati : quindi, da oltre 10 giorni il GianFrego se ne fotte di aver scritto e detto a tout le monde che si sarebbe dimesso se risultava il "cognatino Elisabbetto" proprietario e che quando "qualcuno è indagato DEVE fare un passo indietro".
Ma solo per gli altri della politica e/o del Governo ?
Non vale a maggior ragione per una carica "Istituzionale" ?
Ma solo per gli altri della politica e/o del Governo ?
Non vale a maggior ragione per una carica "Istituzionale" ?
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: TullianFineide.
sabato 6 novembre 2010, pagina 1
Bugie ai pm per salvare Gianfranco - Le balle dette ai pm per salvare Gianfranco
di Franco Bechis
La casa di Montecarlo / Il tesoriere di An ha mentito Bugie ai pm per salvare Gianfranco Le balle dette ai pm per salvare Gianfranco L'ex tesoriere di An Pontone ha spiegato ai magistrati di aver visitato la casa di Montecarlo nel 2000 e di averla vista fatiscente. Ma le chiavi sono rimaste sotto sequestro fino al 2002
FINI INDAGATO
L'attuale senatore diRi avrebbe mentito per tutelare il suo leader. Il quale, peraltro, è ancora indagato: il gip deve decidere sulla domanda di archiviazione di FRANCO BECHIS
L'ex tesoriere di Alleanza nazionale, Francesco Pontone, ha dichiarato il falso al pubblico ministero di Roma che stava indagando sulla vendita della casa di Montecarlo, poi finita nella disponibilità di Giancarlo Tulliani, cognato di Gianfranco Fini. Nell'interrogatorio reso ancora come persona informata dei fatti il 14 settembre scorso il senatore Pontone ha dichiarato infatti di avere visitato nel 2000 a Montecarlo la casa lasciata in eredità ad An "per la buona battaglia" dalla contessa Anna Maria Colleoni e di averla trovata in stato fatiscente. La versione era stata contraddetta da un altro parlamentare di An, Antonino Caruso, che agli stessi magistrati romani ha spiegato di essersi sì recato con Pontone in boulevard Princesse Charlotte, ma di non avere potuto visitare l'appartamento perché non avevano con sé le chiavi. Poteva sembrare una svista o un diverso ricordo dei due. Invece esaminando la documentazione inviata dal principato di Monaco in risposta alla rogatoria della procura di Roma, c'è la prova che davanti ai magistrati Pontone ha mentito e Caruso detta la verità.
Un documento del tribunale di primo grado di Monaco certifica infatti che non era consentito l'ingresso nell'appartamento (le chiavi erano sotto sequestro giudiziario in attesa della definizione del passaggio ereditario) se non su autorizzazione scritta dello stesso tribunale. L'autorizzazione è stata concessa per la prima (e definitiva) volta nell'agosto 2002, vale a dire due anni dopo la presunta visita di Pontone. Non è un particolare da poco, perché quella dichiarazione sulla fatiscenza dell'appartamento è fra gli elementi decisivi della proposta di archiviazione del reato di truffa per Fini e Pontone firmata dal procuratore aggiunto di Roma, Pierfilippo Laviani. Quel documento giunto per rogatoria e in un primo tempo sottovalutato dalla procura rischia ora di cambiare il corso del procedimento. Come si sa l'archiviazione proposta dalla procura il 26 ottobre scorso ha coinciso con l'iscrizione nel registro degli indagati sia di Fini che di Pontone. Erroneamente sulla stampa del giorno dopo (non su Libero) si è scritto che Fini e Pontone sono stati indagati solo per un giorno. Oggi - 6 novembre - è il 12° giorno in cui Fini (come Pontone) riveste la scomoda qualifica di indagato. Resterà indagato ancora per giorni, minimo fino a quando il gip deciderà in udienza preliminare se accogliere la proposta di archiviazione della procura o stabilire nuove indagini da fare e nuove prove da acquisire. Sarà un indagato quindi a comiziare questo week end a Perugia sui problemi della giustizia. L'interrogatorio di Pontone sarà peraltro al centro della opposizione alla richiesta di archiviazione che lunedì prossimo l'avvocato Marco Di Andrea e Roberto Buonasorte depositeranno in procura. I due - esponenti della Destra di Francesco Storace, ma anche ex dirigenti di An a Monterotondo e amici della contessa Colleoni che presentarono a Fini - diedero ad agosto il via all'inchiesta sulla casa di Montecarlo presentando alla procura di Roma denuncia per truffa a carico di ignoti. I presunti truffatori sono stati poi identificati in Fini e Pontone proprio dai magistrati romani.. Nelle oltre cento pagine della opposizione all'archiviazione Di Andrea e Buonasorte chiedono al gip di procedere nei confronti di Pontone per un nuovo reato, quello sulle «false dichiarazioni al pubblico ministero stabilito dall'articolo 371 bis del codice penale». E - nel caso con i nuovi elementi di prova indicati e le nuove testimonianze che si chiede di acquisire venisse accertato il reato di truffa - si chiede di procedere nei confronti di Pontone anche per il reato di "favoreggiamento personale" ai sensi dell'articolo 378 del codice penale. Per il tesoriere di An c'è anche una buona notizia: i due legali chiedono invece per lui l'archiviazione dal reato di truffa, ritenendo Pontone la vittima della trama e non l'organizzatore. Secondo D'Andrea e Buonasorte sarebbe stato lui ad essere con artifizio raggirato, e la sua colpa sarebbe solo quella di essere davvero «un galantuomo anche per avere tentato fino alla fine di agevolare la posizione del suo dominus». La falsa comunicazione al pm sarebbe avvenuta quindi solo per salvare Fini dai guai. Chi sarebbe stato allora l'autore della truffa?
Nell'opposizione all'archiviazione si fanno due ipotesi. Nella principale si chiede al gip un supplemento di indagini su Fini, per accertare se sia stato lui il responsabile della truffa in concorso con Donato La Morte, Giancarlo Tulliani e Rita Marino con artifizio e raggiro nei confronti dello stesso Pontone. In subordine, una volta proceduto all'interrogatorio di Fini, si chiede di accertare se non sia stato l'ex presidente di An il raggirato e quindi se il reato di truffa non sia stato commesso da suo cognato, Giancarlo Tulliani in concorso con Donato La Morte e Rita Marino. Naturalmente per potere stabilire l'esistenza dell'una o dell'altra ipotesi diventa fondamentale indagare ancora sul prezzo di vendita dell'appartamento, acquisendo anche le fatture dei lavori di ristrutturazione effettuati (unico reale indice dello stato di abbandono dell'appartamento) e procedere agli interrogatori sia di Fini che di Tulliani che incomprensibilmente non sono stati effettuati dalla procura durante le indagini preliminari.
Bugie ai pm per salvare Gianfranco - Le balle dette ai pm per salvare Gianfranco
di Franco Bechis
La casa di Montecarlo / Il tesoriere di An ha mentito Bugie ai pm per salvare Gianfranco Le balle dette ai pm per salvare Gianfranco L'ex tesoriere di An Pontone ha spiegato ai magistrati di aver visitato la casa di Montecarlo nel 2000 e di averla vista fatiscente. Ma le chiavi sono rimaste sotto sequestro fino al 2002
FINI INDAGATO
L'attuale senatore diRi avrebbe mentito per tutelare il suo leader. Il quale, peraltro, è ancora indagato: il gip deve decidere sulla domanda di archiviazione di FRANCO BECHIS
L'ex tesoriere di Alleanza nazionale, Francesco Pontone, ha dichiarato il falso al pubblico ministero di Roma che stava indagando sulla vendita della casa di Montecarlo, poi finita nella disponibilità di Giancarlo Tulliani, cognato di Gianfranco Fini. Nell'interrogatorio reso ancora come persona informata dei fatti il 14 settembre scorso il senatore Pontone ha dichiarato infatti di avere visitato nel 2000 a Montecarlo la casa lasciata in eredità ad An "per la buona battaglia" dalla contessa Anna Maria Colleoni e di averla trovata in stato fatiscente. La versione era stata contraddetta da un altro parlamentare di An, Antonino Caruso, che agli stessi magistrati romani ha spiegato di essersi sì recato con Pontone in boulevard Princesse Charlotte, ma di non avere potuto visitare l'appartamento perché non avevano con sé le chiavi. Poteva sembrare una svista o un diverso ricordo dei due. Invece esaminando la documentazione inviata dal principato di Monaco in risposta alla rogatoria della procura di Roma, c'è la prova che davanti ai magistrati Pontone ha mentito e Caruso detta la verità.
Un documento del tribunale di primo grado di Monaco certifica infatti che non era consentito l'ingresso nell'appartamento (le chiavi erano sotto sequestro giudiziario in attesa della definizione del passaggio ereditario) se non su autorizzazione scritta dello stesso tribunale. L'autorizzazione è stata concessa per la prima (e definitiva) volta nell'agosto 2002, vale a dire due anni dopo la presunta visita di Pontone. Non è un particolare da poco, perché quella dichiarazione sulla fatiscenza dell'appartamento è fra gli elementi decisivi della proposta di archiviazione del reato di truffa per Fini e Pontone firmata dal procuratore aggiunto di Roma, Pierfilippo Laviani. Quel documento giunto per rogatoria e in un primo tempo sottovalutato dalla procura rischia ora di cambiare il corso del procedimento. Come si sa l'archiviazione proposta dalla procura il 26 ottobre scorso ha coinciso con l'iscrizione nel registro degli indagati sia di Fini che di Pontone. Erroneamente sulla stampa del giorno dopo (non su Libero) si è scritto che Fini e Pontone sono stati indagati solo per un giorno. Oggi - 6 novembre - è il 12° giorno in cui Fini (come Pontone) riveste la scomoda qualifica di indagato. Resterà indagato ancora per giorni, minimo fino a quando il gip deciderà in udienza preliminare se accogliere la proposta di archiviazione della procura o stabilire nuove indagini da fare e nuove prove da acquisire. Sarà un indagato quindi a comiziare questo week end a Perugia sui problemi della giustizia. L'interrogatorio di Pontone sarà peraltro al centro della opposizione alla richiesta di archiviazione che lunedì prossimo l'avvocato Marco Di Andrea e Roberto Buonasorte depositeranno in procura. I due - esponenti della Destra di Francesco Storace, ma anche ex dirigenti di An a Monterotondo e amici della contessa Colleoni che presentarono a Fini - diedero ad agosto il via all'inchiesta sulla casa di Montecarlo presentando alla procura di Roma denuncia per truffa a carico di ignoti. I presunti truffatori sono stati poi identificati in Fini e Pontone proprio dai magistrati romani.. Nelle oltre cento pagine della opposizione all'archiviazione Di Andrea e Buonasorte chiedono al gip di procedere nei confronti di Pontone per un nuovo reato, quello sulle «false dichiarazioni al pubblico ministero stabilito dall'articolo 371 bis del codice penale». E - nel caso con i nuovi elementi di prova indicati e le nuove testimonianze che si chiede di acquisire venisse accertato il reato di truffa - si chiede di procedere nei confronti di Pontone anche per il reato di "favoreggiamento personale" ai sensi dell'articolo 378 del codice penale. Per il tesoriere di An c'è anche una buona notizia: i due legali chiedono invece per lui l'archiviazione dal reato di truffa, ritenendo Pontone la vittima della trama e non l'organizzatore. Secondo D'Andrea e Buonasorte sarebbe stato lui ad essere con artifizio raggirato, e la sua colpa sarebbe solo quella di essere davvero «un galantuomo anche per avere tentato fino alla fine di agevolare la posizione del suo dominus». La falsa comunicazione al pm sarebbe avvenuta quindi solo per salvare Fini dai guai. Chi sarebbe stato allora l'autore della truffa?
Nell'opposizione all'archiviazione si fanno due ipotesi. Nella principale si chiede al gip un supplemento di indagini su Fini, per accertare se sia stato lui il responsabile della truffa in concorso con Donato La Morte, Giancarlo Tulliani e Rita Marino con artifizio e raggiro nei confronti dello stesso Pontone. In subordine, una volta proceduto all'interrogatorio di Fini, si chiede di accertare se non sia stato l'ex presidente di An il raggirato e quindi se il reato di truffa non sia stato commesso da suo cognato, Giancarlo Tulliani in concorso con Donato La Morte e Rita Marino. Naturalmente per potere stabilire l'esistenza dell'una o dell'altra ipotesi diventa fondamentale indagare ancora sul prezzo di vendita dell'appartamento, acquisendo anche le fatture dei lavori di ristrutturazione effettuati (unico reale indice dello stato di abbandono dell'appartamento) e procedere agli interrogatori sia di Fini che di Tulliani che incomprensibilmente non sono stati effettuati dalla procura durante le indagini preliminari.
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: TullianFineide.
Questa ve la metto tutta, è un'intervista ad un quotidiano tedesco lo stesso giorno di Badia Umbra, che vi fa capire qualcosa di più del perchè è giusta la vignetta.
martedì 09 novembre 2010, 08:00
Gianfranco racconta bugie pure ai tedeschi: "Questa maggioranza arriverà al 2013"
di Salvo Mazzolini
Berlino È volubile e disinvolto Gianfranco Fini nelle sue esternazioni. Ora dice una cosa, ora un'altra a seconda delle circostanze, degli interlocutori e degli umori. E questo si sapeva. Ciò che invece non si conosceva è la sua capacità di dire cose diverse, anzi diametralmente opposte, nello stesso giorno, pressappoco nelle stesse ore, quasi in simultanea. Un’acrobazia dialettica che a Fini è riuscita domenica mentre a Perugia consumava lo strappo con Berlusconi, con il Popolo della libertà e l’attuale maggioranza governativa. Nello stesso giorno, infatti, sul più diffuso domenicale tedesco, il Welt am Sonntag, è uscita un’intervista in cui l’ex-leader del Msi e di Alleanza nazionale, cofondatore del Pdl e ora fondatore di Futuro e libertà dice tutto il contrario di quanto detto nel capoluogo umbro.
Dimissioni di Berlusconi? Non se ne parla proprio perché il presidente del Consiglio ha tutti i numeri per continuare a guidare il paese fino alla fine della legislatura. Possibile crisi di governo? Neppure perché l’attuale governo dispone di una forte maggioranza. Possibile allargamento dell’attuale schieramento governativo ad altri partiti come invocato dallo stesso Fini nel suo discorso di Perugia? È una prospettiva che nella fase attuale non si pone.
Si tratta di un’intervista a tavolino realizzata dallo stesso direttore del Welt am Sonntag e del Die Welt, Thomas Schmid, buon conoscitore del nostro paese e autore dei pochi articoli apparsi sulla stampa tedesca in cui si cerca di rendere comprensibile il teatrino della politica nostrana senza fermarsi, come spesso succede, a quei particolari piccanti che fanno la delizia dei tabloid e della presse du coeur. Ecco testualmente le risposte chiave di Fini.
Berlusconi ha detto recentemente al Frankfurter Allgemeine Zeitung che l’Italia dispone di una forte maggioranza. È d'accordo?
«È così. In Italia c’è un governo che poggia su una forte maggioranza che è quella uscita vincitrice dalle elezioni».
Questo significa che lei continuerà a garantire l’esistenza del governo di Silvio Berlusconi?
«C’è un governo eletto. Quindi Berlusconi non solo ha la possibilità ma anche il dovere di governare fino alla fine della legislatura. Quanto a un possibile allargamento della maggioranza di governo, la questione si pone solo nel 2013».
Quindi lei è contrario a crisi di governo e ad elezioni anticipate?
«Oggi sarebbe un problema e un rischio. C’è un governo e se il governo farà il suo compito come stabilito, rimarrà al suo posto».
Insomma mentre in una circostanza, davanti a una platea eccitata e ansiosa di scendere sul sentiero di guerra, Fini annunciava la definitiva rottura con Berlusconi, a Berlino, in uno scenario preoccupato per le incomprensibili baruffe italiane e le loro conseguenze sulla stabilità di un paese alleato, lo stesso Fini ricuciva lo strappo. Un esercizio, quello dello strappa e ricuci, non certo nuovo. Ma quando «qui lo dico e qui lo nego» avviene a distanza così ravvicinata e coinvolge la terza carica dello Stato, non può non provocare un certo disorientamento. E sicuramente disorientati saranno i lettori tedeschi che all’indomani dell’intervista (titolo: «Berlusconi deve governare fino al 2013») hanno letto sui giornali che proprio Fini ha aperto la strada per la crisi di governo. Quanto ai lettori italiani, più smaliziati, si limiteranno a domandarsi qual è il vero Fini.
http://sarcastycon.wordpress.com/2010/11/09/remake/
http://www.ilgiornale.it/interni/la_denuncia_fini_e_tulliani_ci_hanno_raggirato__il_caso_montecarlo_non_deve_essere_archiviato/09-11-2010/articolo-id=485558-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/pontone_ha_mentito_pm_non_e_mai_entrato_casa/09-11-2010/articolo-id=485559-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/a_monaco_un_milione_e_650mila_euro_40_metri/09-11-2010/articolo-id=485561-page=0-comments=1
martedì 09 novembre 2010, 08:00
Gianfranco racconta bugie pure ai tedeschi: "Questa maggioranza arriverà al 2013"
di Salvo Mazzolini
Berlino È volubile e disinvolto Gianfranco Fini nelle sue esternazioni. Ora dice una cosa, ora un'altra a seconda delle circostanze, degli interlocutori e degli umori. E questo si sapeva. Ciò che invece non si conosceva è la sua capacità di dire cose diverse, anzi diametralmente opposte, nello stesso giorno, pressappoco nelle stesse ore, quasi in simultanea. Un’acrobazia dialettica che a Fini è riuscita domenica mentre a Perugia consumava lo strappo con Berlusconi, con il Popolo della libertà e l’attuale maggioranza governativa. Nello stesso giorno, infatti, sul più diffuso domenicale tedesco, il Welt am Sonntag, è uscita un’intervista in cui l’ex-leader del Msi e di Alleanza nazionale, cofondatore del Pdl e ora fondatore di Futuro e libertà dice tutto il contrario di quanto detto nel capoluogo umbro.
Dimissioni di Berlusconi? Non se ne parla proprio perché il presidente del Consiglio ha tutti i numeri per continuare a guidare il paese fino alla fine della legislatura. Possibile crisi di governo? Neppure perché l’attuale governo dispone di una forte maggioranza. Possibile allargamento dell’attuale schieramento governativo ad altri partiti come invocato dallo stesso Fini nel suo discorso di Perugia? È una prospettiva che nella fase attuale non si pone.
Si tratta di un’intervista a tavolino realizzata dallo stesso direttore del Welt am Sonntag e del Die Welt, Thomas Schmid, buon conoscitore del nostro paese e autore dei pochi articoli apparsi sulla stampa tedesca in cui si cerca di rendere comprensibile il teatrino della politica nostrana senza fermarsi, come spesso succede, a quei particolari piccanti che fanno la delizia dei tabloid e della presse du coeur. Ecco testualmente le risposte chiave di Fini.
Berlusconi ha detto recentemente al Frankfurter Allgemeine Zeitung che l’Italia dispone di una forte maggioranza. È d'accordo?
«È così. In Italia c’è un governo che poggia su una forte maggioranza che è quella uscita vincitrice dalle elezioni».
Questo significa che lei continuerà a garantire l’esistenza del governo di Silvio Berlusconi?
«C’è un governo eletto. Quindi Berlusconi non solo ha la possibilità ma anche il dovere di governare fino alla fine della legislatura. Quanto a un possibile allargamento della maggioranza di governo, la questione si pone solo nel 2013».
Quindi lei è contrario a crisi di governo e ad elezioni anticipate?
«Oggi sarebbe un problema e un rischio. C’è un governo e se il governo farà il suo compito come stabilito, rimarrà al suo posto».
Insomma mentre in una circostanza, davanti a una platea eccitata e ansiosa di scendere sul sentiero di guerra, Fini annunciava la definitiva rottura con Berlusconi, a Berlino, in uno scenario preoccupato per le incomprensibili baruffe italiane e le loro conseguenze sulla stabilità di un paese alleato, lo stesso Fini ricuciva lo strappo. Un esercizio, quello dello strappa e ricuci, non certo nuovo. Ma quando «qui lo dico e qui lo nego» avviene a distanza così ravvicinata e coinvolge la terza carica dello Stato, non può non provocare un certo disorientamento. E sicuramente disorientati saranno i lettori tedeschi che all’indomani dell’intervista (titolo: «Berlusconi deve governare fino al 2013») hanno letto sui giornali che proprio Fini ha aperto la strada per la crisi di governo. Quanto ai lettori italiani, più smaliziati, si limiteranno a domandarsi qual è il vero Fini.
http://sarcastycon.wordpress.com/2010/11/09/remake/
http://www.ilgiornale.it/interni/la_denuncia_fini_e_tulliani_ci_hanno_raggirato__il_caso_montecarlo_non_deve_essere_archiviato/09-11-2010/articolo-id=485558-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/pontone_ha_mentito_pm_non_e_mai_entrato_casa/09-11-2010/articolo-id=485559-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/a_monaco_un_milione_e_650mila_euro_40_metri/09-11-2010/articolo-id=485561-page=0-comments=1
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: TullianFineide.
Fosse possibile, vorrei riuscire a far capire che quanto sta succedendo è responsabilità piena, sul piano politico e morale, di GianFrego.
http://www.thefrontpage.it/2010/11/09/roberto-del-grande-fratello/
http://www.ilgiornale.it/interni/lomerta_vieni_via_me_coperto_chi_ostacolo_falcone/aeroporti_roma-acquario_genova-f/10-11-2010/articolo-id=485780-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/saviano_come_camorristi_rai_fuoco_giornale/10-11-2010/articolo-id=485776-page=0-comments=1
http://sarcastycon.files.wordpress.com/2010/11/mediazione.jpg
http://linkati2lu.files.wordpress.com/2010/11/ammucchiata.pdf
http://linkati2lu.files.wordpress.com/2010/11/ridere.pdf
http://www.thefrontpage.it/2010/11/09/roberto-del-grande-fratello/
http://www.ilgiornale.it/interni/lomerta_vieni_via_me_coperto_chi_ostacolo_falcone/aeroporti_roma-acquario_genova-f/10-11-2010/articolo-id=485780-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/saviano_come_camorristi_rai_fuoco_giornale/10-11-2010/articolo-id=485776-page=0-comments=1
http://sarcastycon.files.wordpress.com/2010/11/mediazione.jpg
http://linkati2lu.files.wordpress.com/2010/11/ammucchiata.pdf
http://linkati2lu.files.wordpress.com/2010/11/ridere.pdf
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: TullianFineide.
Voleva pure l’ora di islam a scuola: sulla laicità Gianfranco è stato un bluff
di G. Lehner
Esimio Maurizio,
con la solita sobria incisività, hai cucinato a dovere le balle di Gianfranco Fini.
Consentimi, da umile annalista, di aggiungere, tra cronaca e Storia, qualche particolare alla commedia finiana, che io intitolerei: “Ma non è una cosa seria”.
Parto da un dato di fatto: uno, che non è stato capace di amministrare neppure il cognato Giancarlo Tulliani, facendosi, anzi, prendere per il culo dal giovinotto che si lava da solo la Ferrari, fa scompisciare dalle risate, quando, confondendo Palazzo Chigi con un condominio di Montecarlo, si propone come futuro capo di governo degli italiani.
Ti assicuro, Maurizio, il finianesimo reale, a parte il truculento progetto di eliminare Berlusconi, vale meno di quanto tu stesso immagini, trattandosi, in realtà, di una barzelletta.
Ti ricordi quando Fini si pose come interprete dell’area laica? Io stesso ci cascai, plaudendo al leader che aveva finalmente compreso che i laici, la maggioranza degli italiani, fossero pesantemente sottorappresentati in Parlamento. Mi presi a schiaffi, quando, dopo poche settimane, dal “pensatoio” finiano uscì fuori la proposta bischera di introdurre nelle scuole statali l’ora di religione islamica. Non professando laicità a giorni alterni, come Gianfranco, pur non essendo laicista forsennato e mangiapreti - un tempo erano grassi e succulenti, oggi, a dieta pure loro, sono meno commestibili –, ho sempre ritenuto che il laico autentico debba essere contrario a qualsivoglia ora di religione nelle scuole, dove i ragazzi dovrebbero apprendere nozioni, ragionamento critico, educazione civica, etica della responsabilità, giammai esser sottoposti a catechismi.
Raddoppiarle, poi, come da proposta finiana, è da grulli esagerati o da politicanti in malafede.
Ricordi, Maurizio, l’altra comica finale, quando Fini, lui che è terza carica dello Stato (solo quando Bocchino gli stacca la spina di demagogo e lo manda a far la ninna), si rifiutò di fare campagna elettorale, riparandosi dietro il ruolo istituzionale?
Ebbene, ridemmo e, tuttavia, rimanemmo con l’amaro in bocca, quando all’assenza si sommò il sabotaggio, cioè la campagna a favore dell’astensionismo da parte del mentore, per non dire il mandante intellettuale, di Fini, il professor Campi.
Gianfranco, cofondatore con pulsioni da Caino, puntò tutto sulla sconfitta del Pdl nelle recenti regionali, rimanendo basito e ancor più carico di veleno davanti alla grande vittoria del popolo della libertà e di Berlusconi, che, invece, in quella campagna elettorale ci mise, come sempre, faccia, vene, polsi e cuore.
Egregio Maurizio, ma può mai essere considerato serio un uomo politico, che senza reagire e mandarli dietro la lavagna, accetta compiaciuto che quattro sottosegretari gli rimettano solennemente e pubblicamente il mandato governativo?
O che altri gli giurino d’esser pronti a morire per lui, senza essere prontamente redarguiti per ridicola overdose di retorica fasciodannunziana?
Questo finianesimo, erede del 25 luglio 1943, si alimenta di ricatti politici, chiede il pizzo a Berlusconi, avendo in mente lo squallido obbiettivo di far fuori, con Silvio, anche La Russa, Matteoli, Alemanno, Meloni e quanti ex An hanno osato non tradire il popolo della libertà.
Fini – suscitando la risata che lo seppellirà – propone la modernità, riproponendo l’ammucchiata del governo Badoglio.
Le biografie servono pur a qualcosa: ebbene, l’unico conato di strategia politica partorito da Fini fu l’elefantino con Mario Segni.
Lo stesso Mariotto, che è persona perbene ed intellettualmente onesta, può fornire attendibile certificazione sulle deficienze del pensiero, si fa per dire, politico di Gianfranco.
Del resto, chi si circonda e si fa rappresentare da un perdente di successo, tipo Bocchino – mai così in basso il centrodestra in Campania come quando Italo fu candidato alla Regione -, oppure da un cretino d’animo e di cervello come Fabio Granata, può mai essere preso sul serio?
Caro Maurizio, al momento, gli obbiettivi primari ed urgenti di Gianfranco sono modesti così come l’uomo dei due Monti: primo, rimanere incollato alla poltrona di presidente della Camera, dove peraltro si vede di rado, risultando primatista dell’assenteismo d’aula, insieme alle finiane Bongiorno e Siliquini; quindi, garantire alla compagna Elisabetta Tulliani, in luogo di prendere e pagare il taxi, di poter abbandonare a piacimento l’auto nel parcheggio riservato ai deputati – ma la prossima volta, chiamo il carro attrezzi -; infine, assicurare la solvibilità sino al 2040 dell’on. Urso, al quale il Banco di Napoli – ma Draghi non vigila più? - ha concesso un mutuo di due milioni e 400 mila euro, trentennale per giunta, quasi a babbo morto.
Non è una cosa seria.
Giancarlo Lehner
di G. Lehner
Esimio Maurizio,
con la solita sobria incisività, hai cucinato a dovere le balle di Gianfranco Fini.
Consentimi, da umile annalista, di aggiungere, tra cronaca e Storia, qualche particolare alla commedia finiana, che io intitolerei: “Ma non è una cosa seria”.
Parto da un dato di fatto: uno, che non è stato capace di amministrare neppure il cognato Giancarlo Tulliani, facendosi, anzi, prendere per il culo dal giovinotto che si lava da solo la Ferrari, fa scompisciare dalle risate, quando, confondendo Palazzo Chigi con un condominio di Montecarlo, si propone come futuro capo di governo degli italiani.
Ti assicuro, Maurizio, il finianesimo reale, a parte il truculento progetto di eliminare Berlusconi, vale meno di quanto tu stesso immagini, trattandosi, in realtà, di una barzelletta.
Ti ricordi quando Fini si pose come interprete dell’area laica? Io stesso ci cascai, plaudendo al leader che aveva finalmente compreso che i laici, la maggioranza degli italiani, fossero pesantemente sottorappresentati in Parlamento. Mi presi a schiaffi, quando, dopo poche settimane, dal “pensatoio” finiano uscì fuori la proposta bischera di introdurre nelle scuole statali l’ora di religione islamica. Non professando laicità a giorni alterni, come Gianfranco, pur non essendo laicista forsennato e mangiapreti - un tempo erano grassi e succulenti, oggi, a dieta pure loro, sono meno commestibili –, ho sempre ritenuto che il laico autentico debba essere contrario a qualsivoglia ora di religione nelle scuole, dove i ragazzi dovrebbero apprendere nozioni, ragionamento critico, educazione civica, etica della responsabilità, giammai esser sottoposti a catechismi.
Raddoppiarle, poi, come da proposta finiana, è da grulli esagerati o da politicanti in malafede.
Ricordi, Maurizio, l’altra comica finale, quando Fini, lui che è terza carica dello Stato (solo quando Bocchino gli stacca la spina di demagogo e lo manda a far la ninna), si rifiutò di fare campagna elettorale, riparandosi dietro il ruolo istituzionale?
Ebbene, ridemmo e, tuttavia, rimanemmo con l’amaro in bocca, quando all’assenza si sommò il sabotaggio, cioè la campagna a favore dell’astensionismo da parte del mentore, per non dire il mandante intellettuale, di Fini, il professor Campi.
Gianfranco, cofondatore con pulsioni da Caino, puntò tutto sulla sconfitta del Pdl nelle recenti regionali, rimanendo basito e ancor più carico di veleno davanti alla grande vittoria del popolo della libertà e di Berlusconi, che, invece, in quella campagna elettorale ci mise, come sempre, faccia, vene, polsi e cuore.
Egregio Maurizio, ma può mai essere considerato serio un uomo politico, che senza reagire e mandarli dietro la lavagna, accetta compiaciuto che quattro sottosegretari gli rimettano solennemente e pubblicamente il mandato governativo?
O che altri gli giurino d’esser pronti a morire per lui, senza essere prontamente redarguiti per ridicola overdose di retorica fasciodannunziana?
Questo finianesimo, erede del 25 luglio 1943, si alimenta di ricatti politici, chiede il pizzo a Berlusconi, avendo in mente lo squallido obbiettivo di far fuori, con Silvio, anche La Russa, Matteoli, Alemanno, Meloni e quanti ex An hanno osato non tradire il popolo della libertà.
Fini – suscitando la risata che lo seppellirà – propone la modernità, riproponendo l’ammucchiata del governo Badoglio.
Le biografie servono pur a qualcosa: ebbene, l’unico conato di strategia politica partorito da Fini fu l’elefantino con Mario Segni.
Lo stesso Mariotto, che è persona perbene ed intellettualmente onesta, può fornire attendibile certificazione sulle deficienze del pensiero, si fa per dire, politico di Gianfranco.
Del resto, chi si circonda e si fa rappresentare da un perdente di successo, tipo Bocchino – mai così in basso il centrodestra in Campania come quando Italo fu candidato alla Regione -, oppure da un cretino d’animo e di cervello come Fabio Granata, può mai essere preso sul serio?
Caro Maurizio, al momento, gli obbiettivi primari ed urgenti di Gianfranco sono modesti così come l’uomo dei due Monti: primo, rimanere incollato alla poltrona di presidente della Camera, dove peraltro si vede di rado, risultando primatista dell’assenteismo d’aula, insieme alle finiane Bongiorno e Siliquini; quindi, garantire alla compagna Elisabetta Tulliani, in luogo di prendere e pagare il taxi, di poter abbandonare a piacimento l’auto nel parcheggio riservato ai deputati – ma la prossima volta, chiamo il carro attrezzi -; infine, assicurare la solvibilità sino al 2040 dell’on. Urso, al quale il Banco di Napoli – ma Draghi non vigila più? - ha concesso un mutuo di due milioni e 400 mila euro, trentennale per giunta, quasi a babbo morto.
Non è una cosa seria.
Giancarlo Lehner
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
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Re: TullianFineide.
Luciano Baroni ha scritto:Voleva pure l’ora di islam a scuola: sulla laicità Gianfranco è stato un bluff
di G. Lehner
......Caro Maurizio, al momento, gli obbiettivi primari ed urgenti di Gianfranco sono modesti così come l’uomo dei due Monti: primo, rimanere incollato alla poltrona di presidente della Camera, dove peraltro si vede di rado, risultando primatista dell’assenteismo d’aula, insieme alle finiane Bongiorno e Siliquini; quindi, garantire alla compagna Elisabetta Tulliani, in luogo di prendere e pagare il taxi, di poter abbandonare a piacimento l’auto nel parcheggio riservato ai deputati – ma la prossima volta, chiamo il carro attrezzi -; infine, assicurare la solvibilità sino al 2040 dell’on. Urso, al quale il Banco di Napoli – ma Draghi non vigila più? - ha concesso un mutuo di due milioni e 400 mila euro, trentennale per giunta, quasi a babbo morto.
Non è una cosa seria.
Giancarlo Lehner
Caro Lucianone,
Come sarebbe a dire "Non è una cosa seria". Per GianFrego è una cosa serissima, ma solo ed esclusivamente per lui.
Per chi ha fatto dei privilegi di casta una questione di vita o di morte, il mantenimento a tutti i costi del cadreghino e dei relativi privilegi è l'unica cosa che esista al mondo. Tutto il resto (ammesso che per GianFrego ci sia qualcos'altro) viene per secondo.
Quello che mi lascia stupito è che non ci siano ancora arrivati anche tutti gli altri del PDL compreso Berlusconi.
Fini, già dal qualche mese è una persona che se la incontri per strada e la riconosci, l'unica cosa che si dovrebbe fare è tenersi una mano sul portafogli, per essere ben sicuri che non te lo freghi.
Gimand- Numero di messaggi : 282
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Foglio di personaggio
Gioco di Ruolo:
Re: TullianFineide.
http://sarcastycon.wordpress.com/2010/11/12/il-piccolo-timoniere/
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
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Re: TullianFineide.
Ma a che servono, questi personaggi e queste "caste", se non a spandere fondi pro-domo-sua.
Fini e Bersani in tv da Fazio e Saviano: polemica
Masi: "Allora anche Berlusconi, Bossi e Casini" ore 09:33 Commenta209 commenti
Dopo Vendola alla prima puntata di Vieni via con me invitati il presidente della Camera e il leader del Pd: monologhi separati. Il dg Rai e il suo vice frenano ma Ruffini, direttore della rete, replica: "I politici ci saranno, nessuna violazione". Il dg: "Allora invitino anche gli altri"
http://www.ilgiornale.it/interni/fini_e_bersani_tv_fazio_e_saviano_polemica_masi_allora_anche_berlusconi_bossi_e_casini/televisione-fini-rai-saviano-fazio-rai3-bersani/13-11-2010/articolo-id=486423-page=0-comments=1
Per "l'incensurato" Travaglio arriva l'ennesima condanna
http://www.ilgiornale.it/interni/arriva_lennesima_condanna_lincensurato_travaglio/13-11-2010/articolo-id=486475-page=0-comments=1
COMMENTO Santoro appoggia chi viola la legge / M. Cervi
http://www.ilgiornale.it/interni/e_santoro_appoggia_chi_viola_legge/13-11-2010/articolo-id=486468-page=0-comments=1
INTERNI Spese folli contro Feltri: bavaglio da 80mila euro
La solidarietà del Pdl e dei lettori del Giornale ore 09:42 Commenta commenti
Tanto è costato alloggiare, sfamare e pagare i 130 consiglieri dell’Ordine che hanno decretato la sospensione del direttore editoriale del Giornale. La solidarietà della politica. E quella dei lettori del Giornale: 1- 2- 3
http://www.ilgiornale.it/interni/spese_folli_contro_feltri_bavaglio_80mila_euro_la_solidarieta_pdl_e_lettori_giornale/13-11-2010/articolo-id=486481-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/feltri_solidiarieta_mondo_politico_la_russa_e_stata_scelta_politica/gelmini-bavaglio-feltri-larussa/12-11-2010/articolo-id=486460-page=0-comments=1
Fini e Bersani in tv da Fazio e Saviano: polemica
Masi: "Allora anche Berlusconi, Bossi e Casini" ore 09:33 Commenta209 commenti
Dopo Vendola alla prima puntata di Vieni via con me invitati il presidente della Camera e il leader del Pd: monologhi separati. Il dg Rai e il suo vice frenano ma Ruffini, direttore della rete, replica: "I politici ci saranno, nessuna violazione". Il dg: "Allora invitino anche gli altri"
http://www.ilgiornale.it/interni/fini_e_bersani_tv_fazio_e_saviano_polemica_masi_allora_anche_berlusconi_bossi_e_casini/televisione-fini-rai-saviano-fazio-rai3-bersani/13-11-2010/articolo-id=486423-page=0-comments=1
Per "l'incensurato" Travaglio arriva l'ennesima condanna
http://www.ilgiornale.it/interni/arriva_lennesima_condanna_lincensurato_travaglio/13-11-2010/articolo-id=486475-page=0-comments=1
COMMENTO Santoro appoggia chi viola la legge / M. Cervi
http://www.ilgiornale.it/interni/e_santoro_appoggia_chi_viola_legge/13-11-2010/articolo-id=486468-page=0-comments=1
INTERNI Spese folli contro Feltri: bavaglio da 80mila euro
La solidarietà del Pdl e dei lettori del Giornale ore 09:42 Commenta commenti
Tanto è costato alloggiare, sfamare e pagare i 130 consiglieri dell’Ordine che hanno decretato la sospensione del direttore editoriale del Giornale. La solidarietà della politica. E quella dei lettori del Giornale: 1- 2- 3
http://www.ilgiornale.it/interni/spese_folli_contro_feltri_bavaglio_80mila_euro_la_solidarieta_pdl_e_lettori_giornale/13-11-2010/articolo-id=486481-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/feltri_solidiarieta_mondo_politico_la_russa_e_stata_scelta_politica/gelmini-bavaglio-feltri-larussa/12-11-2010/articolo-id=486460-page=0-comments=1
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: TullianFineide.
http://www.ilgiornale.it/interni/italiani_svegliatevi_vogliono_espropriarvi/13-11-2010/articolo-id=486465-page=0-comments=1[b]
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
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Re: TullianFineide.
12/11/2010, 10:51
L'editoriale
S'è bruciato il Biscottone
Dimettersi? Neanche per sogno. Berlusconi bis? Non s’ha da fare. Il Cavaliere ha fatto volteggiare le uova in aria e la frittata è finita in faccia a chi pensava di bollirlo nel pentolone a fuoco lento.. Niente Biscottone. Niente Pentolone.
Tutto da rifare. I cuochi di Palazzo hanno sbagliato ricetta e intensità della fiamma e il Biscottone per Silvio s’è bruciato. Il Nostro non ha abboccato alla pietanza da cambio di regime e ha tutta l’intenzione di esser lui a decidere il menù.
Ventiquattr’ore dopo siamo punto e a capo e stavolta lo chef più svelto con i colpi di padella è stato Berlusconi. Dimettersi? Neanche per sogno. Berlusconi bis? Non s’ha da fare. Il Cavaliere ha fatto volteggiare le uova in aria e la frittata è finita in faccia a chi pensava di bollirlo nel pentolone a fuoco lento. Niente Biscottone. Niente Pentolone. La dieta resta quella del cuoco Michele e i piattini preparati da Gianfranco Fini e l’establishment che lavora al disarcionamento del Cav restano nelle mani dei camerieri che volteggiano in sala senza sapere perché.
Fini dice che Berlusconi può accomodarsi in panchina e a Palazzo Chigi deve andarci un altro. Berlusconi risponde picche e lo sfida a votargli contro in aula. Il primo è impegnato nel giochetto di Palazzo, il secondo vuole che si voti prima in aula e poi anche nel Paese. Messa così, la crisi è da buio pesto e in effetti nessuno sembra vederci benissimo, ma se dovessi puntare una cifra al totalizzatore del Gran Premio Palazzo Chigi 2010 io scommetterei ancora su Berlusconi. Provo a spiegare perché. È vero che il Cav ne ha combinato una più di Bertoldo e spesso ci ha fatto disperare con delle uscite degne di Tafazzi, ma alla fine della fiera abbiamo scoperto dando un’occhiata ai sondaggi che dei suoi «fatti di mutande» agli italiani non gliene importa un fico secco. Saranno stilisticamente criticabili e a una quota di elettori certamente non piacciono, ma quando si va al voto non si decide in base all’ars amatoria di Silvione. Il viagra elettorale è un fiasco, non riempie le urne degli avversari e in tempi di crisi economica contano altre cose. Fini e la sinistra hanno cominciato a rendersene conto e per questo le elezioni sono un incubo.
Cerchiamo di riordinare le stoviglie e le pietanze che sono rimaste in giro per la cucina del Palazzo.
Il Biscottone. Lo stavano cucinando da giorni Fini e i suoi potenziali alleati. La formula era semplice: la farina dello scandalo sessuale (Ruby), le uova del voto determinante dei ministri finiani, lo zucchero del governo tecnico per chi rischia la poltrona, la crema finale di una crisi pilotata con Berlusconi che mastica tutto e si lascia condurre ai giardinetti. Errore fatale: tutte le volte che il Cavaliere è alle corde, si risveglia in lui il leone di Arcore. E dal G20 Silvio risponde «niet» e resta al suo posto. Tutto questo mentre Umberto Bossi aveva educatamente lasciato a casa il dito medio alzato e in nome della Realpolitik s’era messo al tavolo con Fini per cercare una via d’uscita e salvare la riforma federalista. Dopo qualche minuto il Senatur ha capito che il problema non è politico, ma psicologico.. Fini vuole vedere Silvio spiaccicato sul muro della politica, altro che Berlusconi bis. A quel punto pure la soluzione Tremonti è tramontata e buonanotte.
Il Pentolone. L’acqua sta bollendo da tempo, ma il Cavaliere ha deciso di saltar fuori e rovesciare tutto. Basta farsi logorare. Vuole parlamentarizzare la crisi e scendere in campagna elettorale. E nel pentolone ora ci sono i finiani. Si dimetteranno nel giro di poche ore ma tra loro aleggia una domanda: «E ora che si fa?». Fini ha garantito a Napolitano il voto del suo gruppo alla Finanziaria e questo apre una contraddizione mortale per chi si propone come il celodurista della situazione. Berlusconi nel frattempo avrà due opzioni: sostituire i ministri dimissionari, oppure lasciare tutto così com’è e procedere con gli interim fino a quando i finiani non saranno costretti a votargli contro in aula. Allora il cerino si spegnerà tra le dita di Fini.
La Frittata. A quel punto la frittata sarà fatta e Berlusconi potrà decidere di andare in aula e affrontare la prova del voto di fiducia. La crisi è certamente al buio, ma soluzioni alternative al governo di Berlusconi per ora non se ne vedono. Napolitano non metterà mai il sigillo del Quirinale su un governo degli sconfitti, mentre Berlusconi e Bossi avranno formidabili armi da giocare in una campagna elettorale nucleare. Dopo il voto dei finiani che ha ribaltato il trattato con la Libia sui respingimenti degli immigrati, nel Nord un manifesto con Fini sul barcone sarà più che sufficiente per lasciare il bastimento di Futuro e Libertà con le vele sbrindellate. Al Sud il partito antiberlusconiano di Gianfranco dovrà contendersi i voti con l’Udc di Casini, gli arrabbiati di Di Pietro, il Pd bersaniano in versione si salvi chi può e il decatleta Nichi Vendola in corsa per fare il salto in lungo nazionale. Sarà durissima. Il Pdl lascerà sul campo settentrionale molti voti alla Lega, qualche altro lo perderà nel Mezzogiorno, ma se uno legge i dati è chiaro un concetto che può sembrare paradossale: Berlusconi rischia di non vincere, ma certamente non può perdere.
Bruciato il Biscottone, rovesciato il Pentolone, fatta la Frittata, resta una sola pietanza possibile per stendere il Cav: l’insalatona mista dell’ammucchiatissima contro Berlusconi. Da oggi tutti si spostano nell’orto.
Mario Sechi
12/11/2010
http://www.iltempo.it/2010/11/12/1216198-bruciato_biscottone.shtml
Poi c'è la posizione ultima, con le lettere di Berlusconi a Camera e Senato.
http://www.ilgiornale.it/interni/berlusconi_prima_si_finanziaria_poi_fiducia_senato_e_camera/economia-manovra-finanziaria-politica-governo-berlusconi/13-11-2010/articolo-id=486693-page=0-comments=1
Mi sa che qualcuno rimarrà col cerino in mano.
Buona serata.
L'editoriale
S'è bruciato il Biscottone
Dimettersi? Neanche per sogno. Berlusconi bis? Non s’ha da fare. Il Cavaliere ha fatto volteggiare le uova in aria e la frittata è finita in faccia a chi pensava di bollirlo nel pentolone a fuoco lento.. Niente Biscottone. Niente Pentolone.
Tutto da rifare. I cuochi di Palazzo hanno sbagliato ricetta e intensità della fiamma e il Biscottone per Silvio s’è bruciato. Il Nostro non ha abboccato alla pietanza da cambio di regime e ha tutta l’intenzione di esser lui a decidere il menù.
Ventiquattr’ore dopo siamo punto e a capo e stavolta lo chef più svelto con i colpi di padella è stato Berlusconi. Dimettersi? Neanche per sogno. Berlusconi bis? Non s’ha da fare. Il Cavaliere ha fatto volteggiare le uova in aria e la frittata è finita in faccia a chi pensava di bollirlo nel pentolone a fuoco lento. Niente Biscottone. Niente Pentolone. La dieta resta quella del cuoco Michele e i piattini preparati da Gianfranco Fini e l’establishment che lavora al disarcionamento del Cav restano nelle mani dei camerieri che volteggiano in sala senza sapere perché.
Fini dice che Berlusconi può accomodarsi in panchina e a Palazzo Chigi deve andarci un altro. Berlusconi risponde picche e lo sfida a votargli contro in aula. Il primo è impegnato nel giochetto di Palazzo, il secondo vuole che si voti prima in aula e poi anche nel Paese. Messa così, la crisi è da buio pesto e in effetti nessuno sembra vederci benissimo, ma se dovessi puntare una cifra al totalizzatore del Gran Premio Palazzo Chigi 2010 io scommetterei ancora su Berlusconi. Provo a spiegare perché. È vero che il Cav ne ha combinato una più di Bertoldo e spesso ci ha fatto disperare con delle uscite degne di Tafazzi, ma alla fine della fiera abbiamo scoperto dando un’occhiata ai sondaggi che dei suoi «fatti di mutande» agli italiani non gliene importa un fico secco. Saranno stilisticamente criticabili e a una quota di elettori certamente non piacciono, ma quando si va al voto non si decide in base all’ars amatoria di Silvione. Il viagra elettorale è un fiasco, non riempie le urne degli avversari e in tempi di crisi economica contano altre cose. Fini e la sinistra hanno cominciato a rendersene conto e per questo le elezioni sono un incubo.
Cerchiamo di riordinare le stoviglie e le pietanze che sono rimaste in giro per la cucina del Palazzo.
Il Biscottone. Lo stavano cucinando da giorni Fini e i suoi potenziali alleati. La formula era semplice: la farina dello scandalo sessuale (Ruby), le uova del voto determinante dei ministri finiani, lo zucchero del governo tecnico per chi rischia la poltrona, la crema finale di una crisi pilotata con Berlusconi che mastica tutto e si lascia condurre ai giardinetti. Errore fatale: tutte le volte che il Cavaliere è alle corde, si risveglia in lui il leone di Arcore. E dal G20 Silvio risponde «niet» e resta al suo posto. Tutto questo mentre Umberto Bossi aveva educatamente lasciato a casa il dito medio alzato e in nome della Realpolitik s’era messo al tavolo con Fini per cercare una via d’uscita e salvare la riforma federalista. Dopo qualche minuto il Senatur ha capito che il problema non è politico, ma psicologico.. Fini vuole vedere Silvio spiaccicato sul muro della politica, altro che Berlusconi bis. A quel punto pure la soluzione Tremonti è tramontata e buonanotte.
Il Pentolone. L’acqua sta bollendo da tempo, ma il Cavaliere ha deciso di saltar fuori e rovesciare tutto. Basta farsi logorare. Vuole parlamentarizzare la crisi e scendere in campagna elettorale. E nel pentolone ora ci sono i finiani. Si dimetteranno nel giro di poche ore ma tra loro aleggia una domanda: «E ora che si fa?». Fini ha garantito a Napolitano il voto del suo gruppo alla Finanziaria e questo apre una contraddizione mortale per chi si propone come il celodurista della situazione. Berlusconi nel frattempo avrà due opzioni: sostituire i ministri dimissionari, oppure lasciare tutto così com’è e procedere con gli interim fino a quando i finiani non saranno costretti a votargli contro in aula. Allora il cerino si spegnerà tra le dita di Fini.
La Frittata. A quel punto la frittata sarà fatta e Berlusconi potrà decidere di andare in aula e affrontare la prova del voto di fiducia. La crisi è certamente al buio, ma soluzioni alternative al governo di Berlusconi per ora non se ne vedono. Napolitano non metterà mai il sigillo del Quirinale su un governo degli sconfitti, mentre Berlusconi e Bossi avranno formidabili armi da giocare in una campagna elettorale nucleare. Dopo il voto dei finiani che ha ribaltato il trattato con la Libia sui respingimenti degli immigrati, nel Nord un manifesto con Fini sul barcone sarà più che sufficiente per lasciare il bastimento di Futuro e Libertà con le vele sbrindellate. Al Sud il partito antiberlusconiano di Gianfranco dovrà contendersi i voti con l’Udc di Casini, gli arrabbiati di Di Pietro, il Pd bersaniano in versione si salvi chi può e il decatleta Nichi Vendola in corsa per fare il salto in lungo nazionale. Sarà durissima. Il Pdl lascerà sul campo settentrionale molti voti alla Lega, qualche altro lo perderà nel Mezzogiorno, ma se uno legge i dati è chiaro un concetto che può sembrare paradossale: Berlusconi rischia di non vincere, ma certamente non può perdere.
Bruciato il Biscottone, rovesciato il Pentolone, fatta la Frittata, resta una sola pietanza possibile per stendere il Cav: l’insalatona mista dell’ammucchiatissima contro Berlusconi. Da oggi tutti si spostano nell’orto.
Mario Sechi
12/11/2010
http://www.iltempo.it/2010/11/12/1216198-bruciato_biscottone.shtml
Poi c'è la posizione ultima, con le lettere di Berlusconi a Camera e Senato.
http://www.ilgiornale.it/interni/berlusconi_prima_si_finanziaria_poi_fiducia_senato_e_camera/economia-manovra-finanziaria-politica-governo-berlusconi/13-11-2010/articolo-id=486693-page=0-comments=1
Mi sa che qualcuno rimarrà col cerino in mano.
Buona serata.
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: TullianFineide.
Sappiamo da sempre che nella PA GiabFrego ed il suo ex MSI, di votanti ne aveva e ne ha ancora, ma fare proposte così spudorate era difficile pensare in una situazione Internazionale quale c'è da un paio d'anni a questa parte, specie dopo quanto si è riusciti a fare da parte del Governo, per mantenere stabilità.
Mi pare di aver capito che al Sole abbia spiegato una "SOLA" non indifferente, fregandosene della stabilità che il Rating sia positivo e riconosciuto da qualsiasi Organizzazione economica del settore.
12/11/2010, 05:30
Fini non fa Economia
In una lettera al Sole 24Ore ripropone il partito della spesa. Il presidente della Camera attacca la Finanziaria di Tremonti ma dà solo alternative generiche e impossibili da realizzare.
Sollecitato, e forse anche indispettito, da quanti – tra i quali Il Tempo – hanno notato l’assoluta assenza di vere ricette di politica economica dal suo discorso di Bastia Umbra, ed in generale l’abissale distanza tra la decisione tutta politichese di far cadere il governo e l’emergenza che sta nuovamente terremotando i mercati e che imporrebbe stabilità e senso di responsabilità, Gianfranco Fini è corso ai ripari. Scrivendo una lettera al Sole 24 Ore. La missiva, ahimè, conferma non solo che l'economia non è il piatto preferito dal leader futurista, ma soprattutto che un paese da lui guidato avrebbe ben poco da dire in una situazione mondiale in cui Usa, Cina ed Europa si sono dichiarati una guerra valutaria che rischia di far più danni di un conflitto militare. Non che oggi con il Cavaliere e Giulio Tremonti siamo noi a guidare le operazioni (neppure la Germania ci riesce benissimo), ma almeno riduciamo gli effetti collaterali.
Dalla kermesse perugina si era capito quali sono i veri bersagli di Fini: il rigore finanziario di Tremonti ed il federalismo leghista. Logico: quando devi stare dentro precisi vincoli di bilancio, quando regioni e comuni sono tenuti a rispondere ai cittadini delle loro spese, si riducono i margini per la politica di Transatlantico e le manovre di partito.. Perché di questo si tratta: il neo-manifesto futurista vagheggia un nuovo modello di centrodestra sull'intero scibile planetario, dai flussi migratori al concetto di legalità, ma non dice nulla sull'economia, che è oggi al primo posto nell'agenda di tutti i leader e politici mondiali. Nella lettera al 24 Ore, Fini ripete il suo cavallo di battaglia di «guerra alla spesa» che andrebbe fatta con tagli verticali e non, alla Tremonti, orizzontali. «Tagli mirati, verticali e precisi e non orizzontali e generici», scrive il presidente della Camera. Ma che significa tagli mirati? E quanto precisa sarebbe la mira futurista, quanto impermeabile agli interessi non solo economici ma anche burocratici e clientelari che da sempre presidiano i vari centri di spesa? Vediamo un esempio, sicuramente circoscritto ma che di certo Fini conosce molto bene: il bilancio di Montecitorio.
Nel 2009, in clima di austerity, la camera da lui presieduta ha approvato un piano triennale che rivendica la «crescita zero» rispetto a quanto speso nell'esercizio precedente, anziché l'incremento previsto dell'1,5 per cento annuo. Insomma, la dotazione annuale di 0,992 miliardi – non proprio bruscolini - resta la stessa del 2008 e fino al 2011. Questo sarebbe un taglio? A noi pare piuttosto lasciare le cose come stanno, anche considerando che non stiamo precisamente parlando di un ostello Caritas. E che in altri settori pubblici e privati la mannaia si è abbattuta, eccome. Poi, come è noto, nel luglio scorso Tremonti ha chiesto un taglio vero anche a deputati e senatori: e come ha provveduto la Camera forte della propria autonomia? Lasciando intatta l'indennità parlamentare, che grava sui contribuenti per 94,5 milioni l'anno, ed invece riducendo di 500 euro al mese la diaria di soggiorno nel collegio elettorale e di altri 500 la voce «rapporto eletto-elettore»: leggi portaborse. Immune tutto il resto, dalle spese telefoniche (3.098 euro l'anno) a quelle di trasporto e viaggio: tra le quali spicca un rimborso forfettario di 3.323 euro a trimestre per gli spostamenti tra Fiumicino e Montecitorio. In concreto, l'introito degli onorevoli era e resta di oltre 18 mila euro al mese. Invece ai dipendenti della Camera si applicano le riduzioni automatiche di tutto il settore pubblico: il 5 per cento delle retribuzioni sopra i 90 mila euro ed il 10 per cento sopra i 150 mila, oltre al congelamento triennale dei contratti. Ricapitolando: nel primo caso, quello di competenza «sovrana» dell'assemblea da lui presieduta, Fini ha autorizzato un taglio verticale.
Nel secondo, quello che dipende da Tremonti, il taglio è stato invece orizzontale. Quale dei due ha inciso di più? E quale ha più operato secondo equità? Andiamo avanti. Nella lettera al quotidiano della Confindustria, Fini rinnova le richieste «aggiuntive» dei futuristi: si va dal quoziente familiare all'esclusione dei salari dalla base Irap, fino all'aumento degli investimenti per le infrastrutture, la ricerca e l'università. Tutto giusto, se solo ce lo potessimo permettere. Fini afferma però che si tratta di misure «a costo zero», con i famosi «tagli verticali». Ne è sicuro? Per risultare credibile dovrebbe essere molto meno vago, considerando che nell'emendamento alla Finanziaria, Tremonti è riuscito a malapena a reperire poco più di 5 miliardi (tra cui uno per l'università) su 7 previsti, raschiando il fondo del barile. Ma non solo. È al corrente Fini che Nicolas Sarkozy, il leader europeo al quale ha sempre dichiarato di ispirarsi, ha tagliato le pensioni dei francesi resistendo alle rivolte di piazza; e che James Cameron, il premier tory britannico da lui citato in Umbria, ha appena chiesto di triplicare da 3.000 a 9.000 sterline le rette delle università pubbliche, scatenando la rabbia degli studenti inglesi? Vogliamo per caso arrivare a tanto?
Insomma: anche se come lui dice «nessun traguardo è precluso», sarebbe un dovere e una responsabilità aprire gli occhi sulla situazione non solo italiana, ma mondiale. E magari, sempre sul Sole 24 Ore (di martedì), leggersi un'altra lettera scritta da uno che di sicuro non è un supporter di Berlusconi: Carlo De Benedetti. «La nave del governo – dice l'Ingegnere – affonda sotto i colpi di Fini e quei tecnici convocati al tavolo del fisco somigliano all'orchestrina che suona sul ponte del Titanic». E appunto continua: «Si guardi all'esempio di Cameron nel Regno Unito. Appena insediato, il suo governo conservatore non ha perso tempo e ha operato un colossale taglio della spesa pubblica e un incremento delle imposte per i più abbienti dal 18 al 28 per cento. Cameron non ha avuto paura delle reazioni del suo elettorato e ha scelto perché quello che contava era portare il suo paese fuori dalla crisi». Altro che tagli verticali, caro Fini. Altro che comizi.
Non vorremmo che a forza di futurismo si tornasse agli arditi.. E visto che il suo fedelissimo Fabio Granata si dice pronto ad allearsi con Nichi Vendola, che da lì si passasse agli arditi del popolo.
Marlowe
12/11/2010
http://www.iltempo.it/economia/2010/11/12/1216186-fini_economia.shtml
Mi pare di aver capito che al Sole abbia spiegato una "SOLA" non indifferente, fregandosene della stabilità che il Rating sia positivo e riconosciuto da qualsiasi Organizzazione economica del settore.
12/11/2010, 05:30
Fini non fa Economia
In una lettera al Sole 24Ore ripropone il partito della spesa. Il presidente della Camera attacca la Finanziaria di Tremonti ma dà solo alternative generiche e impossibili da realizzare.
Sollecitato, e forse anche indispettito, da quanti – tra i quali Il Tempo – hanno notato l’assoluta assenza di vere ricette di politica economica dal suo discorso di Bastia Umbra, ed in generale l’abissale distanza tra la decisione tutta politichese di far cadere il governo e l’emergenza che sta nuovamente terremotando i mercati e che imporrebbe stabilità e senso di responsabilità, Gianfranco Fini è corso ai ripari. Scrivendo una lettera al Sole 24 Ore. La missiva, ahimè, conferma non solo che l'economia non è il piatto preferito dal leader futurista, ma soprattutto che un paese da lui guidato avrebbe ben poco da dire in una situazione mondiale in cui Usa, Cina ed Europa si sono dichiarati una guerra valutaria che rischia di far più danni di un conflitto militare. Non che oggi con il Cavaliere e Giulio Tremonti siamo noi a guidare le operazioni (neppure la Germania ci riesce benissimo), ma almeno riduciamo gli effetti collaterali.
Dalla kermesse perugina si era capito quali sono i veri bersagli di Fini: il rigore finanziario di Tremonti ed il federalismo leghista. Logico: quando devi stare dentro precisi vincoli di bilancio, quando regioni e comuni sono tenuti a rispondere ai cittadini delle loro spese, si riducono i margini per la politica di Transatlantico e le manovre di partito.. Perché di questo si tratta: il neo-manifesto futurista vagheggia un nuovo modello di centrodestra sull'intero scibile planetario, dai flussi migratori al concetto di legalità, ma non dice nulla sull'economia, che è oggi al primo posto nell'agenda di tutti i leader e politici mondiali. Nella lettera al 24 Ore, Fini ripete il suo cavallo di battaglia di «guerra alla spesa» che andrebbe fatta con tagli verticali e non, alla Tremonti, orizzontali. «Tagli mirati, verticali e precisi e non orizzontali e generici», scrive il presidente della Camera. Ma che significa tagli mirati? E quanto precisa sarebbe la mira futurista, quanto impermeabile agli interessi non solo economici ma anche burocratici e clientelari che da sempre presidiano i vari centri di spesa? Vediamo un esempio, sicuramente circoscritto ma che di certo Fini conosce molto bene: il bilancio di Montecitorio.
Nel 2009, in clima di austerity, la camera da lui presieduta ha approvato un piano triennale che rivendica la «crescita zero» rispetto a quanto speso nell'esercizio precedente, anziché l'incremento previsto dell'1,5 per cento annuo. Insomma, la dotazione annuale di 0,992 miliardi – non proprio bruscolini - resta la stessa del 2008 e fino al 2011. Questo sarebbe un taglio? A noi pare piuttosto lasciare le cose come stanno, anche considerando che non stiamo precisamente parlando di un ostello Caritas. E che in altri settori pubblici e privati la mannaia si è abbattuta, eccome. Poi, come è noto, nel luglio scorso Tremonti ha chiesto un taglio vero anche a deputati e senatori: e come ha provveduto la Camera forte della propria autonomia? Lasciando intatta l'indennità parlamentare, che grava sui contribuenti per 94,5 milioni l'anno, ed invece riducendo di 500 euro al mese la diaria di soggiorno nel collegio elettorale e di altri 500 la voce «rapporto eletto-elettore»: leggi portaborse. Immune tutto il resto, dalle spese telefoniche (3.098 euro l'anno) a quelle di trasporto e viaggio: tra le quali spicca un rimborso forfettario di 3.323 euro a trimestre per gli spostamenti tra Fiumicino e Montecitorio. In concreto, l'introito degli onorevoli era e resta di oltre 18 mila euro al mese. Invece ai dipendenti della Camera si applicano le riduzioni automatiche di tutto il settore pubblico: il 5 per cento delle retribuzioni sopra i 90 mila euro ed il 10 per cento sopra i 150 mila, oltre al congelamento triennale dei contratti. Ricapitolando: nel primo caso, quello di competenza «sovrana» dell'assemblea da lui presieduta, Fini ha autorizzato un taglio verticale.
Nel secondo, quello che dipende da Tremonti, il taglio è stato invece orizzontale. Quale dei due ha inciso di più? E quale ha più operato secondo equità? Andiamo avanti. Nella lettera al quotidiano della Confindustria, Fini rinnova le richieste «aggiuntive» dei futuristi: si va dal quoziente familiare all'esclusione dei salari dalla base Irap, fino all'aumento degli investimenti per le infrastrutture, la ricerca e l'università. Tutto giusto, se solo ce lo potessimo permettere. Fini afferma però che si tratta di misure «a costo zero», con i famosi «tagli verticali». Ne è sicuro? Per risultare credibile dovrebbe essere molto meno vago, considerando che nell'emendamento alla Finanziaria, Tremonti è riuscito a malapena a reperire poco più di 5 miliardi (tra cui uno per l'università) su 7 previsti, raschiando il fondo del barile. Ma non solo. È al corrente Fini che Nicolas Sarkozy, il leader europeo al quale ha sempre dichiarato di ispirarsi, ha tagliato le pensioni dei francesi resistendo alle rivolte di piazza; e che James Cameron, il premier tory britannico da lui citato in Umbria, ha appena chiesto di triplicare da 3.000 a 9.000 sterline le rette delle università pubbliche, scatenando la rabbia degli studenti inglesi? Vogliamo per caso arrivare a tanto?
Insomma: anche se come lui dice «nessun traguardo è precluso», sarebbe un dovere e una responsabilità aprire gli occhi sulla situazione non solo italiana, ma mondiale. E magari, sempre sul Sole 24 Ore (di martedì), leggersi un'altra lettera scritta da uno che di sicuro non è un supporter di Berlusconi: Carlo De Benedetti. «La nave del governo – dice l'Ingegnere – affonda sotto i colpi di Fini e quei tecnici convocati al tavolo del fisco somigliano all'orchestrina che suona sul ponte del Titanic». E appunto continua: «Si guardi all'esempio di Cameron nel Regno Unito. Appena insediato, il suo governo conservatore non ha perso tempo e ha operato un colossale taglio della spesa pubblica e un incremento delle imposte per i più abbienti dal 18 al 28 per cento. Cameron non ha avuto paura delle reazioni del suo elettorato e ha scelto perché quello che contava era portare il suo paese fuori dalla crisi». Altro che tagli verticali, caro Fini. Altro che comizi.
Non vorremmo che a forza di futurismo si tornasse agli arditi.. E visto che il suo fedelissimo Fabio Granata si dice pronto ad allearsi con Nichi Vendola, che da lì si passasse agli arditi del popolo.
Marlowe
12/11/2010
http://www.iltempo.it/economia/2010/11/12/1216186-fini_economia.shtml
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: TullianFineide.
Vorrei leggeste bene questa notizia, dopo il mio commento : l'ho appena ricevuta in un gruppo ed ho risposto in questo modo.
__._,_.___
Questa è la notizia più importante da 17 anni a questa parte.
L'ho appena letta su Libero e sono venuto al pc proprio per scriverla, facendo il link che ora non serve più, visto che l'hai messa tu.
Io sono, come molti di voi, uno che legge molto in giro e non da oggi, ma questa notizia NON l'ho MAI letta da nessuna parte, alla faccia dell'informazione garantita dai guru di sinistra e destra della "legalità".
Buona domenica, tra poco devo uscire per portare in giro il cognato e probabilmente riesco a mettere poco, stamattina.
Sospensione del 41 bis nel 1993, Gasparri: Sia ascoltato Ciampi
Roma, 13 nov (Il Velino) - "E' sconcertante il silenzio mediatico intorno alla sconvolgente notizia che ha dato nei giorni scorsi all'Antimafia l'ex presidente della Giustizia Conso, l'autorevole membro del governo Ciampi, addetto alla commissione Antimafia, che nel 1993 per evitare altre stragi mafiose non prorogo' il carcere duro per i boss, il 41 bis, per decine e decine di mafiosi. Conso si e' attribuito l'esclusiva della decisione, ma credo che a questo punto bisogna andare in fondo per capire la verita'. Intanto, rilevo con indignazione che il sistema dell'informazione sta censurando questa notizia, oggi scomparsa dal novanta per cento dei giornali e nei giorni scorsi pubblicata con scarsa evidenza”. È quanto afferma in una nota il presidente dei senatori del PDL Maurizio Gasparri che aggiunge: “C'e' omerta'. Si sbattono in prima pagina vicende ridicole e di nessun rilievo, si nasconde una drammatica verita' della resa dello Stato alla mafia. Incontrero' nei prossimi giorni al Senato i membri del Pdl dell'Antimafia per concordare le opportune iniziative. Va ascoltato il presidente del Consiglio dell'epoca Ciampi, per capire cosa sapesse di questa vicenda. Delle due l'una: o era informato ed ha autorizzato una vergognosa resa dello Stato alla criminalita' organizzata, o non era informato e la vicenda diventa ancora piu' inquietante. Su Repubblica di oggi si legge poi che il capo della Polizia dell'epoca, il prefetto Parisi, avrebbe sollecitato nel Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza nel 1993 la decisione poi effettivamente presa poi da Conso. Parisi era notoriamente legato all'ex ministro dell'Interno e poi Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Dobbiamo quindi – aggiunge Gasparri - chiedere a Ciampi e Scalfaro la verita' sulla fuga dello Stato davanti alla mafia. Non oso immaginare cosa sarebbe successo se un'ammissione grave e inquietante come quella di Conso l'avesse fatta un esponente di un governo di centrodestra. Oggi saremmo su tutte le prime pagine dei giornali. A questo punto e' il Pdl che fa sua una grande battaglia di verita' chiamando a risponderne non solo Conso, ma anche Ciampi, Scalfaro e tutti coloro che possono dire qualcosa. E' un'indecenza vedere gli eroi della lotta alla mafia come Mori nelle aule di tribunale mentre dovrebbero essere solo ringraziati dallo Stato e non certo processati e alcuni venire a rivelare a scoppio ritardato alcune imbarazzanti verita' ed altri tacere. Non basta scrivere libri sulla memoria della Repubblica. Occorre dire la verita' sulla propria azione di governo. Ciampi deve parlare. Saremo determinati in una grande offensiva di verita' nella nostra azione antimafia", conclude Gasparri.
__._,_.___
Questa è la notizia più importante da 17 anni a questa parte.
L'ho appena letta su Libero e sono venuto al pc proprio per scriverla, facendo il link che ora non serve più, visto che l'hai messa tu.
Io sono, come molti di voi, uno che legge molto in giro e non da oggi, ma questa notizia NON l'ho MAI letta da nessuna parte, alla faccia dell'informazione garantita dai guru di sinistra e destra della "legalità".
Buona domenica, tra poco devo uscire per portare in giro il cognato e probabilmente riesco a mettere poco, stamattina.
Sospensione del 41 bis nel 1993, Gasparri: Sia ascoltato Ciampi
Roma, 13 nov (Il Velino) - "E' sconcertante il silenzio mediatico intorno alla sconvolgente notizia che ha dato nei giorni scorsi all'Antimafia l'ex presidente della Giustizia Conso, l'autorevole membro del governo Ciampi, addetto alla commissione Antimafia, che nel 1993 per evitare altre stragi mafiose non prorogo' il carcere duro per i boss, il 41 bis, per decine e decine di mafiosi. Conso si e' attribuito l'esclusiva della decisione, ma credo che a questo punto bisogna andare in fondo per capire la verita'. Intanto, rilevo con indignazione che il sistema dell'informazione sta censurando questa notizia, oggi scomparsa dal novanta per cento dei giornali e nei giorni scorsi pubblicata con scarsa evidenza”. È quanto afferma in una nota il presidente dei senatori del PDL Maurizio Gasparri che aggiunge: “C'e' omerta'. Si sbattono in prima pagina vicende ridicole e di nessun rilievo, si nasconde una drammatica verita' della resa dello Stato alla mafia. Incontrero' nei prossimi giorni al Senato i membri del Pdl dell'Antimafia per concordare le opportune iniziative. Va ascoltato il presidente del Consiglio dell'epoca Ciampi, per capire cosa sapesse di questa vicenda. Delle due l'una: o era informato ed ha autorizzato una vergognosa resa dello Stato alla criminalita' organizzata, o non era informato e la vicenda diventa ancora piu' inquietante. Su Repubblica di oggi si legge poi che il capo della Polizia dell'epoca, il prefetto Parisi, avrebbe sollecitato nel Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza nel 1993 la decisione poi effettivamente presa poi da Conso. Parisi era notoriamente legato all'ex ministro dell'Interno e poi Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Dobbiamo quindi – aggiunge Gasparri - chiedere a Ciampi e Scalfaro la verita' sulla fuga dello Stato davanti alla mafia. Non oso immaginare cosa sarebbe successo se un'ammissione grave e inquietante come quella di Conso l'avesse fatta un esponente di un governo di centrodestra. Oggi saremmo su tutte le prime pagine dei giornali. A questo punto e' il Pdl che fa sua una grande battaglia di verita' chiamando a risponderne non solo Conso, ma anche Ciampi, Scalfaro e tutti coloro che possono dire qualcosa. E' un'indecenza vedere gli eroi della lotta alla mafia come Mori nelle aule di tribunale mentre dovrebbero essere solo ringraziati dallo Stato e non certo processati e alcuni venire a rivelare a scoppio ritardato alcune imbarazzanti verita' ed altri tacere. Non basta scrivere libri sulla memoria della Repubblica. Occorre dire la verita' sulla propria azione di governo. Ciampi deve parlare. Saremo determinati in una grande offensiva di verita' nella nostra azione antimafia", conclude Gasparri.
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
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Re: TullianFineide.
http://sarcastycon.files.wordpress.com/2010/11/burattino.jpg
http://sarcastycon.files.wordpress.com/2010/11/tocque2.jpg
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Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
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Re: TullianFineide.
24/11/2010, 05:30
La scissione premeditata dei finiani
La mossa dei finiani: hanno registrato il marchio ad aprile. Altro che "espulsione" dal Pdl subìta a freddo dal presidente della Camera nel luglio scorso.
ABRUZZO Fli imbarca anche gli indagati
Fa quasi rabbia la fortuna che ha Berlusconi di trovare tra i piedi avversari che si trafiggono da soli. I finiani hanno fornito la prova della premeditazione segue dalla prima della loro rottura con il Cavaliere. Altro che «espulsione» dal Pdl subìta a freddo e ingiustamente dal presidente della Camera il 29 luglio scorso con l'ormai famoso documento dell'ufficio di presidenza del partito: quello che la corte di Fini cita continuamente per giustificare prima la costituzione dei gruppi parlamentari autonomi di Futuro e Libertà, poi l'uscita dal governo e la richiesta perentoria della crisi. Come ha appena rivelato Bocchino, più di due mesi prima di quel 29 luglio, esattamente il 17 maggio, che era un lunedì, i finiani avevano registrato all'ufficio brevetti di Roma «Il vero centrodestra». Che è un marchio concepito per etichettare non certo una produzione di vino, o di birra, o di dolci, o di profumo, o di giocattoli, ma un partito, un movimento, un'alleanza, una campagna elettorale.
È stato certamente lesto Bocchino, o chi per lui, a depositarlo ma imprudentemente spavaldo ora a vantarsene, avendo regalato a Berlusconi la pistola fumante da esibire agli elettori contro Fini perché la ricordino bene quando andranno alle urne. Non importa a questo punto con quanto anticipo rispetto alla scadenza ordinaria del 2013. Già prima del 17 maggio, in verità, vi era stato un incontro conviviale al fulmicotone tra Fini e Berlusconi, svoltosi esattamente il 15 aprile. Anziché festeggiare i successi conseguiti dal centrodestra nelle elezioni regionali ed amministrative di qualche settimana prima, ai quali il presidente della Camera aveva dato un ben modesto contributo standosene in disparte per un insolito rispetto del suo ruolo «istituzionale», Fini aveva annunciato al Cavaliere la volontà di costituire gruppi parlamentari autonomi. E aveva reclamato, in subordine, il diritto di organizzare il dissenso interno, cioè una corrente, lamentando -giustamente, mi sembrò allora- che vi fossero poche occasioni e sedi nel partito per discutere e confrontarsi. Seguì finalmente il 22 aprile una riunione della direzione, dove poco mancò che Fini e Berlusconi venissero alle mani cantandosele di santa ragione.
Quella salutare, seppur tardiva, riunione di direzione si concluse con la certificazione del carattere fortemente minoritario della corrente finiana. Che si oppose con 12 voti soltanto al documento della maggioranza, approvato con 157 sì. Per ritorsione di stampo non proprio democratico la minoranza annunciò una «guerriglia parlamentare» di cui si avvertirono presto gli effetti. E corse a depositare dopo meno di un mese il suo bravo marchio elettorale all'ufficio brevetti, guadagnandosi -eccome- quella «incompatibilità» poi rinfacciata ufficialmente a Fini con il già ricordato documento dell'ufficio di presidenza del 29 luglio. Queste sono le date e i fatti. Tutto il resto, compreso il giudizio sommario contro un governo al quale i finiani hanno comodamente partecipato sino a pochi giorni fa, è un cumulo di chiacchiere, o di immondizie.
Francesco Damato
24/11/2010
http://www.iltempo.it/politica/2010/11/24/1218930-scissione_premeditata_finiani.shtml
La scissione premeditata dei finiani
La mossa dei finiani: hanno registrato il marchio ad aprile. Altro che "espulsione" dal Pdl subìta a freddo dal presidente della Camera nel luglio scorso.
ABRUZZO Fli imbarca anche gli indagati
Fa quasi rabbia la fortuna che ha Berlusconi di trovare tra i piedi avversari che si trafiggono da soli. I finiani hanno fornito la prova della premeditazione segue dalla prima della loro rottura con il Cavaliere. Altro che «espulsione» dal Pdl subìta a freddo e ingiustamente dal presidente della Camera il 29 luglio scorso con l'ormai famoso documento dell'ufficio di presidenza del partito: quello che la corte di Fini cita continuamente per giustificare prima la costituzione dei gruppi parlamentari autonomi di Futuro e Libertà, poi l'uscita dal governo e la richiesta perentoria della crisi. Come ha appena rivelato Bocchino, più di due mesi prima di quel 29 luglio, esattamente il 17 maggio, che era un lunedì, i finiani avevano registrato all'ufficio brevetti di Roma «Il vero centrodestra». Che è un marchio concepito per etichettare non certo una produzione di vino, o di birra, o di dolci, o di profumo, o di giocattoli, ma un partito, un movimento, un'alleanza, una campagna elettorale.
È stato certamente lesto Bocchino, o chi per lui, a depositarlo ma imprudentemente spavaldo ora a vantarsene, avendo regalato a Berlusconi la pistola fumante da esibire agli elettori contro Fini perché la ricordino bene quando andranno alle urne. Non importa a questo punto con quanto anticipo rispetto alla scadenza ordinaria del 2013. Già prima del 17 maggio, in verità, vi era stato un incontro conviviale al fulmicotone tra Fini e Berlusconi, svoltosi esattamente il 15 aprile. Anziché festeggiare i successi conseguiti dal centrodestra nelle elezioni regionali ed amministrative di qualche settimana prima, ai quali il presidente della Camera aveva dato un ben modesto contributo standosene in disparte per un insolito rispetto del suo ruolo «istituzionale», Fini aveva annunciato al Cavaliere la volontà di costituire gruppi parlamentari autonomi. E aveva reclamato, in subordine, il diritto di organizzare il dissenso interno, cioè una corrente, lamentando -giustamente, mi sembrò allora- che vi fossero poche occasioni e sedi nel partito per discutere e confrontarsi. Seguì finalmente il 22 aprile una riunione della direzione, dove poco mancò che Fini e Berlusconi venissero alle mani cantandosele di santa ragione.
Quella salutare, seppur tardiva, riunione di direzione si concluse con la certificazione del carattere fortemente minoritario della corrente finiana. Che si oppose con 12 voti soltanto al documento della maggioranza, approvato con 157 sì. Per ritorsione di stampo non proprio democratico la minoranza annunciò una «guerriglia parlamentare» di cui si avvertirono presto gli effetti. E corse a depositare dopo meno di un mese il suo bravo marchio elettorale all'ufficio brevetti, guadagnandosi -eccome- quella «incompatibilità» poi rinfacciata ufficialmente a Fini con il già ricordato documento dell'ufficio di presidenza del 29 luglio. Queste sono le date e i fatti. Tutto il resto, compreso il giudizio sommario contro un governo al quale i finiani hanno comodamente partecipato sino a pochi giorni fa, è un cumulo di chiacchiere, o di immondizie.
Francesco Damato
24/11/2010
http://www.iltempo.it/politica/2010/11/24/1218930-scissione_premeditata_finiani.shtml
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
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Ahahahah, maddai................
VROOM, VROOM! SI RIPARTE!: GIAN-ELISABETTO S’E’ COMPRATO UNA LUSSUOSA AUTO PAGANDOLA CON I SOLDI DI AN -
pubblicata da Pinu' Chiari il giorno mercoledì 24 novembre 2010 alle ore 22.18
VROOM, VROOM! SI RIPARTE!
I SEGUGI DEL "GIORNALE" DI FELTRUSCONI SCOPRONO CHE GIAN-ELISABETTO S’E’ COMPRATO UNA LUSSUOSA AUTO PAGANDOLA CON I SOLDI DI AN -
- CONCILIABOLO DEI TIPINI FINI A MONTECITORIO: CHE FARE?
MEGLIO GIOCARE D’ANTICIPO.
ALLORA DONATO LAMORTE FA UN COMUNICATO ALL’ANSA E SPIEGA CHE IL GIORNALE NON HANNO FATTO ALCUNO SCOOP PERCHE’ FINI, NELLA MASSIMA TRASPARENZA, HA CONSEGNATO AD AN L’AUTO INTESTATA AD AN -
- LAMORTE DISSE: "FINI RESTITUISCE OGGI STESSO L’AUTO, MA ORA IL PDL PAGHI L’AFFITTO DEGLI IMMOBILI CHE ERANO DI AN E CHE HA FINORA UTILIZZATO GRATUITAMENTE" -
Tana per Fini.
Dopo giorni di appostamenti e controlli al Pra (pubblico registro automobilistico) i famelici segugi del Giornale, quelli dello scandalo di Montecarlo, spostati a Montecitorio, scoprono che Gianfranco Fini va in giro con un'auto costosissima pagata con i soldi di An..
Nel partito, come per l'immobile del Principato abitato dal cognato Giancarlino Tulliani, nessuno sapeva niente.
A forza di fare domande i segugi chiudono il cerchio, ma qualcuno corre da GianElisabetto e spiffera tutto. "Attento che qui rischiamo un'altra campagna stampa infinita".
Per evitare un altro scandalo il leader del Fli gioca d'anticipo mandando in avanscoperta Lamorte.
Ma è troppo tardi, la frittata è fatta, preparatevi a un altro tormentone....
DL: LAMORTE, FINI RESTITUISCE AUTO, MA PARTITO PAGHI AFFITTI
PRESIDENTE GARANTE AN, ROVINIAMO «SCOOP» A 'IL GIORNALÈ (ANSA) -
Gianfranco Fini restituisce oggi stesso l'auto, ma ora il Pdl paghi l'affitto degli immobili che erano di An e che ha finora utilizzato gratuitamente: Donato Lamorte, presidente del Comitato dei garanti di Alleanza Nazionale, interviene per «bloccare» una nuova campagna stampa contro il leader di Fli sull'utilizzo della «auto blu» da parte del presidente della Camera.
«I solerti segugi de 'Il Giornalè, di proprietà della famiglia Berlusconi, non ce ne vogliano - afferma Lamorte - se roviniamo il presunto scoop scandalistico cui si stanno da qualche tempo dedicando. L'autovettura di servizio utilizzata dal Presidente Gianfranco Fini non è di proprietà della Camera dei deputati bensì di Alleanza Nazionale, e al riguardo il Comitato di gestione dei beni del Partito non ha avuto fino ad oggi alcunchè da obiettare».
«Così come - sottolinea - non risulta abbia mosso alcun rilievo circa il fatto che numerose proprietà immobiliari di AN siano utilizzate dal PDL senza versare alcun canone di affitto. Poichè è doverosa la massima trasparenza, l'autovettura torna oggi stesso (per espressa volontà dell'on. Fini) nella disponibilità esclusiva del Comitato di gestione che, siamo certi, provvederà sollecitamente a stipulare regolari contratti di affitto ai prezzi correnti di mercato per gli immobili che ospitano il PDL».
http://www.ilgiornale.it/interni/non_solo_montecarlo_il_giornale_indaga_e_fini_e_costretto_restituire_bmw/politica-fini-scandalo-montecarlo-bmw-pontone-an/25-11-2010/articolo-id=489212-page=0-comments=1
https://www.facebook.com/?ref=home#!/photo.php?fbid=459881679074&set=a.310683474074.143382.120014344074
pubblicata da Pinu' Chiari il giorno mercoledì 24 novembre 2010 alle ore 22.18
VROOM, VROOM! SI RIPARTE!
I SEGUGI DEL "GIORNALE" DI FELTRUSCONI SCOPRONO CHE GIAN-ELISABETTO S’E’ COMPRATO UNA LUSSUOSA AUTO PAGANDOLA CON I SOLDI DI AN -
- CONCILIABOLO DEI TIPINI FINI A MONTECITORIO: CHE FARE?
MEGLIO GIOCARE D’ANTICIPO.
ALLORA DONATO LAMORTE FA UN COMUNICATO ALL’ANSA E SPIEGA CHE IL GIORNALE NON HANNO FATTO ALCUNO SCOOP PERCHE’ FINI, NELLA MASSIMA TRASPARENZA, HA CONSEGNATO AD AN L’AUTO INTESTATA AD AN -
- LAMORTE DISSE: "FINI RESTITUISCE OGGI STESSO L’AUTO, MA ORA IL PDL PAGHI L’AFFITTO DEGLI IMMOBILI CHE ERANO DI AN E CHE HA FINORA UTILIZZATO GRATUITAMENTE" -
Tana per Fini.
Dopo giorni di appostamenti e controlli al Pra (pubblico registro automobilistico) i famelici segugi del Giornale, quelli dello scandalo di Montecarlo, spostati a Montecitorio, scoprono che Gianfranco Fini va in giro con un'auto costosissima pagata con i soldi di An..
Nel partito, come per l'immobile del Principato abitato dal cognato Giancarlino Tulliani, nessuno sapeva niente.
A forza di fare domande i segugi chiudono il cerchio, ma qualcuno corre da GianElisabetto e spiffera tutto. "Attento che qui rischiamo un'altra campagna stampa infinita".
Per evitare un altro scandalo il leader del Fli gioca d'anticipo mandando in avanscoperta Lamorte.
Ma è troppo tardi, la frittata è fatta, preparatevi a un altro tormentone....
DL: LAMORTE, FINI RESTITUISCE AUTO, MA PARTITO PAGHI AFFITTI
PRESIDENTE GARANTE AN, ROVINIAMO «SCOOP» A 'IL GIORNALÈ (ANSA) -
Gianfranco Fini restituisce oggi stesso l'auto, ma ora il Pdl paghi l'affitto degli immobili che erano di An e che ha finora utilizzato gratuitamente: Donato Lamorte, presidente del Comitato dei garanti di Alleanza Nazionale, interviene per «bloccare» una nuova campagna stampa contro il leader di Fli sull'utilizzo della «auto blu» da parte del presidente della Camera.
«I solerti segugi de 'Il Giornalè, di proprietà della famiglia Berlusconi, non ce ne vogliano - afferma Lamorte - se roviniamo il presunto scoop scandalistico cui si stanno da qualche tempo dedicando. L'autovettura di servizio utilizzata dal Presidente Gianfranco Fini non è di proprietà della Camera dei deputati bensì di Alleanza Nazionale, e al riguardo il Comitato di gestione dei beni del Partito non ha avuto fino ad oggi alcunchè da obiettare».
«Così come - sottolinea - non risulta abbia mosso alcun rilievo circa il fatto che numerose proprietà immobiliari di AN siano utilizzate dal PDL senza versare alcun canone di affitto. Poichè è doverosa la massima trasparenza, l'autovettura torna oggi stesso (per espressa volontà dell'on. Fini) nella disponibilità esclusiva del Comitato di gestione che, siamo certi, provvederà sollecitamente a stipulare regolari contratti di affitto ai prezzi correnti di mercato per gli immobili che ospitano il PDL».
http://www.ilgiornale.it/interni/non_solo_montecarlo_il_giornale_indaga_e_fini_e_costretto_restituire_bmw/politica-fini-scandalo-montecarlo-bmw-pontone-an/25-11-2010/articolo-id=489212-page=0-comments=1
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Re: TullianFineide.
Vita e prodezze di un ex-vicecapogruppo. Parte prima
Scritto da Nico Spuntoni
giovedì 25 novembre 2010
C’era una volta un vice capogruppo alla Camera sposato con la proprietaria di una società produttrice ben inserita in Rai.
Due giornalisti, Marco Travaglio e Peter Gomez, ce lo raccontarono nel loro “Inciucio”, diversi anni fa.
All'epoca il presidente di una delle due Camere si reggeva ancora alla gonnella di Berlusconi e lo stesso vicecapogruppo, come voci del pettegolissimo corridoio di Via della Scrofa riferivano, non era avaro di apprezzamenti per il Premier.
Era ancora il tempo in cui la direttrice de l’Unità Concita De Gregorio, per parlare della vittoria del centrodestra con Caldoro nelle regionali, scomodava l’epiteto di “terra dei Casalesi” per definire la Campania.
Quel tempo finì quando l’odiato vicecapogruppo si riciclò sulla scena nazionale come l’uomo forte dei dissidenti in seno alla maggioranza. Da vicecapogruppo del partito di maggioranza divenne capogruppo del nuovo partitino, la serpe nel seno del governo.
E’ così che avvenne la trasformazione, come in quei film americani dove lo studente sfigato di turno diventa improvvisamente amato e corteggiato dal gruppo più “cool” della scuola.
Per il nostro politico si aprirono le porte dei programmi più impegnati della televisione italiana ed iniziarono ad arrivare i plausi dei radical – chic che in precedenza, pur di attaccarlo, non gli risparmiavano battute da osteria sul cognome non proprio felice.
Persino i due giornalisti sempre pronti a divulgare le strane coincidenze negli affari di certi politici italiani, vennero colti da leggera amnesia: proprio Travaglio, il giornalista con l'ego più smisurato d'Italia, ha dimenticato di rivendicare la paternità delle rivelazioni sulla società della moglie dell’ex vice capogruppo.
Infatti, quando il Giornale dedicò diversi articoli alla società di produzione e ai suoi contratti Rai, non solo Travaglio e Gomez non ricordarono che i primi a parlarne erano stati loro nell’Inciucio, ma si unirono alla vulgata che accusava Feltri di essere il manganello del Premier.
Persino alla De Gregorio, quella della Campania definita come “terra dei casalesi” se a vincere lì era il centrodestra, il braccio destro del presidente-capopartito (anche se eletto in Parlamento con il di un altro partito nel seggio di Casal di Principe) cominciò a non dispiacere, vista la credibilità che il suo giornale attribuì alle accuse assurde sul "dossieraggio" nel caso Montecarlo.
Chiaramente la favola qui sopra ha come protagonista un personaggio che forse il lettore più accorto avrà potuto riconoscere, l'esponente principale dei “falchi” del "nuovo" partitello.
Ma lui non è solo l’uomo di Palazzo, quello che vediamo nei salotti televisivi o in barca con parlamentari d’opposizione. Il capogruppo novello è infatti la macchina organizzativa su cui il capopartito-presidente di un ramo del parlamenti può contare per la sua nuova avventura.
Il bacino principale di uomini per il presidente è la “terra dei Casalesi” (per citare la De Gregorio) dove il novello capogruppo ha stabilito il suo quartier generale. L’ultimo evento pubblico di questo partitello si è anzi organizzato proprio a Napoli.
Ma il presidente ha parlato chiaramente, lasciando intendere che il nuovo movimento non sarà l’ennesimo partitino clientelare e ribadendo che i presenti non dovranno aspettarsi favori o candidature. Certo, la sua parola non ha molto valore se si ripensa alla recente promessa di dimissioni dallo scranno più alto di una delle Camere se l’affaire monegasco si fosse evoluto fino ad inchiodare il cognato, salvo poi ignorare l’email che confermava le responsabilità del giovane fratello della compagna, agli atti dei magistrati.
E dire che proprio il suo stretto collaboratore campano, in occasione della richiesta di dimissioni per Nicola Cosentino, riteneva «opportuno che su questo (gli elementi venuti fuori contro il sottosegretario) si dovessero riunire il gruppo del Pdl alla Camera e i vertici del partito, una riunione della direzione nazionale per decidere se Cosentino, alla luce di documenti e atti di cui i giornali hanno ampiamente scritto, è bene che resti al governo o meno».
Dunque lo stesso novello capogruppo-capopartito in Campania che invocava le dimissioni del suo rivale Cosentino, non per indagini della magistratura sfociate in una sentenza, ma per quanto scrivevano le cronache, di fronte ai «documenti e agli atti di cui i giornali hanno ampiamente scritto» sullo scandalo della casa di Montecarlo, si è trasformato nel più strenuo difensore del presidente e sempre in prima fila a rispondere a chi chiedeva la sua testa.
Ma è possibile che nessun organo d’informazione in Italia, eccetto i soliti il Giornale, Libero ed Il Tempo, faccia notare le contraddizioni su cui si fonda il nuovo movimento staccatosi dal partito di maggioranza?
Si può sorvolare sul fatto che i suoi dirigenti abbiano vissuto 16 anni di politica berlusconiana comodamente accomodati ai posti alti ed ora, all’improvviso, scoprano che il Premier è un dittatore pregiudicato?
Ma davvero il presidente-capopartito pensa di cavarsela, per cancellare quasi un ventennio da numero 2, con un “dovevamo uscire prima”? Come fa a dire d’ispirarsi, per il suo nuovo partitello, allo spirito iniziale del partito di maggioranza, quando tutti ricordano che lui salutò la fondazione del nuovo partito del Premier con uno sprezzante, “siamo alle comiche finali”? Ma come fa, nel bel mezzo della bufera sui contratti miliardari con la Rai di sua suocera casalinga, a dire che il suo movimento non avrà nulla a che fare con il nepotismo e il favoritismo?
L’ambientazione scelta per presentare un movimento giustizialista e anticlientelare sottrae ulteriormente credibilità alle parole del romagnolo (ci ritroviamo nel campo del decimale, a furia di sottrarre credibilità).
La contraddizione è nella storia stessa del responsabile di quest’ambientazione: il rospo diventato principe della sinistra italiana: il nostro onorevole novello capogruppo.
Formatosi politicamente come figlioccio di Tatarella, il Nostro compie un passo importante nella sua vita sposando la figlia di uno degli uomini più potenti e ricchi di Napoli, l’imprenditore Eugenio Buontempo.
Se il presidente del novello aprtito ha problemi di credibilità con la suocera, il Nostro non è da meno col suocero. Buontempo risulta invischiato in buona parte degli scandali che hanno attraversato la “Napoli da bere” degli anni ’80. Il più famoso è probabilmente l”Irpiniagate”, che vede messi al banco degli imputati i protagonisti della gestione del dopo terremoto.
Lo chiamano ancora “il giorno dello sciacallo”, quel 23 novembre 1980, data del terribile sisma abbattutosi su Campania e Basilicata che si portò via 300 persone.
La prevista ricostruzione costituisce una miniera d’oro per imprenditori e politici locali. Tra gli imputati nel processo per corruzione, spicca il nome del suocero del Nostro, al fianco di nomi più blasonati come quello di Cirino Pomicino e di Ferlaino.
Buontempo e gli altri sono stati assolti definitivamente l’anno scorso dalla Corte d’Appello, per prescrizione: sono passati troppi anni dal fatto per poterli giudicare.
Ma la notorietà nazionale, il cavalier Buontempo, l’aveva raggiunta con l’acquisto a prezzo stracciato di una delle flotte più famose del mondo: la flotta Lauro del’ex sindaco di Napoli, Achille.
Divenuto vecchio “o’ Comandante” e fatte sempre più incessanti le richieste delle banche creditrici, l’azienda viene commissariata grazie alla legge Prodi, che prevede il sostegno statale col congelamento di tutti i debiti di cui diveniva garante lo Stato.
E’ l’ultimo commissario dell’azienda, il giovane Flavio De Luca, a vendere tramite asta, con l’assenso del ministro repubblicano Battaglia, ciò che rimaneva della flotta a due imprenditori campani: Salvatore Pianura ed Eugenio Buontempo.
La cessione fu sbrigativa e, secondo la testimonianza dell’armatore Giacomo Costa, vide De Luca rifiutare offerte maggiori di altri imprenditori interessati (le offerte presentate inizialmente erano tre e quella di Pianura e Buontempo era la meno conveniente: 9,1 miliardi contro i 9,5 di Giovanni Di Maio e i 10 miliardi del gruppo Matacena).
All’inizio degli anni ’90 la magistratura decise di indagare su quell’asta poco chiara. Pianura, Buontempo,De Luca e gli altri protagonisti di questa brutta storia, vengono incriminati e poi condannati dalla nona sezione penale del tribunale di Napoli per reati che vanno dall’interesse privato al peculato. Quattro anni, 7 milioni e mezzo di multa e 10 mesi di interdizione dai pubblici uffici per il suocero di Italo Bocchino.
Ma la sentenza di secondo grado ribalta questa decisione, assolvendo tutti.
I pm avevano rimproverato a Buontempo e Pianura di essersi impossessati addirittura gratuitamente della flotta Lauro, in cambio del pagamento del Tfr dei dipendenti.
Ad alzare la voce contro l’asta che aveva premiato i due imprenditori, anche il figlio del Comandante Lauro, che in un’intervista del ’92 al Corriere denunciò un progetto politico volto a togliergli l’azienda di famiglia (e con essa i privilegi marittimi).
In effetti, dopo aver vinto l’asta, il cavaliere Buontempo non s’impegna a ridare alla flotta lo splendore di una volta ma la smembra, vendendo subito quattro navi al prezzo di quattro miliardi.
Ma Buontempo non si accontenta soltanto del mare e quando il suo amico Claudio Signorile, esponente storico dell’ala anticraxiana e filocomunista del Psi, diventa ministro dei trasporti, il suocero del Nostro approfitta della liberalizzazione dei cieli decretata per scendere in campo con una sua compagnia aerea.
La Alibù airways spa non fa a tempo a nascere, che finisce nei documenti di un’inchiesta genovese su presunte tangenti al ministero dei Trasporti per ottenere in cambio le concessioni di volo.
Nel 1988 la Corte dei Conti chiede all’ex ministro Claudio Signorile, tramite atto di citazione, un miliardo e mezzo per danno erariale allo Stato. I giudici contabili imputano a Signorile l’affitto esclusivo, durante il suo mandato, di aerei facenti riferimento alla compagnia del Buontempo a prezzi eccessivi, pagati ovviamente dai cittadini italiani.
Siamo all’alba del più grande scandalo mai abbattutosi sulla classe dirigente del nostro paese, Tangentopoli. Occasione ghiotta per mazzette ed appalti nel territorio napoletano, è la modernizzazione prevista per l’organizzazione dei mondiali di calcio nel 1990.
Potendo contare sull’amicizia dei più potenti uomini politici campani, il progetto di “rifare la faccia” a Napoli, in occasione della più importante manifestazione calcistica, fa brillare gli occhi agli imprenditori più conosciuti della zona.
Buontempo ovviamente è uno di questi.
Il progetto più ambizioso è la Linea Tranviaria Rapida che l’assessore Silvano Misciari dà per certa in occasione dei mondiali. Si tratta di una metro veloce che avrebbe dovuto attraversare i sotterranei di Napoli e poi venirne fuori.
I lavori partono a razzo e una montagna di denaro pubblico si riversa nei cantieri. L’appalto viene concesso all’Ansaldo Trasporti ma Buontempo, tramite l’amico Di Donato, riesce a ritagliarsi uno spazio nei lavori. Lavori che si arenano incredibilmente per anni, rivelando il malaffare nella gestione degli appalti e costringendo il famoso assessore Misciari a scappare, travolto da un mandato per associazione a delinquere. Cercano Misciari, trovano la moglie e la suocera. Arrestate in quello che è lo scoppio della Tangentopoli vesuviana e che vede, con estrema rapidità, la fuga all’estero dei personaggi coinvolti.
Cominciano a spuntare anche i pentiti, come il parlamentare Alfredo Vito che alla fine patteggia due anni e restituisce 5 miliardi e mezzo. Promette allora, il democristiano eletto con 100 mila preferenze, che non si sarebbe mai più ricandidato.
Nel 2006 infrange la parola che aveva dato e si rituffa nell’agone politico, eletto con Forza Italia. Forse è la vocazione a non mantenere le promesse che lo spinge oggi a guardare con simpatie il capopartito-presidente e il suo movimento, a cui aderirà. Quando ci saranno le elezioni, vedremo se non verrà messo in lista un portatore di voti come Vito oppure, come è abituato a fare, si scorderà di aver polemizzato con il Premier chiedendo di “evitare candidature poco trasparenti”.
In ogni caso il movimento che nasce contro il clientelismo e a favore della legalità, l’altro giorno a Napoli poteva vantare la presenza del primo reo confesso della Tangentopoli napoletana. Quello scandalo travolge in prima persona anche il suocero del Nostro, bersagliato da quattro mandati di custodia cautelare.
Il cavaliere del lavoro scappa a Praga e si dà alla latitanza d’oro, al fianco di una moretta ben più giovane di lui. Lo cercano per concorso in corruzione: secondo gli inquirenti ha pagato la politica per avere libero accesso agli appalti. Lui stesso, raggiunto nella capitale ceca dalla giornalista Maria Latella nel marzo 1993, ammette di aver “sempre dato tanto” ai politici.
Quasi un anno dopo, davanti ad un ristorante nel centro della bella Praga, la latitanza di Eugenio Buontempo finisce grazie ad un’opera congiunta dei carabinieri con la polizia ceca.
Sempre in compagnia della bella moretta, l’imprenditore viene ammanettato e condotto su una volante con un cappuccio a coprirgli il volto. Una fine ingloriosa per un cavaliere del lavoro e un ennesimo colpo duro alla già debole immagine internazionale del nostro paese. Alcuni organi di stampa cechi riportano la notizia con grande enfasi, parlando addirittura (erroneamente) di arresto di “un membro della mafia italiana”.
Secondo la polizia italiana, come ci fanno sapere “Droggy - info”,”Tn.cz Nova”ed anche il tedesco Berliner Zeitung, il suocero del nostro è “una delle persone più importanti della criminalità economica e politica del paese.”
Nell’intervista rilasciata alla Latella, il 61enne imprenditore, accompagnato dalla prediletta Gabriella, ha pareri opposti sulla magistratura italiana rispetto a quelli che oggi professa continuamente il più celebre marito della figlia. Addirittura dichiara di disprezzare la categoria delle toghe solo tanto quanto solo quella dei giornalisti; mentre per il Nostro la magistratura è “il baluardo per garantire la giustizia”.
Sembra incredibile che la vita di un pluri -indagato come Buontempo e quella di un paladino della legalità come il Nostro, possano intersecarsi. Eppure l’amore ha potuto anche questo.
Tuttavia, non è solo l’affetto per la figlia e la moglie che accomuna i due. Intanto c’è Alfredo Romeo, imprenditore campano, balzato per la prima volta agli onori della cronaca nel 1993 con lo scandalo della Tangentopoli napoletana.
Romeo, come Buontempo, è uno degli imprenditori accusati di aver pagato i politici per ottenere in cambio appalti nell’opera di modernizzazione per Italia ’90. Romeo, all’epoca, un appalto importante lo ottiene; quello per il censimento e il patrimonio immobiliare del Comune. Nel ’93 se la vede brutta come il cavalier Buontempo e si dà alla macchia, proprio come quest'ultimo. Ad inchiodarlo, la testimonianza del pentito Alfredo Vito (arieccolo! Com’è piccolo il mondo), dopo la quale, per restituire pan per focaccia, l’imprenditore decide di parlare con i giudici.
Proprio come Buontempo – che dalla latitanza di Praga tuona contro Vito accusandolo di non avere le palle – Romeo non è gentile con l’ex parlamentare democristiano e coi suoi colleghi politici. In un interrogatorio fiume con tanto di lacrime, l’immobiliarista ammette di aver pagato tangenti perché costretto dai politici che volevano sempre più soldi dopo avergli assegnato l’appalto.
Quasi un ventennio dopo, il nome di Alfredo Romeo ricompare sulle pagine di tutti i giornali stavolta al fianco di quello dell’allora vice capogruppo dei deputati del partito di maggioranza.
Segue
Scritto da Nico Spuntoni
giovedì 25 novembre 2010
C’era una volta un vice capogruppo alla Camera sposato con la proprietaria di una società produttrice ben inserita in Rai.
Due giornalisti, Marco Travaglio e Peter Gomez, ce lo raccontarono nel loro “Inciucio”, diversi anni fa.
All'epoca il presidente di una delle due Camere si reggeva ancora alla gonnella di Berlusconi e lo stesso vicecapogruppo, come voci del pettegolissimo corridoio di Via della Scrofa riferivano, non era avaro di apprezzamenti per il Premier.
Era ancora il tempo in cui la direttrice de l’Unità Concita De Gregorio, per parlare della vittoria del centrodestra con Caldoro nelle regionali, scomodava l’epiteto di “terra dei Casalesi” per definire la Campania.
Quel tempo finì quando l’odiato vicecapogruppo si riciclò sulla scena nazionale come l’uomo forte dei dissidenti in seno alla maggioranza. Da vicecapogruppo del partito di maggioranza divenne capogruppo del nuovo partitino, la serpe nel seno del governo.
E’ così che avvenne la trasformazione, come in quei film americani dove lo studente sfigato di turno diventa improvvisamente amato e corteggiato dal gruppo più “cool” della scuola.
Per il nostro politico si aprirono le porte dei programmi più impegnati della televisione italiana ed iniziarono ad arrivare i plausi dei radical – chic che in precedenza, pur di attaccarlo, non gli risparmiavano battute da osteria sul cognome non proprio felice.
Persino i due giornalisti sempre pronti a divulgare le strane coincidenze negli affari di certi politici italiani, vennero colti da leggera amnesia: proprio Travaglio, il giornalista con l'ego più smisurato d'Italia, ha dimenticato di rivendicare la paternità delle rivelazioni sulla società della moglie dell’ex vice capogruppo.
Infatti, quando il Giornale dedicò diversi articoli alla società di produzione e ai suoi contratti Rai, non solo Travaglio e Gomez non ricordarono che i primi a parlarne erano stati loro nell’Inciucio, ma si unirono alla vulgata che accusava Feltri di essere il manganello del Premier.
Persino alla De Gregorio, quella della Campania definita come “terra dei casalesi” se a vincere lì era il centrodestra, il braccio destro del presidente-capopartito (anche se eletto in Parlamento con il di un altro partito nel seggio di Casal di Principe) cominciò a non dispiacere, vista la credibilità che il suo giornale attribuì alle accuse assurde sul "dossieraggio" nel caso Montecarlo.
Chiaramente la favola qui sopra ha come protagonista un personaggio che forse il lettore più accorto avrà potuto riconoscere, l'esponente principale dei “falchi” del "nuovo" partitello.
Ma lui non è solo l’uomo di Palazzo, quello che vediamo nei salotti televisivi o in barca con parlamentari d’opposizione. Il capogruppo novello è infatti la macchina organizzativa su cui il capopartito-presidente di un ramo del parlamenti può contare per la sua nuova avventura.
Il bacino principale di uomini per il presidente è la “terra dei Casalesi” (per citare la De Gregorio) dove il novello capogruppo ha stabilito il suo quartier generale. L’ultimo evento pubblico di questo partitello si è anzi organizzato proprio a Napoli.
Ma il presidente ha parlato chiaramente, lasciando intendere che il nuovo movimento non sarà l’ennesimo partitino clientelare e ribadendo che i presenti non dovranno aspettarsi favori o candidature. Certo, la sua parola non ha molto valore se si ripensa alla recente promessa di dimissioni dallo scranno più alto di una delle Camere se l’affaire monegasco si fosse evoluto fino ad inchiodare il cognato, salvo poi ignorare l’email che confermava le responsabilità del giovane fratello della compagna, agli atti dei magistrati.
E dire che proprio il suo stretto collaboratore campano, in occasione della richiesta di dimissioni per Nicola Cosentino, riteneva «opportuno che su questo (gli elementi venuti fuori contro il sottosegretario) si dovessero riunire il gruppo del Pdl alla Camera e i vertici del partito, una riunione della direzione nazionale per decidere se Cosentino, alla luce di documenti e atti di cui i giornali hanno ampiamente scritto, è bene che resti al governo o meno».
Dunque lo stesso novello capogruppo-capopartito in Campania che invocava le dimissioni del suo rivale Cosentino, non per indagini della magistratura sfociate in una sentenza, ma per quanto scrivevano le cronache, di fronte ai «documenti e agli atti di cui i giornali hanno ampiamente scritto» sullo scandalo della casa di Montecarlo, si è trasformato nel più strenuo difensore del presidente e sempre in prima fila a rispondere a chi chiedeva la sua testa.
Ma è possibile che nessun organo d’informazione in Italia, eccetto i soliti il Giornale, Libero ed Il Tempo, faccia notare le contraddizioni su cui si fonda il nuovo movimento staccatosi dal partito di maggioranza?
Si può sorvolare sul fatto che i suoi dirigenti abbiano vissuto 16 anni di politica berlusconiana comodamente accomodati ai posti alti ed ora, all’improvviso, scoprano che il Premier è un dittatore pregiudicato?
Ma davvero il presidente-capopartito pensa di cavarsela, per cancellare quasi un ventennio da numero 2, con un “dovevamo uscire prima”? Come fa a dire d’ispirarsi, per il suo nuovo partitello, allo spirito iniziale del partito di maggioranza, quando tutti ricordano che lui salutò la fondazione del nuovo partito del Premier con uno sprezzante, “siamo alle comiche finali”? Ma come fa, nel bel mezzo della bufera sui contratti miliardari con la Rai di sua suocera casalinga, a dire che il suo movimento non avrà nulla a che fare con il nepotismo e il favoritismo?
L’ambientazione scelta per presentare un movimento giustizialista e anticlientelare sottrae ulteriormente credibilità alle parole del romagnolo (ci ritroviamo nel campo del decimale, a furia di sottrarre credibilità).
La contraddizione è nella storia stessa del responsabile di quest’ambientazione: il rospo diventato principe della sinistra italiana: il nostro onorevole novello capogruppo.
Formatosi politicamente come figlioccio di Tatarella, il Nostro compie un passo importante nella sua vita sposando la figlia di uno degli uomini più potenti e ricchi di Napoli, l’imprenditore Eugenio Buontempo.
Se il presidente del novello aprtito ha problemi di credibilità con la suocera, il Nostro non è da meno col suocero. Buontempo risulta invischiato in buona parte degli scandali che hanno attraversato la “Napoli da bere” degli anni ’80. Il più famoso è probabilmente l”Irpiniagate”, che vede messi al banco degli imputati i protagonisti della gestione del dopo terremoto.
Lo chiamano ancora “il giorno dello sciacallo”, quel 23 novembre 1980, data del terribile sisma abbattutosi su Campania e Basilicata che si portò via 300 persone.
La prevista ricostruzione costituisce una miniera d’oro per imprenditori e politici locali. Tra gli imputati nel processo per corruzione, spicca il nome del suocero del Nostro, al fianco di nomi più blasonati come quello di Cirino Pomicino e di Ferlaino.
Buontempo e gli altri sono stati assolti definitivamente l’anno scorso dalla Corte d’Appello, per prescrizione: sono passati troppi anni dal fatto per poterli giudicare.
Ma la notorietà nazionale, il cavalier Buontempo, l’aveva raggiunta con l’acquisto a prezzo stracciato di una delle flotte più famose del mondo: la flotta Lauro del’ex sindaco di Napoli, Achille.
Divenuto vecchio “o’ Comandante” e fatte sempre più incessanti le richieste delle banche creditrici, l’azienda viene commissariata grazie alla legge Prodi, che prevede il sostegno statale col congelamento di tutti i debiti di cui diveniva garante lo Stato.
E’ l’ultimo commissario dell’azienda, il giovane Flavio De Luca, a vendere tramite asta, con l’assenso del ministro repubblicano Battaglia, ciò che rimaneva della flotta a due imprenditori campani: Salvatore Pianura ed Eugenio Buontempo.
La cessione fu sbrigativa e, secondo la testimonianza dell’armatore Giacomo Costa, vide De Luca rifiutare offerte maggiori di altri imprenditori interessati (le offerte presentate inizialmente erano tre e quella di Pianura e Buontempo era la meno conveniente: 9,1 miliardi contro i 9,5 di Giovanni Di Maio e i 10 miliardi del gruppo Matacena).
All’inizio degli anni ’90 la magistratura decise di indagare su quell’asta poco chiara. Pianura, Buontempo,De Luca e gli altri protagonisti di questa brutta storia, vengono incriminati e poi condannati dalla nona sezione penale del tribunale di Napoli per reati che vanno dall’interesse privato al peculato. Quattro anni, 7 milioni e mezzo di multa e 10 mesi di interdizione dai pubblici uffici per il suocero di Italo Bocchino.
Ma la sentenza di secondo grado ribalta questa decisione, assolvendo tutti.
I pm avevano rimproverato a Buontempo e Pianura di essersi impossessati addirittura gratuitamente della flotta Lauro, in cambio del pagamento del Tfr dei dipendenti.
Ad alzare la voce contro l’asta che aveva premiato i due imprenditori, anche il figlio del Comandante Lauro, che in un’intervista del ’92 al Corriere denunciò un progetto politico volto a togliergli l’azienda di famiglia (e con essa i privilegi marittimi).
In effetti, dopo aver vinto l’asta, il cavaliere Buontempo non s’impegna a ridare alla flotta lo splendore di una volta ma la smembra, vendendo subito quattro navi al prezzo di quattro miliardi.
Ma Buontempo non si accontenta soltanto del mare e quando il suo amico Claudio Signorile, esponente storico dell’ala anticraxiana e filocomunista del Psi, diventa ministro dei trasporti, il suocero del Nostro approfitta della liberalizzazione dei cieli decretata per scendere in campo con una sua compagnia aerea.
La Alibù airways spa non fa a tempo a nascere, che finisce nei documenti di un’inchiesta genovese su presunte tangenti al ministero dei Trasporti per ottenere in cambio le concessioni di volo.
Nel 1988 la Corte dei Conti chiede all’ex ministro Claudio Signorile, tramite atto di citazione, un miliardo e mezzo per danno erariale allo Stato. I giudici contabili imputano a Signorile l’affitto esclusivo, durante il suo mandato, di aerei facenti riferimento alla compagnia del Buontempo a prezzi eccessivi, pagati ovviamente dai cittadini italiani.
Siamo all’alba del più grande scandalo mai abbattutosi sulla classe dirigente del nostro paese, Tangentopoli. Occasione ghiotta per mazzette ed appalti nel territorio napoletano, è la modernizzazione prevista per l’organizzazione dei mondiali di calcio nel 1990.
Potendo contare sull’amicizia dei più potenti uomini politici campani, il progetto di “rifare la faccia” a Napoli, in occasione della più importante manifestazione calcistica, fa brillare gli occhi agli imprenditori più conosciuti della zona.
Buontempo ovviamente è uno di questi.
Il progetto più ambizioso è la Linea Tranviaria Rapida che l’assessore Silvano Misciari dà per certa in occasione dei mondiali. Si tratta di una metro veloce che avrebbe dovuto attraversare i sotterranei di Napoli e poi venirne fuori.
I lavori partono a razzo e una montagna di denaro pubblico si riversa nei cantieri. L’appalto viene concesso all’Ansaldo Trasporti ma Buontempo, tramite l’amico Di Donato, riesce a ritagliarsi uno spazio nei lavori. Lavori che si arenano incredibilmente per anni, rivelando il malaffare nella gestione degli appalti e costringendo il famoso assessore Misciari a scappare, travolto da un mandato per associazione a delinquere. Cercano Misciari, trovano la moglie e la suocera. Arrestate in quello che è lo scoppio della Tangentopoli vesuviana e che vede, con estrema rapidità, la fuga all’estero dei personaggi coinvolti.
Cominciano a spuntare anche i pentiti, come il parlamentare Alfredo Vito che alla fine patteggia due anni e restituisce 5 miliardi e mezzo. Promette allora, il democristiano eletto con 100 mila preferenze, che non si sarebbe mai più ricandidato.
Nel 2006 infrange la parola che aveva dato e si rituffa nell’agone politico, eletto con Forza Italia. Forse è la vocazione a non mantenere le promesse che lo spinge oggi a guardare con simpatie il capopartito-presidente e il suo movimento, a cui aderirà. Quando ci saranno le elezioni, vedremo se non verrà messo in lista un portatore di voti come Vito oppure, come è abituato a fare, si scorderà di aver polemizzato con il Premier chiedendo di “evitare candidature poco trasparenti”.
In ogni caso il movimento che nasce contro il clientelismo e a favore della legalità, l’altro giorno a Napoli poteva vantare la presenza del primo reo confesso della Tangentopoli napoletana. Quello scandalo travolge in prima persona anche il suocero del Nostro, bersagliato da quattro mandati di custodia cautelare.
Il cavaliere del lavoro scappa a Praga e si dà alla latitanza d’oro, al fianco di una moretta ben più giovane di lui. Lo cercano per concorso in corruzione: secondo gli inquirenti ha pagato la politica per avere libero accesso agli appalti. Lui stesso, raggiunto nella capitale ceca dalla giornalista Maria Latella nel marzo 1993, ammette di aver “sempre dato tanto” ai politici.
Quasi un anno dopo, davanti ad un ristorante nel centro della bella Praga, la latitanza di Eugenio Buontempo finisce grazie ad un’opera congiunta dei carabinieri con la polizia ceca.
Sempre in compagnia della bella moretta, l’imprenditore viene ammanettato e condotto su una volante con un cappuccio a coprirgli il volto. Una fine ingloriosa per un cavaliere del lavoro e un ennesimo colpo duro alla già debole immagine internazionale del nostro paese. Alcuni organi di stampa cechi riportano la notizia con grande enfasi, parlando addirittura (erroneamente) di arresto di “un membro della mafia italiana”.
Secondo la polizia italiana, come ci fanno sapere “Droggy - info”,”Tn.cz Nova”ed anche il tedesco Berliner Zeitung, il suocero del nostro è “una delle persone più importanti della criminalità economica e politica del paese.”
Nell’intervista rilasciata alla Latella, il 61enne imprenditore, accompagnato dalla prediletta Gabriella, ha pareri opposti sulla magistratura italiana rispetto a quelli che oggi professa continuamente il più celebre marito della figlia. Addirittura dichiara di disprezzare la categoria delle toghe solo tanto quanto solo quella dei giornalisti; mentre per il Nostro la magistratura è “il baluardo per garantire la giustizia”.
Sembra incredibile che la vita di un pluri -indagato come Buontempo e quella di un paladino della legalità come il Nostro, possano intersecarsi. Eppure l’amore ha potuto anche questo.
Tuttavia, non è solo l’affetto per la figlia e la moglie che accomuna i due. Intanto c’è Alfredo Romeo, imprenditore campano, balzato per la prima volta agli onori della cronaca nel 1993 con lo scandalo della Tangentopoli napoletana.
Romeo, come Buontempo, è uno degli imprenditori accusati di aver pagato i politici per ottenere in cambio appalti nell’opera di modernizzazione per Italia ’90. Romeo, all’epoca, un appalto importante lo ottiene; quello per il censimento e il patrimonio immobiliare del Comune. Nel ’93 se la vede brutta come il cavalier Buontempo e si dà alla macchia, proprio come quest'ultimo. Ad inchiodarlo, la testimonianza del pentito Alfredo Vito (arieccolo! Com’è piccolo il mondo), dopo la quale, per restituire pan per focaccia, l’imprenditore decide di parlare con i giudici.
Proprio come Buontempo – che dalla latitanza di Praga tuona contro Vito accusandolo di non avere le palle – Romeo non è gentile con l’ex parlamentare democristiano e coi suoi colleghi politici. In un interrogatorio fiume con tanto di lacrime, l’immobiliarista ammette di aver pagato tangenti perché costretto dai politici che volevano sempre più soldi dopo avergli assegnato l’appalto.
Quasi un ventennio dopo, il nome di Alfredo Romeo ricompare sulle pagine di tutti i giornali stavolta al fianco di quello dell’allora vice capogruppo dei deputati del partito di maggioranza.
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Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
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E c'è chi gli crede : aprite gli occhi.
Venerdì 26 Novembre 2010
Premio di maggioranza
Scritto da Vito Schepisi
venerdì 26 novembre 2010
Sembra che la nuova idea dei finiani, per concedere respiro al Governo, sia quella di chiedere una modifica della legge elettorale. Non si tratta di reintrodurre le preferenze. La questione preferenze non è mai stata un vero problema per i partiti, anzi per alcuni le cose vanno fin troppo bene, trasformando la stessa questione in un suggestivo strumento di indignazione, per far presa sugli elettori. E’ sufficiente far intendere che Berlusconi, “dittatore” e “mignottaro”, assieme ai leghisti “rozzi” e “razzisti”, abbia anche espropriato gli italiani del diritto di scelta dei parlamentari sulla scheda elettorale e tutto va bene. Il “porcellum” si presta con facilità ad essere additato come un metodo ingiusto e autoritario per la nomina dei Parlamentari. Aiuta all’idea negativa anche l’aneddoto storico, forse un po’ fantasioso, di Caio Giulio Cesare Germanico, imperatore romano noto come Caligola, che, in un crescendo di follia, in segno di disprezzo verso le istituzioni, pare che avesse voluto nominare il suo cavallo, Incitatus , al Senato di Roma.
Le motivazioni del legislatore sulle preferenze sono state del tutto diverse e riflettendoci con la dovuta prudenza si ricaverebbero valutazioni più ragionevoli. La partitocrazia, infatti, più che sulle persone più rappresentative che i partiti, anche per immagine, mettono in campo, si regge sui comitati di affari e sulle manipolazioni delle selezioni elettorali. Le preferenze in mano alle caste ed ai gruppi di pressione sarebbero, pertanto, lo strumento più subdolo per favorire il dilagare della corruzione. Con la reintroduzione delle preferenze andrebbero a contare di più i mezzi finanziari, gli accordi occulti o il sostegno delle lobby, che non la cultura, la competenza e l’onestà dei candidati.
In una società come l’attuale, così aperta alle comunicazioni e con spiccata caratterizzazione mediatica, malgrado il paradosso, ciò che può sembrare più democratico, in realtà potrebbe non esserlo, anche se è ferma la convinzione che sarebbe auspicabile la messa a punto di un metodo che possa garantire l’agibilità politica al riparo dalle gestioni occulte e mafiose. Nel frattempo, però, resta auspicabile che nessuno possa essere messo nelle condizioni di comprare nessuno. L’attuale metodo, pertanto, se tutti si togliessero la maschera della finzione, va bene anche ai partiti. A Tutti. Solo gli ipocriti possono sostenere il contrario.
L’idea nuova dei finani, invece, consisterebbe nella modifica della parte della legge che riguarda il premio di maggioranza. Un nuovo cavallo di soia per ridurre Berlusconi alla resa. L’idea, avanzata da Urso, sarebbe quella di porre l’asticella del premio di maggioranza sulla soglia del 45%. A quella soglia il Pdl e la Lega, valutati tra il 42% ed il 44%, non riuscirebbero ad arrivare. Con questa modifica diverrebbe meno inutile e meno rischioso l’accordo elettorale tra Casini, Rutelli e Fini. Fini, infatti, teme le elezioni perché nelle condizioni attuali, se anche il Pdl e la Lega si fermassero al 42%, a tutto beneficio del trio neocentrista che così arriverebbe a sfiorare il 18%, che è anche il massimo della forbice attribuito dai sondaggi, e con la coalizione di sinistra, da Vendola a Bersani, attraverso Di Pietro, al di sotto del 40%, il centrodestra vincerebbe le elezioni e conquisterebbe alla Camera il premio di maggioranza, con buona pace di Fini che si troverebbe a capo di un piccolo partito e privo anche della sua identità. A Fini, invece, interesserebbe sia la caduta Berlusconi, che restare in gioco.
Con la proposta di Urso le tre debolezze si trasformerebbero in una forza. Diventerebbero l’ago della bilancia del Parlamento. Casini, Rutelli e Fini, a corto di voti ma arbitri della situazione, adotterebbero la politica dei due forni, com’è sempre piaciuto a Casini.
Fini immagina così di potersi liberare di Berlusconi. Con una proposta che ci riporterebbe nella più classica delle degenerazioni della partitocrazia. Non varrebbero più i programmi e le scelte dei modelli di società per il futuro, ma gli accordi sui prezzi da pagare fino a soddisfare gli interessi di quei gruppi di potere che, servendosi di piccoli ma indispensabili numeri, arriverebbero, come un tempo, a condizionare le scelte del Paese.
Altro che bipolarismo! Fini anche in questo ha cambiato pensiero?
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: TullianFineide.
Vita e prodezze di un ex-vicecapogruppo.
Parte seconda
Scritto da Nico Spuntoni
venerdì 26 novembre 2010
Siamo nel Dicembre 2008, quando si viene a sapere dell’inchiesta sull’affare da 400 milioni di euro “Global service”, progetto per la riparazione delle strade napoletane che ha trovato l’approvazione del consiglio comunale ma non è mai stato realizzato.
Alfredo Romeo viene arrestato insieme ad altri quattro assessori della giunta Iervolino.
Nella lista degli indagati compare anche il nome del Nostro, il quale secondo i magistrati, si sarebbe «adoperato per consentire all’imprenditore il proseguimento dei propri fini illeciti nel settore degli appalti, sia nella città di Napoli che nella città di Roma, in questo secondo caso intervenendo presso esponenti del Consiglio di Stato per sostenere Romeo.»
Il partito di maggioranza fa quadrato intorno al suo vice capogruppo alla Camera, mentre lui si dichiara sereno anche se, dal suo blog personale, non risparmia una frecciatina ironica a quella magistratura che, due anni più tardi, diventerà “baluardo di giustizia”. Egli è coinvolto nell’inchiesta da una serie di intercettazioni telefoniche con Romeo, nelle quali sembra mostrarsi molto reverente nei confronti dell’imprenditore, con numerose rassicurazioni.
Romeo si dichiara preoccupato per la presentazione in Consiglio comunale di emendamenti critici (fatti da An) verso il suo “Global service”. Il Nostro ci tiene a rassicurarlo e si compiace, in una seconda telefonata, per il ritiro degli emendamenti in questione.
Il paladino della legalità si spinge fino a dichiarare all’amico, già inquisito come il suocero, che «ormai... siamo una cosa... quindi... consolidata, un sodalizio, una cosa solida... una fusione di due gruppi». Secondo i magistrati inquirenti sarebbe esistita una “struttura organizzata unitaria", in un’«ottica di contiguità, stabile comunanza e reciprocità di interessi che lega tra loro molti degli indagati».
Due anni dopo l’inchiesta si è risolta con la condanna di Romeo a due anni e l’assoluzione per tutti gli altri imputati.
Anche la posizione del Nostro, che era solo indagato, è stata chiarita anche se il contenuto delle telefonate non ha di certo giovato alla sua figura.
Altro punto di convergenza tra suocero e genero è rappresentato dal quotidiano Il Roma.
Il giornale a cui il Comandante Lauro era particolarmente affezionato, nel momento del crack del suo gruppo, quando ciò che rimane dell’azienda viene smembrato, finisce sotto il controllo del solito Buontempo. Il cavaliere, che già possiede Il giornale di Napoli, non bada troppo alla sua nuova proprietà.
Ma è proprio il comitato di redazione de Il Roma a chiedere alla magistratura di fare chiarezza sulla cessione della flotta Lauro, di cui abbiamo già parlato. Quando tutti gli imputati furono assolti, compreso Buontempo, l’unica macchia rimane addosso al commissario De Luca proprio per la svendita del quotidiano. 1 anno e 10 mesi. La redazione vince almeno questa battaglia giudiziaria, consolazione per la mancata riedizione di un quotidiano così prestigioso che per 10 anni (dall’80 al ’90) chiude i battenti.
Anni dopo, in un’intervista, De Luca si dice molto rammaricato per quella condanna e dichiara che, col senno di poi, non avrebbe più accettato l’offerta di Buontempo e Pianura per la flotta Lauro.
Anche il Nostro ha avuto ed ha ancora a che fare con Il Roma.
Nel 1996, infatti, a rilanciare l’ex foglio di Lauro ci pensa il padre politico del parlamentare di Casal di Principe, Tatarella, che converte il quotidiano in organo d’informazione del suo movimento culturale “Mediterraneo”. Ancora oggi il Nostro è editore de facto del giornale napoletano.
Il Roma è stato anche l’organo che ha pubblicato l’anticipazione sulla richiesta d’arresto di Nicola Cosentino, casualmente rivale politico del Nostro in Campania.
La colpa che la nuova formazione dissidente alla quale il Nostro appartiene attribuisce a Berlusconi (essere mandante degli scoop contro Fini de il Giornale), potrebbe essere rigirata al novello capogruppo alla Camera?
Ma il Nostro ha le sue belle gatte da pelare,anche senza dover scomodare le vicissitudini familiari e monegasche. Il suo cruccio peggiore porta il nome di Loris Bassini: un signore nato nella terra del Duce, Predappio. Bassini ha accumulato quasi 12 anni di condanna per truffa e ricettazione.
E’ ad un simil personaggio che il Nostro, campione di legalità, si rivolge per salvare la società di produzione della moglie e il già citato Roma, che navigavano in cattive acque.
Tra le condanne di Bassini, c’è quella irrogata dal tribunale di San Marino che lo obbliga a restituire al conte Vitali 20 miliardi di vecchie lire, che l’aristocratico gli aveva affidato nel 2000. Una parte di quei 20 miliardi, come accertato, provenivano dal pagamento per il lavoro svolto da Vitali in qualità di mediatore nel famoso affaire Telecom Serbia.
E il faccendiere Bassini come ha impiegato i venti miliardi del conte? Ce lo dicono i magistrati torinesi che hanno indagato sulla vicenda:
«Bassini erogò nel corso del 2001 1,8 miliardi di lire ad una società, Goodtime Sas, di cui socia accomandataria era Gabriella Buontempo, moglie dell'on. …[il Nostro], successivamente componente della commissione d'inchiesta Telekom Serbia; e 2,4 miliardi di lire alla società Edizioni del Roma, di cui socio e Presidente del Consiglio di Amministrazione era lo stesso on. … [il Nostro] ... Entrambe queste operazioni vennero promosse da Silvana Spina, ottima amica della moglie dell’on. [il Nostro], Gabriella Buontempo, e che aveva messo in relazione la famiglia … [del Nostro] con quella di Vitali … 1,850 miliardi non sono stati restituiti ....".
Dunque gli unici soldi accertabili di Telecom Serbia sono stati usati proprio dall’inconsapevole … [sempre il Nostro], che non conosceva la provenienza originaria del denaro. Fatto sta che, alla faccia del conflitto d’interesse, il Nostro era anche membro della commissione che doveva far luce sul caso Telecom Serbia.
Costretto a restituire i soldi, Bassini chiede indietro confidenzialmente i soldi prestati al Nostro e consorte. Incredibilmente però i due temporeggiano e costringono il faccendiere a rivolgersi alla giustizia.
Il pignoramento della casa di Corso Vittorio, dove risulta residente la moglie del Nostro, viene rimandato per due volte. La terza volta, ad aprire la porta di casa, come riferisce Bassini, è un prefetto che dichiara di essere in affitto.
Bassini riesce a far pignorare il pagamento dell’affitto della casa dei coniugi … [il Nostro e Signora] e ottiene anche il sequestro di una loro casa in Abruzzo.
Recentemente, a pubblicare queste informazioni nel silenzio generale, è stato Il Giornale che si è occupato anche della casa di produzione “Goodtime enterprise”, di Gabriella Buontempo.
Moglie e marito sembrano avere in comune, oltre alla vita insieme e i debiti con Bassini, anche una spiccata tendenza al flop. La Buontempo come produttrice di film non ha fatto faville al botteghino.
Titoli come “Una bruttina stagionata”, “Fa un sorriso”, “Mi sei entrata nel cuore come un coltello” fino al più recente “Amore che vieni, amore che vai”, non hanno riscontrato il successo del pubblico e nemmeno un particolare consenso della critica. Eppure gli ingredienti per un buon risultato c’erano tutti: valido e conosciuto cast, registi di talento e, soprattutto, il sostegno economico dello Stato.
“Una bruttina stagionata”,”Mi sei entrata nel cuore come un coltello” e “Amore che vieni, amore che vai” hanno intascato tutti e tre i sussidi della presidenza del consiglio per lo spettacolo. “Fa un sorriso” è stato sostenuto da un fondo europeo previsto per le co-produzioni.
Anche il Nostro, al di là della recente notorietà, non è stato particolarmente fortunato.
E’ difficile dimenticare la disfatta elettorale del 2005, proprio nella sua Campania. Egli si presentò come leader della coalizione di centrodestra contro l’ex governatore Bassolino, già logorato da due mandati a Napoli e dagli scandali sui rifiuti che cominciavano a venir fuori. Il vice Nostro si fermò al debole risultato del 34,4 %, contro il 61 % del candidato di centrosinistra.
Altro episodio indimenticabile nella carriera del Nostro, è il famoso “pizzino” passatogli da Latorre in diretta tv. Per i più smemorati, il periodo di riferimento è quello che vedeva la discussione sull’elezione del presidente di Vigilanza Rai. Ad un dibattito televisivo su La7, incalzato dall’IDV Donadi, l’allora vice capogruppo del Partito di maggioranza è in chiara difficoltà.
Latorre, parlamentare Pd (partito alleato dell’IDV), si muove in soccorso del campano suggerendo, con un “pizzino”, di ricordare a Donadi che lo stesso problema per la Vigilanza Rai era stato alzato dal partito di Di Pietro per l’elezione in Corte Costituzionale di Pecorella..
Bocchino, come fosse un pupazzo nelle mani del ventriloquio Latorre, accoglie il suggerimento e ripete le parole del collega rivale. Se Latorre fa la figura del masochista, il Nostro non ne esce meglio: l’episodio lascia pesanti dubbi sulla sua capacità di partecipare autonomamente ad un dibattito politico.
Ma infine, il Nostro resta un valido collaboratore del suo capoccia, tanto che mi chiedo se il presidente della Camera non si sia ispirato alle gesta del suo capogruppo quando ha detto che “è impossibile parlare di legalità, o peggio, predicarla, se poi trapela la volontà di non rispettare le regole”.
Parte seconda
Scritto da Nico Spuntoni
venerdì 26 novembre 2010
Siamo nel Dicembre 2008, quando si viene a sapere dell’inchiesta sull’affare da 400 milioni di euro “Global service”, progetto per la riparazione delle strade napoletane che ha trovato l’approvazione del consiglio comunale ma non è mai stato realizzato.
Alfredo Romeo viene arrestato insieme ad altri quattro assessori della giunta Iervolino.
Nella lista degli indagati compare anche il nome del Nostro, il quale secondo i magistrati, si sarebbe «adoperato per consentire all’imprenditore il proseguimento dei propri fini illeciti nel settore degli appalti, sia nella città di Napoli che nella città di Roma, in questo secondo caso intervenendo presso esponenti del Consiglio di Stato per sostenere Romeo.»
Il partito di maggioranza fa quadrato intorno al suo vice capogruppo alla Camera, mentre lui si dichiara sereno anche se, dal suo blog personale, non risparmia una frecciatina ironica a quella magistratura che, due anni più tardi, diventerà “baluardo di giustizia”. Egli è coinvolto nell’inchiesta da una serie di intercettazioni telefoniche con Romeo, nelle quali sembra mostrarsi molto reverente nei confronti dell’imprenditore, con numerose rassicurazioni.
Romeo si dichiara preoccupato per la presentazione in Consiglio comunale di emendamenti critici (fatti da An) verso il suo “Global service”. Il Nostro ci tiene a rassicurarlo e si compiace, in una seconda telefonata, per il ritiro degli emendamenti in questione.
Il paladino della legalità si spinge fino a dichiarare all’amico, già inquisito come il suocero, che «ormai... siamo una cosa... quindi... consolidata, un sodalizio, una cosa solida... una fusione di due gruppi». Secondo i magistrati inquirenti sarebbe esistita una “struttura organizzata unitaria", in un’«ottica di contiguità, stabile comunanza e reciprocità di interessi che lega tra loro molti degli indagati».
Due anni dopo l’inchiesta si è risolta con la condanna di Romeo a due anni e l’assoluzione per tutti gli altri imputati.
Anche la posizione del Nostro, che era solo indagato, è stata chiarita anche se il contenuto delle telefonate non ha di certo giovato alla sua figura.
Altro punto di convergenza tra suocero e genero è rappresentato dal quotidiano Il Roma.
Il giornale a cui il Comandante Lauro era particolarmente affezionato, nel momento del crack del suo gruppo, quando ciò che rimane dell’azienda viene smembrato, finisce sotto il controllo del solito Buontempo. Il cavaliere, che già possiede Il giornale di Napoli, non bada troppo alla sua nuova proprietà.
Ma è proprio il comitato di redazione de Il Roma a chiedere alla magistratura di fare chiarezza sulla cessione della flotta Lauro, di cui abbiamo già parlato. Quando tutti gli imputati furono assolti, compreso Buontempo, l’unica macchia rimane addosso al commissario De Luca proprio per la svendita del quotidiano. 1 anno e 10 mesi. La redazione vince almeno questa battaglia giudiziaria, consolazione per la mancata riedizione di un quotidiano così prestigioso che per 10 anni (dall’80 al ’90) chiude i battenti.
Anni dopo, in un’intervista, De Luca si dice molto rammaricato per quella condanna e dichiara che, col senno di poi, non avrebbe più accettato l’offerta di Buontempo e Pianura per la flotta Lauro.
Anche il Nostro ha avuto ed ha ancora a che fare con Il Roma.
Nel 1996, infatti, a rilanciare l’ex foglio di Lauro ci pensa il padre politico del parlamentare di Casal di Principe, Tatarella, che converte il quotidiano in organo d’informazione del suo movimento culturale “Mediterraneo”. Ancora oggi il Nostro è editore de facto del giornale napoletano.
Il Roma è stato anche l’organo che ha pubblicato l’anticipazione sulla richiesta d’arresto di Nicola Cosentino, casualmente rivale politico del Nostro in Campania.
La colpa che la nuova formazione dissidente alla quale il Nostro appartiene attribuisce a Berlusconi (essere mandante degli scoop contro Fini de il Giornale), potrebbe essere rigirata al novello capogruppo alla Camera?
Ma il Nostro ha le sue belle gatte da pelare,anche senza dover scomodare le vicissitudini familiari e monegasche. Il suo cruccio peggiore porta il nome di Loris Bassini: un signore nato nella terra del Duce, Predappio. Bassini ha accumulato quasi 12 anni di condanna per truffa e ricettazione.
E’ ad un simil personaggio che il Nostro, campione di legalità, si rivolge per salvare la società di produzione della moglie e il già citato Roma, che navigavano in cattive acque.
Tra le condanne di Bassini, c’è quella irrogata dal tribunale di San Marino che lo obbliga a restituire al conte Vitali 20 miliardi di vecchie lire, che l’aristocratico gli aveva affidato nel 2000. Una parte di quei 20 miliardi, come accertato, provenivano dal pagamento per il lavoro svolto da Vitali in qualità di mediatore nel famoso affaire Telecom Serbia.
E il faccendiere Bassini come ha impiegato i venti miliardi del conte? Ce lo dicono i magistrati torinesi che hanno indagato sulla vicenda:
«Bassini erogò nel corso del 2001 1,8 miliardi di lire ad una società, Goodtime Sas, di cui socia accomandataria era Gabriella Buontempo, moglie dell'on. …[il Nostro], successivamente componente della commissione d'inchiesta Telekom Serbia; e 2,4 miliardi di lire alla società Edizioni del Roma, di cui socio e Presidente del Consiglio di Amministrazione era lo stesso on. … [il Nostro] ... Entrambe queste operazioni vennero promosse da Silvana Spina, ottima amica della moglie dell’on. [il Nostro], Gabriella Buontempo, e che aveva messo in relazione la famiglia … [del Nostro] con quella di Vitali … 1,850 miliardi non sono stati restituiti ....".
Dunque gli unici soldi accertabili di Telecom Serbia sono stati usati proprio dall’inconsapevole … [sempre il Nostro], che non conosceva la provenienza originaria del denaro. Fatto sta che, alla faccia del conflitto d’interesse, il Nostro era anche membro della commissione che doveva far luce sul caso Telecom Serbia.
Costretto a restituire i soldi, Bassini chiede indietro confidenzialmente i soldi prestati al Nostro e consorte. Incredibilmente però i due temporeggiano e costringono il faccendiere a rivolgersi alla giustizia.
Il pignoramento della casa di Corso Vittorio, dove risulta residente la moglie del Nostro, viene rimandato per due volte. La terza volta, ad aprire la porta di casa, come riferisce Bassini, è un prefetto che dichiara di essere in affitto.
Bassini riesce a far pignorare il pagamento dell’affitto della casa dei coniugi … [il Nostro e Signora] e ottiene anche il sequestro di una loro casa in Abruzzo.
Recentemente, a pubblicare queste informazioni nel silenzio generale, è stato Il Giornale che si è occupato anche della casa di produzione “Goodtime enterprise”, di Gabriella Buontempo.
Moglie e marito sembrano avere in comune, oltre alla vita insieme e i debiti con Bassini, anche una spiccata tendenza al flop. La Buontempo come produttrice di film non ha fatto faville al botteghino.
Titoli come “Una bruttina stagionata”, “Fa un sorriso”, “Mi sei entrata nel cuore come un coltello” fino al più recente “Amore che vieni, amore che vai”, non hanno riscontrato il successo del pubblico e nemmeno un particolare consenso della critica. Eppure gli ingredienti per un buon risultato c’erano tutti: valido e conosciuto cast, registi di talento e, soprattutto, il sostegno economico dello Stato.
“Una bruttina stagionata”,”Mi sei entrata nel cuore come un coltello” e “Amore che vieni, amore che vai” hanno intascato tutti e tre i sussidi della presidenza del consiglio per lo spettacolo. “Fa un sorriso” è stato sostenuto da un fondo europeo previsto per le co-produzioni.
Anche il Nostro, al di là della recente notorietà, non è stato particolarmente fortunato.
E’ difficile dimenticare la disfatta elettorale del 2005, proprio nella sua Campania. Egli si presentò come leader della coalizione di centrodestra contro l’ex governatore Bassolino, già logorato da due mandati a Napoli e dagli scandali sui rifiuti che cominciavano a venir fuori. Il vice Nostro si fermò al debole risultato del 34,4 %, contro il 61 % del candidato di centrosinistra.
Altro episodio indimenticabile nella carriera del Nostro, è il famoso “pizzino” passatogli da Latorre in diretta tv. Per i più smemorati, il periodo di riferimento è quello che vedeva la discussione sull’elezione del presidente di Vigilanza Rai. Ad un dibattito televisivo su La7, incalzato dall’IDV Donadi, l’allora vice capogruppo del Partito di maggioranza è in chiara difficoltà.
Latorre, parlamentare Pd (partito alleato dell’IDV), si muove in soccorso del campano suggerendo, con un “pizzino”, di ricordare a Donadi che lo stesso problema per la Vigilanza Rai era stato alzato dal partito di Di Pietro per l’elezione in Corte Costituzionale di Pecorella..
Bocchino, come fosse un pupazzo nelle mani del ventriloquio Latorre, accoglie il suggerimento e ripete le parole del collega rivale. Se Latorre fa la figura del masochista, il Nostro non ne esce meglio: l’episodio lascia pesanti dubbi sulla sua capacità di partecipare autonomamente ad un dibattito politico.
Ma infine, il Nostro resta un valido collaboratore del suo capoccia, tanto che mi chiedo se il presidente della Camera non si sia ispirato alle gesta del suo capogruppo quando ha detto che “è impossibile parlare di legalità, o peggio, predicarla, se poi trapela la volontà di non rispettare le regole”.
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