TullianFineide.
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Gimand
Luciano Baroni
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Re: TullianFineide.
wolf ha scritto:WOLF!!!
Ciao, ridi con noi.
lunedì 31 gennaio 2011, 17:38
Ora Fini fa il moralista: giovani offesi dalle bugie (Ma non parla di sé...)
La massima di Gianfry: "Giovani offesi da chi predica bene ma razzola male". Ma il leader di Fli non sta parlando della casa di Montecarlo...
Roma - "Niente può offendere i giovani e minare il loro futuro quanto la menzogna, o chi predica in un modo e si comporta in un altro". Firmato: Gianfranco Fini. Il presidente della Camera non fa il nome di Berlusconi, né tira in ballo il caso Ruby. Non ce n'è bisogno. Intervenendo alla presentazione della campagna Condividiamo il pane quotidiano, il leader di Futuro e Libertà rompe il silenzio dopo le nuove carte sulla proprietà di Montecarlo per fare una tirata (a dir poco moralistica) sui giovani. Non è la prima, non sarà nemmeno l'ultima.
"I giovani sono disposti a credere e a impegnarsi - sottolinea Fini - a sacrificarsi e a mobilitarsi non solo quando si parla con spirito di verità ma anche quando oltre le parole si fanno seguire gli esempi". Verissimo. Nulla da eccepire. Solo un appunto. Ancora una volta il presidente della Camera si erge a paladino dei valori e punta il dito contro chi sbaglia. Una reprimenda che stride ancora di più se fatta da chi disattende una promessa fatta a tutti gli italiani. Nonostante le carte di Santa Lucia abbiano provato che Giancarlo Tulliani è il proprietario dell'appartamento di boulevard Princesse Charlotte, Fini non ha tenuto fede alle dimissioni assicurate agli italiani il 25 settembre scorso.
Proprio per questo le tirate d'orecchi fatte da Fini suonano un tantino fuori luogo. E sul "predicar bene e razzolare male" il presidente della Camera avrebbe tanto da dire ai giovani...
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Ehhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh............................
http://linkati2lu.files.wordpress.com/2011/02/chi-c3a8.doc
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Gli "intenti -accordi" ( ? ) di e fra casta/e.
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/caro_gianfranco_viaggi_ancora_regime_ritardo/povero-fascismo-fini-veneziani-duce/02-02-2011/articolo-id=503429-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/un_altro_mistero_montecarlo_fini_graziato_frattini_indagato_il_ministro_esteri_accusato_abuso_sua_colpa_e_avere_ricevuto_fascicolo_che_inchioda_cognato_leader_fli_la_procura_la_stessa_blitz_giornale/02-02-2011/articolo-id=503262-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/un_altro_mistero_montecarlo_fini_graziato_frattini_indagato_il_ministro_esteri_accusato_abuso_sua_colpa_e_avere_ricevuto_fascicolo_che_inchioda_cognato_leader_fli_la_procura_la_stessa_blitz_giornale/02-02-2011/articolo-id=503262-page=0-comments=1
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Vai a Montecarlò, vai !!!
giovedì 03 febbraio 2011, 08:00
Il giustizialista Fini andrà da indagato al primo congresso Fli
di Gian Marco Chiocci
Massimo Malpica
Ha sbagliato i calcoli un’altra volta. Travolto dallo scandalo della casa di Montecarlo (di proprietà del cognato Giancarlo Tulliani) il presidente della Camera era certo di presentarsi al congresso fondativo del Fli dell’11 febbraio libero dalla pendenza giudiziaria che lo vede a tutt’oggi sott’inchiesta per truffa. E invece, purtroppo per lui, l’indagato neo-giustizialista Gianfranco Fini, quello che dispensa consigli all’indagato Berlusconi, arriverà all’appuntamento con quest’onta poiché il gip Figliolia ha preferito rimandare al 2 marzo la decisione sull’archiviazione richiesta da una procura sin qui molto attenta a non esporre alla gogna mediatica e giudiziaria l’ex delfino di Giorgio Almirante. Sarà dunque curioso vedere come si comporterà il Grande Moralizzatore di fronte ai suoi fedelissimi, lui che da un po’ di tempo ha scoperto una vena giustizialista «che - per dirla con Storace - porta a chiedere le dimissioni di chiunque sia sotto indagine. Se crede nelle parole che pronuncia, questo è il momento di far seguire i fatti».
Ieri mattina bastava mettere a confronto le facce degli autori dell’esposto de la Destra (Marco Di Andrea e Roberto Buonasorte) con quella, attonita, dell’avvocato-deputato finiano Giuseppe Consolo, per capire come la decisione del gip abbia scombussolato i piani del massimo inquilino di Montecitorio che dal 28 luglio, giorno dello scoop del Giornale sull’appartamento monegasco, si è espresso in ogni sede possibile, per 48 volte, a favore della magistratura. Il giudice ha accolto l’istanza presentata dall’avvocatessa Mara Ebano per conto dei denuncianti de La Destra per vagliare la documentazione proveniente da Santa Lucia che i solerti pubblici ministeri avevano invece bollato come «irrilevante».
Ora non sappiamo se corrisponda al vero quel che minaccia Storace («in questo mese sarà possibile produrre ulteriore documentazione e Fini resterà indagato») ma è sicuro che da Montecarlo rischiano di uscire, a brevissimo, ulteriori rivelazioni sull’affaire immobiliare del Principato. Se saranno rilevanti per la decisione del gip è presto per dirlo. Di sicuro potrebbero avere una certa attinenza col filmato del Tg1 - preannunciato ieri dai ricorrenti contro la richiesta d’archiviazione - nel quale l’imprenditore italomonegasco Garzelli riferisce di aver ricevuto mandato direttamente dal principe Alberto di mettersi a disposizione dell’autorità giudiziaria. Nell’intervista alla tv di Stato Garzelli parla dei suoi rapporti con Tulliani e con la sorella Elisabetta per la sistemazione dell’alloggio al 14 di rue Boulevard Charlotte, e rileva che in una telefonata il cognato più famoso d’Italia gli disse che il giorno prima Fini e la compagna erano stati a Montecarlo e si erano lamentati per aver trovato la casa non abitabile. Se le cose stanno come le racconta Garzelli, siamo di fronte a un altro testimone che smentisce Fini sulla sua presenza a Montecarlo.
Il giustizialista Fini andrà da indagato al primo congresso Fli
di Gian Marco Chiocci
Massimo Malpica
Ha sbagliato i calcoli un’altra volta. Travolto dallo scandalo della casa di Montecarlo (di proprietà del cognato Giancarlo Tulliani) il presidente della Camera era certo di presentarsi al congresso fondativo del Fli dell’11 febbraio libero dalla pendenza giudiziaria che lo vede a tutt’oggi sott’inchiesta per truffa. E invece, purtroppo per lui, l’indagato neo-giustizialista Gianfranco Fini, quello che dispensa consigli all’indagato Berlusconi, arriverà all’appuntamento con quest’onta poiché il gip Figliolia ha preferito rimandare al 2 marzo la decisione sull’archiviazione richiesta da una procura sin qui molto attenta a non esporre alla gogna mediatica e giudiziaria l’ex delfino di Giorgio Almirante. Sarà dunque curioso vedere come si comporterà il Grande Moralizzatore di fronte ai suoi fedelissimi, lui che da un po’ di tempo ha scoperto una vena giustizialista «che - per dirla con Storace - porta a chiedere le dimissioni di chiunque sia sotto indagine. Se crede nelle parole che pronuncia, questo è il momento di far seguire i fatti».
Ieri mattina bastava mettere a confronto le facce degli autori dell’esposto de la Destra (Marco Di Andrea e Roberto Buonasorte) con quella, attonita, dell’avvocato-deputato finiano Giuseppe Consolo, per capire come la decisione del gip abbia scombussolato i piani del massimo inquilino di Montecitorio che dal 28 luglio, giorno dello scoop del Giornale sull’appartamento monegasco, si è espresso in ogni sede possibile, per 48 volte, a favore della magistratura. Il giudice ha accolto l’istanza presentata dall’avvocatessa Mara Ebano per conto dei denuncianti de La Destra per vagliare la documentazione proveniente da Santa Lucia che i solerti pubblici ministeri avevano invece bollato come «irrilevante».
Ora non sappiamo se corrisponda al vero quel che minaccia Storace («in questo mese sarà possibile produrre ulteriore documentazione e Fini resterà indagato») ma è sicuro che da Montecarlo rischiano di uscire, a brevissimo, ulteriori rivelazioni sull’affaire immobiliare del Principato. Se saranno rilevanti per la decisione del gip è presto per dirlo. Di sicuro potrebbero avere una certa attinenza col filmato del Tg1 - preannunciato ieri dai ricorrenti contro la richiesta d’archiviazione - nel quale l’imprenditore italomonegasco Garzelli riferisce di aver ricevuto mandato direttamente dal principe Alberto di mettersi a disposizione dell’autorità giudiziaria. Nell’intervista alla tv di Stato Garzelli parla dei suoi rapporti con Tulliani e con la sorella Elisabetta per la sistemazione dell’alloggio al 14 di rue Boulevard Charlotte, e rileva che in una telefonata il cognato più famoso d’Italia gli disse che il giorno prima Fini e la compagna erano stati a Montecarlo e si erano lamentati per aver trovato la casa non abitabile. Se le cose stanno come le racconta Garzelli, siamo di fronte a un altro testimone che smentisce Fini sulla sua presenza a Montecarlo.
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Ma "lui avvisa che si autospenderà da Presidente" ( di Fli, però )
sabato 05 febbraio 2011, 09:00
Montecarlo, il broker e i soldi all’uomo di Fini
Un’inchiesta di Panorama rivela: alcune società legate al finiano doc Proietti Cosimi avrebbero ricevuto 600mila euro dalla Atlantis. Ovvero, la holding del gioco d’azzardo controllata anche da Walfenzao, il regista delle offshore di Tulliani
Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica
Roma - Ricordate James Walfenzao? È il consulente olandese che l’11 luglio 2008 firma per conto della off-shore Printemps il contratto d’acquisto da An della casa nel Principato, quella che Fini aveva ereditato per la «buona battaglia» dalla contessa Colleoni. Walfenzao sembrava solo uno dei tanti professionisti (come Tony Izelar e Suzi Beach) coinvolti nell’affaire per creare un sistema di scatole societarie e nascondere il reale acquirente. Ossia quello che secondo le autorità di Saint Lucia (dove Printemps e Timara hanno sede) altri non è che il «cognato» di Fini, Giancarlo Tulliani.
Sempre Walfenzao è l’uomo al cui domicilio di Montecarlo Tulliani, come ha dimostrato il Giornale all’inizio dello scorso autunno, domicilia le bollette delle utenze della casetta monegasca. Ma il suo ruolo non si ferma qui. Perché sempre Walfenzao, tramite la stessa società che ha «battezzato» le due off-shore (la Corporate agents St Lucia ltd), controlla la Uk Atlantis holding, plc. Che a sua volta controlla parte dell’Atlantis World Group, il colosso dei casinò (e, in Italia, del gioco legale) guidato dall’imprenditore, vicino ad An, Francesco Corallo.
Quando il link è emerso ha subito dato da pensare, anche perché nel 2004 Gianfranco Fini, insieme all’ex moglie Daniela Di Sotto e al fedelissimo segretario (due anni dopo entrato in Parlamento) Francesco Proietti Cosimi, detto «Checchino», andò in vacanza proprio a Sint Marteen, Antille Olandesi, dove la Atlantis ha la sua base, finendo immortalato a cena proprio nel ristorante di uno dei casinò del gruppo.
Possibile che l’apparizione di Walfenzao nella compravendita dell’appartamento, 4 anni dopo, fosse solo un caso? In che modo Tulliani, che Fini stesso indica come colui che reperisce l’acquirente, entra in contatto con il broker dei Paesi Bassi?
Ora le domande si moltiplicano. Perché nel numero in edicola, il settimanale Panorama racconta come una carrettata di soldi, più o meno 600mila euro, siano transitati tra il 2006 e il 2010 dal gruppo Atlantis a «società e associazioni collegabili al segretario particolare di Fini», ossia «Checchino» Proietti. Quest’ultimo è stato accostato alla Atlantis non solo per quella cena del 2004, ma anche perché nel 2005 viene intercettato dalla procura di Potenza mentre promette al Gruppo un intervento con il presidente dei monopoli di Stato per sanare il rischio che la società venisse fatta fuori dal business, a causa di problemi tecnici nel mettere online le sue «slot».
Ora saltano fuori anche questi insoliti flussi di denaro ricostruiti dal settimanale. Nel 2006, secondo Panorama, un bonifico piombato il 20 marzo in una piccola banca di Subiaco è oggetto di una «sos», la segnazione di operazione sospetta. Si tratta di 120mila euro destinati all’associazione culturale e ambientale «Simbruini», e l’ordinante è l’Atlantis world group of companies. La causale? Un «contributo organizzazione rassegna gospel». Solo che la rassegna non c’è mai stata, a quanto accertato da Panorama, che ha intervistato il sindaco di Subiaco, all’epoca capo dell’associazione. L’uomo, Pierluigi Angelucci, ha detto al settimanale che quell’operazione gli era stata richiesta dal segretario di Fini, e di aver consegnato i soldi, dopo averli ritirati in più tranche, proprio a Proietti, «a casa e in via della Scrofa». La fattura? Un falso, ammette lo stesso sindaco, per giustificare l’arrivo di quella sommetta. Proietti smentisce tutto, bolla come «assurde» le parole del primo cittadino.
Ma Panorama scova altri finanziamenti, diretti dal gruppo Atlantis alla «Keis Media», società della figlia e del nipote di Checchino. La Keis, prima di fallire a luglio 2010, aveva prodotto lo spettacolo di Loretta Goggi Se stasera sono qui e il musical «Robin Hood». Ricevendo per il primo due bonifici da 120mila euro da Atlantis servizi nel 2008 e nel 2009. E, per 100 rappresentazioni del secondo, 200mila euro dalla Bplus (nuovo nome della Atlantis servizi) nel 2010. A che pro quei soldi dal gruppo Corallo al segretario di Fini?
Montecarlo, il broker e i soldi all’uomo di Fini
Un’inchiesta di Panorama rivela: alcune società legate al finiano doc Proietti Cosimi avrebbero ricevuto 600mila euro dalla Atlantis. Ovvero, la holding del gioco d’azzardo controllata anche da Walfenzao, il regista delle offshore di Tulliani
Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica
Roma - Ricordate James Walfenzao? È il consulente olandese che l’11 luglio 2008 firma per conto della off-shore Printemps il contratto d’acquisto da An della casa nel Principato, quella che Fini aveva ereditato per la «buona battaglia» dalla contessa Colleoni. Walfenzao sembrava solo uno dei tanti professionisti (come Tony Izelar e Suzi Beach) coinvolti nell’affaire per creare un sistema di scatole societarie e nascondere il reale acquirente. Ossia quello che secondo le autorità di Saint Lucia (dove Printemps e Timara hanno sede) altri non è che il «cognato» di Fini, Giancarlo Tulliani.
Sempre Walfenzao è l’uomo al cui domicilio di Montecarlo Tulliani, come ha dimostrato il Giornale all’inizio dello scorso autunno, domicilia le bollette delle utenze della casetta monegasca. Ma il suo ruolo non si ferma qui. Perché sempre Walfenzao, tramite la stessa società che ha «battezzato» le due off-shore (la Corporate agents St Lucia ltd), controlla la Uk Atlantis holding, plc. Che a sua volta controlla parte dell’Atlantis World Group, il colosso dei casinò (e, in Italia, del gioco legale) guidato dall’imprenditore, vicino ad An, Francesco Corallo.
Quando il link è emerso ha subito dato da pensare, anche perché nel 2004 Gianfranco Fini, insieme all’ex moglie Daniela Di Sotto e al fedelissimo segretario (due anni dopo entrato in Parlamento) Francesco Proietti Cosimi, detto «Checchino», andò in vacanza proprio a Sint Marteen, Antille Olandesi, dove la Atlantis ha la sua base, finendo immortalato a cena proprio nel ristorante di uno dei casinò del gruppo.
Possibile che l’apparizione di Walfenzao nella compravendita dell’appartamento, 4 anni dopo, fosse solo un caso? In che modo Tulliani, che Fini stesso indica come colui che reperisce l’acquirente, entra in contatto con il broker dei Paesi Bassi?
Ora le domande si moltiplicano. Perché nel numero in edicola, il settimanale Panorama racconta come una carrettata di soldi, più o meno 600mila euro, siano transitati tra il 2006 e il 2010 dal gruppo Atlantis a «società e associazioni collegabili al segretario particolare di Fini», ossia «Checchino» Proietti. Quest’ultimo è stato accostato alla Atlantis non solo per quella cena del 2004, ma anche perché nel 2005 viene intercettato dalla procura di Potenza mentre promette al Gruppo un intervento con il presidente dei monopoli di Stato per sanare il rischio che la società venisse fatta fuori dal business, a causa di problemi tecnici nel mettere online le sue «slot».
Ora saltano fuori anche questi insoliti flussi di denaro ricostruiti dal settimanale. Nel 2006, secondo Panorama, un bonifico piombato il 20 marzo in una piccola banca di Subiaco è oggetto di una «sos», la segnazione di operazione sospetta. Si tratta di 120mila euro destinati all’associazione culturale e ambientale «Simbruini», e l’ordinante è l’Atlantis world group of companies. La causale? Un «contributo organizzazione rassegna gospel». Solo che la rassegna non c’è mai stata, a quanto accertato da Panorama, che ha intervistato il sindaco di Subiaco, all’epoca capo dell’associazione. L’uomo, Pierluigi Angelucci, ha detto al settimanale che quell’operazione gli era stata richiesta dal segretario di Fini, e di aver consegnato i soldi, dopo averli ritirati in più tranche, proprio a Proietti, «a casa e in via della Scrofa». La fattura? Un falso, ammette lo stesso sindaco, per giustificare l’arrivo di quella sommetta. Proietti smentisce tutto, bolla come «assurde» le parole del primo cittadino.
Ma Panorama scova altri finanziamenti, diretti dal gruppo Atlantis alla «Keis Media», società della figlia e del nipote di Checchino. La Keis, prima di fallire a luglio 2010, aveva prodotto lo spettacolo di Loretta Goggi Se stasera sono qui e il musical «Robin Hood». Ricevendo per il primo due bonifici da 120mila euro da Atlantis servizi nel 2008 e nel 2009. E, per 100 rappresentazioni del secondo, 200mila euro dalla Bplus (nuovo nome della Atlantis servizi) nel 2010. A che pro quei soldi dal gruppo Corallo al segretario di Fini?
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Intervento politico.
«Ma che cos’è la destra? Cos’è la sinistra?». Tatarella si pose la domanda assai prima dell’irriverente quesito musicale di Giorgio Gaber e scrisse: «Destra e sinistra sono alternative, rappresentano valori alternativi, il centro non è un valore. È una zattera, è un traghetto che va dalla riva destra a quella sinistra, ospita passeggeri quando una delle due rive è debole, rimane senza passeggeri quando tutte e due le rive sono forti». Cosi Pinuccio Tatarella a metà degli anni ’80 sulla rivista Destra Politica, una delle tante che ha fondato per animare e riempire di contenuti il dibattito politico. Lo vogliamo ricordare insieme a tanti che hanno condiviso con Tatarella un appassionante percorso politico, soprattutto come grande costruttore del bipolarismo italiano.
Tatarella più di ogni altro sollecitò la classe dirigente della destra italiana ad uno sforzo di modernizzazione. Guardava avanti e aveva obbiettivi molto chiari. Il presidenzialismo per rafforzare la democrazia diretta e la costituzione di un ampio schieramento di centrodestra per unire la grande maggioranza di italiani moderati. Tatarella aveva sottolineato da sempre la superiorità numerica dell’area alternativa alla sinistra. Ma il consociativismo e l’arrendevolezza dell’area di centro avevano regalato alla sinistra italiana uno spazio e un potere decisionale che democraticamente non avrebbe mai conseguito.
È stato Tatarella il più convinto assertore della nascita di Alleanza nazionale e del ricambio generazionale della classe dirigente della destra politica. Cosi come è stato un infaticabile tessitore dell’alleanza di centrodestra, anche quando dopo il ’96 la sconfitta alle politiche aveva creato momenti difficili. Fu proprio allora che Tatarella lanciò la formula «Oltre il Polo» non solo per unire all’alleanza An-Forza Italia energie del mondo moderato e cattolico, ma in realtà anche per riprendere il dialogo con la Lega che si era bruscamente interrotto alla fine del 1994.
Tatarella fu il cucitore del rapporto indissolubile con Berlusconi. Ma Tatarella non interruppe mai i rapporti nemmeno con la Lega Nord, anche nei momenti più difficili. E questa sua perseveranza contribuì, insieme all’impegno di altri esponenti del centro-destra a ricomporre una coalizione che si presentò vincente alle regionali del 2000 e alle politiche del 2001. Ma Pinuccio non ha potuto vivere questa nuova stagione del centrodestra. Oggi che da alcune parti si mette in discussione il bipolarismo, il suo insegnamento e il suo esempio tornano quanto mai di attualità. Del resto il fatto che Tatarella sia stato un protagonista fecondo e decisivo della vita politica italiana lo dimostra il fatto che viene spesso citato nelle discussioni politiche. Proprio perché le sue scelte, le sue affermazioni hanno inciso profondamente e positivamente nella politica italiana. Lo ricorderemo domani mattina a Bari con la moglie Angiola al Terminal Crociere e martedì a Roma con un confronto sul bipolarismo a cui parteciperanno Matteoli e Violante, Veneziani e Polito. Perché riteniamo che in questo momento si debba difendere la costruzione bipolare a cui Tatarella ha dedicato tante energie. Ha sempre agito per prosciugare le paludi dell’indecisionismo e dell’opportunismo.
Contrastando l’ambiguità di chi è sempre stato pronto a schierarsi dall’una o dall’altra parte a seconda delle convenienze o soprattutto delle aspettative dei risultati. Ha anche combattuto contro i «poteri forti», contrastandone il continuo condizionamento della vita politica. Facendo appello alla democrazia dei cittadini. Non a caso quindi convinto presidenzialista e fautore dell’ampliamento degli spazi di tutela dei diritti del cittadino. Su questi temi seppe confrontarsi a 360 gradi. Ottenendo non soltanto il consenso di tanti che ne hanno seguito il percorso e l’insegnamento ma anche il rispetto di chi dall’altra riva lo contrastava riconoscendone le evidenti qualità politiche.
Tatarella è stato un grande stratega, e la sua scomparsa, l’8 febbraio del 1999, ha lasciato un vuoto nella destra politica Italiana.
Molte delle difficoltà odierne, e delle innaturali divisioni di questi ultimi mesi con Pinuccio Tatarella di sicuro non sarebbero mai esistite.
Ricordarlo oggi vuol dire difendere le ragioni del bipolarismo, la politica delle due rive, rinunciare ad ambiguità e a confusioni. Tatarella avrebbe certamente considerato un reato politico utilizzare spazi politici e voti dell’area moderata per ridare una chance ad una sinistra strutturalmente perdente. Lui è sempre stato convinto che il 60%- 65% degli italiani si riconosca in un’area moderata. E anche oggi la situazione conferma questa analisi. Dividere questa vasta area, come accadde alle elezioni politiche del 1996, vorrebbe dire ridare alla sinistra strutturalmente perdente delle possibilità di rivincita. Fu proprio nel 1996 quando il centrodestra si presentò diviso che raggiunse, sommando il voto delle sue singole liste, il suo massimo consenso. Ma una sinistra minoritaria vinse proprio grazie a questa fratture.
L’armonia, la coesione del centrodestra, la coerenza dei principi fondamentali della destra senza mai cedere a nostalgismi sono le coordinate principali dell’azione di Pinuccio Tatarella.
Sono le stesse coordinate che tutta una comunità umana e politica che continua a fare riferimento a lui non intende tradire.
Pinuccio a Giorgio Gaber in cielo avrà risposto col suo sorriso che cos’è la destra lui lo sapeva bene.
E ce l’ha insegnato.
di Ignazio La Russa
Maurizio Gasparri
*Coordinatore nazionale Pdl
Presidente dei senatori Pdl
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Per Crespi : forse i sondaggi sono da rivedere ( eheheh ).
http://bologna.repubblica.it/cronaca/2011/02/05/news/bologna_fischiato_gianfranco_fini_traditore_paladino_dei_magistrati-12098507/ù
http://www.ilgiornale.it/interni/fini_divora_suoi_colonnelli_fli_sta_andando_pezzi/06-02-2011/articolo-id=504116-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/s/06-02-2011/articolo-id=504118-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/fini_divora_suoi_colonnelli_fli_sta_andando_pezzi/06-02-2011/articolo-id=504116-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/s/06-02-2011/articolo-id=504118-page=0-comments=1
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
FI-TO
http://linkati2.files.wordpress.com/2010/08/fini-e.doc
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: TullianFineide.
Le relazioni pericolose di Gianfranco Fini
Questa è una storia vera, anche se la trama si dipana tra luccicanti casinò caraibici e monasteri benedettini, tra la Costa Azzurra e i palazzi della politica romana. È una storia di business miliardari (in euro), di società off-shore e di misteriose sponsorizzazioni. Un giro vorticoso di soldi, concessioni pubbliche, musical, in cui i protagonisti hanno in comune due cose: sono legati al presidente della Camera, Gianfranco Fini, e fanno affari con le Antille olandesi.
Il personaggio chiave in questa storia è James Walfenzao, un distinto professionista con uffici a Miami, nelle Isole Vergini e nel Principato di Monaco, specializzato nella costituzione di fiduciarie, trust e altre scatole dove le polizie di tutto il mondo ritengono si possano nascondere i soldi agli esattori del fisco. Il suo nome compare in operazioni avvenute a distanza di migliaia di chilometri e in anni diversi, apparentemente senza nessun collegamento fra loro, se non il fatto di coinvolgere personaggi vicini al presidente di Futuro e libertà: il suo storico segretario particolare, Francesco Proietti Cosimi (deputato del Fli), e suo cognato Giancarlo Tulliani. Infatti Walfenzao è il protagonista dell’acquisto dell’appartamento di Monte-Carlo occupato da Tulliani, ma è anche socio e consulente dell’Atlantis world group, una multinazionale del gioco legale con sedi ai Caraibi, a Londra e nei Paesi Bassi che da almeno cinque anni finanzia società riferibili alla famiglia di Proietti Cosimi. A partire da un misterioso bonifico di 120 mila euro inviato nel marzo 2006 a Subiaco (Roma). Ma prima di raccontare la storia di questi soldi bisogna tornare indietro di due anni e volare oltreoceano.
CARAIBI E SLOT MACHINE
Nell’agosto del 2004 Fini, appassionato d’immersioni, viene invitato da Amedeo Laboccetta, consigliere regionale campano di An (oggi parlamentare pdl), a scoprire i fondali dell’isola di St. Maarten nelle Antille olandesi. Laboccetta frequenta i Caraibi da anni ed è amico di Francesco Corallo, catanese, classe 1960, un imprenditore che sull’isola gestisce tre casinò con la sua Atlantis world group.
L’uomo in passato è stato accusato dalla Direzione investigativa antimafia e dalla procura di Roma di traffico di droga e riciclaggio, venendo, però, sempre assolto. Il padre, Gaetano, anche lui fondatore di una casa da gioco sull’isola, è stato condannato a sette anni per associazione per delinquere. Il braccio destro di Corallo è Walfenzao. Laboccetta rappresenta gli interessi del gruppo in Italia. E il 2004 è un anno cruciale per l’Atlantis. Infatti il governo Berlusconi ha deciso di regolamentare il mercato degli apparecchi da divertimento e intrattenimento, e ha indetto una gara.
In estate si spartiscono la concessione 10 concorrenti con i requisiti in regola. Il ramo tricolore dell’Atlantis conquista 29 mila dei 121 mila apparecchi che hanno ottenuto il nulla osta (il 24 per cento). Però, inizialmente, non riesce a collegare in rete le macchinette per consentire ai Monopoli di calcolare i versamenti dovuti allo Stato. L’Atlantis e altri concessionari ottengono una proroga «per l’adempimento della risoluzione delle problematiche». Ma la questione sembra più complicata del previsto. Per questo nel febbraio 2005 i Monopoli vengono informati che la società caraibica e un operatore spagnolo sono pronti a lasciare il mercato. Il 21 aprile, da Roma, parte una raccomandata con questo ultimatum: «Qualora entro sette giorni dalla notifica della presente non abbiamo ricevuto dal concessionario atti concludenti rispetto alle problematiche procederemo a notificare l’avvio del procedimento di revoca». In calce, la firma del direttore dei giochi, Antonio Tagliaferri.
L’Atlantis riceve la lettera il 26 aprile e il 3 maggio conferma ai Monopoli che sta procedendo nell’attività di uscita. Ma proprio in quel periodo la procura di Potenza sta indagando sul gioco d’azzardo e il giorno della notifica ha sotto intercettazione Proietti Cosimi (non è ancora deputato e per questo può essere ascoltato dai pm), segretario particolare dell’allora ministro degli Esteri Fini. Da quasi 30 anni, da quando abbandonò il distributore di benzina di famiglia, è la sua ombra: nel 1983 entra in Parlamento come portaborse del capo, poi ne diventa il più stretto collaboratore, e nel 2006 viene premiato con uno scranno da deputato. Nell’estate 2010 lascia il Pdl e si trasferisce nel neonato Fli.
Quando i magistrati lucani lo ascoltano, Proietti Cosimi lavora alla Farnesina a gomito a gomito con Fini. Sul suo telefonino giunge la chiamata di Laboccetta, l’amministratore italiano dell’Atlantis: cerca aiuto. Aggiorna il segretario particolare del presidente di An sui suoi problemi, gli legge l’aut aut dei Monopoli. Proietti Cosimi lo rassicura: «Io domani parlo con Giorgio (Giorgio Tino, il presidente dei Monopoli, ndr) e me la vedo. Dai!». Laboccetta minaccia di aprire una vertenza. Il segretario di Fini lo calma: «Adesso non apri niente, aspetta, vediamo come procedono le cose».
La questione si risolve in fretta. Le parti s’incontrano e l’Atlantis fa sapere di avere sostituito il partner responsabile dei problemi tecnici. Pochi mesi dopo, a dicembre, la società caraibica non solo non ha rinunciato al business italiano, ma ha accresciuto la sua quota di mercato (51 mila macchinette su 179 mila, il 28 per cento). Oggi la società (che nel frattempo è diventata BetPlus gioco legale ltd) gestisce il 23 per cento degli apparecchi (87 mila) e raccoglie quasi 9 miliardi di euro l’anno di giocate (al concessionario ne restano tra l’1 e l’1,5 per cento). Nel 2006 il gruppo è entrato nelle scommesse ippiche e sportive. Nello stesso anno Proietti Cosimi viene inserito da Fini nel listino bloccato ed è eletto in Parlamento.
IL FILO DIRETTO SUBIACO-ST. MAARTEN
Ed eccoci al momento clou della storia. Dopo che Corallo, l’imprenditore considerato vicino ad An, ha risolto i suoi problemi con i Monopoli, nel 2006 l’Ufficio italiano cambi segnala un’operazione sospetta all’agenzia di Subiaco della piccola banca di credito cooperativo di Santa Felicita martire di Affile. Il 20 di marzo è arrivato sul conto corrente numero 01/11304/03 intestato all’Associazione culturale e ambientale Simbruini un bonifico da 120 mila euro. Il mittente è, attraverso il Monte dei Paschi di Siena, l’Atlantis world group of companies. Ma perché un colosso come quello di Corallo e Walfenzao deve finanziare una minuscola associazione di un paesino, meta non di giocatori bensì di pellegrini devoti a San Benedetto (che qui fondò i primi monasteri)?
Per provare a dare una risposta, Panorama ha raccolto testimonianze e ha recuperato i documenti riservati relativi a quel finanziamento. Nella nota interna della banca viene indicata la causale ufficiale: «Contributo organizzazione rassegna gospel». Ma qualcosa non torna. Di quell’evento non c’è traccia nelle cronache locali, né su internet. In più il versamento è fuori dai target della Simbruini. Panorama ha accertato che sul conto dell’associazione, nel 2006, sono entrati 43.500 euro e ne sono usciti oltre 56 mila. In totale un’ottantina di movimenti, tutti per importi modesti. E i 120 mila euro della sponsorizzazione dell’Atlantis? Quelli restano in banca solo per pochi giorni. Vengono ritirati in cinque tranche: 20 mila il 24 marzo, 30 mila il 29, 30 mila il 4 aprile, 20 mila il 12 dello stesso mese e 19.200 il 5 maggio. Tutti in contanti.
Ma chi li ha incassati e perché? L’uomo che ha potere di firma su quel conto è uno dei fondatori dell’associazione: Pierluigi Angelucci, all’epoca assessore alla Cultura, oggi sindaco di Subiaco. La sua storia politica è strettamente legata a quella di Proietti Cosimi, l’amico che lo sostiene nelle elezioni amministrative del 2006. Per il segretario particolare di Fini spiccia qualche faccenda, viene avvistato spesso in via della Scrofa (la storica sede di An) a Roma e in via della Farnesina. Angelucci è l’unico che può risolvere il mistero di quel bonifico.
Quando Panorama bussa alla porta del suo ufficio, è molto cortese. Alla domanda sui 120 mila euro cambia espressione e colore del volto. Respira profondamenre e raccoglie le idee. Nel corridoio del comune sta facendo anticamera proprio Proietti Cosimi. «Quell’operazione mi è stata chiesta direttamente da Checchino (il soprannome di Proietti Cosimi, ndr) e non ne conosco il motivo. I soldi li ho ritirati per lui. Mi sembra di averglieli portati a casa e in via della Scrofa». Dà l’impressione di essersi tolto un peso. «Io non c’entro nulla e questa storia mi sta creando solo problemi».
Infatti dopo quell’operazione l’associazione ha chiuso i battenti lasciando a bilancio un buco di 120 mila euro e qualche buffo in giro. «Per questo non sono riuscito a versare i contributi dell’Inps e ho subito il fermo amministrativo dell’auto. Sto pagando la multa a rate: 300 euro al mese». Del finanziamento caraibico giura di non avere intascato nulla, se non una commissione di 800 euro: «Potete passare ai raggi x le mie entrate e le mie proprietà» dice. «Ho solo una piccola casa acquistata con un mutuo e le ultime vacanze in Spagna le ho trascorse in un appartamento “pagato” con i punti del supermercato». E la manifestazione finanziata dall’Atlantis? «Un’invenzione». Così la fattura è falsa? «Sì. L’ho compilata con l’aiuto di un commercialista per giustificare l’arrivo del bonifico».
La ricevuta è datata 24 febbraio e indirizzata alla sede romana dell’Atlantis. Nella ricevuta si parla di una rassegna canora e di spettacoli pirotecnici già svolti tra il 7 dicembre 2005 e l’8 gennaio 2006. Il riferimento al gospel avrebbe una giustificazione ben precisa. Angelucci dice di essersi ispirato a una vera delibera comunale: infatti la giunta di Subiaco per il Natale 2005 organizzò la manifestazione «Arriva la Befana» con «coro gospel e artisti di strada», con 13 mila euro. Proietti Cosimi, interpellato da Panorama, nega le accuse dell’amico sindaco: «Io non ho avuto un euro, sono dichiarazioni assurde. Quei soldi sono serviti per finanziare una manifestazione. Se avessi avuto bisogno di un contributo elettorale, avrei potuto tranquillamente registrarlo».
Secondo lei, il sindaco ha incassato il denaro per sé? «Non dico questo, non ho le prove. Però con l’associazione non c’entro nulla» assicura Proietti Cosimi. In compenso l’Atlantis c’entra con la sua famiglia.
GLI ALTRI FINANZIAMENTI DI ATLANTIS
La figlia di Proietti Cosimi si chiama Francesca Maria e sino a luglio, con il cugino Alessandro Proietti Croce, era socia della Keis, una società di comunicazione e spettacolo. Con questa ha prodotto Se stasera sono qui, con Loretta Goggi, e lo spettacolo Robin Hood. Due fatture della Keis intestate alla Atlantis world sono ancora in mano del sindaco Angelucci: «Mi sono servite come modello per compilare quella falsa». Una riguarda due concerti di Gigi D’Alessio ad Anzio e a Subiaco (20 agosto e 3 settembre 2005) e un Festival del libro del giugno 2005; l’altra è relativa al concerto di Natale del 20 dicembre 2005. Nel luglio 2010 la Keis è fallita per un assegno da 57 mila euro non pagato a Goggi. I libri contabili sono in mano al curatore, l’avvocato Debora Maria Lanini di Roma. Si tratta di carte che certificano flussi di denaro costanti tra la holding di Corallo e Walfenzao e i familiari di Proietti Cosimi. Per esempio, nel 2008 l’Atlantis servizi ha elargito 120 mila euro per sponsorizzare lo spettacolo di Goggi. Stesse modalità di pagamento e stesso importo nel 2009, anche se a bilancio non risultano le riscossioni.
Nel 2010 la Bplus servizi (il nuovo nome dell’Atlantis servizi), attraverso il suo amministratore unico ha firmato un contratto da 200 mila euro per 100 date dello spettacolo Robin Hood. In conclusione, dal 2006 al 2010, è rimasta traccia di almeno 600 mila euro inviati dal gruppo caraibico al segretario di Fini o a società a lui riferibili.
ANCHE IL «COGNATO» ALLE ANTILLE
Di certo il presidente della Camera potrà dire di non avere neanche sentito nominare i nomi di Corallo e Walfenzao. Se non fosse che persino in casa sua c’è chi ne ha approfittato. Come dimostra l’ultimo capitolo della storia. Nel 2008 Fini decide di vendere un appartamento ereditato da An a Monte-Carlo. Non è in buone condizioni, ma è l’anno della bolla immobiliare nel principato, i prezzi sono alle stelle (si parte dai 25 mila euro a metro quadrato) e quel bilocale con terrazzino, stima oggi la Chambre immobiliere monegasque, valeva almeno 819 mila euro. Eppure, il partito di Fini decide di cedere l’immobile a prezzi di saldo: poco più di 5 mila euro al metro, 300 mila in tutto. Il presidente del Fli dice che Tulliani si propose per individuare un acquirente.
Il giovanotto alla fine della sua «recherche» presenta al tesoriere di An, Francesco Pontone, un candidato esotico: una società con sede, guarda il caso, nelle Antille olandesi (precisamente a Saint Lucia), la Printemps. Ma le coincidenze non finiscono qui. Il giorno del rogito, il 22 luglio, davanti al notaio di Monte-Carlo in veste di amministratore della Printemps si presenta proprio James Walfenzao, domiciliato in un anonimo residence di Monaco. Da chi siano stati messi in contatto Tulliani e Walfenzao non è dato sapere. Proietti Cosimi nega di essere stato lui: «Anche perché non li conosco».
Due cose, però, sono certe. La prima: dal 2006 l’Atlantis world di Walfenzao invia centinaia di migliaia di euro a società e associazioni collegabili al segretario particolare di Fini. La seconda: nel 2008 Walfenzao ricompare nella compravendita della casa dove va a vivere il cognato del presidente della Camera. Di certo l’uomo delle Antille quel giorno mette a segno un buon affare per il suo misterioso cliente (e pessimo per An). Il nome del fortunato compratore viene schermato da Walfenzao dietro a tre società off-shore: la Printemps, la Timara e la Jaman directors. Il segreto però non ha resistito e il 31 gennaio il governo di Saint Lucia ha svelato l’identità del beneficiario: si tratterebbe proprio di Tulliani, che avrebbe realizzato una plusvalenza di 1 milione.
Dunque i Caraibi (e le sue off-shore) hanno reso ancora più ricca la nuova famiglia del leader di Fli, dopo avere regalato decine e decine di migliaia di euro al suo più stretto collaboratore. Ovviamente si tratterà solo di un caso. Ma non si può negare che chi trova Fini trova un tesoro.
giacomo.amadori
Lunedì 7 Febbraio 2011
http://blog.panorama.it/italia/2011/02/07/le-relazioni-pericolose-di-gianfranco-fini/
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
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Conflitto d'interessi ? Etica della Politica ? Super-parters ?
venerdì 11 febbraio 2011, 11:40
Un milione sospetto alla coppia Fini-Bocchino
L'indagine dei pm di Napoli: è stato interrogato l’ex consigliere della Margherita che parla del contributo dell’imprenditore Romeo ad An. I soldi usati per ammorbidire il partito e ottenere il sì per l'appalto "Global service". Capogruppo Fli e manager negano. Fonte della denuncia un assessore morto suicida
Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica
Roma - La bufera giudiziaria che soffia su ogni angolo di politica italiana non risparmia l’asse portante del neonato Futuro e libertà.
E così, adesso, proprio nel giorno di apertura del congresso del Fli, anche Gianfranco Fini e Italo Bocchino finiscono nel tritacarne mediatico-giudiziario. Su di loro la procura di Napoli sta indagando, con il pm Giancarlo Novelli, in seguito alle dichiarazioni di un ex consigliere comunale partenopeo della Margherita.
La storia, che Il Giornale ha raccontato alla fine di dicembre, è quella di un presunto finanziamento da un milione di euro che sarebbe passato di mano tra l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo e il capogruppo alla Camera di Fli, Bocchino, durante una gita in barca. Bocchino, poi, avrebbe dovuto far pervenire la somma al leader dell’allora Alleanza nazionale, Fini. Scopo del presunto doppio passaggio sarebbe stato da un lato ammorbidire l’opposizione di An in consiglio comunale per una delibera a cui Romeo teneva, e dall’altro aiutare Bocchino a rientrare nelle grazie del capo.
Della circostanza sarebbe stato a conoscenza Giorgio Nugnes, ex assessore in quota Margherita con la Iervolino, coinvolto nell’inchiesta sugli scontri per la discarica a Pianura, poi nella nascente inchiesta «Magnanapoli» (quella sul presunto sistema corruttivo tra politica e imprenditoria, messo in piedi secondo la procura proprio da Romeo per approvare la delibera di manutenzione «Global service» a cui l’imprenditore mirava).
Nugnes resterà fuori dall’indagine, che peraltro si è conclusa con una raffica di assoluzioni, togliendosi la vita. Ma prima che l’inchiesta deflagrasse, quando ancora la giunta partenopea lavorava alacremente per assicurare il via libera al Global service, proprio Nugnes nel corso di un incontro politico a cena, con amici e collaboratori, avrebbe appunto spiegato che l’approvazione del provvedimento non sarebbe stato ostacolato da An. Tra i presenti, l’ex consigliere comunale Mauro Scarpitti. È proprio lui che ha riferito che Nugnes accennò a un incontro in barca tra Romeo e Bocchino, finalizzato a ottenere rassicurazioni sul comportamento del gruppo consiliare di An. E l’ex assessore avrebbe anche accennato a un contributo «cospicuo», quantificato in un milione di euro, finalizzato a un riavvicinamento tra Bocchino e Fini, che Romeo avrebbe erogato all’amico politico nel corso della navigazione nel Golfo di Napoli.
Notizia doppiamente delicata. Sia perché arriva de relato da un morto, che dunque non può confermare, sia perché smentita al Giornale sia da Romeo che da Bocchino. L’imprenditore ha sostenuto di non aver mai conosciuto Scarpitti, e soprattutto ha negato di aver mai dato soldi a Bocchino. Il politico ha tagliato corto, definendo «cazzate» le affermazioni dell’ex consigliere, e ribadendo di non aver preso soldi da Romeo, che «non credo nemmeno abbia una barca».
Scarpitti del contenuto di quel racconto si dice però più che certo. Tanto da averne informato la procura di Napoli già lo scorso dicembre. E una decina di giorni fa, la procura ha risposto. Convocando l’ex rappresentante locale della Margherita per confermare a verbale quanto dichiarato nella memoria.
A indagare su quel contributo, e a cercare gli eventuali e doverosi riscontri, c’è il pm Novelli. Che adesso, non potendo interpellare sul punto Nugnes, dovrà cercare risposte alla storia che Scarpitti gli ha confermato punto per punto, cifra per cifra. Facile immaginare che, oltre ad ascoltare gli altri testimoni presenti alla cena, citati dal consigliere, gli inquirenti napoletani seguano la pista dei soldi. Se il «contributo» da Romeo a Fini tramite Bocchino c’è effettivamente stato, quella somma deve aver lasciato una traccia. Un milione di euro non si sposta inosservato, e accertamenti bancari e finanziari, per tentare di ricostruirne sia l’esistenza che il flusso, sono probabilmente la prossima attività che i magistrati napoletani hanno messo in calendario.
Ma nel verbale di interrogatorio, che il pm avrebbe segretato, Scarpitti avrebbe aggiunto alla vicenda del milione di euro destinato ai vertici dell’ex An anche altre rivelazioni, che indiscrezioni della procura definirebbero «scottanti», senza però aggiungere nulla sul tema trattato. Scarpitti, interpellato dal Giornale, non racconta nulla del suo faccia a faccia con il magistrato partenopeo, limitandosi a confermare la convocazione e l’interrogatorio di fine gennaio.
Un milione sospetto alla coppia Fini-Bocchino
L'indagine dei pm di Napoli: è stato interrogato l’ex consigliere della Margherita che parla del contributo dell’imprenditore Romeo ad An. I soldi usati per ammorbidire il partito e ottenere il sì per l'appalto "Global service". Capogruppo Fli e manager negano. Fonte della denuncia un assessore morto suicida
Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica
Roma - La bufera giudiziaria che soffia su ogni angolo di politica italiana non risparmia l’asse portante del neonato Futuro e libertà.
E così, adesso, proprio nel giorno di apertura del congresso del Fli, anche Gianfranco Fini e Italo Bocchino finiscono nel tritacarne mediatico-giudiziario. Su di loro la procura di Napoli sta indagando, con il pm Giancarlo Novelli, in seguito alle dichiarazioni di un ex consigliere comunale partenopeo della Margherita.
La storia, che Il Giornale ha raccontato alla fine di dicembre, è quella di un presunto finanziamento da un milione di euro che sarebbe passato di mano tra l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo e il capogruppo alla Camera di Fli, Bocchino, durante una gita in barca. Bocchino, poi, avrebbe dovuto far pervenire la somma al leader dell’allora Alleanza nazionale, Fini. Scopo del presunto doppio passaggio sarebbe stato da un lato ammorbidire l’opposizione di An in consiglio comunale per una delibera a cui Romeo teneva, e dall’altro aiutare Bocchino a rientrare nelle grazie del capo.
Della circostanza sarebbe stato a conoscenza Giorgio Nugnes, ex assessore in quota Margherita con la Iervolino, coinvolto nell’inchiesta sugli scontri per la discarica a Pianura, poi nella nascente inchiesta «Magnanapoli» (quella sul presunto sistema corruttivo tra politica e imprenditoria, messo in piedi secondo la procura proprio da Romeo per approvare la delibera di manutenzione «Global service» a cui l’imprenditore mirava).
Nugnes resterà fuori dall’indagine, che peraltro si è conclusa con una raffica di assoluzioni, togliendosi la vita. Ma prima che l’inchiesta deflagrasse, quando ancora la giunta partenopea lavorava alacremente per assicurare il via libera al Global service, proprio Nugnes nel corso di un incontro politico a cena, con amici e collaboratori, avrebbe appunto spiegato che l’approvazione del provvedimento non sarebbe stato ostacolato da An. Tra i presenti, l’ex consigliere comunale Mauro Scarpitti. È proprio lui che ha riferito che Nugnes accennò a un incontro in barca tra Romeo e Bocchino, finalizzato a ottenere rassicurazioni sul comportamento del gruppo consiliare di An. E l’ex assessore avrebbe anche accennato a un contributo «cospicuo», quantificato in un milione di euro, finalizzato a un riavvicinamento tra Bocchino e Fini, che Romeo avrebbe erogato all’amico politico nel corso della navigazione nel Golfo di Napoli.
Notizia doppiamente delicata. Sia perché arriva de relato da un morto, che dunque non può confermare, sia perché smentita al Giornale sia da Romeo che da Bocchino. L’imprenditore ha sostenuto di non aver mai conosciuto Scarpitti, e soprattutto ha negato di aver mai dato soldi a Bocchino. Il politico ha tagliato corto, definendo «cazzate» le affermazioni dell’ex consigliere, e ribadendo di non aver preso soldi da Romeo, che «non credo nemmeno abbia una barca».
Scarpitti del contenuto di quel racconto si dice però più che certo. Tanto da averne informato la procura di Napoli già lo scorso dicembre. E una decina di giorni fa, la procura ha risposto. Convocando l’ex rappresentante locale della Margherita per confermare a verbale quanto dichiarato nella memoria.
A indagare su quel contributo, e a cercare gli eventuali e doverosi riscontri, c’è il pm Novelli. Che adesso, non potendo interpellare sul punto Nugnes, dovrà cercare risposte alla storia che Scarpitti gli ha confermato punto per punto, cifra per cifra. Facile immaginare che, oltre ad ascoltare gli altri testimoni presenti alla cena, citati dal consigliere, gli inquirenti napoletani seguano la pista dei soldi. Se il «contributo» da Romeo a Fini tramite Bocchino c’è effettivamente stato, quella somma deve aver lasciato una traccia. Un milione di euro non si sposta inosservato, e accertamenti bancari e finanziari, per tentare di ricostruirne sia l’esistenza che il flusso, sono probabilmente la prossima attività che i magistrati napoletani hanno messo in calendario.
Ma nel verbale di interrogatorio, che il pm avrebbe segretato, Scarpitti avrebbe aggiunto alla vicenda del milione di euro destinato ai vertici dell’ex An anche altre rivelazioni, che indiscrezioni della procura definirebbero «scottanti», senza però aggiungere nulla sul tema trattato. Scarpitti, interpellato dal Giornale, non racconta nulla del suo faccia a faccia con il magistrato partenopeo, limitandosi a confermare la convocazione e l’interrogatorio di fine gennaio.
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FINI-TO
http://www.ilgiornale.it/interni/se_re_processi_mediatici_fa_vittima/13-02-2011/articolo-id=505654-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/la_destra_finiana_solo_brutta_copia_sinistra_no_cav/13-02-2011/articolo-id=505650-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/fini_congresso_sbadigli_ma_fli_e_guerra_colonnelli/13-02-2011/articolo-id=505653-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/la_destra_finiana_solo_brutta_copia_sinistra_no_cav/13-02-2011/articolo-id=505650-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/fini_congresso_sbadigli_ma_fli_e_guerra_colonnelli/13-02-2011/articolo-id=505653-page=0-comments=1
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Re: TullianFineide.
lunedì 14 febbraio 2011, 08:26
"Moriamo abbracciati" La proposta indecente di Gianfranco al Cav
di Marcello Veneziani
Il presidente della Camera offre al premier le "dimissioni comuni". Ma dietro l'atteggiamento da omicida-suicida si nasconde il furbetto: dietro la falsa morale si nasconde la voglia di voto
Su, moriamo abbracciati. È questa la proposta costruttiva che Fini ha saputo fare a Berlusconi, come quegli uxoricidi-suicidi. Io mi dimetto se tu ti dimetti, dice Fini, ma dietro il kamikaze si nasconde il furbetto: se si dimette Berlusconi si va alle urne, le Camere si sciolgono e loro, i presidenti, vanno comunque a casa. Il suo appello sa di falso. E pure di indecente, quando si appella all’etica.
La parabola incresciosa di Fini sembra quella di un Nicolazzi della Seconda Repubblica. Chi di voi ricorda Nicolazzi, uno degli ultimi segretari del sole malato, come da noi a Sud si chiamava l’estrema stagione del Partito socialdemocratico? Forse nessuno, ed è una ragione in più per accostarlo alla parabola di Fini. Un alleato minore, di basso profilo. La parabola di Fini ricorda quasi un racconto di Buzzati: da direttore a vice, da vice a impiegato, da impiegato a usciere. Da delfino di Berlusconi a vice di Casini, da leader della destra a iscritto del partito di Bocchino, da riferimento per un terzo degli italiani a riferimento per un trentesimo dei medesimi, stando alle previsioni a lui favorevoli. Fini somiglia davvero a Mariotto Segni, che, come tutti dissero, vinse la lotteria ma perse il biglietto vincente. Al di là dei suoi meriti, Fini era destinato per la legge del vuoto e del video a diventare l’erede di Berlusconi.
Era stato con lui per sedici anni e la sua scelta di sciogliere An e di confluire, di malavoglia, nel Popolo della libertà, diversamente da Casini, lasciava intuire un ragionamento: stringo i denti perché poi toccherà a me. Certo, non tutti sarebbero stati d’accordo, a cominciare dalle Lega, ma il numero 2 del Pdl, anche nei sondaggi, era comunque il favorito. Anche perché si era tolto di mezzo il concorrente diretto, Casini. E invece cominciò a rendere vistosa e radicale la sua opposizione interna. Attacchi inconcepibili da chi aveva sottoscritto tutto quel che fino allora si era fatto. Eccetto una critica, a mio parere fondata, all’evanescenza del Pdl, che poteva essere un buon punto di partenza per ricucire il dissidio, dandogli ragione e chiedendo a lui di occuparsi del partito, lasciando immune il governo e la leadership. Ma i due ormai non si sopportavano più e il lato personale prevalse sul calcolo politico. Ora la collocazione extraterrestre del Fli, il suo forzato alloggio in un seminterrato del Terzo polo, i suoi ondeggiamenti tra la sinistra e la ritirata, fotografano un partito avvitato nella tattica e incapace di strategia.
Diviso in quattro-cinque correntine, peggio dei vecchi partitini, con Granata che gode perché così «ci liberiamo della zavorra»: ma sì, continuate a liberarvi della zavorra, fino alla scissione finale, quella dell’atomo. Il distacco di alcuni intellettuali lo conferma; ma anche il giudizio critico che della creatura finiana danno tutti i più significativi esponenti della destra pensante e della nuova destra. I più motivati del Fli, e vorrei dire i migliori, sono tutti di estrazione antifiniana, exrautiani, vecchi seguaci della nuova destra, tardivi sessantottini, trentennali sognatori di andare al di là della destra e della sinistra... C’è chi spolvera un nemico storico di Fini, il grande Beppe Niccolai, e lo usa per dare nobiltà al rancore; chi si impossessa di Giano Accame che con Fini non ha nulla da spartire, c’è chi ruba a Giorgio Pisanò la definizione di fascismo e libertà e viene elogiato dal Corriere della sera; c’è chi scippa a Generoso Simeone la paternità dei campi hobbit degli anni Settanta... E c’è persino chi aderisce a Fini nel nome di colui che è dal profilo umano, etico e ideale la sua Antitesi Radicale: Berto Ricci...
Tutto un piccolo mondo antifiniano che, approfittando della proverbiale vacuità del suo leader, crede di poter riempire la scatola vuota finiana di ciò che a loro piace. Tra loro c’è anche gente di qualità e in buona fede, che identifica il berlusconismo con l’americanizzazione, il consumismo, il degrado del tempo nostro e lo avversa. Ma combattere una battaglia di civiltà sotto Fini, con Casini e Rutelli, e inevitabilmente dentro la santa alleanza antiberlusconiana, con Vendola e Bersani, con Di Pietro e Santoro, e contro un popolo misto ma nel complesso destrorso, mi pare una follìa. Le scelte realiste, dal loro punto di vista, a me sembrano due: proiettarsi nel futuro, e lavorare nel centro-destra perché dopo Berlusconi vi sia una presenza significativa di quelle idee che An di Fini non ha saputo rappresentare. O ritirarsi dalla politica perché il degrado è generale e non lascia speranze. Ma scegliere Fini, liquidatore di tutte le destre e manovrato da loschi burattinai, ieri alleato del Male Berlusconiano e oggi complice del Peggio Antiberlusconiano, mi pare idiota.
Fini persegue un suo disegno e un suo rancore personale. Lasciatelo friggere. Quando parlava Fini è salito un mitomane sul palco. Ho avuto l’impressione che i mitomani sul palco fossero due.
"Moriamo abbracciati" La proposta indecente di Gianfranco al Cav
di Marcello Veneziani
Il presidente della Camera offre al premier le "dimissioni comuni". Ma dietro l'atteggiamento da omicida-suicida si nasconde il furbetto: dietro la falsa morale si nasconde la voglia di voto
Su, moriamo abbracciati. È questa la proposta costruttiva che Fini ha saputo fare a Berlusconi, come quegli uxoricidi-suicidi. Io mi dimetto se tu ti dimetti, dice Fini, ma dietro il kamikaze si nasconde il furbetto: se si dimette Berlusconi si va alle urne, le Camere si sciolgono e loro, i presidenti, vanno comunque a casa. Il suo appello sa di falso. E pure di indecente, quando si appella all’etica.
La parabola incresciosa di Fini sembra quella di un Nicolazzi della Seconda Repubblica. Chi di voi ricorda Nicolazzi, uno degli ultimi segretari del sole malato, come da noi a Sud si chiamava l’estrema stagione del Partito socialdemocratico? Forse nessuno, ed è una ragione in più per accostarlo alla parabola di Fini. Un alleato minore, di basso profilo. La parabola di Fini ricorda quasi un racconto di Buzzati: da direttore a vice, da vice a impiegato, da impiegato a usciere. Da delfino di Berlusconi a vice di Casini, da leader della destra a iscritto del partito di Bocchino, da riferimento per un terzo degli italiani a riferimento per un trentesimo dei medesimi, stando alle previsioni a lui favorevoli. Fini somiglia davvero a Mariotto Segni, che, come tutti dissero, vinse la lotteria ma perse il biglietto vincente. Al di là dei suoi meriti, Fini era destinato per la legge del vuoto e del video a diventare l’erede di Berlusconi.
Era stato con lui per sedici anni e la sua scelta di sciogliere An e di confluire, di malavoglia, nel Popolo della libertà, diversamente da Casini, lasciava intuire un ragionamento: stringo i denti perché poi toccherà a me. Certo, non tutti sarebbero stati d’accordo, a cominciare dalle Lega, ma il numero 2 del Pdl, anche nei sondaggi, era comunque il favorito. Anche perché si era tolto di mezzo il concorrente diretto, Casini. E invece cominciò a rendere vistosa e radicale la sua opposizione interna. Attacchi inconcepibili da chi aveva sottoscritto tutto quel che fino allora si era fatto. Eccetto una critica, a mio parere fondata, all’evanescenza del Pdl, che poteva essere un buon punto di partenza per ricucire il dissidio, dandogli ragione e chiedendo a lui di occuparsi del partito, lasciando immune il governo e la leadership. Ma i due ormai non si sopportavano più e il lato personale prevalse sul calcolo politico. Ora la collocazione extraterrestre del Fli, il suo forzato alloggio in un seminterrato del Terzo polo, i suoi ondeggiamenti tra la sinistra e la ritirata, fotografano un partito avvitato nella tattica e incapace di strategia.
Diviso in quattro-cinque correntine, peggio dei vecchi partitini, con Granata che gode perché così «ci liberiamo della zavorra»: ma sì, continuate a liberarvi della zavorra, fino alla scissione finale, quella dell’atomo. Il distacco di alcuni intellettuali lo conferma; ma anche il giudizio critico che della creatura finiana danno tutti i più significativi esponenti della destra pensante e della nuova destra. I più motivati del Fli, e vorrei dire i migliori, sono tutti di estrazione antifiniana, exrautiani, vecchi seguaci della nuova destra, tardivi sessantottini, trentennali sognatori di andare al di là della destra e della sinistra... C’è chi spolvera un nemico storico di Fini, il grande Beppe Niccolai, e lo usa per dare nobiltà al rancore; chi si impossessa di Giano Accame che con Fini non ha nulla da spartire, c’è chi ruba a Giorgio Pisanò la definizione di fascismo e libertà e viene elogiato dal Corriere della sera; c’è chi scippa a Generoso Simeone la paternità dei campi hobbit degli anni Settanta... E c’è persino chi aderisce a Fini nel nome di colui che è dal profilo umano, etico e ideale la sua Antitesi Radicale: Berto Ricci...
Tutto un piccolo mondo antifiniano che, approfittando della proverbiale vacuità del suo leader, crede di poter riempire la scatola vuota finiana di ciò che a loro piace. Tra loro c’è anche gente di qualità e in buona fede, che identifica il berlusconismo con l’americanizzazione, il consumismo, il degrado del tempo nostro e lo avversa. Ma combattere una battaglia di civiltà sotto Fini, con Casini e Rutelli, e inevitabilmente dentro la santa alleanza antiberlusconiana, con Vendola e Bersani, con Di Pietro e Santoro, e contro un popolo misto ma nel complesso destrorso, mi pare una follìa. Le scelte realiste, dal loro punto di vista, a me sembrano due: proiettarsi nel futuro, e lavorare nel centro-destra perché dopo Berlusconi vi sia una presenza significativa di quelle idee che An di Fini non ha saputo rappresentare. O ritirarsi dalla politica perché il degrado è generale e non lascia speranze. Ma scegliere Fini, liquidatore di tutte le destre e manovrato da loschi burattinai, ieri alleato del Male Berlusconiano e oggi complice del Peggio Antiberlusconiano, mi pare idiota.
Fini persegue un suo disegno e un suo rancore personale. Lasciatelo friggere. Quando parlava Fini è salito un mitomane sul palco. Ho avuto l’impressione che i mitomani sul palco fossero due.
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
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Re: TullianFineide.
http://www.ilgiornale.it/interni/fli_colombe_contro_falchi_viespoli_pronto_lasciare_scelte_fini_equivoche/politica-fini-governo-fli-finiani-colombe-falchi-bocchino-viespoli-guida-leadership-collasso-menia-urso/14-02-2011/articolo-id=505959-page=0-comments=1
http://blog.ilgiornale.it/taliani/2011/02/13/lultima-evoluzione-di-fini-e-dipietrista/
http://www.ilgiornale.it/interni/fini_re_furbetti__si_fa_acclamare_paura_voti/14-02-2011/articolo-id=505843-page=0-comments=1
http://blog.ilgiornale.it/taliani/2011/02/13/lultima-evoluzione-di-fini-e-dipietrista/
http://www.ilgiornale.it/interni/fini_re_furbetti__si_fa_acclamare_paura_voti/14-02-2011/articolo-id=505843-page=0-comments=1
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Editoriale.
http://www.corriere.it/editoriali/11_febbraio_14/se-il-leader-si-sospende-battista_7e146b1e-3801-11e0-9d0e-ca1b56f3890e.shtml
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Re: TullianFineide.
I "nuovi amici di GianGrego"
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martedì 15 febbraio 2011, 08:25
Quella "Italia migliore" con la bava alla bocca
di Marcello Veneziani
Ho una lectio sull’unità d’Italia, il teatro è pieno ma non si può cominciare perché suona l’allarme antincendio e ogni volta che lo spengono riprende. Non mi volevano far parlare
Questa piccola storia è l’esempio perfetto in miniatura di quel che sta succedendo in Italia. Lucera, Teatro Garibaldi, domenica scorsa. Ho una lectio sull’unità d’Italia, il teatro è pieno ma non si può cominciare perché suona l’allarme antincendio e ogni volta che lo spengono riprende. Tardiamo, rischio di non parlare, invertiamo il programma, prima il concerto. Finalmente l’allarme cessa. Parlo. Alla fine, gli organizzatori mi dicono che hanno beccato un uomo e una donna che azionavano l’allarme per impedirmi di parlare, perché, a loro dire, «non sono gradito a Lucera».
Chi lo stabilisce il gradimento? Non il pubblico che è numeroso e caloroso nei miei confronti, né il Comune, la polizia, il tribunale. Lo decidono due cretini di sinistra che si arrogano di parlare nel nome della verità e della città e di decretare chi ha diritto e chi no di parlare. In precedenza qui sono venuti scrittori di sinistra come Odifreddi e Boldrini ma nessun cretino di destra è andato a boicottare l’incontro. Si vede che il cretino di destra è garbato, e se uno non gli piace, non va a teatro. I due cretini di sinistra se ne fregano dei diritti della maggioranza del pubblico, se ne fregano che la sinistra ha potuto parlare in libertà, se ne fregano di quel che dirò, magari criticandomi dopo avermi ascoltato. No, vogliono impedirti di parlare, rifiutano a priori che tu esista, e non potendo eliminarti, ti negano la parola.
Come fanno i giornali di sinistra che fingono che tu, di destra, non esista. Quei due cretini non sono isolati. Ricevo ogni giorno insulti da cretini di sinistra, per posta elettronica, sui blog, sul sito del Giornale , perché non la penso come loro e dunque sono un venduto; disprezzano pure i miei libri senza averli mai letti. Mi odiano perché sono di destra e non della destra al loro servizio, ma considero preferibile questa specie di centrodestra ai loro compagnucci. Ecco, quei due cretini sono un campione perfetto di molta sinistra di piazza, di stampa, di toga, di niente. Con la bava alla bocca e al cervello. Fate un monumento allo Stupido Ignoto, di sinistra; simbolo dell’Italia che Eco giudica migliore.
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martedì 15 febbraio 2011, 08:25
Quella "Italia migliore" con la bava alla bocca
di Marcello Veneziani
Ho una lectio sull’unità d’Italia, il teatro è pieno ma non si può cominciare perché suona l’allarme antincendio e ogni volta che lo spengono riprende. Non mi volevano far parlare
Questa piccola storia è l’esempio perfetto in miniatura di quel che sta succedendo in Italia. Lucera, Teatro Garibaldi, domenica scorsa. Ho una lectio sull’unità d’Italia, il teatro è pieno ma non si può cominciare perché suona l’allarme antincendio e ogni volta che lo spengono riprende. Tardiamo, rischio di non parlare, invertiamo il programma, prima il concerto. Finalmente l’allarme cessa. Parlo. Alla fine, gli organizzatori mi dicono che hanno beccato un uomo e una donna che azionavano l’allarme per impedirmi di parlare, perché, a loro dire, «non sono gradito a Lucera».
Chi lo stabilisce il gradimento? Non il pubblico che è numeroso e caloroso nei miei confronti, né il Comune, la polizia, il tribunale. Lo decidono due cretini di sinistra che si arrogano di parlare nel nome della verità e della città e di decretare chi ha diritto e chi no di parlare. In precedenza qui sono venuti scrittori di sinistra come Odifreddi e Boldrini ma nessun cretino di destra è andato a boicottare l’incontro. Si vede che il cretino di destra è garbato, e se uno non gli piace, non va a teatro. I due cretini di sinistra se ne fregano dei diritti della maggioranza del pubblico, se ne fregano che la sinistra ha potuto parlare in libertà, se ne fregano di quel che dirò, magari criticandomi dopo avermi ascoltato. No, vogliono impedirti di parlare, rifiutano a priori che tu esista, e non potendo eliminarti, ti negano la parola.
Come fanno i giornali di sinistra che fingono che tu, di destra, non esista. Quei due cretini non sono isolati. Ricevo ogni giorno insulti da cretini di sinistra, per posta elettronica, sui blog, sul sito del Giornale , perché non la penso come loro e dunque sono un venduto; disprezzano pure i miei libri senza averli mai letti. Mi odiano perché sono di destra e non della destra al loro servizio, ma considero preferibile questa specie di centrodestra ai loro compagnucci. Ecco, quei due cretini sono un campione perfetto di molta sinistra di piazza, di stampa, di toga, di niente. Con la bava alla bocca e al cervello. Fate un monumento allo Stupido Ignoto, di sinistra; simbolo dell’Italia che Eco giudica migliore.
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
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FINI-TO
Milano Il giallo della lettera e delle firme. Futuro e libertà non è nemmeno nato ed è già sull’orlo di una crisi di nervi. Come si capisce benissimo il giorno dopo un congresso che ha lasciato molti più graffi che abbracci. Per il motivo più vecchio del mondo, la spartizione delle poltrone. Con gli scontenti pronti ad accusare il leader Gianfranco Fini della colpa peggiore per un partito nato con l’ossessione di dimostrare un’inattaccabile verginità. Già messa in discussione da Cristiana Muscardini, decana dei parlamentari europei. «Caro Presidente - ha scritto ieri dopo esser rimasta fuori dalla spartizione - se non si stabiliscono a monte le regole, i requisiti con i quali si designano incarichi e persone, se continuiamo come nel passato, diventa difficile convincere gli iscritti che non faremo più gli stessi errori». Un attacco secco e ben argomentato in due paginette al veleno in calce alle quali oltre alla sua firma appare quella di Giuseppe Valditara, senatore e coordinatore regionale. Un azzardo. E, infatti, dalla segreteria della Muscardini in serata arriva l’invito a non tener conto di una lettera che non doveva essere inviata. «E che per di più riporta la firma di Valditara che non l’ha mai firmata». Lui smentisce ufficialmente. Ma ormai tutti sanno cosa veramente la Muscadini (e non solo) pensi di Fini. Un vero despota.
http://www.ilgiornale.it/interni/altro_che_leader_destra_fini_ormai_e_diventato_lo_zerbino_bocchino/15-02-2011/articolo-id=506159-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/trucchi_e_minacce__cosi_funziona_fli/15-02-2011/articolo-id=506001-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/bocchino_e_gadget_futuristi_che_coincidenze/15-02-2011/articolo-id=505997-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/altro_che_leader_destra_fini_ormai_e_diventato_lo_zerbino_bocchino/15-02-2011/articolo-id=506159-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/trucchi_e_minacce__cosi_funziona_fli/15-02-2011/articolo-id=506001-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/bocchino_e_gadget_futuristi_che_coincidenze/15-02-2011/articolo-id=505997-page=0-comments=1
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
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Ultime su FINI-TO.
martedì 15 febbraio 2011, 19:48
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Fli, le colombe: "O nel centrodestra o lasciamo" Ma Fini: "La linea è inequivocabile, non cambio"
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Roma - In casa Fli saltano i nervi. Il leader Gianfranco Fini non media e rischia di far crollare tutto quanto. Le colombe si rivoltano ai falchi e alla linea dura dettata da Italo Bocchino. A scottare non sono soltanto le poltrone e l'organigramma del neonato partito, ma anche la scelta di andare avanti nel solco dell'anti berlusconismo. Secondo La Stampa, infatti, a infastidire maggiormente le colombe sarebbe l’ipotesi che si fa strada tra i colonnelli più vicini a Fini: raccogliere la proposta dell’Alleanza costituente lanciata da Massimo D’Alema. Così, dopo una riunione fiume a Palazzo Madama, le colombe lanciano un ultimatum a Fini: restano nel partito, malgrado i dissensi, a patto che Fli resti nel perimetro del centrodestra. Ma il leader non ci sta e va avanti: "La linea non cambia, è inequivocabile".
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Lo scontro nel Fli Dopo una riunione di oltre tre ore al Senato, i senatori di Fli hanno deciso di rimanere nel partito esprimendo un forte dissenso verso la scelta compiuta da Gianfranco Fini con la nomina di Italo Bocchino vicepresidente e Benedetto Della Vedova capogruppo alla Camera di Futuro e Libertà. Contro questa stessa scelta si è dimesso da capogruppo al Senato Pasquale Viespoli, contestando che i nuovi vertici non sono coerenti "con il posizionamento strategico di centrodestra emerso dall’Assemblea stessa". Dopo le dimissioni di Viespoli il senatore è stato comunque rieletto capogruppo con mandato unanime: "E' sintesi delle diverse posizioni emerse all’interno del gruppo".
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Fini non fa un passo indietro Fini non si piega ai dissensi delle colombe. Anzi, va avanti e rilancia la sfida: "La linea politica è inequivocabile". Poi il laeder di Futuro e Libertà assicura che "il Fli vuole rifondare il centrodestra e l’organigramma è in linea con questa volontà". Parlando con i suoi uomini, Fini respinge tutte le polemiche esposte in questi ultimi giorni dalla componente più "tenera" del partito. "Non cambio nulla - è il ragionamento del presidente della Camera - perché giudico infondati i rilievi". "Trovino argomenti più consistenti", avrebbe quindi aggiunto Fini riferendosi ai distinguo dei senatori che si sono travati oggi pomeriggio a Palazzo Madama.
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Il vero "falco" del Fli "Fini è un superfalco, lui vola ad un’altra altezza rispetto a noi". Ad accusare il leader del Fli è Carmelo Briguglio che, ai microfoni di Radio2, stila una classifica dei ’falchì del suo partito: "Secondo me Fini è un superfalco segreto. Fuori ha l’abito istituzionale, è un superfalco mascherato". Secondo Briguglio, infatti, Fini è anche "più intransigente" di Bocchino "quando si trova davanti a questione istituzionali". E quale potrebbe essere la classifica dei più 'falchi' di Futuro e Libertà? "Primo Granata, secondo Briguglio, terzo Bocchino". E quella delle colombe? "Primo Viespoli, secondo Ronchi, terzo Urso".
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Una smentita scomoda I vertici di Futuro e Libertà smentiscono. Se ne tirano fuori. Eppure l'imbarazzo delle colombe per una possibile ammucchiatadel Fli con l'opposizione pur di fuori il premier Silvio Berlusconi è qualcosa di più che una voce di corridoio.
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Secondo La Stampa, infatti, "lo stesso D’Alema l’aveva preparata nel corso di incontri riservati con alcuni dei potenziali protagonisti. Nel colloquio con D’Alema, i massimi 'vertici' futuristi, oltre a convenire sulla proposta della Santa Alleanza", hanno preso "atto dell’idea di formare un grande cartello che però escluda Antonio Di Pietro". Luca Barbareschi non ci sta: "Non è un problema di nomi o di ruoli. Ma quando ho pensato a Futuro Libertà, ho pensato a un partito che all’interno del centrodestra potesse funzionare da stimolo forte". Ma non è quello che sta accadendo. Secondo Barbareschi, un accordo con la sinistra ridurrebbe il Fli a "essere utilizzato come cavallo di soia per un tipo di magistratura che io combatto dai tempi di tangentopoli ad oggi".
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
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FINI-TOOOOOOOOO
http://www.ilgiornale.it/economia/dallo_stop_taglia_precari_agli_aiuti_fiscali_banche_e_passato_milleproroghe/economia-politica-politica_economica-azioni-banche-governo-tremonti-fondi-aiuti-basilea_3-cinema-parmalat-fisco-milleproroghe-senato-spettacolo-voto/16-02-2011/articolo-id=506420-page=0-comments=1
http://www.libero-news.it/news/671010/Menardi___Lascer%C3%B2_il_Fli__Al_Senato_Fini_non_c_%C3%A8_pi%C3%B9.html
http://www.corriere.it/politica/11_febbraio_16/milleproroghe-fiducia-senato_b9768ff6-39b5-11e0-bd09-192dc2c1a19a.shtml
http://www.libero-news.it/news/671010/Menardi___Lascer%C3%B2_il_Fli__Al_Senato_Fini_non_c_%C3%A8_pi%C3%B9.html
http://www.corriere.it/politica/11_febbraio_16/milleproroghe-fiducia-senato_b9768ff6-39b5-11e0-bd09-192dc2c1a19a.shtml
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
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Pontone si era dimesso subito...
...da amministratore dei beni, appena era uscita la faccenda di Montecarlò, perchè aveva capito di essere stato TURLUPINATO e usato per una porcata.
http://www.ilgiornale.it/interni/via_fli_altro_senatore_e_fini_e_bocchino_restano_soli/politica-senato-pdl-governo-fini-fli-pontone-autonomie-bocchino/17-02-2011/articolo-id=506665-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni/via_fli_altro_senatore_e_fini_e_bocchino_restano_soli/politica-senato-pdl-governo-fini-fli-pontone-autonomie-bocchino/17-02-2011/articolo-id=506665-page=0-comments=1
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
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Alessandro Gnocchi .
venerdì 18 febbraio 2011, 08:31
Quei guru tromboni che annunciavano i radiosi successi di Fini
Politologi, filosofi, giornalisti, sondaggisti, docenti riempivano di lodi Fini e il suo nascente Fli. Ma ora il progetto del presidente della Camera si è rivelato per quello che è. E i suoi declamatori sono diventati dei tromboni sbugiardati
Gianfranco Fini e il suo partito hanno un grande avvenire dietro le spalle. Mentre Futuro e libertà si disintegra, senatore dopo senatore, deputato dopo deputato, è inevitabile pensare alle raffinate analisi di politologi e commentatori. I quali, dopo aver guardato nella sfera di cristallo, avevano annunciato al volgo: il domani appartiene al presidente della Camera. Concordi le analisi. Secondo Eugenio Scalfari, Fini stabiliva «un importante passo avanti per il nostro Paese e la fine dell’anomalia berlusconiana». Massimo Cacciari elogiava il superamento degli steccati e sentenziava: «Il Pdl non sta in piedi, per questo guardo a Fini». Anche Pierluigi Battista, di solito prudente, si sbilanciava: dopo aver sottolineato «il drammatico errore di Berlusconi», sottolineava come «il partito che Fini ha fatto nascere a Perugia» apparisse «invece come una forza politica vera, proiezione di un’anima autentica del centrodestra italiano ».
Insomma, solo l’ex leader di An, affiancato dai cervelloni di Farefuturo, aveva la ricetta giusta per un’altra destra: responsabile, libertaria, moderna, aperta al dialogo. Soprattutto antiberlusconiana. Di fronte a quest’ultimo dettaglio, i giornali nemici, come Repubblica , di punto in bianco divennero amici. A lungo anche il Corriere della Sera e il Sole-24 ore strizzarono l’occhio con simpatia. Accorsero professori, registi, cinematografari dell’altra sponda politica: da Giulio Giorello a Giacomo Marramao passando per Moni Ovadia.
La Rcs libri, guidata da Paolo Mieli, pubblicò il manifesto-Il futuro della libertà firmato da Gianfranco Fini. Poi venne il Terzo Polo e fu subito descritto dagli «esperti» come la casa degli autentici moderati. I guru dei sondaggi, a canali unificati, diedero la lieta novella: l’alleanza tra Fini, Casini e Rutelli era destinata a erodere il bacino elettorale della maggioranza. In costante crescita il consenso: 13 per cento, 18 per cento, 22 per cento a Ballarò nel novembre 2010. Gradimento personale per Fini alle stelle.
Un entusiasmo popolare di cui non si è vista traccia nel recente congresso di Futuro e Libertà celebrato a Milano. Già. Perché nel frattempo, senza chiedere il permesso ai politologi, il progetto ha mostrato la sua vera faccia. I paroloni spesi nei mesi passati si sono rivelati sproporzionati rispetto all’offerta politica, riassumibile quasi unicamente nel giustizialismo manettaro (che dovrebbe fare orrore a chi si proclama libertario, sia a destra sia a sinistra).
In quanto al pluralismo del nuovo schieramento, quando lo storico Alessandro Campi e la politologa Sofia Ventura hanno osato esprimere dissenso per la linea del partito, o meglio per la sua assenza, sono stati zittiti da Farefuturo. Le contraddizioni di Futuro e libertà sono esplose. Che senso ha un partito in cui dovrebbero convivere liberali (pochi) e statalisti (molti), superlaici e cattolici? Nessuno. Che successo può avere un partito di destra che fa la guerra a un governo amico e cerca sponda a sinistra? Nessuno. E infatti dopo la débâcle del 14 dicembre scorso, giorno in cui il governo ha ottenuto la fiducia ratificando l’irrilevanza dei finiani, Futuro e libertà si è sfasciato. Si poteva prevedere? Sì. Gli «esperti» però non si curano di dettagli come la realtà che hanno davanti agli occhi.
Quei guru tromboni che annunciavano i radiosi successi di Fini
Politologi, filosofi, giornalisti, sondaggisti, docenti riempivano di lodi Fini e il suo nascente Fli. Ma ora il progetto del presidente della Camera si è rivelato per quello che è. E i suoi declamatori sono diventati dei tromboni sbugiardati
Gianfranco Fini e il suo partito hanno un grande avvenire dietro le spalle. Mentre Futuro e libertà si disintegra, senatore dopo senatore, deputato dopo deputato, è inevitabile pensare alle raffinate analisi di politologi e commentatori. I quali, dopo aver guardato nella sfera di cristallo, avevano annunciato al volgo: il domani appartiene al presidente della Camera. Concordi le analisi. Secondo Eugenio Scalfari, Fini stabiliva «un importante passo avanti per il nostro Paese e la fine dell’anomalia berlusconiana». Massimo Cacciari elogiava il superamento degli steccati e sentenziava: «Il Pdl non sta in piedi, per questo guardo a Fini». Anche Pierluigi Battista, di solito prudente, si sbilanciava: dopo aver sottolineato «il drammatico errore di Berlusconi», sottolineava come «il partito che Fini ha fatto nascere a Perugia» apparisse «invece come una forza politica vera, proiezione di un’anima autentica del centrodestra italiano ».
Insomma, solo l’ex leader di An, affiancato dai cervelloni di Farefuturo, aveva la ricetta giusta per un’altra destra: responsabile, libertaria, moderna, aperta al dialogo. Soprattutto antiberlusconiana. Di fronte a quest’ultimo dettaglio, i giornali nemici, come Repubblica , di punto in bianco divennero amici. A lungo anche il Corriere della Sera e il Sole-24 ore strizzarono l’occhio con simpatia. Accorsero professori, registi, cinematografari dell’altra sponda politica: da Giulio Giorello a Giacomo Marramao passando per Moni Ovadia.
La Rcs libri, guidata da Paolo Mieli, pubblicò il manifesto-Il futuro della libertà firmato da Gianfranco Fini. Poi venne il Terzo Polo e fu subito descritto dagli «esperti» come la casa degli autentici moderati. I guru dei sondaggi, a canali unificati, diedero la lieta novella: l’alleanza tra Fini, Casini e Rutelli era destinata a erodere il bacino elettorale della maggioranza. In costante crescita il consenso: 13 per cento, 18 per cento, 22 per cento a Ballarò nel novembre 2010. Gradimento personale per Fini alle stelle.
Un entusiasmo popolare di cui non si è vista traccia nel recente congresso di Futuro e Libertà celebrato a Milano. Già. Perché nel frattempo, senza chiedere il permesso ai politologi, il progetto ha mostrato la sua vera faccia. I paroloni spesi nei mesi passati si sono rivelati sproporzionati rispetto all’offerta politica, riassumibile quasi unicamente nel giustizialismo manettaro (che dovrebbe fare orrore a chi si proclama libertario, sia a destra sia a sinistra).
In quanto al pluralismo del nuovo schieramento, quando lo storico Alessandro Campi e la politologa Sofia Ventura hanno osato esprimere dissenso per la linea del partito, o meglio per la sua assenza, sono stati zittiti da Farefuturo. Le contraddizioni di Futuro e libertà sono esplose. Che senso ha un partito in cui dovrebbero convivere liberali (pochi) e statalisti (molti), superlaici e cattolici? Nessuno. Che successo può avere un partito di destra che fa la guerra a un governo amico e cerca sponda a sinistra? Nessuno. E infatti dopo la débâcle del 14 dicembre scorso, giorno in cui il governo ha ottenuto la fiducia ratificando l’irrilevanza dei finiani, Futuro e libertà si è sfasciato. Si poteva prevedere? Sì. Gli «esperti» però non si curano di dettagli come la realtà che hanno davanti agli occhi.
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
ETICA : se la sanno, la evitano.
http://linkati2lu.files.wordpress.com/2011/02/grane.pdf
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Una serie di articoli, niente virus.
http://linkati2.files.wordpress.com/2010/08/fli-fini-ti.doc
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Lettera aperta a Giorgio Napolitano.
sabato 19 febbraio 2011, 08:00
Fini ha perso la testa Napolitano intervenga
Il presidente della Camera, nella sua veste di leader di partito, ha accusato il premier di corrompere i parlamentari. Se non èstrappo istituzionale questo
Presidente Napolitano, adesso lo strappo istituzionale c’è, molto grave e sotto gli occhi di tutti. Il presidente della Camera, terza carica dello Stato, ha accusato il presidente del Consiglio di corrompere deputati e senatori per modificare le loro idee politiche. Lo ha fatto per difendere gli interessi di suo fratello gemello, Gianfranco Fini, leader di Futuro e Libertà. E badi bene: non lo ha accusato in uno scatto d’ira, ma con un articolo meditato e scritto sul Secolo d’Italia. Naturalmente, senza citare nomi, circostanze, modalità, costi delle presunte corruzioni. Converrà con me che, pur con l’artifizio del fratello gemello, il fatto è incredibile.
Figuriamoci se il presidente della Camera e il leader di Futuro e Libertà sono la stessa persona. E mi fermo qui con il paradosso, altrimenti finiamo in quei simpatici scambi di persona tipici di Montecarlo. Stavolta non si tratta di una gag, sembra al contrario una pessima risposta al Suo appello contro il rischio gravissimo negli scontri tra istituzioni dello Stato. Perché Lei, ovviamente, si riferiva a tutte le istituzioni, non soltanto a Berlusconi. E allora la posizione del presidente della Camera sembra proprio una provocazione. Come dire, chissenefrega del Quirinale.
Stia tranquillo, presidente, io non voglio criticarla, neppure in modo artificioso, né tirarla per la giacca e chiederle una censura, come suggerisce il mio amico Giuliano Ferrara. Lui, secondo il quotidiano di De Benedetti, è un pezzo grosso del Sistema Delta, che tiene in scacco il Paese come la Spectre dei film di Bond. A me non hanno chiesto di farne parte, si immagini che l’ultima congrega di giornalisti di cui ho fatto parte si chiamava «la cena dei cretini» e si riuniva una volta al mese nei ristoranti di Milano, sostanzialmente per farsi due risate. Non mi permetto dunque di dare consigli.
Quel che Lei ha detto, ha detto. Quello che Fini ha fatto lo possono giudicare tutti.
Invece, La chiamo a testimone di quella che a me pare la più grave violazione del ruolo istituzionale. Come presidente della Camera, Fini ha accusato senza prove dei parlamentari di corruzione per aver cambiato idea. Non è la prima volta che commette uno scempio di questo genere, lo fece anche il 14 dicembre, per il voto di fiducia. Quando si formò Futuro e Libertà, Fini fu il paladino dello sganciamento dei parlamentari dal vincolo di mandato. Respinse con sdegno l’accusa di tradimento , per aver cambiato opinione dopo essere stati eletti in lista con Berlusconi. Poi insulta i suoi dissidenti definendoli corrompibili e forse corrotti. Mi sembra evidente l’incompatibilità tra la carica di presidente della Camera e quello di leader di un gruppo attraversato da crisi e scontri interni. Non garantisce equilibrio e visione istituzionale, se continua a tenere a ogni costo il doppio ruolo rischia di degradare la terza carica dello Stato, come hanno osservato anche intellettuali della sua area, che si sono allontanati prima dei parlamentari.
Lei, che è stato un fior di presidente della Camera, sa bene che bisogna difendere il Parlamento da qualsiasi attacco, altro che diffamare i deputati dallo scranno più alto. Per questa violazione, Fini dovrebbe dimettersi e dedicarsi esclusivamente alla lotta politica. Anche se i nervi saldi servono anche in quel caso.
Ci tenevo a rivolgere queste righe a Lei, che ricordo ancora leggere in aula la l’ultima lettera del deputato socialista Moroni, suicida per l’inchiesta Mani Pulite. Volevano rimuovere in fretta la sua morte. Ha provato vergogna per le sue colpe, dissero i magistrati della Procura di Milano. Lei non permise rimozioni e difese in Parlamento la dignità dell’uomo e le ragioni del deputato. A quel tempo, dirigevo Il Giorno e titolai «Mani pulite, vite spezzate» e la ringraziai nel cuore per il suo coraggio. Ora, rinnovo la gratitudine in pubblico. Altri tempi, altri presidenti.
Fini ha perso la testa Napolitano intervenga
Il presidente della Camera, nella sua veste di leader di partito, ha accusato il premier di corrompere i parlamentari. Se non èstrappo istituzionale questo
Presidente Napolitano, adesso lo strappo istituzionale c’è, molto grave e sotto gli occhi di tutti. Il presidente della Camera, terza carica dello Stato, ha accusato il presidente del Consiglio di corrompere deputati e senatori per modificare le loro idee politiche. Lo ha fatto per difendere gli interessi di suo fratello gemello, Gianfranco Fini, leader di Futuro e Libertà. E badi bene: non lo ha accusato in uno scatto d’ira, ma con un articolo meditato e scritto sul Secolo d’Italia. Naturalmente, senza citare nomi, circostanze, modalità, costi delle presunte corruzioni. Converrà con me che, pur con l’artifizio del fratello gemello, il fatto è incredibile.
Figuriamoci se il presidente della Camera e il leader di Futuro e Libertà sono la stessa persona. E mi fermo qui con il paradosso, altrimenti finiamo in quei simpatici scambi di persona tipici di Montecarlo. Stavolta non si tratta di una gag, sembra al contrario una pessima risposta al Suo appello contro il rischio gravissimo negli scontri tra istituzioni dello Stato. Perché Lei, ovviamente, si riferiva a tutte le istituzioni, non soltanto a Berlusconi. E allora la posizione del presidente della Camera sembra proprio una provocazione. Come dire, chissenefrega del Quirinale.
Stia tranquillo, presidente, io non voglio criticarla, neppure in modo artificioso, né tirarla per la giacca e chiederle una censura, come suggerisce il mio amico Giuliano Ferrara. Lui, secondo il quotidiano di De Benedetti, è un pezzo grosso del Sistema Delta, che tiene in scacco il Paese come la Spectre dei film di Bond. A me non hanno chiesto di farne parte, si immagini che l’ultima congrega di giornalisti di cui ho fatto parte si chiamava «la cena dei cretini» e si riuniva una volta al mese nei ristoranti di Milano, sostanzialmente per farsi due risate. Non mi permetto dunque di dare consigli.
Quel che Lei ha detto, ha detto. Quello che Fini ha fatto lo possono giudicare tutti.
Invece, La chiamo a testimone di quella che a me pare la più grave violazione del ruolo istituzionale. Come presidente della Camera, Fini ha accusato senza prove dei parlamentari di corruzione per aver cambiato idea. Non è la prima volta che commette uno scempio di questo genere, lo fece anche il 14 dicembre, per il voto di fiducia. Quando si formò Futuro e Libertà, Fini fu il paladino dello sganciamento dei parlamentari dal vincolo di mandato. Respinse con sdegno l’accusa di tradimento , per aver cambiato opinione dopo essere stati eletti in lista con Berlusconi. Poi insulta i suoi dissidenti definendoli corrompibili e forse corrotti. Mi sembra evidente l’incompatibilità tra la carica di presidente della Camera e quello di leader di un gruppo attraversato da crisi e scontri interni. Non garantisce equilibrio e visione istituzionale, se continua a tenere a ogni costo il doppio ruolo rischia di degradare la terza carica dello Stato, come hanno osservato anche intellettuali della sua area, che si sono allontanati prima dei parlamentari.
Lei, che è stato un fior di presidente della Camera, sa bene che bisogna difendere il Parlamento da qualsiasi attacco, altro che diffamare i deputati dallo scranno più alto. Per questa violazione, Fini dovrebbe dimettersi e dedicarsi esclusivamente alla lotta politica. Anche se i nervi saldi servono anche in quel caso.
Ci tenevo a rivolgere queste righe a Lei, che ricordo ancora leggere in aula la l’ultima lettera del deputato socialista Moroni, suicida per l’inchiesta Mani Pulite. Volevano rimuovere in fretta la sua morte. Ha provato vergogna per le sue colpe, dissero i magistrati della Procura di Milano. Lei non permise rimozioni e difese in Parlamento la dignità dell’uomo e le ragioni del deputato. A quel tempo, dirigevo Il Giorno e titolai «Mani pulite, vite spezzate» e la ringraziai nel cuore per il suo coraggio. Ora, rinnovo la gratitudine in pubblico. Altri tempi, altri presidenti.
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Ieri uno, oggi Barbareschi a mollare.
E qui, su questa intervista, si capisce chi è GianFrego.
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RomaOnorevole Mario Landolfi, ex An, ex ministro delle Comunicazioni, anche ex amico di Fini?
«Più che altro stupito dagli errori madornali che ha fatto e sta facendo. Parafrasando Cocciante: “Era già tutto previsto”».
Facile dirlo ora.
«L’ho sempre detto. Perché il Fli è nato solo per eliminare Berlusconi. E per raggiungere lo scopo non poteva né atteggiarsi a terza gamba della maggioranza né a fondatore di un nuovo polo».
Ah no?
«No. Ha dovuto sposare inevitabilmente le tesi dell’antiberlusconismo militante e quindi cercare intese con la sinistra».
E ora Fini perde pezzi.
«Mi meraviglia che in tanti non se ne siano accorti in tempo. Ma il disegno era chiaro fin dal 3 novembre».
Perché proprio quella data?
«Dopo Mirabello Bocchino disse di attendere le parole di Berlusconi. Berlusconi aprì al patto di legislatura e il giorno successivo Bocchino rispose che l’offerta era fuori tempo massimo».
La rotta del Fli era già decisa?
«Freddamente decisa dando in mano il timone a Bocchino. Il guaio è che Fini ha scambiato l’Italia per un editoriale di Scalfari».
Invece il Cavaliere è tutt’altro che morto.
«Affatto. E Fini s’è comportato come quella sinistra salottiera che s’innamora delle proprie idee. Salvo poi lamentarsi dicendo “la situazione non ci ha capiti”».
Invece è lui che non ha capito la situazione. Ma Urso che farà?
«Non lo so ma Fini sta cercando di trattenerlo solo dicendogli “Cosa vai a fare da un’altra parte?”».
Basterà?
«Secondo me no. Ma all’amico Urso dico: “Mai abbandonare un congresso prima del comunicato finale sugli organigrammi”».
Lui l’ha fatto e l’hanno trombato.
«Poteva aspettarselo. Fini è così».
Così come?
«Con me fece lo stesso nel 2008 promettendomi il ruolo di viceministro per i Beni culturali».
E invece?
«Poi mi chiamò e mi disse che la situazione s’era complicata: “Sai - fece gelido - hai l’udienza preliminare in maggio. Fai un passo indietro».
E lei?
«Protestai la mia estraneità: accuse ridicole che non stanno né in piedi, né sedute, né sdraiate».
E lui?
«Non fece una piega. E dire che la mia situazione la conosce bene visto che il mio avvocato è Giulia Bongiorno. Non solo».
Dica.
«Gli ricordai che era appena venuto a Napoli per darmi un attestato di fraterna amicizia e solidarietà».
Come rispose?
«Che però un articolo dell’Espresso mi aveva attaccato. Lo salutai».
Fini ha abbandonato il garantismo in funzione anti Berlusconi?
«Anche. E gli uomini a lui più vicini hanno solleticato e sollecitato i sentimenti più ferocemente antiberlusconiani».
È più vero il Fini delle «comiche finali», quello del congresso fondativo del Pdl o quello di Mirabello e Bastia Umbra?
«Quello delle “comiche finali” anche se pure allora fu una reazione d’impeto, poi rivelatasi sbagliata. Il progetto del partito unico è nel nostro orizzonte».
I prossimi transfughi del Fli che non rientreranno nel Pdl potranno fare qualche cosa di nuovo?
«È possibile che facciano qualcosa del genere: una gamba a sostegno della maggioranza in una posizione distinta ma non distante. Ma il problema è un altro».
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RomaOnorevole Mario Landolfi, ex An, ex ministro delle Comunicazioni, anche ex amico di Fini?
«Più che altro stupito dagli errori madornali che ha fatto e sta facendo. Parafrasando Cocciante: “Era già tutto previsto”».
Facile dirlo ora.
«L’ho sempre detto. Perché il Fli è nato solo per eliminare Berlusconi. E per raggiungere lo scopo non poteva né atteggiarsi a terza gamba della maggioranza né a fondatore di un nuovo polo».
Ah no?
«No. Ha dovuto sposare inevitabilmente le tesi dell’antiberlusconismo militante e quindi cercare intese con la sinistra».
E ora Fini perde pezzi.
«Mi meraviglia che in tanti non se ne siano accorti in tempo. Ma il disegno era chiaro fin dal 3 novembre».
Perché proprio quella data?
«Dopo Mirabello Bocchino disse di attendere le parole di Berlusconi. Berlusconi aprì al patto di legislatura e il giorno successivo Bocchino rispose che l’offerta era fuori tempo massimo».
La rotta del Fli era già decisa?
«Freddamente decisa dando in mano il timone a Bocchino. Il guaio è che Fini ha scambiato l’Italia per un editoriale di Scalfari».
Invece il Cavaliere è tutt’altro che morto.
«Affatto. E Fini s’è comportato come quella sinistra salottiera che s’innamora delle proprie idee. Salvo poi lamentarsi dicendo “la situazione non ci ha capiti”».
Invece è lui che non ha capito la situazione. Ma Urso che farà?
«Non lo so ma Fini sta cercando di trattenerlo solo dicendogli “Cosa vai a fare da un’altra parte?”».
Basterà?
«Secondo me no. Ma all’amico Urso dico: “Mai abbandonare un congresso prima del comunicato finale sugli organigrammi”».
Lui l’ha fatto e l’hanno trombato.
«Poteva aspettarselo. Fini è così».
Così come?
«Con me fece lo stesso nel 2008 promettendomi il ruolo di viceministro per i Beni culturali».
E invece?
«Poi mi chiamò e mi disse che la situazione s’era complicata: “Sai - fece gelido - hai l’udienza preliminare in maggio. Fai un passo indietro».
E lei?
«Protestai la mia estraneità: accuse ridicole che non stanno né in piedi, né sedute, né sdraiate».
E lui?
«Non fece una piega. E dire che la mia situazione la conosce bene visto che il mio avvocato è Giulia Bongiorno. Non solo».
Dica.
«Gli ricordai che era appena venuto a Napoli per darmi un attestato di fraterna amicizia e solidarietà».
Come rispose?
«Che però un articolo dell’Espresso mi aveva attaccato. Lo salutai».
Fini ha abbandonato il garantismo in funzione anti Berlusconi?
«Anche. E gli uomini a lui più vicini hanno solleticato e sollecitato i sentimenti più ferocemente antiberlusconiani».
È più vero il Fini delle «comiche finali», quello del congresso fondativo del Pdl o quello di Mirabello e Bastia Umbra?
«Quello delle “comiche finali” anche se pure allora fu una reazione d’impeto, poi rivelatasi sbagliata. Il progetto del partito unico è nel nostro orizzonte».
I prossimi transfughi del Fli che non rientreranno nel Pdl potranno fare qualche cosa di nuovo?
«È possibile che facciano qualcosa del genere: una gamba a sostegno della maggioranza in una posizione distinta ma non distante. Ma il problema è un altro».
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Ehhhhhh, chissà che ci dice Crespi.
lunedì 21 febbraio 2011, 08:41
Il Fli ormai ne perde uno al giorno: anche Barbareschi sbatte la porta
L’ennesimo deputato finiano passa al Misto e accusa Fini: "Pagliaccio io? No, sono leale". Tentati dalla fuga pure i moderati Urso, Ronchi e Viespoli. Gli ex membri del governo scioglieranno le riserve oggi e pensano di fare un altro partito
Roma - Decisione attesa, forse scontata, sicuramente non facile. Luca Barbareschi ha lasciato il gruppo di Futuro e libertà alla Camera, ennesima uscita da Fli da quando, al congresso fondativo di Milano, è stato fissato un organigramma dominato dai «falchi». Proprio dai più duri oppositori del berlusconismo, che si prefiggevano di ribaltare, ma che oggi si trovano a fronteggiare uno stillicidio di defezioni quotidiane.
Barbareschi aderirà al Gruppo misto, non è in vista un suo ritorno al Pdl, come è accaduto per i colleghi Roberto Rosso e Luca Bellotti. Pesa il veto di Ignazio La Russa («se entra lui usciamo in 50»), ma anche l’incertezza sulle decisioni che prenderanno gli altri scontenti di Fli.
Lontano sul piano personale da Gianfranco Fini, che gli aveva dato del pagliaccio e al quale ieri ha risposto: «Vorrei ricordargli che i pagliacci spesso fanno ridere, ma sotto il trucco pesante si nasconde lealtà e sensibilità anche verso il piccolo circo a cui si appartiene». Ormai lontanissimo anche politicamente da Fli dominata da Italo Bocchino e Fabio Granata, partito che «dice che è tutta colpa dei soldi di Berlusconi e tenta una nuova piazza Loreto costruita su di un moralismo ridicolo, dimenticandosi che proprio tre mesi fa qualcuno si propose come vicepresidente del consiglio di Silvio Berlusconi».
Nonostante le riserve degli ex An del Pdl, sulla collocazione di Barbareschi non ci sono dubbi, come dimostrano le reazioni alla sua decisione. «Una persona intellettualmente onesta e per bene. Ne sono testimone personale» ha detto il ministro alla Cultura Sandro Bondi. Carmelo Briguglio di Fli, passa a conclusioni hard: «In Parlamento vengono praticati per lo shopping di deputati e senatori gli stessi metodi usati per le prestazioni delle escort delle notti di Arcore».
Il fatto è che i giochi nel partito di Fini non sono chiusi. Questa settimana saranno in molti i delusi dalla linea e dal nuovo gruppo di vertice a sciogliere le riserve. A partire da esponenti di primo piano come Adolfo Urso, Andrea Ronchi e Pasquale Viespoli. Urso dovrebbe dire cosa farà in tempi brevi, probabilmente già oggi. Le opzioni aperte per i moderati di Fli sono restare nel partito finiano e fare opposizione, magari con dei ruoli. All’ex viceministro al Commercio estero era stato prospettato un posto da referente di Fli nel terzo polo.
Ma in queste ultime ore i delusi stanno valutando altre opzioni e tra le tante sta prendendo quota quella di costituire un’altra organizzazione politica, che stia comunque nel Terzo polo, ma che guardi verso il centrodestra. Un processo di medio termine, che potrebbe cominciare in Parlamento, con la costituzione di un sottogruppo all’interno del misto alla Camera. Domani saranno i senatori, capeggiati da Viespoli e in larghissima parte delusi, a decidere cosa fare.
Segnali che lasciano sempre meno dubbi sulla collocazione politica del partito futurista. «È il fallimento di un progetto nato solo per contrastare Berlusconi», spiega il coordinatore del Pid ed esponente di Iniziativa responsabile Saverio Romano. Oppure, come ha sintetizzato l’ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari a Radio2 Days, condotta da Michele Cucuzza, le categorie di destra e sinistra non hanno più senso e Fini, ormai su alcuni temi, «è più a sinistra di me».
Il Fli ormai ne perde uno al giorno: anche Barbareschi sbatte la porta
L’ennesimo deputato finiano passa al Misto e accusa Fini: "Pagliaccio io? No, sono leale". Tentati dalla fuga pure i moderati Urso, Ronchi e Viespoli. Gli ex membri del governo scioglieranno le riserve oggi e pensano di fare un altro partito
Roma - Decisione attesa, forse scontata, sicuramente non facile. Luca Barbareschi ha lasciato il gruppo di Futuro e libertà alla Camera, ennesima uscita da Fli da quando, al congresso fondativo di Milano, è stato fissato un organigramma dominato dai «falchi». Proprio dai più duri oppositori del berlusconismo, che si prefiggevano di ribaltare, ma che oggi si trovano a fronteggiare uno stillicidio di defezioni quotidiane.
Barbareschi aderirà al Gruppo misto, non è in vista un suo ritorno al Pdl, come è accaduto per i colleghi Roberto Rosso e Luca Bellotti. Pesa il veto di Ignazio La Russa («se entra lui usciamo in 50»), ma anche l’incertezza sulle decisioni che prenderanno gli altri scontenti di Fli.
Lontano sul piano personale da Gianfranco Fini, che gli aveva dato del pagliaccio e al quale ieri ha risposto: «Vorrei ricordargli che i pagliacci spesso fanno ridere, ma sotto il trucco pesante si nasconde lealtà e sensibilità anche verso il piccolo circo a cui si appartiene». Ormai lontanissimo anche politicamente da Fli dominata da Italo Bocchino e Fabio Granata, partito che «dice che è tutta colpa dei soldi di Berlusconi e tenta una nuova piazza Loreto costruita su di un moralismo ridicolo, dimenticandosi che proprio tre mesi fa qualcuno si propose come vicepresidente del consiglio di Silvio Berlusconi».
Nonostante le riserve degli ex An del Pdl, sulla collocazione di Barbareschi non ci sono dubbi, come dimostrano le reazioni alla sua decisione. «Una persona intellettualmente onesta e per bene. Ne sono testimone personale» ha detto il ministro alla Cultura Sandro Bondi. Carmelo Briguglio di Fli, passa a conclusioni hard: «In Parlamento vengono praticati per lo shopping di deputati e senatori gli stessi metodi usati per le prestazioni delle escort delle notti di Arcore».
Il fatto è che i giochi nel partito di Fini non sono chiusi. Questa settimana saranno in molti i delusi dalla linea e dal nuovo gruppo di vertice a sciogliere le riserve. A partire da esponenti di primo piano come Adolfo Urso, Andrea Ronchi e Pasquale Viespoli. Urso dovrebbe dire cosa farà in tempi brevi, probabilmente già oggi. Le opzioni aperte per i moderati di Fli sono restare nel partito finiano e fare opposizione, magari con dei ruoli. All’ex viceministro al Commercio estero era stato prospettato un posto da referente di Fli nel terzo polo.
Ma in queste ultime ore i delusi stanno valutando altre opzioni e tra le tante sta prendendo quota quella di costituire un’altra organizzazione politica, che stia comunque nel Terzo polo, ma che guardi verso il centrodestra. Un processo di medio termine, che potrebbe cominciare in Parlamento, con la costituzione di un sottogruppo all’interno del misto alla Camera. Domani saranno i senatori, capeggiati da Viespoli e in larghissima parte delusi, a decidere cosa fare.
Segnali che lasciano sempre meno dubbi sulla collocazione politica del partito futurista. «È il fallimento di un progetto nato solo per contrastare Berlusconi», spiega il coordinatore del Pid ed esponente di Iniziativa responsabile Saverio Romano. Oppure, come ha sintetizzato l’ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari a Radio2 Days, condotta da Michele Cucuzza, le categorie di destra e sinistra non hanno più senso e Fini, ormai su alcuni temi, «è più a sinistra di me».
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