L’Aprile Nero degli “Anni di piombo”. (4/5)
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L’Aprile Nero degli “Anni di piombo”. (4/5)
SERGIO RAMELLI - F.d.G. - Milano 29.04.75 ucciso a sprangate e colpi di chiave inglese sotto casa da 10 militanti di "Avanguardia Operaia".
Di Sergio Ramelli è stato scritto molto.
Il 13 marzo 1975, il diciottenne Sergio Ramelli stava rientrando a casa. A pochi metri dal suo portone venne aggredito da Marco Costa e Giuseppe Ferrari Bravo con il supporto di otto complici. I due gli fracassarono la testa con delle chiavi inglesi. Questi due “soggetti” facevano parte del Servizio d'Ordine di Avanguardia Operaia nella facoltà milanese di medicina e appartenevano ad un ristretto gruppo noto come “gli idraulici” proprio per via delle grosse chiavi inglesi che usavano per compiere le aggressioni.
Dopo quarantasette giorni di agonia, il 29 aprile 1975, Sergio Ramelli morì.
Secondo i suoi aggressori aveva una colpa: era un fascista.
Colpirono per il solito motivo: l’odio politico.
Ma quello che mi ha sempre colpito di questa storia è che tutto parte da un tema che Ramelli aveva scritto.
Un tema sull’attualità e lui, che da qualche tempo frequentava una sede del Fronte della Gioventù, scrisse un tema sulle Brigate Rosse.
Il tema venne preso insieme a tutti gli altri, e come gli altri venne “spulciato” dal collettivo politico più forte della scuola: Avanguardia Operaia. Quello di Sergio Ramelli venne affisso in bacheca con sopra la scritta “ECCO IL TEMA DI UN FASCISTA”.
Quel tema… non esiste più. Non potremo mai leggere cosa scrisse Sergio Ramelli ma il suo contenuto se lo ricordano tutti quelli che in quel periodo frequentavano l’istituto tecnico Molinari.
Sergio Ramelli scrisse “…che le Br sono un pericolo per la democrazia… che il primo delitto delle BR è stato compiuto contro due missini (Giuseppe Mazzola e Graziani Giralucci, sede MSI di Padova, 17 giugno 1974) e che purtroppo, sono ricordati come delle vittime SOLO dai loro compagni di partito… che i brigatisti non sono un pugno di romantici rivoluzionari ma un’organizzazione manovrata.”
Ecco: Sergio Ramelli è stato ammazzato per aver scritto quello che pensava in un tema dove rivelava le sue idee politiche o meglio, vista l’età, una coscienza politica in formazione, ma soprattutto, perdio, è stato ammazzato per aver scritto la Verità. Evidentemente quel ragazzino aveva già capito e aveva deciso che non poteva tollerare che si continuasse a dire che “uccidere un fascista non è un reato”.
Ecco per questo… solo per aver scritto la Verità, due “idraulici” gli fracassarono la testa con delle chiavi inglesi, le Hazet 36.
Uno slogan rosso di quei tempi diceva: “Hazet 36, fascio dove sei?”
Dopo il 13 marzo 1975 la mente malata di qualche infame decerebrato partorì uno slogan ancora più orrendo: “Tutti i fascisti come Ramelli, con una riga rossa tra i capelli”
Ecco perché occorre ricordare, ecco perché non si deve perdere la memoria.
Non sono molti i cosiddetti “giovani” che conoscono la storia di quel passato recente. Una storia nata dalla resistenza durante la quale migliaia di giovani bollati come fascisti e picchiatori, furono in realtà vittime dell’odio insegnato ai figli dai padri ancora non sazi del sangue del 1945 e da cattivi maestri che tale odio coltivavano e soprattutto insegnavano.
Erano appunto gli anni di “Uccidere un fascista non è reato” o di “Se vedi un punto nero spara a vista:o è un Carabiniere o è un Fascista”, ma anche di “Ora e sempre, resistenza!”
Gli anni 70, non erano certo anni “formidabili” come qualche imbecille ha scritto ma erano gli anni dell’odio… di una partita mai conclusa. E che forse non si concluderà mai.
Questo è un pezzo che i 270 bis hanno dedicato a Sergio Ramelli.
Di Sergio Ramelli è stato scritto molto.
Il 13 marzo 1975, il diciottenne Sergio Ramelli stava rientrando a casa. A pochi metri dal suo portone venne aggredito da Marco Costa e Giuseppe Ferrari Bravo con il supporto di otto complici. I due gli fracassarono la testa con delle chiavi inglesi. Questi due “soggetti” facevano parte del Servizio d'Ordine di Avanguardia Operaia nella facoltà milanese di medicina e appartenevano ad un ristretto gruppo noto come “gli idraulici” proprio per via delle grosse chiavi inglesi che usavano per compiere le aggressioni.
Dopo quarantasette giorni di agonia, il 29 aprile 1975, Sergio Ramelli morì.
Secondo i suoi aggressori aveva una colpa: era un fascista.
Colpirono per il solito motivo: l’odio politico.
Ma quello che mi ha sempre colpito di questa storia è che tutto parte da un tema che Ramelli aveva scritto.
Un tema sull’attualità e lui, che da qualche tempo frequentava una sede del Fronte della Gioventù, scrisse un tema sulle Brigate Rosse.
Il tema venne preso insieme a tutti gli altri, e come gli altri venne “spulciato” dal collettivo politico più forte della scuola: Avanguardia Operaia. Quello di Sergio Ramelli venne affisso in bacheca con sopra la scritta “ECCO IL TEMA DI UN FASCISTA”.
Quel tema… non esiste più. Non potremo mai leggere cosa scrisse Sergio Ramelli ma il suo contenuto se lo ricordano tutti quelli che in quel periodo frequentavano l’istituto tecnico Molinari.
Sergio Ramelli scrisse “…che le Br sono un pericolo per la democrazia… che il primo delitto delle BR è stato compiuto contro due missini (Giuseppe Mazzola e Graziani Giralucci, sede MSI di Padova, 17 giugno 1974) e che purtroppo, sono ricordati come delle vittime SOLO dai loro compagni di partito… che i brigatisti non sono un pugno di romantici rivoluzionari ma un’organizzazione manovrata.”
Ecco: Sergio Ramelli è stato ammazzato per aver scritto quello che pensava in un tema dove rivelava le sue idee politiche o meglio, vista l’età, una coscienza politica in formazione, ma soprattutto, perdio, è stato ammazzato per aver scritto la Verità. Evidentemente quel ragazzino aveva già capito e aveva deciso che non poteva tollerare che si continuasse a dire che “uccidere un fascista non è un reato”.
Ecco per questo… solo per aver scritto la Verità, due “idraulici” gli fracassarono la testa con delle chiavi inglesi, le Hazet 36.
Uno slogan rosso di quei tempi diceva: “Hazet 36, fascio dove sei?”
Dopo il 13 marzo 1975 la mente malata di qualche infame decerebrato partorì uno slogan ancora più orrendo: “Tutti i fascisti come Ramelli, con una riga rossa tra i capelli”
Ecco perché occorre ricordare, ecco perché non si deve perdere la memoria.
Non sono molti i cosiddetti “giovani” che conoscono la storia di quel passato recente. Una storia nata dalla resistenza durante la quale migliaia di giovani bollati come fascisti e picchiatori, furono in realtà vittime dell’odio insegnato ai figli dai padri ancora non sazi del sangue del 1945 e da cattivi maestri che tale odio coltivavano e soprattutto insegnavano.
Erano appunto gli anni di “Uccidere un fascista non è reato” o di “Se vedi un punto nero spara a vista:o è un Carabiniere o è un Fascista”, ma anche di “Ora e sempre, resistenza!”
Gli anni 70, non erano certo anni “formidabili” come qualche imbecille ha scritto ma erano gli anni dell’odio… di una partita mai conclusa. E che forse non si concluderà mai.
Questo è un pezzo che i 270 bis hanno dedicato a Sergio Ramelli.
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