RIFLESSIONI...
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Il sindacato… questa casta misteriosa.
I sindacalisti… ma guardateli… sembrano logorati dal lavoro. D’altronde, poveretti, c’è chi ha cominciato nel sindacato già a 14 anni, come giura di aver fatto l’ex segretario aggiunto Cgil Ottaviano del Turco.
In buona compagnia, per la verità. Perchè quando nel 1974 passò la cosiddetta legge Mosca, che riconosceva i contributi pensionistici a chi avesse prestato la propria opera in nero nel dopoguerra, di sindacalisti in tenera età ne spuntarono come funghi. All’Inps arrivarono 19mila e 500 domande, poi altre 6mila. Il governo rispose prorogando la scadenza di legge, e bastò per farne piovere sull’Istituto di previdenza altre 15mila domande. Alla fine si scoprì che c’erano 40mila e 500 ex sindacalisti da mettere in regola. Tra di loro, manco a dirlo, tutti i pezzi da novanta del sindacato. Oltre a Del Turco, gli ex Cisl Franco Marini, Sergio D’Antoni e Bruno Trentin, Fausto Bertinotti (ex Cgil) e Pietro Larizza (Uil).
Oggi in Italia solo un lavoratore su 20 si sente rappresentato dal sindacato. Come mai?
Cosa dovrebbero fare Cgil, Cisl e Uil per riguadagnare il consenso perduto?
Forse dovrebbero cominciare ad essere un po’ più trasparenti, anche sul numero degli iscritti e invece preferiscono non adottare un vero sistema di misurazione… ma essere approssimativi… buttare lì dei dati e farli passare per buoni.
Quando contrattano con il governo dicono di rappresentare 11 milioni e 731mila lavoratori. Ma quando devono versare i contributi alla Confédération Européenne des Syndicats gli iscritti diventano magicamente 7milioni e mezzo.
I sindacati hanno le loro forti certe di contributo: i pensionati e, naturalmente, i dipendenti del pubblico impiego (e ti pareva!) anche se, non sono le uniche.
10 dei 14 enti, che annualmente si spartiscono metà dei finanziamenti nazionali, sono partecipati da Cgil, Cisl e Uil. (Non mi stupirei che Din lavorasse per uno di questi)
Come sappiamo, nella PA ci si può fingere malati, timbrare il cartellino e poi uscire a fare shopping o passare la giornata “lavorativa” chiacchierando alla macchinetta del caffè.
Ma c’è un modo più sicuro per prendere lo stipendio senza “lavorare” in ufficio: fare il sindacalista. O meglio, il «distaccato».
È questa una particolare specie di sindacalista, che riesce a tenere il piede in due scarpe. Uno nell’organizzazione sindacale in cui fa carriera, l’altro nell’amministrazione pubblica di provenienza da cui riceve regolare stipendio, contributi, integrazioni e chi più ne ha più ne metta. Tutto questo come se passasse il suo tempo in ufficio per davvero.
Ma cominciamo a vedere come si comportano questi lavoratori che si “ammazzano di lavoro” per tutelare i diritti dei loro "rappresentati". (Ehm… la parola “doveri”… è un “tantino” meno usata… ma non polemizziamo, per carità!)
Se del Quirinale si sa che spende il quadruplo di Buckingham Palace, fare i conti in tasca a questa lardellata casta con un organico di circa 20mila dipendenti, è questione controversa, tanto diversificate risultano le sue fonti di guadagno.
Lo Stato paga i settecentomila delegati (sei volte di più dei Carabinieri), che a noi costano 1 miliardo e 845mila euro l’anno.
Poi ci sono le quote versate dagli iscritti (pensionati e pubblici dipendenti): un incasso complessivo di circa 1 miliardo l’anno.
Ogni anno, l’Europa manda in Italia 1 miliardo e mezzo di euro, per la formazione professionale.
E qui occorre ricordare che su questi fondi il sindacato ci si è buttato a capofitto, attraverso enti creati per la bisogna. Noi… di solito la chiamiamo fuffa… ma i sinistrorsi si arrabbiano.
Ecco qualche esempio di “progetto formativo”:
L’Ires (Cgil) corso per “Esperto nella gestione delle dinamiche d’aula”. Sede : San Paolo del Brasile.
Corso Linguistico, finanziato dal Fondo Nazionale per le politiche migratorie, destinato agli immigrati nel Comune di Mazara del Vallo.
Lo Ial Cisl e l’Enfap della Uil hanno dato vita al «Progetto per la creazione di una banca dati sulle opportunità di occupazione in Australia» e, non contente… ecco anche il succulento convegno sui «Nuovi orizzonti professionali nell’area del libero scambio euromediterraneo».
Ogni tanto c’è un “convegno formativo”… sempre in posti più che discreti… con aereo, parenti ospiti, albergo 4 stelle e il conto spedito a Bruxelles.
Poi c’è quella che viene chiamata “la grande truffa della tessera”.
Se un dipendente pubblico o un pensionato vuole stracciare la tessera, in realtà continua a pagarla anche per alcuni mesi successivi. Un fatto che è ai limiti del lecito. Ma la trappola non vale solo per i dipendenti pubblici.
Dal 1973 al 1998 infatti, ha funzionato così anche all'Inps: se la revoca veniva presentata all'istituto entro il mese di settembre il prelievo a favore del sindacato andava comunque avanti fino alla fine dell'anno; se arrivava dopo il 1 ottobre il pensionato continuava a subire la decurtazione dell'assegno mensile addirittura fino alla fine dell'anno successivo: un salasso lungo 15 mesi.
Dal 1998 il prelievo forzoso è stato solo ridotto. Oggi la revoca ha effetto dall'inizio del terzo mese successivo alla data di presentazione. Un lasso di tempo sufficiente per il sindacato a contattare il pensionato dimissionario a tornare sui suoi passi… e spesso ci riescono… a blablare questi sono bravini, niente da dire.
Ma la cosa che mi ha subito colpito durante la mia “mini-ricerca” è stata questa : i sindacati non hanno l'obbligo di presentare il bilancio. Perché? Ehm… vediamo.
Una legge per ridurre i privilegi dei sindacalisti… un miraggio. Ogni volta che qualche temerario ci ha provato è finita malissimo.
Il primo è stato Marco Pannella, promotore di un referendum nel 1995 per abolire il prelievo automatico dell’1% sulla busta paga dei lavoratori iscritti al sindacato. Gli italiani approvarono, «vogliono ridurci alla colletta» sibilò Sergio Cofferati. Ma fatta la legge, trovato l’inganno… ehm… la si dice correzione, perbacco!
Il sindacato ha semplicemente aggirato la nuova regola inserendo la trattenuta nei contratti collettivi. Risultato: tutto come prima.
Nel 1998 un deputato di Forza Italia convince 160 colleghi a firmare una proposta di legge per rendere pubblici i bilanci dei sindacati. Ma la maggioranza di centrosinistra boccia il testo: palla al centro.
L’ultimo è stato Aldo Perrotta (ex sindacalista… ma allora non sono tutti farabutti!) che nel 2001 ripropone un testo simile a quello di tre anni prima. Se ne discute per venti audizioni in Commissione. (Sì… avete letto bene VENTI!) Blablablano finché la legislatura non finisce. Tutti a casa. Con grande sollievo del sindacati.
Ma la vera forza di questa casta viene dai beni immobili, patrimonio sterminato, tutto da dissotterrare.
La Cgil conta 3mila sedi in Italia, di proprietà delle strutture territoriali; la Cisl, 5mila e la Uil concentra gli investimenti sul mattone in una società per azioni, controllata al cento per cento dalla Labour Uil, con 35 milioni e 25mila euro di immobili in bilancio. Va da sé che gli inquilini Vip di tanto bendiddio abitativo sono loro, i vecchi mandarini con un piede nella Jacuzzi ai Parioli e l’altro sulla pista di Fiumicino.
«La Jacuzzi? Uno dovrà pur lavarsi, no?». L’allora leader della Cisl Sergio D’Antoni finì invischiato in Affittopoli per quel suo modesto appartamentino di 219 mq ai Parioli, con due vasche idromassaggio, per 1 milione e poco più di lire al mese. Era il 1995, ma da allora non è cambiato niente.
I sindacati si sono trasformati in gigantesche società di servizi alimentate da un sistema di autofinanziamento infallibile, al cospetto del quale impallidiscono anche i partiti. Per garantirsi i loro privilegi, i sindacalisti hanno colonizzato ogni settore e ogni categoria, succhiando oboli da tutti. Basta guardare a quanti contratti collettivi esistono in Italia: 800, secondo un’autorevole voce, quella di Guglielmo Epifani segretario della Cgil.
C’è un contratto nazionale per i tagliatori di sughero e uno per le imprese che producono ombrelloni, uno per i lavoratori di penne differente da quello per i lavoratori di matite, uno per i fantini di cavalli da corsa e un altro per i cavalli da trotto. A chi servono? Ai lavoratori poco, ai sindacalisti molto.
Perché mentre il potere d’acquisto dei salari cala, i poteri del sindacato non vengono minimamente scalfiti dall’insuccesso.
Basta guardare il settore pubblico, il più sindacalizzato di tutti con percentuali bulgare di adesione tra i lavoratori. L’opera dei sindacati sembra finalizzata ad un solo scopo: far lavorare meno e con più privilegi i propri iscritti.
I ferrovieri italiani, per esempio, scioperano in media due volte al mese, quelli svizzeri mai. I nostri ferrovieri godono di un contratto che li premia quando mettono piede su un treno , quando ritardano un po’ meno del solito o quando sono impiegati su convogli con cuccette (chissà perché).
Ma lo stipendio di un ferroviere svizzero è due volte più alto di quello italiano, segno evidente che i sindacati elvetici hanno fatto meglio il loro lavoro rispetto agli omologhi italiani. In compenso, i nostri non li batte nessuno quando si tratta di far incrociare le braccia. È stato calcolato che in un anno e mezzo in Italia (tra il 2005 e il 2006) sono stati proclamati 2.621 scioperi, cioè 4,8 al giorno, 27 volte più che in Germania, record in Europa. Il danno economico prodotto è enorme ma difficilmente quantificabile, ma basti pensare che un giorno di sciopero dei trasporti a Milano, nel 2007, è costato 254 milioni di euro di mancati guadagni.
Con l’Alitalia i sindacalisti sono riusciti nell’impossibile: dilatare il tempo. Un giorno di riposo per un pilota dura 33 ore o, a scelta, due notti. Tutto vero, è scritto nel contratto. Miracoli della contrattazione sindacale. Del resto l’87% dei piloti è iscritto al sindacato, adesione da Patto di Varsavia, perciò c’è poco da stupirsi. Privilegi che non sono tuttavia compensati da grandi fatiche. I piloti lavorano 556 ore all’anno, cioè 93 minuti al giorno, hostess e steward 5 minuti in più, grazie all’opera dei sindacati, che in Alitalia comandano. Sono loro che hanno deciso che piloti e hostess debbano mangiare ogni sei ore, «per evitare decrementi nelle prestazioni». Sono loro ad aver inventato il «premio di puntualità», la «Banca dei riposi individuali», la commissione per la scelta degli alberghi del personale di volo, chissà perché più cari del 45% rispetto alle altre compagnie. O anche la franchigia di 24 ore al mese per le donne (che dovrebbe coincidere con le mestruazioni). Peccato che la chiedano tutte tra il 31 dicembre e il primo gennaio.
I sindacalisti non rispondono agli azionisti e neppure agli elettori, così la loro classe dirigente resta sempre uguale a se stessa.
E questi sarebbero quelli che vorrebbero trattare con Marchionne? Ma per favore!
Marchionne è pragmatico e dà la sensazione di conoscere meglio lui i metalmeccanici che il sindacato. E questo non è un merito di Marchionne… ma la sconfitta del sindacato.
Sono degli irresponsabili. Non riconoscono gli errori… negazionisti o dinosauri… fate voi.
Le mie fonti : L’Espresso – Il Sole 24 ore – Il Messaggero – Il Corriere della Sera - Il Giornale
In buona compagnia, per la verità. Perchè quando nel 1974 passò la cosiddetta legge Mosca, che riconosceva i contributi pensionistici a chi avesse prestato la propria opera in nero nel dopoguerra, di sindacalisti in tenera età ne spuntarono come funghi. All’Inps arrivarono 19mila e 500 domande, poi altre 6mila. Il governo rispose prorogando la scadenza di legge, e bastò per farne piovere sull’Istituto di previdenza altre 15mila domande. Alla fine si scoprì che c’erano 40mila e 500 ex sindacalisti da mettere in regola. Tra di loro, manco a dirlo, tutti i pezzi da novanta del sindacato. Oltre a Del Turco, gli ex Cisl Franco Marini, Sergio D’Antoni e Bruno Trentin, Fausto Bertinotti (ex Cgil) e Pietro Larizza (Uil).
Oggi in Italia solo un lavoratore su 20 si sente rappresentato dal sindacato. Come mai?
Cosa dovrebbero fare Cgil, Cisl e Uil per riguadagnare il consenso perduto?
Forse dovrebbero cominciare ad essere un po’ più trasparenti, anche sul numero degli iscritti e invece preferiscono non adottare un vero sistema di misurazione… ma essere approssimativi… buttare lì dei dati e farli passare per buoni.
Quando contrattano con il governo dicono di rappresentare 11 milioni e 731mila lavoratori. Ma quando devono versare i contributi alla Confédération Européenne des Syndicats gli iscritti diventano magicamente 7milioni e mezzo.
I sindacati hanno le loro forti certe di contributo: i pensionati e, naturalmente, i dipendenti del pubblico impiego (e ti pareva!) anche se, non sono le uniche.
10 dei 14 enti, che annualmente si spartiscono metà dei finanziamenti nazionali, sono partecipati da Cgil, Cisl e Uil. (Non mi stupirei che Din lavorasse per uno di questi)
Come sappiamo, nella PA ci si può fingere malati, timbrare il cartellino e poi uscire a fare shopping o passare la giornata “lavorativa” chiacchierando alla macchinetta del caffè.
Ma c’è un modo più sicuro per prendere lo stipendio senza “lavorare” in ufficio: fare il sindacalista. O meglio, il «distaccato».
È questa una particolare specie di sindacalista, che riesce a tenere il piede in due scarpe. Uno nell’organizzazione sindacale in cui fa carriera, l’altro nell’amministrazione pubblica di provenienza da cui riceve regolare stipendio, contributi, integrazioni e chi più ne ha più ne metta. Tutto questo come se passasse il suo tempo in ufficio per davvero.
Ma cominciamo a vedere come si comportano questi lavoratori che si “ammazzano di lavoro” per tutelare i diritti dei loro "rappresentati". (Ehm… la parola “doveri”… è un “tantino” meno usata… ma non polemizziamo, per carità!)
Se del Quirinale si sa che spende il quadruplo di Buckingham Palace, fare i conti in tasca a questa lardellata casta con un organico di circa 20mila dipendenti, è questione controversa, tanto diversificate risultano le sue fonti di guadagno.
Lo Stato paga i settecentomila delegati (sei volte di più dei Carabinieri), che a noi costano 1 miliardo e 845mila euro l’anno.
Poi ci sono le quote versate dagli iscritti (pensionati e pubblici dipendenti): un incasso complessivo di circa 1 miliardo l’anno.
Ogni anno, l’Europa manda in Italia 1 miliardo e mezzo di euro, per la formazione professionale.
E qui occorre ricordare che su questi fondi il sindacato ci si è buttato a capofitto, attraverso enti creati per la bisogna. Noi… di solito la chiamiamo fuffa… ma i sinistrorsi si arrabbiano.
Ecco qualche esempio di “progetto formativo”:
L’Ires (Cgil) corso per “Esperto nella gestione delle dinamiche d’aula”. Sede : San Paolo del Brasile.
Corso Linguistico, finanziato dal Fondo Nazionale per le politiche migratorie, destinato agli immigrati nel Comune di Mazara del Vallo.
Lo Ial Cisl e l’Enfap della Uil hanno dato vita al «Progetto per la creazione di una banca dati sulle opportunità di occupazione in Australia» e, non contente… ecco anche il succulento convegno sui «Nuovi orizzonti professionali nell’area del libero scambio euromediterraneo».
Ogni tanto c’è un “convegno formativo”… sempre in posti più che discreti… con aereo, parenti ospiti, albergo 4 stelle e il conto spedito a Bruxelles.
Poi c’è quella che viene chiamata “la grande truffa della tessera”.
Se un dipendente pubblico o un pensionato vuole stracciare la tessera, in realtà continua a pagarla anche per alcuni mesi successivi. Un fatto che è ai limiti del lecito. Ma la trappola non vale solo per i dipendenti pubblici.
Dal 1973 al 1998 infatti, ha funzionato così anche all'Inps: se la revoca veniva presentata all'istituto entro il mese di settembre il prelievo a favore del sindacato andava comunque avanti fino alla fine dell'anno; se arrivava dopo il 1 ottobre il pensionato continuava a subire la decurtazione dell'assegno mensile addirittura fino alla fine dell'anno successivo: un salasso lungo 15 mesi.
Dal 1998 il prelievo forzoso è stato solo ridotto. Oggi la revoca ha effetto dall'inizio del terzo mese successivo alla data di presentazione. Un lasso di tempo sufficiente per il sindacato a contattare il pensionato dimissionario a tornare sui suoi passi… e spesso ci riescono… a blablare questi sono bravini, niente da dire.
Ma la cosa che mi ha subito colpito durante la mia “mini-ricerca” è stata questa : i sindacati non hanno l'obbligo di presentare il bilancio. Perché? Ehm… vediamo.
Una legge per ridurre i privilegi dei sindacalisti… un miraggio. Ogni volta che qualche temerario ci ha provato è finita malissimo.
Il primo è stato Marco Pannella, promotore di un referendum nel 1995 per abolire il prelievo automatico dell’1% sulla busta paga dei lavoratori iscritti al sindacato. Gli italiani approvarono, «vogliono ridurci alla colletta» sibilò Sergio Cofferati. Ma fatta la legge, trovato l’inganno… ehm… la si dice correzione, perbacco!
Il sindacato ha semplicemente aggirato la nuova regola inserendo la trattenuta nei contratti collettivi. Risultato: tutto come prima.
Nel 1998 un deputato di Forza Italia convince 160 colleghi a firmare una proposta di legge per rendere pubblici i bilanci dei sindacati. Ma la maggioranza di centrosinistra boccia il testo: palla al centro.
L’ultimo è stato Aldo Perrotta (ex sindacalista… ma allora non sono tutti farabutti!) che nel 2001 ripropone un testo simile a quello di tre anni prima. Se ne discute per venti audizioni in Commissione. (Sì… avete letto bene VENTI!) Blablablano finché la legislatura non finisce. Tutti a casa. Con grande sollievo del sindacati.
Ma la vera forza di questa casta viene dai beni immobili, patrimonio sterminato, tutto da dissotterrare.
La Cgil conta 3mila sedi in Italia, di proprietà delle strutture territoriali; la Cisl, 5mila e la Uil concentra gli investimenti sul mattone in una società per azioni, controllata al cento per cento dalla Labour Uil, con 35 milioni e 25mila euro di immobili in bilancio. Va da sé che gli inquilini Vip di tanto bendiddio abitativo sono loro, i vecchi mandarini con un piede nella Jacuzzi ai Parioli e l’altro sulla pista di Fiumicino.
«La Jacuzzi? Uno dovrà pur lavarsi, no?». L’allora leader della Cisl Sergio D’Antoni finì invischiato in Affittopoli per quel suo modesto appartamentino di 219 mq ai Parioli, con due vasche idromassaggio, per 1 milione e poco più di lire al mese. Era il 1995, ma da allora non è cambiato niente.
I sindacati si sono trasformati in gigantesche società di servizi alimentate da un sistema di autofinanziamento infallibile, al cospetto del quale impallidiscono anche i partiti. Per garantirsi i loro privilegi, i sindacalisti hanno colonizzato ogni settore e ogni categoria, succhiando oboli da tutti. Basta guardare a quanti contratti collettivi esistono in Italia: 800, secondo un’autorevole voce, quella di Guglielmo Epifani segretario della Cgil.
C’è un contratto nazionale per i tagliatori di sughero e uno per le imprese che producono ombrelloni, uno per i lavoratori di penne differente da quello per i lavoratori di matite, uno per i fantini di cavalli da corsa e un altro per i cavalli da trotto. A chi servono? Ai lavoratori poco, ai sindacalisti molto.
Perché mentre il potere d’acquisto dei salari cala, i poteri del sindacato non vengono minimamente scalfiti dall’insuccesso.
Basta guardare il settore pubblico, il più sindacalizzato di tutti con percentuali bulgare di adesione tra i lavoratori. L’opera dei sindacati sembra finalizzata ad un solo scopo: far lavorare meno e con più privilegi i propri iscritti.
I ferrovieri italiani, per esempio, scioperano in media due volte al mese, quelli svizzeri mai. I nostri ferrovieri godono di un contratto che li premia quando mettono piede su un treno , quando ritardano un po’ meno del solito o quando sono impiegati su convogli con cuccette (chissà perché).
Ma lo stipendio di un ferroviere svizzero è due volte più alto di quello italiano, segno evidente che i sindacati elvetici hanno fatto meglio il loro lavoro rispetto agli omologhi italiani. In compenso, i nostri non li batte nessuno quando si tratta di far incrociare le braccia. È stato calcolato che in un anno e mezzo in Italia (tra il 2005 e il 2006) sono stati proclamati 2.621 scioperi, cioè 4,8 al giorno, 27 volte più che in Germania, record in Europa. Il danno economico prodotto è enorme ma difficilmente quantificabile, ma basti pensare che un giorno di sciopero dei trasporti a Milano, nel 2007, è costato 254 milioni di euro di mancati guadagni.
Con l’Alitalia i sindacalisti sono riusciti nell’impossibile: dilatare il tempo. Un giorno di riposo per un pilota dura 33 ore o, a scelta, due notti. Tutto vero, è scritto nel contratto. Miracoli della contrattazione sindacale. Del resto l’87% dei piloti è iscritto al sindacato, adesione da Patto di Varsavia, perciò c’è poco da stupirsi. Privilegi che non sono tuttavia compensati da grandi fatiche. I piloti lavorano 556 ore all’anno, cioè 93 minuti al giorno, hostess e steward 5 minuti in più, grazie all’opera dei sindacati, che in Alitalia comandano. Sono loro che hanno deciso che piloti e hostess debbano mangiare ogni sei ore, «per evitare decrementi nelle prestazioni». Sono loro ad aver inventato il «premio di puntualità», la «Banca dei riposi individuali», la commissione per la scelta degli alberghi del personale di volo, chissà perché più cari del 45% rispetto alle altre compagnie. O anche la franchigia di 24 ore al mese per le donne (che dovrebbe coincidere con le mestruazioni). Peccato che la chiedano tutte tra il 31 dicembre e il primo gennaio.
I sindacalisti non rispondono agli azionisti e neppure agli elettori, così la loro classe dirigente resta sempre uguale a se stessa.
E questi sarebbero quelli che vorrebbero trattare con Marchionne? Ma per favore!
Marchionne è pragmatico e dà la sensazione di conoscere meglio lui i metalmeccanici che il sindacato. E questo non è un merito di Marchionne… ma la sconfitta del sindacato.
Sono degli irresponsabili. Non riconoscono gli errori… negazionisti o dinosauri… fate voi.
Le mie fonti : L’Espresso – Il Sole 24 ore – Il Messaggero – Il Corriere della Sera - Il Giornale
Angela- Admin
- Numero di messaggi : 801
Età : 39
Località : Benaco
Data d'iscrizione : 04.11.08
Dinosauri, Angela.
Solo alcune osservazioni, ed è strano doverle fare, ti saranno sfuggiti i fatti, date le fonti.
La prima è che non ci sono solamente le tessere dei Pensionati ( anche la mia, sai ? ) e della PA, devi aggiungere anche quelle di TUTTE le categorie di lavoro dell'Industria, del Commercio ecc. ;
La seconda è che non dici niente degli art. della Costituzione, il 39 ed il 40, che riguardano anche il Sindacato ;
La terza è che, anche quando leggerai gli art. di cui sopra, sappi che non è mica vero l'ultima parte sul non dover "rendere conto a nessuno", te lo dimostra una semplice questione come lo scontro con Marchionne : La CGIL non lo vorrebbe, la FIOM sì ed è la stessa FIOM di sempre, anche se con la quasi totalità del gruppo dirigente rinnovato : anagraficamente e soprattutto i 2 mandati elettorali che non possono essere superati, per OGNI GRADO DI RESPONSABILITA' NELL'ORGANIZZAZIONE, CHE SI RICOPRE.
Ed a ricoprire i ruoli, ci pensano i risultati Congressuali, ad ogni livello che ogni 4 anni vengono convocati partendo dai lavoratori nei luoghi di lavoro ( quando in una stessa Azienda sono molti ) ovvero nel territorio, su su fino al Nazionale, passando per la Provincia e la Regione.
Ciao, buona serata.
La prima è che non ci sono solamente le tessere dei Pensionati ( anche la mia, sai ? ) e della PA, devi aggiungere anche quelle di TUTTE le categorie di lavoro dell'Industria, del Commercio ecc. ;
La seconda è che non dici niente degli art. della Costituzione, il 39 ed il 40, che riguardano anche il Sindacato ;
La terza è che, anche quando leggerai gli art. di cui sopra, sappi che non è mica vero l'ultima parte sul non dover "rendere conto a nessuno", te lo dimostra una semplice questione come lo scontro con Marchionne : La CGIL non lo vorrebbe, la FIOM sì ed è la stessa FIOM di sempre, anche se con la quasi totalità del gruppo dirigente rinnovato : anagraficamente e soprattutto i 2 mandati elettorali che non possono essere superati, per OGNI GRADO DI RESPONSABILITA' NELL'ORGANIZZAZIONE, CHE SI RICOPRE.
Ed a ricoprire i ruoli, ci pensano i risultati Congressuali, ad ogni livello che ogni 4 anni vengono convocati partendo dai lavoratori nei luoghi di lavoro ( quando in una stessa Azienda sono molti ) ovvero nel territorio, su su fino al Nazionale, passando per la Provincia e la Regione.
Ciao, buona serata.
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: RIFLESSIONI...
Ciao Luciano.
Sì... anzi... credo che molto mi sia sfuggito... ma dai! L'ho anche detto. La mia è stata una "mini ricerca"... comunque sì... mi interessa approfondire, certo.
Specie su questa cosa dei compensi... sai, c'è un detto che dice "si piange il morto per fottere il vivo".
Ecco a me sembra che questa "macchina sindacale" abbia badato, negli ultimi 30 anni (o forse di più) più a mantenere i propri privilegi che ad occuparsi dei diritti (e qui non servono le virgolette, chi lavora deve essere tutelato, ci mancherebbe!) dei lavoratori. Non trovi?
Sì... anzi... credo che molto mi sia sfuggito... ma dai! L'ho anche detto. La mia è stata una "mini ricerca"... comunque sì... mi interessa approfondire, certo.
Specie su questa cosa dei compensi... sai, c'è un detto che dice "si piange il morto per fottere il vivo".
Ecco a me sembra che questa "macchina sindacale" abbia badato, negli ultimi 30 anni (o forse di più) più a mantenere i propri privilegi che ad occuparsi dei diritti (e qui non servono le virgolette, chi lavora deve essere tutelato, ci mancherebbe!) dei lavoratori. Non trovi?
Angela- Admin
- Numero di messaggi : 801
Età : 39
Località : Benaco
Data d'iscrizione : 04.11.08
Re: RIFLESSIONI...
Mah, se ti interessano solo i compensi, poca roba.
Credo sia ancora così, come quando c'ero io : lo stipendio è quello che percepivi nel settore di lavoro, prima del distacco a norma di Legge, più una quota legata ai consumi del trasporto che viene fatto con la tua auto personale ( non esistono auto Blu, se non di proprietà dell'Organizzazione ma solo a livello Nazionale per il Segretario Generale ) per espletare la tua attività nel territorio di competenza ( al Segretario territoriale una quota minimale aggiuntiva per differenziare la carica con gli altri operativi ).
Ovviamente, quando devi andare fuori dal tuo territorio di cui sopra, se vicino in auto, se lontano in treno ed autobus del luogo d'arrivo, i costi non sono di tasca tua.
I Bilanci ci sono, non è possibile sfuggire ai conti delle entrate e delle uscite, sono tutte certificate con pezze d'appoggio e una volta l'anno viene convocato dalla Segreteria territoriale di competenza il gruppo dirigente non operativo che si chiama Comitato Direttivo Provinciale, il quale discute la relazione che i Revisori dei Conti ( come da Statuto ) presentano, dopo aver fatto le necessarie verifiche e alla fine, si vota per l'approvazione o meno che viene messa agli atti che serviranno, a suo tempo, per il Congresso territoriale e via via ai gradi superiori il "sistema" è lo stesso.
Ciao.
Credo sia ancora così, come quando c'ero io : lo stipendio è quello che percepivi nel settore di lavoro, prima del distacco a norma di Legge, più una quota legata ai consumi del trasporto che viene fatto con la tua auto personale ( non esistono auto Blu, se non di proprietà dell'Organizzazione ma solo a livello Nazionale per il Segretario Generale ) per espletare la tua attività nel territorio di competenza ( al Segretario territoriale una quota minimale aggiuntiva per differenziare la carica con gli altri operativi ).
Ovviamente, quando devi andare fuori dal tuo territorio di cui sopra, se vicino in auto, se lontano in treno ed autobus del luogo d'arrivo, i costi non sono di tasca tua.
I Bilanci ci sono, non è possibile sfuggire ai conti delle entrate e delle uscite, sono tutte certificate con pezze d'appoggio e una volta l'anno viene convocato dalla Segreteria territoriale di competenza il gruppo dirigente non operativo che si chiama Comitato Direttivo Provinciale, il quale discute la relazione che i Revisori dei Conti ( come da Statuto ) presentano, dopo aver fatto le necessarie verifiche e alla fine, si vota per l'approvazione o meno che viene messa agli atti che serviranno, a suo tempo, per il Congresso territoriale e via via ai gradi superiori il "sistema" è lo stesso.
Ciao.
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: RIFLESSIONI...
Chi lavora deve essere tutelato e il lavoro fatto dal sindacato negli anni scorsi deve essere riconosciuto e assolutamente rispettato.
Ma… quello che io volevo dimostrare con il mio post è che, ormai da tempo, il sindacato, la sua organizzazione e soprattutto la sua presenza nei tavoli di trattativa per i rinnovi dei contratti, tende ad essere poco trasparente.
Tu dici che il sindacato rappresenta tutte le categorie… certo! E chi lo nega? Ma quello che io vorrei far notare è che nel privato (mi riferisco soprattutto alle piccole e medie imprese, il vero motore economico del Paese) il sindacato non è così indispensabile.
Nel privato, fatto salvo il cosiddetto "minimo sindacale" (con il quale, correggimi se sbaglio, sarebbe impossibile per chiunque arrivare a fine mese) c'è una contrattazione tra l'azienda ed il lavoratore che si accordano sulla retribuzione, per le ferie, i permessi, l'eventuale straordinario e altre problematiche relative al rapporto di lavoro. Il datore di lavoro non è più chiamato padrone… e il dipendente è davvero parte dell'azienda, condividendo (termine mooooooooolto caro alla sinistra ma che lo usa quasi sempre a sproposito, vedi Vendola) successi e momenti di crisi.
Il mettersi a disposizione… accettare una certa "flessibilità" non vuol dire, come qualche sindacalista dinosauro dice "farsi schiavizzare dal padrone" ma cercare di andare incontro anche alle esigenze dell'azienda… ai suoi problemi.
Ti faccio un esempio: una mia amica, impiegata in un'azienda di complementi d'arredo, ha accettato senza nessun "trauma" di "diversificare" le sue mansioni all'interno dell'azienda… e non solo lei.
In questo periodo di crisi, l'azienda si è vista costretta a ridurre ancora le spese e ha disdetto il contratto con la cooperativa di pulizie che da anni li seguiva.
La mia amica si è resa disponibile negli orari di lavoro a provvedere lei alle pulizie con la collaborazione di un suo collega che normalmente si occupa di installazione tendaggi. Tutto questo senza drammi particolari… senza contrattazioni… lavoro ce n'è meno e si cerca di ottimizzare le risorse. Non solo… a Natale i dipendenti di questa azienda (ma ne conosco parecchie che hanno fatto la stessa scelta) non hanno fatto la classica cena di fine anno e hanno rinunciato al classico omaggio di fine anno (il solito cesto natalizio), tutto questo in perfetto accordo con il titolare dell'azienda che però ha voluto (lo scrivo per dimostrare che, al contrario di quello che il negazionista del blog pensa, i polentoni sono generosi e attenti ai problemi reali, eccome!) versare in beneficienza 500 euro.
Insomma… datore di lavoro e dipendente, nel privato, non sono nemici… tutt'altro.
Sono i dinosauri che sono ancora legati a certe ataviche interpretazioni che lo pensano.
Questo non significa che nel settore privato i problemi non ci siano… tutt'altro! Ma non è certo un sindacato ancora legato a certi rigidi schemi che può essere d'aiuto. Nel privato si cerca, il più possibile, di bypassare quelle regole vecchie ed obsolete che, anziché snellire e facilitare il lavoro, la sua organizzazione e tutte le problematiche correlate, cerca di ostacolarlo.
Io noto che certi esponenti del sindacato, il cosiddetto zoccolo duro… i "radicali"… sono soprattutto dei burocrati… e la mia impressione è che temano di perdere quello che viene chiamato "potere di contrattazione"… ma sai, forse non si rendono conto che finchè li vedremo scendere in piazza con quella bandiera rossa, con magliette sempre su fondo rosso con scritte tipo "orgoglio operaio", "lotta di classe"… ecc, rimarranno comunque fuori dal futuro… rimarranno sempre ancorati a quel passato che nessuno, nemmeno loro, vogliono veder tornare.
Su Il Riformista, Peppino Caldarola ha fatto, secondo me, un ottimo articolo che cerca di mettere in evidenza il ritardo e la perdita di rappresentanza sul "territorio" del sindacato e della sinistra.
Insomma… più cerco di capire e più mi convinco che a sinistra sono sempre in ritardo… non sanno cogliere le opportunità quando si presentano e non sanno mettersi in gioco. La loro richiesta è sempre questa: tu padrone metti il capitale che il lavoro lo portiamo avanti noi con le nostre regole. Beh, spiacenti… il mondo del lavoro si è stancato dei blablatori di professione… sono parecchi anni che si è stancato e si è scollato da queste regole da "patto di Varsavia".
Solo che… come sempre, i sinistrorsi se ne accorgono tardi… e la loro estinzione continua.
Per fortuna.
Se vi va... leggetelo il pezzo di Caldarola. Ecco qua:
Marchionne merita un altro Pd
di Peppino Caldarola
Sfide. Un partito moderno non può sostituirsi al sindacato ma non può neppure fingere di non vedere che ciò che accade a Mirafiori ci parla dell’Italia e che la durezza di Marchionne nasce anche dal fatto che il suo progetto è calato in un paese che ha perso la cultura industriale perché ha perso cultura politica.
Fra poco più di una settimana, il 13 e 14 gennaio, si svolgerà il referendum a Mirafiori. La Fiom lo considera un appuntamento segnato dal ricatto e dalla paura e chiede che si possano svolgere assemblee di lavoratori per discutere l’accordo. L’azienda viceversa ha fretta e ha messo in discussione addirittura la sopravvivenza della fabbrica nel caso in cui prevalessero i “no”. La sinistra si presenta a questa prova divisa. Il protagonismo di Sergio Marchionne rischia di travolgere il fragile compromesso che aveva compattato lo schieramento progressista in questi sedici anni di egemonia berlusconiana. Il pugno di ferro del capo della Fiat interrompe oltre un decennio di divagazioni sovrastrutturali e costringe la sinistra a fare i conti con problemi identitari e programmatici a lungo elusi. In primo luogo riproponendo due capisaldi delle antiche elaborazioni della sinistra. Il ruolo della grande fabbrica nell’economia italiana e la posizione verso la classe operaia.
Nel secondo dopoguerra il movimento operaio, pur mostrandosi attento alla piccola impresa e al ceto medio, non aveva mai smarrito la consapevolezza che un’economia moderna non potesse fare a meno della grande impresa. Prima della degenerazione clientelare dell’intervento pubblico anche l’industria di stato si era misurata sui grandi progetti industriali. La centralità operaia, prima ancora di essere una scelta ideologica, rappresentava la presa d’atto che i lavoratori manuali impegnati nelle grandi imprese tecnologicamente agguerrite fossero un presidio di modernità. Anche per questo i temi della sindacalizzazione e del potere in fabbrica rappresentavano un aspetto rilevante del dibattito pubblico. Non è stata una storia lineare. Abbiamo conosciuto le suggestioni operaiste, sperimentato nuove forme di democrazia sindacale, sono state combattute grandi battaglie contro l’estremismo e il terrorismo, è stata frettolosamente archiviata la stagione della sconfitta dopo la marcia dei quarantamila.
La grande fabbrica restava comunque il fulcro dell’Italia produttiva. Per ragioni diverse, che non possiamo neppure riassumere in queste righe, le successive stagioni politiche hanno proposto altri modelli di produzione, di consumo e di democrazia. Fabbriche e operai sono passati in seconda o terza fila. I partiti politici si sono fatti evanescenti, i sindacati hanno difeso l’esistente, il progetto-Italia ha perso colpi nei settori produttivi che ne avevano sancito la storia industriale. Anche la narrazione della storia italiana veniva deformata. Una maggioranza di destra si coagulava come se si fosse appena liberata dalla cappa dello stato, del sindacalismo, del meridionalismo, della democrazia rappresentativa. L’idea liberale si faceva eltsiniana ignorando le caratteristiche occidentali della crisi del paese. Marchionne arriva a questo punto. Rimette il sistema Fiat al centro dell’universo produttivo e di quello politico-culturale ma anche lui si vuole avvantaggiarsi di una narrazione di destra della crisi italiana chiedendo al paese di liberarsi dalle pastoie del sindacalismo e della rappresentanza.
Non c’è dubbio che il leader della Fiat coglie alcune verità di fondo. Marchionne impone alla politica e alla società di ragionare su un possibile futuro industriale che non faccia a meno della grande fabbrica e della specializzazione italiana sui motori e sull’auto e chiede che questo sforzo nazionale si faccia nelle stesse condizioni di mercato dei suoi più agguerriti concorrenti. La verità di Marchionne è tremendamente moderna e spazza via le futili discussioni degli anni dell’ottimismo berlusconiano e tremontiano anche se si avvantaggia di quel lascito culturale rappresentato dalla elusione delle responsabilità della crisi del paese. Anche Marchionne ragiona come se si trovasse a operare non in un moderno e democratico paese occidentale ma in una fragile democrazia dell’Est.
La modernità di Marchionne rischia così di trasformarsi in un modello politico-culturale degli albori del movimento operaio e della lotta di classe. O se volete, più semplicemente del primo capitalismo. L’idea cioè che esista una incompatibilità fra il lavoro di fabbrica e la democrazia. Il pieno controllo del lavoro è l’unica condizione per la sfida produttiva e per l’uso intensivo delle nuove tecnologie che non sopportano alcuna deroga legata al protagonismo operaio, sia quello che guarda alla tutela di migliori condizioni di lavoro sia quello che pensa a tematiche di potere. La fabbrica evita la contaminazione democratica e resta affidata a un patto leonino che lega l’operaio alla sua singola azienda e al suo management. La verità è che si stanno capovolgendo le premesse da cui eravamo partiti. Siamo entrati nel nuovo secolo con il carico di problemi di una società avanzata e ne usciamo con le stesse ricette dell’Est europeo. Una fabbrica a così bassa densità democratica si affaccia così su una società socialmente disgregata retta da un sistema politico neo-feudale. Difficile immaginare che questo possa essere il viatico alla modernità come ci viene proposto nelle interpretazioni entusiastiche della svolta di Marchionne.
La sinistra qui rivela i suoi strutturali punti deboli. D’improvviso è costretta a ragionare su un modello industriale che azzera tutta la sua discussione pubblica di questi anni. Deve fare i conti con una grande sfida produttiva e con modelli di rappresentanza che erano sfuggiti alla sua cura e persino alla sua visione. Quando si propone nella stessa stagione politica di tornare alle gabbie salariali, di abolire il contratto nazionale di lavoro, di escludere dalla contrattazione il contraente minoritario si perdono di vista punti fondamentali del proprio radicamento sociale. E’ l’idea abnorme di una società senza conflitti che viene proposta come modello in un mondo che ne conosce sempre più nuovi. La responsabilità della Fiom è nella sua mancanza di immaginazione nell’ elaborare una strategia nuova di fronte al tentativo più radicale di espellerla dalla fabbrica. La responsabilità del partito di sinistra, o di centro-sinistra, è di non cogliere gli elementi paleo-capitalistici nelle pretese del nuovo gruppo dirigente della Fiat. Il paradosso di questa fase sta proprio nel fatto che la segreteria di Bersani che coraggiosamente e tempestivamente aveva messo nel suo temario la questione del lavoro oggi si trovi a dover fronteggiare l’accerchiamento dei marchionnisti e dei pan-sindacalisti.
Non sappiamo come gli operai valuteranno l’accordo anche se appare probabile, ma non scontato, che la paura della fuga della Fiat dall’Italia li potrebbe spingere verso il sì. Sappiamo che un minuto dopo le questioni si presenteranno ancora nella loro ruvida pesantezza. Fin dove vorrà spingersi Marchionne per considerare normalizzata la sua fabbrica? E quali territori dovrà esplorare il conflitto operaio una volta che una parte importante del sindacato si troverà fuori dalla rappresentanza pur non essendo fuori dalla fabbrica? Un partito moderno non può sostituirsi al sindacato ma non può neppure fingere di non vedere che ciò che accade a Mirafiori ci parla dell’Italia e che la durezza di Marchionne nasce anche dalla cruda consapevolezza che il suo progetto è calato in un paese che ha perso la cultura industriale perché ha perso cultura politica. Finalmente possiamo parlare di cose serie. Marchionne e la Fiom nella loro unilateralità hanno messo il dito nella piaga.
Ma… quello che io volevo dimostrare con il mio post è che, ormai da tempo, il sindacato, la sua organizzazione e soprattutto la sua presenza nei tavoli di trattativa per i rinnovi dei contratti, tende ad essere poco trasparente.
Tu dici che il sindacato rappresenta tutte le categorie… certo! E chi lo nega? Ma quello che io vorrei far notare è che nel privato (mi riferisco soprattutto alle piccole e medie imprese, il vero motore economico del Paese) il sindacato non è così indispensabile.
Nel privato, fatto salvo il cosiddetto "minimo sindacale" (con il quale, correggimi se sbaglio, sarebbe impossibile per chiunque arrivare a fine mese) c'è una contrattazione tra l'azienda ed il lavoratore che si accordano sulla retribuzione, per le ferie, i permessi, l'eventuale straordinario e altre problematiche relative al rapporto di lavoro. Il datore di lavoro non è più chiamato padrone… e il dipendente è davvero parte dell'azienda, condividendo (termine mooooooooolto caro alla sinistra ma che lo usa quasi sempre a sproposito, vedi Vendola) successi e momenti di crisi.
Il mettersi a disposizione… accettare una certa "flessibilità" non vuol dire, come qualche sindacalista dinosauro dice "farsi schiavizzare dal padrone" ma cercare di andare incontro anche alle esigenze dell'azienda… ai suoi problemi.
Ti faccio un esempio: una mia amica, impiegata in un'azienda di complementi d'arredo, ha accettato senza nessun "trauma" di "diversificare" le sue mansioni all'interno dell'azienda… e non solo lei.
In questo periodo di crisi, l'azienda si è vista costretta a ridurre ancora le spese e ha disdetto il contratto con la cooperativa di pulizie che da anni li seguiva.
La mia amica si è resa disponibile negli orari di lavoro a provvedere lei alle pulizie con la collaborazione di un suo collega che normalmente si occupa di installazione tendaggi. Tutto questo senza drammi particolari… senza contrattazioni… lavoro ce n'è meno e si cerca di ottimizzare le risorse. Non solo… a Natale i dipendenti di questa azienda (ma ne conosco parecchie che hanno fatto la stessa scelta) non hanno fatto la classica cena di fine anno e hanno rinunciato al classico omaggio di fine anno (il solito cesto natalizio), tutto questo in perfetto accordo con il titolare dell'azienda che però ha voluto (lo scrivo per dimostrare che, al contrario di quello che il negazionista del blog pensa, i polentoni sono generosi e attenti ai problemi reali, eccome!) versare in beneficienza 500 euro.
Insomma… datore di lavoro e dipendente, nel privato, non sono nemici… tutt'altro.
Sono i dinosauri che sono ancora legati a certe ataviche interpretazioni che lo pensano.
Questo non significa che nel settore privato i problemi non ci siano… tutt'altro! Ma non è certo un sindacato ancora legato a certi rigidi schemi che può essere d'aiuto. Nel privato si cerca, il più possibile, di bypassare quelle regole vecchie ed obsolete che, anziché snellire e facilitare il lavoro, la sua organizzazione e tutte le problematiche correlate, cerca di ostacolarlo.
Io noto che certi esponenti del sindacato, il cosiddetto zoccolo duro… i "radicali"… sono soprattutto dei burocrati… e la mia impressione è che temano di perdere quello che viene chiamato "potere di contrattazione"… ma sai, forse non si rendono conto che finchè li vedremo scendere in piazza con quella bandiera rossa, con magliette sempre su fondo rosso con scritte tipo "orgoglio operaio", "lotta di classe"… ecc, rimarranno comunque fuori dal futuro… rimarranno sempre ancorati a quel passato che nessuno, nemmeno loro, vogliono veder tornare.
Su Il Riformista, Peppino Caldarola ha fatto, secondo me, un ottimo articolo che cerca di mettere in evidenza il ritardo e la perdita di rappresentanza sul "territorio" del sindacato e della sinistra.
Insomma… più cerco di capire e più mi convinco che a sinistra sono sempre in ritardo… non sanno cogliere le opportunità quando si presentano e non sanno mettersi in gioco. La loro richiesta è sempre questa: tu padrone metti il capitale che il lavoro lo portiamo avanti noi con le nostre regole. Beh, spiacenti… il mondo del lavoro si è stancato dei blablatori di professione… sono parecchi anni che si è stancato e si è scollato da queste regole da "patto di Varsavia".
Solo che… come sempre, i sinistrorsi se ne accorgono tardi… e la loro estinzione continua.
Per fortuna.
Se vi va... leggetelo il pezzo di Caldarola. Ecco qua:
Marchionne merita un altro Pd
di Peppino Caldarola
Sfide. Un partito moderno non può sostituirsi al sindacato ma non può neppure fingere di non vedere che ciò che accade a Mirafiori ci parla dell’Italia e che la durezza di Marchionne nasce anche dal fatto che il suo progetto è calato in un paese che ha perso la cultura industriale perché ha perso cultura politica.
Fra poco più di una settimana, il 13 e 14 gennaio, si svolgerà il referendum a Mirafiori. La Fiom lo considera un appuntamento segnato dal ricatto e dalla paura e chiede che si possano svolgere assemblee di lavoratori per discutere l’accordo. L’azienda viceversa ha fretta e ha messo in discussione addirittura la sopravvivenza della fabbrica nel caso in cui prevalessero i “no”. La sinistra si presenta a questa prova divisa. Il protagonismo di Sergio Marchionne rischia di travolgere il fragile compromesso che aveva compattato lo schieramento progressista in questi sedici anni di egemonia berlusconiana. Il pugno di ferro del capo della Fiat interrompe oltre un decennio di divagazioni sovrastrutturali e costringe la sinistra a fare i conti con problemi identitari e programmatici a lungo elusi. In primo luogo riproponendo due capisaldi delle antiche elaborazioni della sinistra. Il ruolo della grande fabbrica nell’economia italiana e la posizione verso la classe operaia.
Nel secondo dopoguerra il movimento operaio, pur mostrandosi attento alla piccola impresa e al ceto medio, non aveva mai smarrito la consapevolezza che un’economia moderna non potesse fare a meno della grande impresa. Prima della degenerazione clientelare dell’intervento pubblico anche l’industria di stato si era misurata sui grandi progetti industriali. La centralità operaia, prima ancora di essere una scelta ideologica, rappresentava la presa d’atto che i lavoratori manuali impegnati nelle grandi imprese tecnologicamente agguerrite fossero un presidio di modernità. Anche per questo i temi della sindacalizzazione e del potere in fabbrica rappresentavano un aspetto rilevante del dibattito pubblico. Non è stata una storia lineare. Abbiamo conosciuto le suggestioni operaiste, sperimentato nuove forme di democrazia sindacale, sono state combattute grandi battaglie contro l’estremismo e il terrorismo, è stata frettolosamente archiviata la stagione della sconfitta dopo la marcia dei quarantamila.
La grande fabbrica restava comunque il fulcro dell’Italia produttiva. Per ragioni diverse, che non possiamo neppure riassumere in queste righe, le successive stagioni politiche hanno proposto altri modelli di produzione, di consumo e di democrazia. Fabbriche e operai sono passati in seconda o terza fila. I partiti politici si sono fatti evanescenti, i sindacati hanno difeso l’esistente, il progetto-Italia ha perso colpi nei settori produttivi che ne avevano sancito la storia industriale. Anche la narrazione della storia italiana veniva deformata. Una maggioranza di destra si coagulava come se si fosse appena liberata dalla cappa dello stato, del sindacalismo, del meridionalismo, della democrazia rappresentativa. L’idea liberale si faceva eltsiniana ignorando le caratteristiche occidentali della crisi del paese. Marchionne arriva a questo punto. Rimette il sistema Fiat al centro dell’universo produttivo e di quello politico-culturale ma anche lui si vuole avvantaggiarsi di una narrazione di destra della crisi italiana chiedendo al paese di liberarsi dalle pastoie del sindacalismo e della rappresentanza.
Non c’è dubbio che il leader della Fiat coglie alcune verità di fondo. Marchionne impone alla politica e alla società di ragionare su un possibile futuro industriale che non faccia a meno della grande fabbrica e della specializzazione italiana sui motori e sull’auto e chiede che questo sforzo nazionale si faccia nelle stesse condizioni di mercato dei suoi più agguerriti concorrenti. La verità di Marchionne è tremendamente moderna e spazza via le futili discussioni degli anni dell’ottimismo berlusconiano e tremontiano anche se si avvantaggia di quel lascito culturale rappresentato dalla elusione delle responsabilità della crisi del paese. Anche Marchionne ragiona come se si trovasse a operare non in un moderno e democratico paese occidentale ma in una fragile democrazia dell’Est.
La modernità di Marchionne rischia così di trasformarsi in un modello politico-culturale degli albori del movimento operaio e della lotta di classe. O se volete, più semplicemente del primo capitalismo. L’idea cioè che esista una incompatibilità fra il lavoro di fabbrica e la democrazia. Il pieno controllo del lavoro è l’unica condizione per la sfida produttiva e per l’uso intensivo delle nuove tecnologie che non sopportano alcuna deroga legata al protagonismo operaio, sia quello che guarda alla tutela di migliori condizioni di lavoro sia quello che pensa a tematiche di potere. La fabbrica evita la contaminazione democratica e resta affidata a un patto leonino che lega l’operaio alla sua singola azienda e al suo management. La verità è che si stanno capovolgendo le premesse da cui eravamo partiti. Siamo entrati nel nuovo secolo con il carico di problemi di una società avanzata e ne usciamo con le stesse ricette dell’Est europeo. Una fabbrica a così bassa densità democratica si affaccia così su una società socialmente disgregata retta da un sistema politico neo-feudale. Difficile immaginare che questo possa essere il viatico alla modernità come ci viene proposto nelle interpretazioni entusiastiche della svolta di Marchionne.
La sinistra qui rivela i suoi strutturali punti deboli. D’improvviso è costretta a ragionare su un modello industriale che azzera tutta la sua discussione pubblica di questi anni. Deve fare i conti con una grande sfida produttiva e con modelli di rappresentanza che erano sfuggiti alla sua cura e persino alla sua visione. Quando si propone nella stessa stagione politica di tornare alle gabbie salariali, di abolire il contratto nazionale di lavoro, di escludere dalla contrattazione il contraente minoritario si perdono di vista punti fondamentali del proprio radicamento sociale. E’ l’idea abnorme di una società senza conflitti che viene proposta come modello in un mondo che ne conosce sempre più nuovi. La responsabilità della Fiom è nella sua mancanza di immaginazione nell’ elaborare una strategia nuova di fronte al tentativo più radicale di espellerla dalla fabbrica. La responsabilità del partito di sinistra, o di centro-sinistra, è di non cogliere gli elementi paleo-capitalistici nelle pretese del nuovo gruppo dirigente della Fiat. Il paradosso di questa fase sta proprio nel fatto che la segreteria di Bersani che coraggiosamente e tempestivamente aveva messo nel suo temario la questione del lavoro oggi si trovi a dover fronteggiare l’accerchiamento dei marchionnisti e dei pan-sindacalisti.
Non sappiamo come gli operai valuteranno l’accordo anche se appare probabile, ma non scontato, che la paura della fuga della Fiat dall’Italia li potrebbe spingere verso il sì. Sappiamo che un minuto dopo le questioni si presenteranno ancora nella loro ruvida pesantezza. Fin dove vorrà spingersi Marchionne per considerare normalizzata la sua fabbrica? E quali territori dovrà esplorare il conflitto operaio una volta che una parte importante del sindacato si troverà fuori dalla rappresentanza pur non essendo fuori dalla fabbrica? Un partito moderno non può sostituirsi al sindacato ma non può neppure fingere di non vedere che ciò che accade a Mirafiori ci parla dell’Italia e che la durezza di Marchionne nasce anche dalla cruda consapevolezza che il suo progetto è calato in un paese che ha perso la cultura industriale perché ha perso cultura politica. Finalmente possiamo parlare di cose serie. Marchionne e la Fiom nella loro unilateralità hanno messo il dito nella piaga.
Angela- Admin
- Numero di messaggi : 801
Età : 39
Località : Benaco
Data d'iscrizione : 04.11.08
Re: RIFLESSIONI...
Peppino è da tempo che scrive come un vero Riformista, da quando l'hanno tolto dalla Direzione dell'Unità, perchè lì non poteva farlo.
Sul resto, ci risentiamo.
Ciao.
Sul resto, ci risentiamo.
Ciao.
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: RIFLESSIONI...
Angela ha scritto:Chi lavora deve essere tutelato e il lavoro fatto dal sindacato negli anni scorsi deve essere riconosciuto e assolutamente rispettato.
Ma… quello che io volevo dimostrare con il mio post è che, ormai da tempo, il sindacato, la sua organizzazione e soprattutto la sua presenza nei tavoli di trattativa per i rinnovi dei contratti, tende ad essere poco trasparente.
Questo è un passaggio davvero poco "trasparente" e, devo dire, incomprensibile, Angela : che c'entra la "trasparenza" ma, soprattutto, su cosa ?
Tu dici che il sindacato rappresenta tutte le categorie… certo! E chi lo nega? Ma quello che io vorrei far notare è che nel privato (mi riferisco soprattutto alle piccole e medie imprese, il vero motore economico del Paese) il sindacato non è così indispensabile.
Di INDISPENSABILE NIENTE ESISTE AL MONDO, di necessario sì, altrimenti cadi in contraddizione senza accorgertene, Angela : se chi lavora DEVE essere tutelato, come scrivi, è necessario che quando ci sono cose da trattare tra un Datore di lavoro e un lavoratore come un permesso o un giorno di ferie fuori dalla programmazione annuale e collettiva, certamente, ma se i temi in discussione sono di natura più complessa, importante e che potrebbero MODIFICARE il diritto contrattuale, allora la cosa è molto diversa.
Nel privato, fatto salvo il cosiddetto "minimo sindacale" (con il quale, correggimi se sbaglio, sarebbe impossibile per chiunque arrivare a fine mese) c'è una contrattazione tra l'azienda ed il lavoratore che si accordano sulla retribuzione, per le ferie, i permessi, l'eventuale straordinario e altre problematiche relative al rapporto di lavoro. Il datore di lavoro non è più chiamato padrone… e il dipendente è davvero parte dell'azienda, condividendo (termine mooooooooolto caro alla sinistra ma che lo usa quasi sempre a sproposito, vedi Vendola) successi e momenti di crisi.
Questo succede SOLO nelle piccolissime Aziende, dove all'interno NON esiste nemmeno, o quasi, la rappresentanza sindacale : pensi che quel lavoratore, alla lunga, si trovi complessivamente allo stesso livello di lavoratori che sono dipendenti di Aziende più grandi ?
Sui momenti di crisi, sarei meno sicuro di te, non bastano alcuni casi come hai scritto, cerca di sapere come sta la cosa nella stragrande maggioranza dei casi di qualsiasi attività industriale, artigiana soprattutto.[/b]
Il mettersi a disposizione… accettare una certa "flessibilità" non vuol dire, come qualche sindacalista dinosauro dice "farsi schiavizzare dal padrone" ma cercare di andare incontro anche alle esigenze dell'azienda… ai suoi problemi.
[b]E' quello che si è fatto a Pomigliano ed a Mirafiori, ma ti assicuro che è prassi generalizzata da decenni, io ne ho sperimentato l'inizio di questo modo di fare, sia nella grande Industria che nella medio-piccola.
Ti faccio un esempio: una mia amica, impiegata in un'azienda di complementi d'arredo, ha accettato senza nessun "trauma" di "diversificare" le sue mansioni all'interno dell'azienda… e non solo lei.
In questo periodo di crisi, l'azienda si è vista costretta a ridurre ancora le spese e ha disdetto il contratto con la cooperativa di pulizie che da anni li seguiva.
La mia amica si è resa disponibile negli orari di lavoro a provvedere lei alle pulizie con la collaborazione di un suo collega che normalmente si occupa di installazione tendaggi. Tutto questo senza drammi particolari… senza contrattazioni… lavoro ce n'è meno e si cerca di ottimizzare le risorse. Non solo… a Natale i dipendenti di questa azienda (ma ne conosco parecchie che hanno fatto la stessa scelta) non hanno fatto la classica cena di fine anno e hanno rinunciato al classico omaggio di fine anno (il solito cesto natalizio), tutto questo in perfetto accordo con il titolare dell'azienda che però ha voluto (lo scrivo per dimostrare che, al contrario di quello che il negazionista del blog pensa, i polentoni sono generosi e attenti ai problemi reali, eccome!) versare in beneficienza 500 euro.
Insomma… datore di lavoro e dipendente, nel privato, non sono nemici… tutt'altro.
Sono i dinosauri che sono ancora legati a certe ataviche interpretazioni che lo pensano.
Questo non significa che nel settore privato i problemi non ci siano… tutt'altro! Ma non è certo un sindacato ancora legato a certi rigidi schemi che può essere d'aiuto. Nel privato si cerca, il più possibile, di bypassare quelle regole vecchie ed obsolete che, anziché snellire e facilitare il lavoro, la sua organizzazione e tutte le problematiche correlate, cerca di ostacolarlo.
Io noto che certi esponenti del sindacato, il cosiddetto zoccolo duro… i "radicali"… sono soprattutto dei burocrati… e la mia impressione è che temano di perdere quello che viene chiamato "potere di contrattazione"… ma sai, forse non si rendono conto che finchè li vedremo scendere in piazza con quella bandiera rossa, con magliette sempre su fondo rosso con scritte tipo "orgoglio operaio", "lotta di classe"… ecc, rimarranno comunque fuori dal futuro… rimarranno sempre ancorati a quel passato che nessuno, nemmeno loro, vogliono veder tornare.
No ho fatto ulteriori commenti sui passaggi precedenti a questo, direi che non servono, Angela, se non per una cosa che è questa : ma te davvero non ti accorgi che l'attività politica e quella sindacale sono fatte nello stesso modo ?
E davvero sei convinta che la Lega non usi lo stesso metodo, anche da parte della Rosi Mauro quando era nel sindacato padano ?
CIAO.
Su Il Riformista, Peppino Caldarola ha fatto, secondo me, un ottimo articolo che cerca di mettere in evidenza il ritardo e la perdita di rappresentanza sul "territorio" del sindacato e della sinistra.
Insomma… più cerco di capire e più mi convinco che a sinistra sono sempre in ritardo… non sanno cogliere le opportunità quando si presentano e non sanno mettersi in gioco. La loro richiesta è sempre questa: tu padrone metti il capitale che il lavoro lo portiamo avanti noi con le nostre regole. Beh, spiacenti… il mondo del lavoro si è stancato dei blablatori di professione… sono parecchi anni che si è stancato e si è scollato da queste regole da "patto di Varsavia".
Solo che… come sempre, i sinistrorsi se ne accorgono tardi… e la loro estinzione continua.
Per fortuna.
Ahahahah, prendo atto che, FORSE, hai memorizzato una delle prime MIE affermazioni sulla FIOM e sulla CGIL, mesi fa : arrivano a dire si alle innovazioni con decenni di ritardo e poi cercano anche di appropriarsene come se le avessero scoperte loro e proposte per la prima volta ( eheheh )
Se vi va... leggetelo il pezzo di Caldarola. Ecco qua:
Marchionne merita un altro Pd
di Peppino Caldarola
Sfide. Un partito moderno non può sostituirsi al sindacato ma non può neppure fingere di non vedere che ciò che accade a Mirafiori ci parla dell’Italia e che la durezza di Marchionne nasce anche dal fatto che il suo progetto è calato in un paese che ha perso la cultura industriale perché ha perso cultura politica.
Fra poco più di una settimana, il 13 e 14 gennaio, si svolgerà il referendum a Mirafiori. La Fiom lo considera un appuntamento segnato dal ricatto e dalla paura e chiede che si possano svolgere assemblee di lavoratori per discutere l’accordo. L’azienda viceversa ha fretta e ha messo in discussione addirittura la sopravvivenza della fabbrica nel caso in cui prevalessero i “no”. La sinistra si presenta a questa prova divisa. Il protagonismo di Sergio Marchionne rischia di travolgere il fragile compromesso che aveva compattato lo schieramento progressista in questi sedici anni di egemonia berlusconiana. Il pugno di ferro del capo della Fiat interrompe oltre un decennio di divagazioni sovrastrutturali e costringe la sinistra a fare i conti con problemi identitari e programmatici a lungo elusi. In primo luogo riproponendo due capisaldi delle antiche elaborazioni della sinistra. Il ruolo della grande fabbrica nell’economia italiana e la posizione verso la classe operaia.
Nel secondo dopoguerra il movimento operaio, pur mostrandosi attento alla piccola impresa e al ceto medio, non aveva mai smarrito la consapevolezza che un’economia moderna non potesse fare a meno della grande impresa. Prima della degenerazione clientelare dell’intervento pubblico anche l’industria di stato si era misurata sui grandi progetti industriali. La centralità operaia, prima ancora di essere una scelta ideologica, rappresentava la presa d’atto che i lavoratori manuali impegnati nelle grandi imprese tecnologicamente agguerrite fossero un presidio di modernità. Anche per questo i temi della sindacalizzazione e del potere in fabbrica rappresentavano un aspetto rilevante del dibattito pubblico. Non è stata una storia lineare. Abbiamo conosciuto le suggestioni operaiste, sperimentato nuove forme di democrazia sindacale, sono state combattute grandi battaglie contro l’estremismo e il terrorismo, è stata frettolosamente archiviata la stagione della sconfitta dopo la marcia dei quarantamila.
La grande fabbrica restava comunque il fulcro dell’Italia produttiva. Per ragioni diverse, che non possiamo neppure riassumere in queste righe, le successive stagioni politiche hanno proposto altri modelli di produzione, di consumo e di democrazia. Fabbriche e operai sono passati in seconda o terza fila. I partiti politici si sono fatti evanescenti, i sindacati hanno difeso l’esistente, il progetto-Italia ha perso colpi nei settori produttivi che ne avevano sancito la storia industriale. Anche la narrazione della storia italiana veniva deformata. Una maggioranza di destra si coagulava come se si fosse appena liberata dalla cappa dello stato, del sindacalismo, del meridionalismo, della democrazia rappresentativa. L’idea liberale si faceva eltsiniana ignorando le caratteristiche occidentali della crisi del paese. Marchionne arriva a questo punto. Rimette il sistema Fiat al centro dell’universo produttivo e di quello politico-culturale ma anche lui si vuole avvantaggiarsi di una narrazione di destra della crisi italiana chiedendo al paese di liberarsi dalle pastoie del sindacalismo e della rappresentanza.
Non c’è dubbio che il leader della Fiat coglie alcune verità di fondo. Marchionne impone alla politica e alla società di ragionare su un possibile futuro industriale che non faccia a meno della grande fabbrica e della specializzazione italiana sui motori e sull’auto e chiede che questo sforzo nazionale si faccia nelle stesse condizioni di mercato dei suoi più agguerriti concorrenti. La verità di Marchionne è tremendamente moderna e spazza via le futili discussioni degli anni dell’ottimismo berlusconiano e tremontiano anche se si avvantaggia di quel lascito culturale rappresentato dalla elusione delle responsabilità della crisi del paese. Anche Marchionne ragiona come se si trovasse a operare non in un moderno e democratico paese occidentale ma in una fragile democrazia dell’Est.
La modernità di Marchionne rischia così di trasformarsi in un modello politico-culturale degli albori del movimento operaio e della lotta di classe. O se volete, più semplicemente del primo capitalismo. L’idea cioè che esista una incompatibilità fra il lavoro di fabbrica e la democrazia. Il pieno controllo del lavoro è l’unica condizione per la sfida produttiva e per l’uso intensivo delle nuove tecnologie che non sopportano alcuna deroga legata al protagonismo operaio, sia quello che guarda alla tutela di migliori condizioni di lavoro sia quello che pensa a tematiche di potere. La fabbrica evita la contaminazione democratica e resta affidata a un patto leonino che lega l’operaio alla sua singola azienda e al suo management. La verità è che si stanno capovolgendo le premesse da cui eravamo partiti. Siamo entrati nel nuovo secolo con il carico di problemi di una società avanzata e ne usciamo con le stesse ricette dell’Est europeo. Una fabbrica a così bassa densità democratica si affaccia così su una società socialmente disgregata retta da un sistema politico neo-feudale. Difficile immaginare che questo possa essere il viatico alla modernità come ci viene proposto nelle interpretazioni entusiastiche della svolta di Marchionne.
La sinistra qui rivela i suoi strutturali punti deboli. D’improvviso è costretta a ragionare su un modello industriale che azzera tutta la sua discussione pubblica di questi anni. Deve fare i conti con una grande sfida produttiva e con modelli di rappresentanza che erano sfuggiti alla sua cura e persino alla sua visione. Quando si propone nella stessa stagione politica di tornare alle gabbie salariali, di abolire il contratto nazionale di lavoro, di escludere dalla contrattazione il contraente minoritario si perdono di vista punti fondamentali del proprio radicamento sociale. E’ l’idea abnorme di una società senza conflitti che viene proposta come modello in un mondo che ne conosce sempre più nuovi. La responsabilità della Fiom è nella sua mancanza di immaginazione nell’ elaborare una strategia nuova di fronte al tentativo più radicale di espellerla dalla fabbrica. La responsabilità del partito di sinistra, o di centro-sinistra, è di non cogliere gli elementi paleo-capitalistici nelle pretese del nuovo gruppo dirigente della Fiat. Il paradosso di questa fase sta proprio nel fatto che la segreteria di Bersani che coraggiosamente e tempestivamente aveva messo nel suo temario la questione del lavoro oggi si trovi a dover fronteggiare l’accerchiamento dei marchionnisti e dei pan-sindacalisti.
Non sappiamo come gli operai valuteranno l’accordo anche se appare probabile, ma non scontato, che la paura della fuga della Fiat dall’Italia li potrebbe spingere verso il sì. Sappiamo che un minuto dopo le questioni si presenteranno ancora nella loro ruvida pesantezza. Fin dove vorrà spingersi Marchionne per considerare normalizzata la sua fabbrica? E quali territori dovrà esplorare il conflitto operaio una volta che una parte importante del sindacato si troverà fuori dalla rappresentanza pur non essendo fuori dalla fabbrica? Un partito moderno non può sostituirsi al sindacato ma non può neppure fingere di non vedere che ciò che accade a Mirafiori ci parla dell’Italia e che la durezza di Marchionne nasce anche dalla cruda consapevolezza che il suo progetto è calato in un paese che ha perso la cultura industriale perché ha perso cultura politica. Finalmente possiamo parlare di cose serie. Marchionne e la Fiom nella loro unilateralità hanno messo il dito nella piaga.
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
A Peppino.
Una considerazione soltanto sull'articolo, dopo averlo riletto attentamente : ma tu, caro Peppino, che sai di quanto avveniva nelle Aziende dove la Fiom era stragrande maggioranza negli iscritti tra i lavoratori, quando uno degli altri Sindacati, FIM o Uilm, volevano fare proposte e discussioni su come "lavorare" per tutelare i lavoratori ?
Come mai, nel tuo articolo che porta anche critiche non solo al PD, non hai avuto coraggio nel scrivere che il vero "pansindacalismo" è proprio nelle posizioni chiuse e rigide della FIOM-CGIL ?
Non hai perso un'occasione nell'allargare le tue valutazioni, sullo stato dei fatti e delle cose ?
Come mai, nel tuo articolo che porta anche critiche non solo al PD, non hai avuto coraggio nel scrivere che il vero "pansindacalismo" è proprio nelle posizioni chiuse e rigide della FIOM-CGIL ?
Non hai perso un'occasione nell'allargare le tue valutazioni, sullo stato dei fatti e delle cose ?
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Che titolo metto? Ma sì... chiamiamolo "botta e risposta".
Questo è un passaggio davvero poco "trasparente" e, devo dire, incomprensibile, Angela : che c'entra la "trasparenza" ma, soprattutto, su cosa ?
Su cosa? Ma come!?! Sui guadagni del sindacato che ho citato e soprattutto sul suo patrimonio immobiliare, sulla sua gestione e le sue rendite.
Di INDISPENSABILE NIENTE ESISTE AL MONDO, di necessario sì, altrimenti cadi in contraddizione senza accorgertene, Angela : se chi lavora DEVE essere tutelato, come scrivi, è necessario che quando ci sono cose da trattare tra un Datore di lavoro e un lavoratore come un permesso o un giorno di ferie fuori dalla programmazione annuale e collettiva, certamente, ma se i temi in discussione sono di natura più complessa, importante e che potrebbero MODIFICARE il diritto contrattuale, allora la cosa è molto diversa.
Se come "temi di discussione” più complessi intendi temi come la sicurezza, la tutela previdenziale ed assicurativa…. siamo d'accordo ma sulla "modifica del diritto contrattuale"… beh… qui mi sono persa. Che crispite è il diritto contrattuale? Il diritto di contrattare? Ma scusa perché? Solo un sindacalista è in grado di fare questo?
Questo succede SOLO nelle piccolissime Aziende, dove all'interno NON esiste nemmeno, o quasi, la rappresentanza sindacale : pensi che quel lavoratore, alla lunga, si trovi complessivamente allo stesso livello di lavoratori che sono dipendenti di Aziende più grandi ?
No… aspetta. Che cosa vuol dire "complessivamente allo stesso livello"?
Comunque no. Non accade solo nelle piccolissime aziende e credimi… anche i lavoratori fanno volentieri a meno della “rappresentanza sindacale”… che poi, non neghiamolo… in un caso come quello della mia amica, la presenza di una rappresentanza sindacale avrebbe finito per mettere i “bastoni tra le ruote” anche ad una semplice modifica delle mansioni… non prendiamoci in giro.
Sui momenti di crisi, sarei meno sicuro di te, non bastano alcuni casi come hai scritto, cerca di sapere come sta la cosa nella stragrande maggioranza dei casi di qualsiasi attività industriale, artigiana soprattutto.
Oh, Luciano… nella stragrande maggioranza dei casi si cerca di fare quello che il buon senso ci suggerisce. C'è crisi e tutti si arrabattano per portare a casa la pagnotta… tutti. Si ricorre alla cassa integrazione, si fanno anche dei lavoretti in nero… ci sono le famiglie da mantenere. Ma io non lo so… credi che i datori di lavoro, specie quelli dell PMI, siano degli spietati sfruttatori che prendono la "scusa della crisi" per licenziare i propri addetti? Anche in un momento così difficile la cosa che tutti vogliono è continuare a lavorare… certo, ci sarà anche qualche fdp che ha preso questa crisi come scusa per chiudere… per speculare… ma la stragrande maggioranza non agisce così. Nessuno e men che meno i datori di lavoro hanno interesse che il lavoro (anche quel poco che c'è) si fermi.
E' quello che si è fatto a Pomigliano ed a Mirafiori, ma ti assicuro che è prassi generalizzata da decenni, io ne ho sperimentato l'inizio di questo modo di fare, sia nella grande Industria che nella medio-piccola.
Non ho fatto ulteriori commenti sui passaggi precedenti a questo, direi che non servono, Angela, se non per una cosa che è questa : ma te davvero non ti accorgi che l'attività politica e quella sindacale sono fatte nello stesso modo ?
Certo che me ne accorgo ed è questo che non va bene… ripeto: il sindacato non dovrebbe avere colore. E invece ce l’ha… eccome se l’ha. Il sindacato dovrebbe in primis occuparsi di lavoro… non di politica… ma… sappiamo che non è così. Questo deve cambiare.
E davvero sei convinta che la Lega non usi lo stesso metodo, anche da parte della Rosi Mauro quando era nel sindacato padano ?
Io non ho mai detto questo… dai Luciano… non giocare sporco con me. La Lega qua e la Lega là… ma lo volete capire che la Lega "gioca" con gli strumenti che ci sono? E che soprattutto questo "stato di cose" lo ha trovato e non "creato"?
Su cosa? Ma come!?! Sui guadagni del sindacato che ho citato e soprattutto sul suo patrimonio immobiliare, sulla sua gestione e le sue rendite.
Di INDISPENSABILE NIENTE ESISTE AL MONDO, di necessario sì, altrimenti cadi in contraddizione senza accorgertene, Angela : se chi lavora DEVE essere tutelato, come scrivi, è necessario che quando ci sono cose da trattare tra un Datore di lavoro e un lavoratore come un permesso o un giorno di ferie fuori dalla programmazione annuale e collettiva, certamente, ma se i temi in discussione sono di natura più complessa, importante e che potrebbero MODIFICARE il diritto contrattuale, allora la cosa è molto diversa.
Se come "temi di discussione” più complessi intendi temi come la sicurezza, la tutela previdenziale ed assicurativa…. siamo d'accordo ma sulla "modifica del diritto contrattuale"… beh… qui mi sono persa. Che crispite è il diritto contrattuale? Il diritto di contrattare? Ma scusa perché? Solo un sindacalista è in grado di fare questo?
Questo succede SOLO nelle piccolissime Aziende, dove all'interno NON esiste nemmeno, o quasi, la rappresentanza sindacale : pensi che quel lavoratore, alla lunga, si trovi complessivamente allo stesso livello di lavoratori che sono dipendenti di Aziende più grandi ?
No… aspetta. Che cosa vuol dire "complessivamente allo stesso livello"?
Comunque no. Non accade solo nelle piccolissime aziende e credimi… anche i lavoratori fanno volentieri a meno della “rappresentanza sindacale”… che poi, non neghiamolo… in un caso come quello della mia amica, la presenza di una rappresentanza sindacale avrebbe finito per mettere i “bastoni tra le ruote” anche ad una semplice modifica delle mansioni… non prendiamoci in giro.
Sui momenti di crisi, sarei meno sicuro di te, non bastano alcuni casi come hai scritto, cerca di sapere come sta la cosa nella stragrande maggioranza dei casi di qualsiasi attività industriale, artigiana soprattutto.
Oh, Luciano… nella stragrande maggioranza dei casi si cerca di fare quello che il buon senso ci suggerisce. C'è crisi e tutti si arrabattano per portare a casa la pagnotta… tutti. Si ricorre alla cassa integrazione, si fanno anche dei lavoretti in nero… ci sono le famiglie da mantenere. Ma io non lo so… credi che i datori di lavoro, specie quelli dell PMI, siano degli spietati sfruttatori che prendono la "scusa della crisi" per licenziare i propri addetti? Anche in un momento così difficile la cosa che tutti vogliono è continuare a lavorare… certo, ci sarà anche qualche fdp che ha preso questa crisi come scusa per chiudere… per speculare… ma la stragrande maggioranza non agisce così. Nessuno e men che meno i datori di lavoro hanno interesse che il lavoro (anche quel poco che c'è) si fermi.
E' quello che si è fatto a Pomigliano ed a Mirafiori, ma ti assicuro che è prassi generalizzata da decenni, io ne ho sperimentato l'inizio di questo modo di fare, sia nella grande Industria che nella medio-piccola.
Non ho fatto ulteriori commenti sui passaggi precedenti a questo, direi che non servono, Angela, se non per una cosa che è questa : ma te davvero non ti accorgi che l'attività politica e quella sindacale sono fatte nello stesso modo ?
Certo che me ne accorgo ed è questo che non va bene… ripeto: il sindacato non dovrebbe avere colore. E invece ce l’ha… eccome se l’ha. Il sindacato dovrebbe in primis occuparsi di lavoro… non di politica… ma… sappiamo che non è così. Questo deve cambiare.
E davvero sei convinta che la Lega non usi lo stesso metodo, anche da parte della Rosi Mauro quando era nel sindacato padano ?
Io non ho mai detto questo… dai Luciano… non giocare sporco con me. La Lega qua e la Lega là… ma lo volete capire che la Lega "gioca" con gli strumenti che ci sono? E che soprattutto questo "stato di cose" lo ha trovato e non "creato"?
Angela- Admin
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e avanti...
Angela ha scritto:Questo è un passaggio davvero poco "trasparente" e, devo dire, incomprensibile, Angela : che c'entra la "trasparenza" ma, soprattutto, su cosa ?
Su cosa? Ma come!?! Sui guadagni del sindacato che ho citato e soprattutto sul suo patrimonio immobiliare, sulla sua gestione e le sue rendite. Patrimonio immobiliare ? Ma il sindacato è come un'Azienda, come un Partito, come una Famiglia che si costruisce la casa per viverci e per usarla come "lavoro" e dove ha sedi distaccate, ad esempio nei piccoli comuni delle province, piccoli spazi es. un negozio con bagno, in affitto, quasi sempre decentrati per pagare meno, od un vecchio e piccolo appartamento dove per pulirlo e rifargli il colore, vanno gli iscritti di un'Azienda del settore e così si risparmia e non si spendono e spandono i soldi che entrano dai contributi degli iscritti.
Certo, ciò non vuol dire che non possano esistere anche delle puttanate, ma non sono la norma.
Beh... voglio proprio ben sperare che non siano la norma. Fatto rimane che questa è una casta... e che hanno una barcata di soldi... però rompono le censura (non sto parlando di te) su top-manager tipo Marchionne.
Di INDISPENSABILE NIENTE ESISTE AL MONDO, di necessario sì, altrimenti cadi in contraddizione senza accorgertene, Angela : se chi lavora DEVE essere tutelato, come scrivi, è necessario che quando ci sono cose da trattare tra un Datore di lavoro e un lavoratore come un permesso o un giorno di ferie fuori dalla programmazione annuale e collettiva, certamente, ma se i temi in discussione sono di natura più complessa, importante e che potrebbero MODIFICARE il diritto contrattuale, allora la cosa è molto diversa.
Se come "temi di discussione” più complessi intendi temi come la sicurezza, la tutela previdenziale ed assicurativa…. siamo d'accordo ma sulla "modifica del diritto contrattuale"… beh… qui mi sono persa. Che crispite è il diritto contrattuale? Il diritto di contrattare? Ma scusa perché? Solo un sindacalista è in grado di fare questo?
No, il Diritto contrattuale è il risultato della Contrattazione ma non di Azienda, prima di tutto, quelli che derivano dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro ( CCNL ) e in termini di ufficialità, il Diritto ce l'hanno quelli che oggi si chiamano le RSU ( che sono interne ai luoghi di lavoro ) e quelle che tu e Radius non capite : le Strutture Sindacali che sono le SIGLE firmatarie del CCNL, altrimenti se qualcuno interno all'Azienda, tra i lavoratori, si lamenta e pone il problema, possono essere guai anche giudiziari ( mi meraviglia che non ci pensiate a queste cose ).
Bene... risultato della contrattazione... poca roba eh? Se i lavoratori italiani sono i meno pagati in Europa... secondo te è uno dei "merdavigliosi" risultati di contrattazione ottenuti dai sindacati? Ma dimmi... non ti sembra che questo "apparato" sindacale... con tutte queste sigle, siglette... sia un "tantino" ingombrante?
Questo succede SOLO nelle piccolissime Aziende, dove all'interno NON esiste nemmeno, o quasi, la rappresentanza sindacale : pensi che quel lavoratore, alla lunga, si trovi complessivamente allo stesso livello di lavoratori che sono dipendenti di Aziende più grandi ?
No… aspetta. Che cosa vuol dire "complessivamente allo stesso livello"?
Comunque no. Non accade solo nelle piccolissime aziende e credimi… anche i lavoratori fanno volentieri a meno della “rappresentanza sindacale”… che poi, non neghiamolo… in un caso come quello della mia amica, la presenza di una rappresentanza sindacale avrebbe finito per mettere i “bastoni tra le ruote” anche ad una semplice modifica delle mansioni… non prendiamoci in giro.
Ma non raccontare fole, io rimango abbastanza informato dello stato delle cose, in giro e non solo a Bologna o nei territori in cui sono stato, anche perchè seguivo Aziende con realtà presenti in Lombardia, Veneto e, ad esempio il settore telefonia, su tutto il territorio Nazionale e la stessa Azienda dove sono stato dipendente per 29 anni anni era sparsa su tutta l'Italia ( per questo scrivevo a salvo e csr di quelle sedi in Sicilia, ma non hanno risposto ) : ho già scritto da qualche parte che continuare a scrivere questa cosa del cambio di mansione, commetti un errore, specie se aggiungi il "bastone tra le ruote" : oltre al fatto che la Tutela il singolo ha sempre maggior difficoltà ad ottenerla rispetto ad una situazione collettiva, se le condizioni sono necessarie per risolvere i problemi temporanei nelle piccolissime Aziende a carattere artigiano, ben vengano e in quelle più grandi anche.
Le differenze anche solamente retributive tra lavoratori di un'Azienda grande, quelli di una media e quelli di una piccola o piccolissima, oltre a quelle Normative, esistono e continueranno ad esistere perchè partono dal CCNL, dalla Contrattazione Provinciale e/o quella Regionale che portano a differenze, poi ci sono anche quelle che derivano dalla Contrattazione aziendale : ma davvero tu pensi che sia più facile OTTENERE senza l'assistenza di chi è stato costruito come Sindacato, per rappresentare i lavoratori e ti fermi a dire che "va bene e riconosciuto per il passato ma ora si fanno cose diverse ?" DAI, SU !
Dai su? Ancora! Ma allora insisti! No, caro Luciano... il "dai su!" te lo dico io! Ma ti rendi conto cosa hai scritto? E' proprio quello il problema... è tutto così complicato! Leggi, leggine, regolarmenti, balzelli... di tipo... nazionale, regionale, provinciale, locale e tra un po'... anche rionale...e condominiale! Ma per favore!
Non sto dicendo che tu hai responsabilità in questo... ma sant'iddio! Possibile che nessuno pensa a semplificare le cose?
Dai su! Luciano! Cristo santo! Ci sono 800 (OTTOCENTO) tipi di CCNL! Ma ti rendi conto? Ma porca pupazza! L'hai letto il mio post? Il primo... quello per cui questa discussione è iniziata?
Sui momenti di crisi, sarei meno sicuro di te, non bastano alcuni casi come hai scritto, cerca di sapere come sta la cosa nella stragrande maggioranza dei casi di qualsiasi attività industriale, artigiana soprattutto.
Oh, Luciano… nella stragrande maggioranza dei casi si cerca di fare quello che il buon senso ci suggerisce. C'è crisi e tutti si arrabattano per portare a casa la pagnotta… tutti. Si ricorre alla cassa integrazione, si fanno anche dei lavoretti in nero… ci sono le famiglie da mantenere. Ma io non lo so… credi che i datori di lavoro, specie quelli dell PMI, siano degli spietati sfruttatori che prendono la "scusa della crisi" per licenziare i propri addetti? Anche in un momento così difficile la cosa che tutti vogliono è continuare a lavorare… certo, ci sarà anche qualche fdp che ha preso questa crisi come scusa per chiudere… per speculare… ma la stragrande maggioranza non agisce così. Nessuno e men che meno i datori di lavoro hanno interesse che il lavoro (anche quel poco che c'è) si fermi.
Bah, non mi sembra che questa parte la dovessi scrivere per il sottoscritto.
Ma infatti io non sto parlando di "te" in particolare... ma della "casta sindacato" in generale... eh, eh!!
Non farne una questione personale... non lo è, Luciano. Ci mancherebbe!
E' quello che si è fatto a Pomigliano ed a Mirafiori, ma ti assicuro che è prassi generalizzata da decenni, io ne ho sperimentato l'inizio di questo modo di fare, sia nella grande Industria che nella medio-piccola.
Non ho fatto ulteriori commenti sui passaggi precedenti a questo, direi che non servono, Angela, se non per una cosa che è questa : ma te davvero non ti accorgi che l'attività politica e quella sindacale sono fatte nello stesso modo ?
Certo che me ne accorgo ed è questo che non va bene… ripeto: il sindacato non dovrebbe avere colore. E invece ce l’ha… eccome se l’ha. Il sindacato dovrebbe in primis occuparsi di lavoro… non di politica… ma… sappiamo che non è così. Questo deve cambiare.
Ecchecazzo, perchè credi che io fossi nella CISL e non in una delle altre 2 sigle ? Perchè io, avendo iniziato presto a lavorare, avendo in famiglia gente che stava sui due fronti diversi ne sentivo delle più ampie di storie e quando, a Bologna mi iscrissi nella terza o quarta realtà lavorativa, mi lessi gli Statuti di CGIL-CISL-UIL e scelsi quello che aveva meno aspetti ideologici al suo interno, era nato dalla scissione della CGIL nata dal CNL proprio per non voler supportare la "lotta politica di sinistra contro il Governo di allora", e poi anche perchè mi piacque una frase che secondo il sottoscritto, vale tutto per un Sinda cato : "Noi siamo SOLO un Sindacato, a-confessionale, a- politico, a-partitico.
Dimenticavo : la Bandiera della CISL è a striscie Bianco Rosso Verde e quella dei metalmeccanici della CISL, è Bleu ( eheh ).
Ehm... Luciano? Io mica ho detto che TU eri nella CGIL! (Sei tremendo! Ma anche se ne so ancora poco... non mollo... eh, eh!!)
E davvero sei convinta che la Lega non usi lo stesso metodo, anche da parte della Rosi Mauro quando era nel sindacato padano ?
Io non ho mai detto questo… dai Luciano… non giocare sporco con me. La Lega qua e la Lega là… ma lo volete capire che la Lega "gioca" con gli strumenti che ci sono? E che soprattutto questo "stato di cose" lo ha trovato e non "creato"?
AHAHAHAHAH !!!!!!!!!
Ma tu pensa! Ride! Ah... è vero... non è mica stato un CGIL, eh eh!! Dimmi dove, secondo te, sbaglio... anzichè ridere! Guarda che ti faccio il cazziatone, eh? La Lega da chi è stata costruita e il suo sindacato, da gente che veniva giù da Marte ? Ma come fai a non renderti conto che stai sbagliando : la Lega è fatta nello stesso modo di tutti gli altri, opera forse con "coreografie" diverse, con slogan diversi ma sempre di slogan si nutre, come gli altri. Dammi retta e leggiti bene l'articolo che VI ho postato nel nuovo forum di Crespi, è senza titolo ma te lo metto qui : "E ora il Cavaliere "scopre" il sindacato:
via agli sportelli del Pdl per tutti i cittadini" .
Te capì ?
Ultima modifica di Luciano Baroni il Mar Gen 11, 2011 3:28 pm - modificato 2 volte. (Motivazione : Risposte a Luciano.)
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Per me il "ceppo" è sempre quello.. negazionisti.
Diverse origini dei nemici di questo Governo, diceva ieri Carlo… ma osservandoli e ascoltandoli… direi che il ceppo è sempre quello.
Sono…
-quelli che non vogliono il federalismo
-quelli che non vogliono le riforme sulla giustizia
-quelli che non vogliono la riforma della scuola e dell'università
-quelli che non vogliono ostacolare l'invasione straniera del paese
-quelli che non sanno mantenersi senza gli aiutini di stato
-quelli che non sanno distinguere tra politica e realtà
-quelli che non sanno far altro che blablablare
-quelli che disquisiscono di "linee di montaggio" ma non hanno mai visto una fabbrica
-quelli che si definiscono solidali e per questo si ritengono capaci di gestire la solidarietà (soldini) fatta da altri.
Insomma… son sempre loro… quelli che propugnano una società libera in cui imperi l'uguaglianza, che ostacolano il sistema capitalistico e hanno capito che il comunismo è meglio lasciarlo agli altri, vedi Corea del Nord e Cuba.
Convinti dunque che ormai il comunismo sia morto, si limitano a bestemmiare la sua nemesi demoniaca, il Capitalismo. E… per bestemmiarlo meglio intasano ogni fine settimana gli ipermercati scialacquando i propri risparmi e facendo largo uso di credito al consumo a rate cinquantennali.
I dinosauri sono ancora tra di noi… brrrr… un mio amico sostiene che la differenza tra un fascista e un comunista è che il fascista impone le proprie regole anche quando sa di aver torto, il comunista le impone perché pensa di aver ragione. Mah!
Il leghista? Li lascia blablablare… eh, eh!!
Sono…
-quelli che non vogliono il federalismo
-quelli che non vogliono le riforme sulla giustizia
-quelli che non vogliono la riforma della scuola e dell'università
-quelli che non vogliono ostacolare l'invasione straniera del paese
-quelli che non sanno mantenersi senza gli aiutini di stato
-quelli che non sanno distinguere tra politica e realtà
-quelli che non sanno far altro che blablablare
-quelli che disquisiscono di "linee di montaggio" ma non hanno mai visto una fabbrica
-quelli che si definiscono solidali e per questo si ritengono capaci di gestire la solidarietà (soldini) fatta da altri.
Insomma… son sempre loro… quelli che propugnano una società libera in cui imperi l'uguaglianza, che ostacolano il sistema capitalistico e hanno capito che il comunismo è meglio lasciarlo agli altri, vedi Corea del Nord e Cuba.
Convinti dunque che ormai il comunismo sia morto, si limitano a bestemmiare la sua nemesi demoniaca, il Capitalismo. E… per bestemmiarlo meglio intasano ogni fine settimana gli ipermercati scialacquando i propri risparmi e facendo largo uso di credito al consumo a rate cinquantennali.
I dinosauri sono ancora tra di noi… brrrr… un mio amico sostiene che la differenza tra un fascista e un comunista è che il fascista impone le proprie regole anche quando sa di aver torto, il comunista le impone perché pensa di aver ragione. Mah!
Il leghista? Li lascia blablablare… eh, eh!!
Angela- Admin
- Numero di messaggi : 801
Età : 39
Località : Benaco
Data d'iscrizione : 04.11.08
Re: RIFLESSIONI...
Angela ha scritto:
...I dinosauri sono ancora tra di noi… brrrr… un mio amico sostiene che la differenza tra un fascista e un comunista è che il fascista impone le proprie regole anche quando sa di aver torto, il comunista le impone perché pensa di aver ragione. Mah!
Il leghista? Li lascia blablablare… eh, eh!!
Più che giusto, cara Angela.
Io però non li chiamerei "negazionisti" bensì "nihilisti": i negazionisti sono quelli che, appunto, negano una certa storiografia, o comunque, un certo luogo comune che, a loro dire, è stato imposto dai vincitori. Caso emblematico di "negazionismo" è la negazione della Shoah, cioè dello sterminio sistematico degli Ebrei sotto il nazismo, sostenendo si tratti di un falso storico imposto dai vincitori Angloamericani.
I "nihilisti" (dal latino nihil=nulla), sono proprio quelli che "non vogliono", non vogliono nulla (di nuovo) e preferiscono mantenere lo "status quo", credendo o illudendosi che non cambiando nulla si possano mantenere i privilegi piccoli e grandi che hanno permesso loro di vivere bene (o anche soltanto di sopravvivere), pur se il mondo intorno a loro sta cambiando o è già cambiato.
Nulla di nuovo (sic!) sotto al sole.
I dinosauri nihilisti sono effettivamente ancora tra di noi: a ben vedere, la doppia equazione del tuo amico (Fascista=prepotente anche nel torto; Comunista=prepotente nella presunzione) porta agli stessi risultati, cioè allo zero.
Gimand- Numero di messaggi : 282
Età : 74
Località : Domus Oscellae, oppure, se preferite: Domodossola (VB)
Data d'iscrizione : 20.01.09
Foglio di personaggio
Gioco di Ruolo:
Anche Obama lo dice... ma la UE ha i suoi tempi "burocratici".
Il Nord Africa sta esplodendo.
Solo negli ultimi tre giorni sono arrivati a Lampedusa almeno 4000 persone. Il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza.
Vengono dalla Tunisia e dall’Egitto ma c’è anche lo Yemen, l’Algeria e la Libia.
Scappano dalla fame e dalla persecuzione politica. Tutti? Fra questi ce ne sono alcuni che sono scappati dalle carceri. Non voglio pensare che siano tutti delinquenti… ma oltre ai dissidenti tra di loro ci sono anche… le bestie. Noi non li vogliamo. Perché è sbagliato dirlo chiaramente?
La maggioranza di loro cerca quel benessere che hanno visto in tv e che dubitano potrà essere assicurato nella stagione delle nuove democrazie medio-orientali.
L’Italia non può ricevere questa nuova ondata di profughi… e l’Europa, sempre pronta a bacchettare gli stati membri per delle ca**ate, non si sta occupando di questa emergenza.
Siamo la frontiera più esposta del Continente e ci siamo affidati, per bloccare gli arrivi, ad accordi con regimi che ora (forse) stanno cadendo uno ad uno.
Non abbiamo solo la necessità di fronteggiare un’emergenza per la quale occorrono veri mezzi di contrasto… ma anche quella di far capire che è ora di smetterla di perdere tempo a discutere le misure tecniche per attuare il respingimento in mare, le condizioni per patteggiare con i paesi dell’altra sponda del Mediterraneo, la loro collaborazione per contenere fuggiaschi di tutto il mondo… tutto questo non basta più. Adesso avremo a che fare con i “grandi numeri”.
I governi arabi e africani non hanno la forza e soprattutto la volontà di contenere la spinta dei fuggiaschi.
Quelli che arriveranno e, ahimè, quelli che resteranno, andranno ad allungare le fila della clandestinità.
Respingere libici, marocchini, egiziani, yemeniti, tunisini sarà impresa ardua… se decideranno di venire in massa ci coglieranno impreparati. Non siamo in grado di gestire una cosa così… questa rivolta “democratica” (le virgolette sono assolutamente necessarie… nessuno ha ancora capito chi davvero c’è dietro a questa “insurrezione popolare”) potrebbe andare ad ingrossare i fanatici dell’islamismo radicale.
Non sappiamo che strada prenderanno queste rivoluzioni… ma sappiamo che dobbiamo sbarrare la strada all’invasione… anche a costo di fare del male a loro e a noi.
La rivoluzione araba sta cambiando anche la nostra storia e cambierà il nostro modo di vivere, le nostre abitudini e il nostro modo di pensare?
Ma la domanda vera… quella che mi fa più paura è: le porte si possono davvero sbarrare o è meglio andarsene?
[b]
Solo negli ultimi tre giorni sono arrivati a Lampedusa almeno 4000 persone. Il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza.
Vengono dalla Tunisia e dall’Egitto ma c’è anche lo Yemen, l’Algeria e la Libia.
Scappano dalla fame e dalla persecuzione politica. Tutti? Fra questi ce ne sono alcuni che sono scappati dalle carceri. Non voglio pensare che siano tutti delinquenti… ma oltre ai dissidenti tra di loro ci sono anche… le bestie. Noi non li vogliamo. Perché è sbagliato dirlo chiaramente?
La maggioranza di loro cerca quel benessere che hanno visto in tv e che dubitano potrà essere assicurato nella stagione delle nuove democrazie medio-orientali.
L’Italia non può ricevere questa nuova ondata di profughi… e l’Europa, sempre pronta a bacchettare gli stati membri per delle ca**ate, non si sta occupando di questa emergenza.
Siamo la frontiera più esposta del Continente e ci siamo affidati, per bloccare gli arrivi, ad accordi con regimi che ora (forse) stanno cadendo uno ad uno.
Non abbiamo solo la necessità di fronteggiare un’emergenza per la quale occorrono veri mezzi di contrasto… ma anche quella di far capire che è ora di smetterla di perdere tempo a discutere le misure tecniche per attuare il respingimento in mare, le condizioni per patteggiare con i paesi dell’altra sponda del Mediterraneo, la loro collaborazione per contenere fuggiaschi di tutto il mondo… tutto questo non basta più. Adesso avremo a che fare con i “grandi numeri”.
I governi arabi e africani non hanno la forza e soprattutto la volontà di contenere la spinta dei fuggiaschi.
Quelli che arriveranno e, ahimè, quelli che resteranno, andranno ad allungare le fila della clandestinità.
Respingere libici, marocchini, egiziani, yemeniti, tunisini sarà impresa ardua… se decideranno di venire in massa ci coglieranno impreparati. Non siamo in grado di gestire una cosa così… questa rivolta “democratica” (le virgolette sono assolutamente necessarie… nessuno ha ancora capito chi davvero c’è dietro a questa “insurrezione popolare”) potrebbe andare ad ingrossare i fanatici dell’islamismo radicale.
Non sappiamo che strada prenderanno queste rivoluzioni… ma sappiamo che dobbiamo sbarrare la strada all’invasione… anche a costo di fare del male a loro e a noi.
La rivoluzione araba sta cambiando anche la nostra storia e cambierà il nostro modo di vivere, le nostre abitudini e il nostro modo di pensare?
Ma la domanda vera… quella che mi fa più paura è: le porte si possono davvero sbarrare o è meglio andarsene?
[b]
Angela- Admin
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Tutti a dire che la libera informazione non esiste più ma ditemi… è mai esistita?
La libera informazione non esiste… ma in compenso esistono i propagandisti.
I nomi sono tanti e star lì a citarli tutti occuperebbe troppo spazio, per non parlare delle cazzate che dicono e per le quali hanno il seguito che hanno.
I propagandisti sono quelli che distorcono la realtà piegandola a loro specifici scopi. Usano pezzi, argomenti e vicende di vario tipo in modo arbitrario, li scelgono per infondere dubbi e sospetti, per alludere e diffamare o calunniare senza tema di smentita.
Non amano il contraddittorio… ed è quindi piuttosto difficile scegliere la posizione giusta da tenere di fronte a questi novelli inquisitori che volutamente scambiano la libertà d’informare con la libertà di dire ciò che gli pare.
Quello che io non tollero è che sia loro consentito di farlo di continuo… e con quella spudoratezza mista a superbia che usano per infangare senza preoccuparsi delle conseguenze.
Questi abbiamo… tizi ancora pieni di schiavitù ideologica che dimostrano con l’odio verso gli avversari. Con loro non va bene il confronto, che da veri conigli sfuggono scientemente… con questi qui occorrerebbe lo scontro.
Ed invece ci mancano dei veri liberi giornalisti, anzi, informatori, che a me piacerebbe esistessero e che si prendessero la briga di smentire questi tizi.
Com’è possibile? Possibile che non ci sia nessuno che provi davvero a farlo?
Che sia perché è troppo faticoso ricostruire le vicende per come sono successe veramente?
O non lo fanno perchè vorrebbe dire esporsi e perdere un sacco di tempo sui media perché i propagandisti (tipo Travaglio, per capirci) si indispettiscono molto quando vengono contestati o silenziati?
Non so… io trovo questa cosa un po’ (tanto!) assurda. Ci si lamenta di tutto questo fango ma siamo anche consapevoli che non c’è davvero poi tanta voglia di zittirli.
Di sicuro non ne ha voglia chi gestisce l’informazione televisiva… no? Diciamo la verità: un Travaglio in trasmissione garantisce sempre ascolti con relativa pubblicità… e per l’audience si fa di tutto.
La misura è colma.
L’informazione in questo paese (volutamente minuscolo) è desolante… ci sono solo delle strumentali polemiche politiche, buone soltanto ad alimentare la diffidenza e il distacco della gente dalla politica.
Uno situazione di stallo.
Scorrendo le pagine dei quotidiani è quasi impossibile non sentirsi affogare. I soliti mille racconti di solerti giornalisti voyeur… ma basta!
Abbiamo una magistratura onnipotente, utilizzata come killeraggio politico di bersagli ben determinati (indovina, indovinello… a chi mi riferisco? Eh, eh!!).
Una persona normale, dotata di un po’ di buon senso e di capacità critica non può non concludere che siamo di fronte ad una casta giustizialista che in nome e per conto di una giustizia strabica, quasi eversiva, irriguardosa e fortemente ideologizzata sta cercando di rigiocarsi quella partita che ha visto quella parte politica fallire miseramente 17 anni fa.
Questa maggioranza è stata liberamente eletta dai cittadini… quindi.. che diavolo vogliono?
Chi crede che questi vogliano “solo” la testa di SB sbagliano… e di grosso.
Il caso Ruby (e come questo tanti altri) è indicativo dello stato di salute del paese: pessimo. Ci sono dei fatti che non possono essere taciuti, per amor di verità e soprattutto per non fare un torto all’intelletto. Su SB è giusto dire quello che c’è da dire, per carità… ma la foga nell’accanirsi contro di lui come uomo e come politico non può diventare la cortina di fumo con la quale nascondere tutti gli altri problemi.
E’ in corso un vero e proprio “attacco alle libertà individuali”… tuonano dal PdL… e non hanno tutti i torti.
Abbiamo un paese che proprio per colpa dei propagandisti dell’informazione si è talmente appassionato non al gossip (che se vogliamo è anche divertente) ma a quella forma di pruderie mediatico che non ne vuole sapere di diminuire e che impedisce loro di staccare gli occhi dal buco della serratura.
Le garanzie fondamentali che la costituzione impone a favore dei cittadini contro lo strapotere dello stato vengono manipolate da chi dovrebbe invece difenderle e quel che è peggio, applicarle.
La procura di Milano le ha aggirate, creando un vero e proprio dossier contro quello che ormai è impossibile non identificare come il loro nemico politico numero uno.
Gli stessi pubblici ministeri si sono poi preoccupati di dare in pasto all’opinione pubblica informazioni riservate e che poco hanno a che fare con la vicenda giudiziaria che coinvolge SB.
Subissati da stralci di intercettazioni, presunti video e gallerie fotografiche, dichiarazioni pretenziose e senza riscontri al punto da poterle confermare come si pretenderebbe.
Lo scandalo, insomma, non è solo quello che coinvolge SB ma comprende anche tutto ciò che gli sta vorticosamente girando attorno e ci costringe all’arroccamento nei rispettivi fortini.
La dignità delle donne, dicono, è stata ed è strapazzata da SB.
Ma di quale dignità stiamo parlando?
Le ragazze coinvolte nell’inchiesta dimostrano di avere una spiccata propensione al puttanesimo. E non per necessità, ma per pura ambizione personale e avidità.
Sarebbe interessante capire il perchè di tanta ritrovata sensibilità: non stavano a sinistra le femministe convinte che la donna dovrebbe essere libera di sfruttare il proprio corpo come e con chi vuole?
Adesso sembrano tutte pronte ad abiurare il loro modello ovviamente perché… beh, insomma c’è di mezzo Berlusconi.
La questione è tutta lì: o con lui o contro di lui. Beh… di fronte a questa scelta… io sto dalla sua parte.
Perchè il futuro che mi viene prospettato da chi gli si oppone è quanto di più lontano potrebbe esserci dal mio ideale di libertà.
Chi sostiene uno stato sciacallo non potrà mai essere per me un punto di riferimento.
Purtroppo Berlusconi è al tempo stesso il problema e parte della sua soluzione.
Le dimissioni sono impensabili, nonostante possano essere viste come la scelta migliore.
Prima le riforme… anzi, prima LA RIFORMA: il federalismo.
E nel contempo quella che è altrettanto urgente: quella della giustizia.
Ce la faremo?
I nomi sono tanti e star lì a citarli tutti occuperebbe troppo spazio, per non parlare delle cazzate che dicono e per le quali hanno il seguito che hanno.
I propagandisti sono quelli che distorcono la realtà piegandola a loro specifici scopi. Usano pezzi, argomenti e vicende di vario tipo in modo arbitrario, li scelgono per infondere dubbi e sospetti, per alludere e diffamare o calunniare senza tema di smentita.
Non amano il contraddittorio… ed è quindi piuttosto difficile scegliere la posizione giusta da tenere di fronte a questi novelli inquisitori che volutamente scambiano la libertà d’informare con la libertà di dire ciò che gli pare.
Quello che io non tollero è che sia loro consentito di farlo di continuo… e con quella spudoratezza mista a superbia che usano per infangare senza preoccuparsi delle conseguenze.
Questi abbiamo… tizi ancora pieni di schiavitù ideologica che dimostrano con l’odio verso gli avversari. Con loro non va bene il confronto, che da veri conigli sfuggono scientemente… con questi qui occorrerebbe lo scontro.
Ed invece ci mancano dei veri liberi giornalisti, anzi, informatori, che a me piacerebbe esistessero e che si prendessero la briga di smentire questi tizi.
Com’è possibile? Possibile che non ci sia nessuno che provi davvero a farlo?
Che sia perché è troppo faticoso ricostruire le vicende per come sono successe veramente?
O non lo fanno perchè vorrebbe dire esporsi e perdere un sacco di tempo sui media perché i propagandisti (tipo Travaglio, per capirci) si indispettiscono molto quando vengono contestati o silenziati?
Non so… io trovo questa cosa un po’ (tanto!) assurda. Ci si lamenta di tutto questo fango ma siamo anche consapevoli che non c’è davvero poi tanta voglia di zittirli.
Di sicuro non ne ha voglia chi gestisce l’informazione televisiva… no? Diciamo la verità: un Travaglio in trasmissione garantisce sempre ascolti con relativa pubblicità… e per l’audience si fa di tutto.
La misura è colma.
L’informazione in questo paese (volutamente minuscolo) è desolante… ci sono solo delle strumentali polemiche politiche, buone soltanto ad alimentare la diffidenza e il distacco della gente dalla politica.
Uno situazione di stallo.
Scorrendo le pagine dei quotidiani è quasi impossibile non sentirsi affogare. I soliti mille racconti di solerti giornalisti voyeur… ma basta!
Abbiamo una magistratura onnipotente, utilizzata come killeraggio politico di bersagli ben determinati (indovina, indovinello… a chi mi riferisco? Eh, eh!!).
Una persona normale, dotata di un po’ di buon senso e di capacità critica non può non concludere che siamo di fronte ad una casta giustizialista che in nome e per conto di una giustizia strabica, quasi eversiva, irriguardosa e fortemente ideologizzata sta cercando di rigiocarsi quella partita che ha visto quella parte politica fallire miseramente 17 anni fa.
Questa maggioranza è stata liberamente eletta dai cittadini… quindi.. che diavolo vogliono?
Chi crede che questi vogliano “solo” la testa di SB sbagliano… e di grosso.
Il caso Ruby (e come questo tanti altri) è indicativo dello stato di salute del paese: pessimo. Ci sono dei fatti che non possono essere taciuti, per amor di verità e soprattutto per non fare un torto all’intelletto. Su SB è giusto dire quello che c’è da dire, per carità… ma la foga nell’accanirsi contro di lui come uomo e come politico non può diventare la cortina di fumo con la quale nascondere tutti gli altri problemi.
E’ in corso un vero e proprio “attacco alle libertà individuali”… tuonano dal PdL… e non hanno tutti i torti.
Abbiamo un paese che proprio per colpa dei propagandisti dell’informazione si è talmente appassionato non al gossip (che se vogliamo è anche divertente) ma a quella forma di pruderie mediatico che non ne vuole sapere di diminuire e che impedisce loro di staccare gli occhi dal buco della serratura.
Le garanzie fondamentali che la costituzione impone a favore dei cittadini contro lo strapotere dello stato vengono manipolate da chi dovrebbe invece difenderle e quel che è peggio, applicarle.
La procura di Milano le ha aggirate, creando un vero e proprio dossier contro quello che ormai è impossibile non identificare come il loro nemico politico numero uno.
Gli stessi pubblici ministeri si sono poi preoccupati di dare in pasto all’opinione pubblica informazioni riservate e che poco hanno a che fare con la vicenda giudiziaria che coinvolge SB.
Subissati da stralci di intercettazioni, presunti video e gallerie fotografiche, dichiarazioni pretenziose e senza riscontri al punto da poterle confermare come si pretenderebbe.
Lo scandalo, insomma, non è solo quello che coinvolge SB ma comprende anche tutto ciò che gli sta vorticosamente girando attorno e ci costringe all’arroccamento nei rispettivi fortini.
La dignità delle donne, dicono, è stata ed è strapazzata da SB.
Ma di quale dignità stiamo parlando?
Le ragazze coinvolte nell’inchiesta dimostrano di avere una spiccata propensione al puttanesimo. E non per necessità, ma per pura ambizione personale e avidità.
Sarebbe interessante capire il perchè di tanta ritrovata sensibilità: non stavano a sinistra le femministe convinte che la donna dovrebbe essere libera di sfruttare il proprio corpo come e con chi vuole?
Adesso sembrano tutte pronte ad abiurare il loro modello ovviamente perché… beh, insomma c’è di mezzo Berlusconi.
La questione è tutta lì: o con lui o contro di lui. Beh… di fronte a questa scelta… io sto dalla sua parte.
Perchè il futuro che mi viene prospettato da chi gli si oppone è quanto di più lontano potrebbe esserci dal mio ideale di libertà.
Chi sostiene uno stato sciacallo non potrà mai essere per me un punto di riferimento.
Purtroppo Berlusconi è al tempo stesso il problema e parte della sua soluzione.
Le dimissioni sono impensabili, nonostante possano essere viste come la scelta migliore.
Prima le riforme… anzi, prima LA RIFORMA: il federalismo.
E nel contempo quella che è altrettanto urgente: quella della giustizia.
Ce la faremo?
Angela- Admin
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Il mio bellissimo nick.
Qualche settimana fa due nuovi (?) nick-name sollecitavano salvo a scrivere il mio vero nome, visto che lui ogni tanto ammicca al fatto che uso un nome non mio.
Stasera mi ha chiamato Andrea e mi ha detto che Antonio ha chiesto di Angela.
Ne abbiamo parlato e Basettoni mi ha chiesto di chiarire una volta per tutte perché uso quel nick… "Diglielo e facciamola finita".
Non è una bella storia… ma Angela diceva che quando si dice la verità… non si sbaglia mai.
Ecco qua.
Nel 2007 quando non stavo molto bene… girovagando in rete incontrai virtualmente delle ragazze che, in certi forum parlavano di certi disagi. Alcune erano storie difficili… ma questo era un modo di incontrarsi e di sentirsi ancora vive.
Angela era una di loro ma era… molto, molto diversa. Lei è stata la prima persona con la quale io avuto un contatto virtuale.
Angela, come molte… cercava il modo per farsi fuori… ma era strana. Diceva che che l'amore per la vita c'è... c'è dentro ogni essere vivente. C'è in tutti gli esseri viventi... comprese le piante e bisognava trovarlo. Aveva ragione.
Angela aveva spesso ragione. Ricordo delle discussioni dove lei sosteneva con forza che niente è dentro di noi... c'è solo il vuoto... o ... come si dice... la mancanza d'amore per la vita. Sapeva essere convincente e dolcissima quando scriveva. Alternava quelli che io chiamo pugni nello stomaco a parole carezzevoli.
Quella ragazza era una vera PQ e amava la vita anche se ha fatto di tutto per autoterminarsi prima del tempo… senza riuscirci.
Ci ha comunque pensato il cancro… in quell'estate del 2008. Ormai era tardi per curarsi e poi lei era una testarda… non avrebbe mai accettato di scendere in guerra con quella che secondo lei non era una malattia ma la giusta punizione per i tanti errori che aveva fatto.
E' morta l'11 agosto del 2008… il giorno di Santa Chiara… il giorno del mio onomastico, aveva 27 anni.
Dopo 15 giorni esatti, quando sono piombata nel blog di Liguori, ho usato il suo nome.
Volevo fare la PQ… ma non sapevo come.
Per fortuna … ho incontrato persone che hanno capito che quell' "Angela" era davvero disperata e hanno saputo prestare attenzione (quella vera… l'unica che serve in questi casi) e grazie anche a molti di loro… "Angela" è riuscita a farcela.
Per postare uso ancora il suo nome… mi serve… non posso e non voglio cambiarlo. E poi.. trovo che mantenere questo nick sia un bel modo di ricordarla anche se so che a qualcuno fa male. Andrea… il nostro Basettoni… conosceva quei forum e ha conosciuto Angela81 e Kiara85.
Il nostro sbirro non è riuscito a fare nulla per impedire l'inevitabile… ma con la sua attività di spione ha fatto sì che molte di quelle ragazze… si salvassero. E lo hanno fatto con l'aiuto di chi, ha fatto capire loro che essere belli...essere in forma e stare bene non può voler essere 30/35 chili... essere belli è fare di tutto per vivere la vita… al meglio combattendo lo schifo.
Io trovo che anche grazie ad Angela... ho scelto. Ho scelto di non lasciarmi andare… di non frequentare più quel "girone dell'inferno" che comunque è anche una specie di "moda", un modo per sfidare se stessi…. cercare il limite.
Non so… io a volte ci penso e credo che se anche fossi rimasta con loro... con me non avrebbe funzionato... amo troppo la bellezza delle persone (non parlo della bellezza fisica, ovviamente) … la amo troppo e non riesco a guardarne l'inesorabile decadimento senza combatterlo.
Angela diceva che per combattere la bruttezza di questo mondo non occorrono le armi, quelle vere, ma che serve l'amore… che non è una cosa melensa ma un insieme di attenzioni verso quello che ci sta intorno. Non è filosofia spicciola… è vero.
Angela... era un sole. E ci manca… ancora… e a me e a Basettoni piace ricordarla… parlarne.
Come dicevo a Gimand quando è morta la sua amica Graziella, ci si deve ricordare che per quanto dolorosa sia la perdita di una persona cara, occorre dare anche alla morte il suo significato.
“ Ci viene dato un tempo nel quale lasciare anche una sola piccola traccia e moriamo veramente solo quando muore il ricordo di noi.” (Doc dixit)
Non cambierò nick…sarebbe come far morire Angela un'altra volta. Non potrei mai.
Una è bastata… vero Basettoni?
Stasera mi ha chiamato Andrea e mi ha detto che Antonio ha chiesto di Angela.
Ne abbiamo parlato e Basettoni mi ha chiesto di chiarire una volta per tutte perché uso quel nick… "Diglielo e facciamola finita".
Non è una bella storia… ma Angela diceva che quando si dice la verità… non si sbaglia mai.
Ecco qua.
Nel 2007 quando non stavo molto bene… girovagando in rete incontrai virtualmente delle ragazze che, in certi forum parlavano di certi disagi. Alcune erano storie difficili… ma questo era un modo di incontrarsi e di sentirsi ancora vive.
Angela era una di loro ma era… molto, molto diversa. Lei è stata la prima persona con la quale io avuto un contatto virtuale.
Angela, come molte… cercava il modo per farsi fuori… ma era strana. Diceva che che l'amore per la vita c'è... c'è dentro ogni essere vivente. C'è in tutti gli esseri viventi... comprese le piante e bisognava trovarlo. Aveva ragione.
Angela aveva spesso ragione. Ricordo delle discussioni dove lei sosteneva con forza che niente è dentro di noi... c'è solo il vuoto... o ... come si dice... la mancanza d'amore per la vita. Sapeva essere convincente e dolcissima quando scriveva. Alternava quelli che io chiamo pugni nello stomaco a parole carezzevoli.
Quella ragazza era una vera PQ e amava la vita anche se ha fatto di tutto per autoterminarsi prima del tempo… senza riuscirci.
Ci ha comunque pensato il cancro… in quell'estate del 2008. Ormai era tardi per curarsi e poi lei era una testarda… non avrebbe mai accettato di scendere in guerra con quella che secondo lei non era una malattia ma la giusta punizione per i tanti errori che aveva fatto.
E' morta l'11 agosto del 2008… il giorno di Santa Chiara… il giorno del mio onomastico, aveva 27 anni.
Dopo 15 giorni esatti, quando sono piombata nel blog di Liguori, ho usato il suo nome.
Volevo fare la PQ… ma non sapevo come.
Per fortuna … ho incontrato persone che hanno capito che quell' "Angela" era davvero disperata e hanno saputo prestare attenzione (quella vera… l'unica che serve in questi casi) e grazie anche a molti di loro… "Angela" è riuscita a farcela.
Per postare uso ancora il suo nome… mi serve… non posso e non voglio cambiarlo. E poi.. trovo che mantenere questo nick sia un bel modo di ricordarla anche se so che a qualcuno fa male. Andrea… il nostro Basettoni… conosceva quei forum e ha conosciuto Angela81 e Kiara85.
Il nostro sbirro non è riuscito a fare nulla per impedire l'inevitabile… ma con la sua attività di spione ha fatto sì che molte di quelle ragazze… si salvassero. E lo hanno fatto con l'aiuto di chi, ha fatto capire loro che essere belli...essere in forma e stare bene non può voler essere 30/35 chili... essere belli è fare di tutto per vivere la vita… al meglio combattendo lo schifo.
Io trovo che anche grazie ad Angela... ho scelto. Ho scelto di non lasciarmi andare… di non frequentare più quel "girone dell'inferno" che comunque è anche una specie di "moda", un modo per sfidare se stessi…. cercare il limite.
Non so… io a volte ci penso e credo che se anche fossi rimasta con loro... con me non avrebbe funzionato... amo troppo la bellezza delle persone (non parlo della bellezza fisica, ovviamente) … la amo troppo e non riesco a guardarne l'inesorabile decadimento senza combatterlo.
Angela diceva che per combattere la bruttezza di questo mondo non occorrono le armi, quelle vere, ma che serve l'amore… che non è una cosa melensa ma un insieme di attenzioni verso quello che ci sta intorno. Non è filosofia spicciola… è vero.
Angela... era un sole. E ci manca… ancora… e a me e a Basettoni piace ricordarla… parlarne.
Come dicevo a Gimand quando è morta la sua amica Graziella, ci si deve ricordare che per quanto dolorosa sia la perdita di una persona cara, occorre dare anche alla morte il suo significato.
“ Ci viene dato un tempo nel quale lasciare anche una sola piccola traccia e moriamo veramente solo quando muore il ricordo di noi.” (Doc dixit)
Non cambierò nick…sarebbe come far morire Angela un'altra volta. Non potrei mai.
Una è bastata… vero Basettoni?
Angela- Admin
- Numero di messaggi : 801
Età : 39
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Data d'iscrizione : 04.11.08
E perchè dovresti cambiarlo, chi ti obbliga ?
Clap Clap Clap, standing ovation, sentita.
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Ecco dove sono... per favore, bombardate quel posto.
Un attivista iraniano Bahram Moshiri che vive negli Usa, già nel 2009 è riuscito a contattare e a farsi raccontare da ex sergente in pensione dell’Islamic Republic Armed Forces, forse con qualche rimorso sulla coscienza, cosa accade a chi viene arrestato in Iran.
L’ex sergente (di cui Moshiri non vuole né può fare il nome) ha rivelato la strategia del regime e le persone coinvolte nell’oppressione del popolo iraniano fuori sulle strade. In particolare lui racconta che gli arrestati da tutte le province di Shiraz, Esfahan, Kermanshah, Ghazvin, Oroomie sono stati portati a Teheran, e assieme a quelli arrestati nella capitale vengono prima raccolti nella base di Eshrat Abad, a Teheran.
Lo scopo dell’operazione è mettere i prigionieri sotto tortura, farli confessare e dire che sono stati ingaggiati dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna per compiere una “velvet revolution” in Iran (in poche parole, che tutto è stato organizzato dall’Occidente).
Gli arrestati vengono poi trasportati in una prigione segreta localizzata in prossimità di Shahr-e-Rey (fuori Teheran, verso sud), vicino alla località Khak Sefid nei pressi di Kahrizak (zona industriale con capannoni e magazzini), all’interno del deserto. I parenti di questi prigionieri li vanno a cercare in giro per le prigioni delle varie città, naturalmente invano e senza esito. La prigione è stata costruita nel 2008 per mantenere questo tipo di operazioni fuori dalla vista nel caso d’eventuali ispezioni da parte dell’Onu o di organizzazioni umanitarie.
Il capannone è composto da quattro stanze, una quaranteina, un numero imprecisato di stanze adibite a interrogatorio, una sala grande e nessuna struttura medico-sanitaria. C’è solo un’ambulanza in caso d’emergenza per accompagnare gli arrestati in alcune strutture sanitarie segrete. L’ordine imperativo è infatti che i prigionieri non devono morire prima di confessare.
I prigionieri sono nutriti una volta al giorno con un pezzo di pane e patate. Vengono mantenuti nudi o al massimo in mutande. Non c’è né aria condizionata né riscaldamento. I prigionieri vengono picchiati e torturati. Sono interrogati generalmente nudi e vengono applicati i metodi più crudeli di tortura. Gli si rompono le dite e le gambe. Hanno gli organi interni danneggiati dai calci e dalle bastonate di ferro. L’ordine dall’alto è di farli confessare e poi giustiziarli, e il numero degli arresti ed esecuzioni deve assolutamente arrivare a essere molto elevato per mettere terrore tra la gente.
Ecco i nomi degli ufficiali che guidano l’operazione:
1) Mahmoud Barghe Zarrini
2) Ahmad Radan (cognato di Ahmadinejad)
3) Moghaddam
Ed ecco i nomi di chi interroga, tra i più feroci del regime:
1) Saeed Akbar Manafi
2) Alireza Ahmadi
3) Bahram Moghadam
4) Naser Kiasar
5) Reza Safari
6) Abbasali Ghomi
7) Akbar Mohamadi
Ahmad Ali Eidi
9) Abolhassan Zafarani
10) Seyed Ali Mohamad Hasani
11) AbdolHadi Zavalghadar
12) Sadeghi
13) Haaj Komeil
14) Haaj agha Abbassi
15) Seyed Mashalla
__________________
Ci sono dei documenti che attestano quanto detto e che sono stati trasmessi già nel 2009 con una lettera all’Onu, alla Ue e ad altri organi, chiedendo formalmente un’immediata ispezione internazionale al carcere in questione.
A tutt’oggi non vi è stata nessuna risposta ufficiale e molti dissidenti iraniani all’estero si stanno organizzando per altre azioni. E c'è soprattutto una rete di blogger che non solo cercano di tenere viva l'attenzione verso questo inferno... ma che sono pronti se occorre anche a non seguire le vie ufficiali, supportati da alcuni blogger israeliani. Ma quello che si fa è poco... ancora troppo poco.
Mi chiedo… possibile che nemmeno se ne voglia parlare?
I ragazzi iraniani “spariti” sono migliaia… è pazzesco... nessuno se ne occupa.
Non è vero che non si sa dove siano... Sono qui :
http://maps.google.it/maps?hl=it&tab=wl&q=iran%20kahrizak
Migliaia di ragazzi spariti e detenuti senza alcun capo di accusa.
Bombardate quel posto… anche se là dentro potrebbe esserci Banafsheh.
Io sono convinta che se lei è là… vorrebbe questo.
E non solo lei… anche tutti gli altri.
L’ex sergente (di cui Moshiri non vuole né può fare il nome) ha rivelato la strategia del regime e le persone coinvolte nell’oppressione del popolo iraniano fuori sulle strade. In particolare lui racconta che gli arrestati da tutte le province di Shiraz, Esfahan, Kermanshah, Ghazvin, Oroomie sono stati portati a Teheran, e assieme a quelli arrestati nella capitale vengono prima raccolti nella base di Eshrat Abad, a Teheran.
Lo scopo dell’operazione è mettere i prigionieri sotto tortura, farli confessare e dire che sono stati ingaggiati dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna per compiere una “velvet revolution” in Iran (in poche parole, che tutto è stato organizzato dall’Occidente).
Gli arrestati vengono poi trasportati in una prigione segreta localizzata in prossimità di Shahr-e-Rey (fuori Teheran, verso sud), vicino alla località Khak Sefid nei pressi di Kahrizak (zona industriale con capannoni e magazzini), all’interno del deserto. I parenti di questi prigionieri li vanno a cercare in giro per le prigioni delle varie città, naturalmente invano e senza esito. La prigione è stata costruita nel 2008 per mantenere questo tipo di operazioni fuori dalla vista nel caso d’eventuali ispezioni da parte dell’Onu o di organizzazioni umanitarie.
Il capannone è composto da quattro stanze, una quaranteina, un numero imprecisato di stanze adibite a interrogatorio, una sala grande e nessuna struttura medico-sanitaria. C’è solo un’ambulanza in caso d’emergenza per accompagnare gli arrestati in alcune strutture sanitarie segrete. L’ordine imperativo è infatti che i prigionieri non devono morire prima di confessare.
I prigionieri sono nutriti una volta al giorno con un pezzo di pane e patate. Vengono mantenuti nudi o al massimo in mutande. Non c’è né aria condizionata né riscaldamento. I prigionieri vengono picchiati e torturati. Sono interrogati generalmente nudi e vengono applicati i metodi più crudeli di tortura. Gli si rompono le dite e le gambe. Hanno gli organi interni danneggiati dai calci e dalle bastonate di ferro. L’ordine dall’alto è di farli confessare e poi giustiziarli, e il numero degli arresti ed esecuzioni deve assolutamente arrivare a essere molto elevato per mettere terrore tra la gente.
Ecco i nomi degli ufficiali che guidano l’operazione:
1) Mahmoud Barghe Zarrini
2) Ahmad Radan (cognato di Ahmadinejad)
3) Moghaddam
Ed ecco i nomi di chi interroga, tra i più feroci del regime:
1) Saeed Akbar Manafi
2) Alireza Ahmadi
3) Bahram Moghadam
4) Naser Kiasar
5) Reza Safari
6) Abbasali Ghomi
7) Akbar Mohamadi
Ahmad Ali Eidi
9) Abolhassan Zafarani
10) Seyed Ali Mohamad Hasani
11) AbdolHadi Zavalghadar
12) Sadeghi
13) Haaj Komeil
14) Haaj agha Abbassi
15) Seyed Mashalla
__________________
Ci sono dei documenti che attestano quanto detto e che sono stati trasmessi già nel 2009 con una lettera all’Onu, alla Ue e ad altri organi, chiedendo formalmente un’immediata ispezione internazionale al carcere in questione.
A tutt’oggi non vi è stata nessuna risposta ufficiale e molti dissidenti iraniani all’estero si stanno organizzando per altre azioni. E c'è soprattutto una rete di blogger che non solo cercano di tenere viva l'attenzione verso questo inferno... ma che sono pronti se occorre anche a non seguire le vie ufficiali, supportati da alcuni blogger israeliani. Ma quello che si fa è poco... ancora troppo poco.
Mi chiedo… possibile che nemmeno se ne voglia parlare?
I ragazzi iraniani “spariti” sono migliaia… è pazzesco... nessuno se ne occupa.
Non è vero che non si sa dove siano... Sono qui :
http://maps.google.it/maps?hl=it&tab=wl&q=iran%20kahrizak
Migliaia di ragazzi spariti e detenuti senza alcun capo di accusa.
Bombardate quel posto… anche se là dentro potrebbe esserci Banafsheh.
Io sono convinta che se lei è là… vorrebbe questo.
E non solo lei… anche tutti gli altri.
Angela- Admin
- Numero di messaggi : 801
Età : 39
Località : Benaco
Data d'iscrizione : 04.11.08
Re: RIFLESSIONI...
Mi dispiace, Angela, è più importante la Libia e gli altri 3 Stati limitrofi, per loro e per la stampa internazionale.
Non lo avevi ancora capito ?
Non hai visto che nessuno o quasi, si è incazzato per le navi militari che vorrebbero passare il canale di Suez, con il via libera del "nuovo Egitto" ?
Ciao.
Non lo avevi ancora capito ?
Non hai visto che nessuno o quasi, si è incazzato per le navi militari che vorrebbero passare il canale di Suez, con il via libera del "nuovo Egitto" ?
Ciao.
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
La casta... detta anche "Giudiciume"
Allora… Alfano è quasi pronto. E il “Giudiciume”… farà ancora sciopero?
Mi riferisco al fatto che si sono lamentati del “contenimento degli aumenti retributivi” disposto ai loro danni come discriminatorio e, dunque, secondo loro, o meglio secondo Giuseppe Cascini, segretario dell’Anm, punitivo.
Ma, leggendo in giro, ho scoperto che… questo provvedimento non l’ha disposto il governo: è il meccanismo di retribuzione dei magistrati, e solo dei magistrati, a determinare questo blocco pluriennale degli aumenti. I magistrati godono dell’aumento automatico delle retribuzioni, nonché delle qualifiche, a prescindere dalle funzioni concretamente svolte.
Non danno certo una prova di responsabilità istituzionale (che sarebbe più che legittimo attendersi da chi non fa altro che ripeterci di svolgere una funzione delicatissima) con certi atteggiamenti.
Che cosa dovrebbero fare allora militari e poliziotti, carabinieri e finanzieri? Puntarci le armi addosso, per come li trattiamo? Ma che sciocca! Dimenticavo! Militari, poliziotti, carabinieri e finanzieri non sono in prima fila nella lotta contro il male, poffolbacco!
Quello è un ruolo riservato ai soli magistrati.
Ehm… deve essere per questo che pensano il loro portafoglio sia l’unico tutelato dalla costituzione.
Si, cari signori, questa casta, per meglio rafforzare le proprie tesi, non disdegna di metterci di mezzo la costituzione, o, meglio l’incostituzionalità di quel tale atto, o azione, o progetto di legge, o … insomma… avete capito… quella roba lì… e a volte (lo pensano, ma ancora non lo dicono apertamente) anche qualche risultato elettorale, che loro non condividono.
Il rispetto dovuto alla maggioranza dei Magistrati che fanno il proprio dovere (anche fra evidenti difficoltà) con coscienza e dedizione, ci costringe ad evitare la severità e gli appropriati termini che pure andrebbero usati per qualificare qualche fdp della nefasta casta, la quale, infettata da loschi personaggi, vergognosamente oltraggia e tormenta le scelte della gente da troppo tempo. In base anche ad assurdi privilegi ed ancor più per usurpazione e accordi riservati, agli adepti della casta si nascondono dai rigori della Giustizia (qui la maiuscola serve!) e si passano il testimone evitando di far colare il grasso dall’opulente postribolo in cui avidamente si ingrassano e fanno ingrassare.
A questo punto non ci resta che attendere che il Ministro Alfano presenti la Riforma… e in nome del potere che il popolo italiano gli ha conferito, adotti con la massima urgenza i provvedimenti che serviranno anche a debellare lo strisciante sovversivismo di certi squallidi individui.
Vedremo… speriamo qualcosa cambi. Vogliamo Giustizia… siamo stanchi di avere tra i Signori Giudici tanti… troppi Giudicioni.
Mi riferisco al fatto che si sono lamentati del “contenimento degli aumenti retributivi” disposto ai loro danni come discriminatorio e, dunque, secondo loro, o meglio secondo Giuseppe Cascini, segretario dell’Anm, punitivo.
Ma, leggendo in giro, ho scoperto che… questo provvedimento non l’ha disposto il governo: è il meccanismo di retribuzione dei magistrati, e solo dei magistrati, a determinare questo blocco pluriennale degli aumenti. I magistrati godono dell’aumento automatico delle retribuzioni, nonché delle qualifiche, a prescindere dalle funzioni concretamente svolte.
Non danno certo una prova di responsabilità istituzionale (che sarebbe più che legittimo attendersi da chi non fa altro che ripeterci di svolgere una funzione delicatissima) con certi atteggiamenti.
Che cosa dovrebbero fare allora militari e poliziotti, carabinieri e finanzieri? Puntarci le armi addosso, per come li trattiamo? Ma che sciocca! Dimenticavo! Militari, poliziotti, carabinieri e finanzieri non sono in prima fila nella lotta contro il male, poffolbacco!
Quello è un ruolo riservato ai soli magistrati.
Ehm… deve essere per questo che pensano il loro portafoglio sia l’unico tutelato dalla costituzione.
Si, cari signori, questa casta, per meglio rafforzare le proprie tesi, non disdegna di metterci di mezzo la costituzione, o, meglio l’incostituzionalità di quel tale atto, o azione, o progetto di legge, o … insomma… avete capito… quella roba lì… e a volte (lo pensano, ma ancora non lo dicono apertamente) anche qualche risultato elettorale, che loro non condividono.
Il rispetto dovuto alla maggioranza dei Magistrati che fanno il proprio dovere (anche fra evidenti difficoltà) con coscienza e dedizione, ci costringe ad evitare la severità e gli appropriati termini che pure andrebbero usati per qualificare qualche fdp della nefasta casta, la quale, infettata da loschi personaggi, vergognosamente oltraggia e tormenta le scelte della gente da troppo tempo. In base anche ad assurdi privilegi ed ancor più per usurpazione e accordi riservati, agli adepti della casta si nascondono dai rigori della Giustizia (qui la maiuscola serve!) e si passano il testimone evitando di far colare il grasso dall’opulente postribolo in cui avidamente si ingrassano e fanno ingrassare.
A questo punto non ci resta che attendere che il Ministro Alfano presenti la Riforma… e in nome del potere che il popolo italiano gli ha conferito, adotti con la massima urgenza i provvedimenti che serviranno anche a debellare lo strisciante sovversivismo di certi squallidi individui.
Vedremo… speriamo qualcosa cambi. Vogliamo Giustizia… siamo stanchi di avere tra i Signori Giudici tanti… troppi Giudicioni.
Angela- Admin
- Numero di messaggi : 801
Età : 39
Località : Benaco
Data d'iscrizione : 04.11.08
Re: RIFLESSIONI...
Avevo chiesto di postare sul forum specifico per la Giustizia.
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: RIFLESSIONI...
Luciano Baroni ha scritto:Avevo chiesto di postare sul forum specifico per la Giustizia.
Luciano, quella pagina (che poi sono solo copia-incolla) non ha uno che sia un commento.
Questa pagina invece... sì.
Qui si esprimono opinioni… quindi, questo commento rimane qui.
Angela- Admin
- Numero di messaggi : 801
Età : 39
Località : Benaco
Data d'iscrizione : 04.11.08
Re: RIFLESSIONI...
Angela ha scritto:Luciano Baroni ha scritto:Avevo chiesto di postare sul forum specifico per la Giustizia.
Luciano, quella pagina (che poi sono solo copia-incolla) non ha uno che sia un commento.
Questa pagina invece... sì.
Qui si esprimono opinioni… quindi, questo commento rimane qui.
Non ho mica chiesto di spostarlo, ho solo fatto "una riflessione".
L'avevo chiesto proprio come titolo del forum, io ne ho messo qualcuno, settimana scorsa l'ultimo.
Certo che sono articoli per la maggior parte : come si fa a "riflettere" e dare opinioni, senza conoscere la realtà dei fatti ?
Credi forse che, anche le riflessioni, possano essere fatte SOLO da e su parti conosciute perchè lette da qualche parte, senza che si abbia la conoscenza anche di altre visioni dei fatti e, come spesso accade da parte di certa informazione, nascosti i fatti stessi ?
Ciao.
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: RIFLESSIONI...
Abbiamo un modo diverso di riflettere… credo.
Prima di tutto io non nascondo niente… men che meno articoli che in rete si trovano a vagonate.
Leggo parecchio ma non mi sogno di copia incollare le mie letture, che ai più potrebbero risultare noiose. Ma da quelle letture prendo spunto per le mie riflessioni… a volte posto qualche articolo, per sottolineare qualche fatto, ma lo faccio raramente.
Diversamente, Luciano, avremo il Forum pieno di articoli di altri.
Questo Forum è nato per scambiarci opinioni… per giocare e stare “insieme” non per riportare i pezzi di opinionisti e/o giornalisti più o meno noti.
Prima di tutto io non nascondo niente… men che meno articoli che in rete si trovano a vagonate.
Leggo parecchio ma non mi sogno di copia incollare le mie letture, che ai più potrebbero risultare noiose. Ma da quelle letture prendo spunto per le mie riflessioni… a volte posto qualche articolo, per sottolineare qualche fatto, ma lo faccio raramente.
Diversamente, Luciano, avremo il Forum pieno di articoli di altri.
Questo Forum è nato per scambiarci opinioni… per giocare e stare “insieme” non per riportare i pezzi di opinionisti e/o giornalisti più o meno noti.
Angela- Admin
- Numero di messaggi : 801
Età : 39
Località : Benaco
Data d'iscrizione : 04.11.08
Re: RIFLESSIONI...
Angela ha scritto:Abbiamo un modo diverso di riflettere… credo.
Prima di tutto io non nascondo niente… men che meno articoli che in rete si trovano a vagonate.
Leggo parecchio ma non mi sogno di copia incollare le mie letture, che ai più potrebbero risultare noiose. Ma da quelle letture prendo spunto per le mie riflessioni… a volte posto qualche articolo, per sottolineare qualche fatto, ma lo faccio raramente.
Diversamente, Luciano, avremo il Forum pieno di articoli di altri.
Questo Forum è nato per scambiarci opinioni… per giocare e stare “insieme” non per riportare i pezzi di opinionisti e/o giornalisti più o meno noti.
Le opinioni vanno sempre prese col giusto apprezzamento, anche quando non hanno senso compiuto come la tua risposta, per due motivi, Angela.
1° La prima è che mi sembri diversa da come credevo tu fossi nello scrivere questa risposta, una che non legge o non vuole capire cosa ha letto e, prima di rispondere, "riflette" : mi vuoi presentare qualche mio scritto dove ti indico come una "che nasconde" qualcosa ?
2° E' chiaro ciò che scrivi sul perchè è nato il forum, ma allora lo tieni chiuso e con le presenze "monotematiche" e basta : se il forum è aperto a chiunque ed a chiunque si "chiede" di partecipare, chiunque partecipa con le proprie sensibilità ed anche "politiche", che cercano di non essere "monotematiche politicamente chiuse" e per poterlo fare ha bisogno ( perchè così ha capito che serva per gli altri ) anche e soprattutto per stimolare la discussione, articoli che gli altri non leggono.
Ma se non li leggono nemmeno se li posti e non li commentano, non mi pare sia grande cosa, nè politica nè "intellettuale".
3° Capisco che la vostra scelta è davvero monotematica, vi lascierò libero il campo dopo e se vorrete, rispondere a questo post.Ciao.
Luciano Baroni- Numero di messaggi : 414
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: RIFLESSIONI...
Eh, no! Ce l’ha eccome il senso compiuto la mia risposta! Eccome se ce l’ha!
Tu hai scritto una riga… “Avevo chiesto di postare sul forum specifico per la Giustizia”.
E questa me la definisci “riflessione”? Ma per favore!
Chi legge una “riflessione” o un’opinione… è ovvio che capisce che questo nasce da qualcosa che ha letto… dalla, come la chiami tu, “la realtà dei fatti”.
A te piace copia incollare articoli nei quali evidentemente ti riconosci… a me no.
Luciano, tu non hai detto che io nascondo qualcosa… no. Però hai scritto che questo “accade spesso da parte di certa informazione”… non credo che ci sia informazione che nasconde… ma casomai… omette di informare.
Poi… vabbè, c’è anche quella che stravolge la realtà… ma questo è un altro discorso.
Comunque… non è linkando in un Forum come questo l’articolo che riporta quello che ci pare che portiamo avanti una discussione... ma qui si è comunque LIBERI di farlo, tant'è che NESSUNO ti ha mai detto niente... o sbaglio?
Questo Forum non è chiuso, non ha “presenze monotematiche” e se gli altri non leggono nemmeno tutti questi articoli probabilmente è perché non hanno tempo… o semplicemente non ne hanno voglia.
Questo Forum non ha pretese di essere una “grande cosa”… ma solo di dare l’opportunità a chi vuole di intervenire… ripeto, qui si parla di quello che ci pare… e nessuno pretende di fare discorsi da "intellettuale"… per favore!
Verrebbe fatto... a pezzi, lo sai.
Non capisco il punto 3… non ci trovo alcun senso… davvero. Perché dovresti “lasciare libero il campo”?
Nel punto 3, manca, amico mio… il senso compiuto, eh eh!!
Ciao!
Tu hai scritto una riga… “Avevo chiesto di postare sul forum specifico per la Giustizia”.
E questa me la definisci “riflessione”? Ma per favore!
Chi legge una “riflessione” o un’opinione… è ovvio che capisce che questo nasce da qualcosa che ha letto… dalla, come la chiami tu, “la realtà dei fatti”.
A te piace copia incollare articoli nei quali evidentemente ti riconosci… a me no.
Luciano, tu non hai detto che io nascondo qualcosa… no. Però hai scritto che questo “accade spesso da parte di certa informazione”… non credo che ci sia informazione che nasconde… ma casomai… omette di informare.
Poi… vabbè, c’è anche quella che stravolge la realtà… ma questo è un altro discorso.
Comunque… non è linkando in un Forum come questo l’articolo che riporta quello che ci pare che portiamo avanti una discussione... ma qui si è comunque LIBERI di farlo, tant'è che NESSUNO ti ha mai detto niente... o sbaglio?
Questo Forum non è chiuso, non ha “presenze monotematiche” e se gli altri non leggono nemmeno tutti questi articoli probabilmente è perché non hanno tempo… o semplicemente non ne hanno voglia.
Questo Forum non ha pretese di essere una “grande cosa”… ma solo di dare l’opportunità a chi vuole di intervenire… ripeto, qui si parla di quello che ci pare… e nessuno pretende di fare discorsi da "intellettuale"… per favore!
Verrebbe fatto... a pezzi, lo sai.
Non capisco il punto 3… non ci trovo alcun senso… davvero. Perché dovresti “lasciare libero il campo”?
Nel punto 3, manca, amico mio… il senso compiuto, eh eh!!
Ciao!
Angela- Admin
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