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Messaggio  Luciano Baroni Dom Gen 16, 2011 2:08 pm

Le ragazze sarebbero costrette a spogliarsi per sottoporsi a perquisizioni


La strategia in quattro mosse dei legali
«Illegittimo interrogare il premier»



Per Ghedini e Longo la concussione non c'è
perché Berlusconi chiese solo informazioni
e non esiste il reato di prostituzione minorile


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Berlusconi ai giudici: « Solo fango» I legali: «Non è deciso se andrà in aula» (15 gennaio 2010)
Caso Ruby, Berlusconi indagato (14 gennaio 2011)
LO SPECIALE: Tutti i documenti e le immagini della vicenda



Secondo la difesa di Silvio Berlusconi la Procura di Milano potrebbe aver commesso dei passi falsi nell'«affaire Ruby» con violazioni del codice tali da rendere illegittimo più di un atto di indagine. A cominciare dall'invito a comparire col quale Silvio Berlusconi è stato chiamato a presentarsi entro la fine del mese a palazzo di giustizia. Ancora nel tardo pomeriggio di ieri l'avvocato Piero Longo, uno dei penalisti di fiducia del Cavaliere, dichiarava di non sapere se Berlusconi si sarebbe recato o no davanti ai pm; ma la strategia difensiva che parte da Arcore col passare delle ore appare chiara: il premier non varcherà la porta della Procura proprio perché i suoi legali ritengono illegittime una serie di mosse compiute dagli inquirenti. La controffensiva che il collegio difensivo del premier sta elaborando in queste ore ha in sintesi quattro punti di appoggio; i primi due contestano la sussistenza stessa dei reati. Secondo gli avvocati la concussione non regge, perché è lo stesso capo di gabinetto della questura di Milano, Pietro Ostuni, a dichiarare di aver ricevuto una sola telefonata da parte di Berlusconi: si sarebbe trattato di una semplice richiesta di informazioni sul caso Ruby, senza l'ombra di minaccia o induzione.

Nemmeno l'aver frequentato prostitute minorenni (il secondo reato) sta in piedi, secondo Niccolò Ghedini e Piero Longo e in questo caso è la stessa Ruby a dar loro man forte: in tutte le interviste rilasciate anche ieri e in questi mesi (e persino nell'ambito delle indagini difensive) la ragazza ha sempre sostenuto di non aver avuto rapporti sessuali con il capo del governo, meno che mai di averne avuti «a pagamento». Gli altri due argomenti difensivi aggrediscono invece la legittimità vera e propria del comportamento tenuto dai pm milanesi. «La Procura di Milano - ecco quanto emerso al termine di un lungo vertice tra Berlusconi e i suoi avvocati - si è arrogata una competenza che non ha; doveva invece mandare gli atti di indagine entro 15 giorni al tribunale dei ministri, così come hanno fatto a suo tempo le Procure di Napoli, Trani e Roma». Trattenendo invece il fascicolo la Procura di Milano «ha posto in essere delle perquisizioni illegittime così come è illegittima la richiesta di interrogare il presidente Berlusconi». Si arriva poi all'ultimo punto che è anche il più scottante: nel corso delle perquisizioni sarebbero stati usati - sempre secondo la difesa - toni e modi inaccettabili nei confronti di persone che sono soltanto dei testimoni.

Gli ambienti vicini al presidente del Consiglio parlano di un Berlusconi particolarmente adirato dai racconti che hanno riguardato in particolare i controlli nel residence di via Olgettina a Milano: irruzioni negli appartamenti delle ragazze alle 7 del mattino, le inquiline costrette a spogliarsi per sottoporsi a perquisizioni, minuziose ispezioni fotografiche al guardaroba e agli oggetti personali. Alcune delle giovani - ancora stando alla versione difensiva - sarebbero state accompagnate in banca per aprire e controllare alcune cassette di sicurezza. «L'unica colpa che hanno queste ragazze pare quella di essere state mie ospiti» si sarebbe sfogato Berlusconi, ribadendo ancora una volta di non aver mai pagato una volta in vita sua una donna per un incontro galante. Insomma, la «linea del Piave» tracciata da Ghedini e Longo è quella di evitare l'esame del loro assistito davanti ai pm milanesi sollevando contestazioni di natura procedurale e di contenuto. E anche le dichiarazioni rilasciate ieri da Longo vanno esattamente in questa direzione: «Quelle della Procura di Milano - sono state le sue parole - sono ricostruzioni ardite per poter finire sui mass media con lo scopo di graticolare il presidente del Consiglio per i prossimi mesi». Lo stesso avvocato, poi, ha sottolineato di non sapere ancora se il Cavaliere andrà davanti ai giudici. «Al momento rimane anche aperto il discorso del legittimo impedimento» ha detto ancora Longo. Ma alla luce dei "quattro punti fermi" la bilancia pende decisamente dalla parte del no.


Claudio Del Frate
16 gennaio 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Messaggio  Luciano Baroni Dom Gen 16, 2011 2:14 pm

Aprendo il link, vi sono molti altri articoli correlati da leggere, sul CORSERVA e Repubblichella3000 non li trovate certi argomenti.

http://www.ilgiornale.it/interni/accuse_e_blitz_ma_dove_sono_prove/16-01-2011/articolo-id=499765-page=0-comments=1
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Messaggio  Luciano Baroni Dom Gen 16, 2011 2:24 pm

sabato 15 gennaio 2011

Boccassini Forni & Sangermano svestino la toga e senza scudi vengano a "riferire" in parlamento della vicenda Berlusconi!!!


Labbra sottili piegate in una smorfia crudele sguardo folle pupille iniettate di sangue cofana di capelli orribilis, disturbo ossessivo-compulsivo. Sotto la toga sempre lo stesso golfino di cachemire rigorosamente rosso! Per quelli del mossad i tratti somatici e il profilo psicolgico di Ilda Boccassini corrispondono alla perfezione a quelli di un killer seriale o di un affiliato di al-Qaeda القاعدة

L'altro ieri la Consulta ha sancito la superiorità dell'ordine giudiziario rispetto a quello democratico, rimettendo nelle mani di un magistrato la decisione ultima in merito all'esercizio della responsabilità politica e istituzionale.
Siamo di fronte a un gesto di arbitrio che non trova precedenti nella nostra storia giuridica al rovesciamento dei cardini non solo della nostra Costituzione, ma dei principi fondamentali di ogni ordine democratico.
La Procura di Milano ha colto la palla al balzo e in un crescendo di delirio d'onnipotenza coniando un inedito capo d'imputazione (festa brianzola con ragazza minorenne extra comunitaria) ha indagato il presidente del consiglio Silvio Berlusconi per le ipotesi di reato di concussione e di prostituzione minorile.
La clamorosa e a questo punto inquietante iniziativa e partita ancora una volta dal solito gruppo di brigatisti i magistrati Ilda Boccassini, Pietro Forno e Antonio Sangermano)

Non bisogna essere giuristi o costituzionalisti per capire che si tratta di un caso intollerabile e gravissimo di ingerenza da parte di certa magistratura.. dell'ennesimo bieco e vergognoso tentativo di ammorbare il quadro politico destabilizzare il paese!
Solamente qualche giorno fa la prima commissione del Csm aveva avanzato richiesta d'archiviazione per il caso Ruby" El Mahroug, e rigettato l'ammissibilità "della lettera esposto" presentata dalla pm Fiorillo.. non avendo riscontrato nessuna infrazione o vizio procedurale nell'operato del Ministro Maroni e della consigliera regionale lombarda PDL Nicole Minetti.. in merito alla vicenda dell'affidamento della ragazza marocchina.
Insomma il caso Ruby solo l'altro ieri era belle che chiuso e archiviato! E oggi magicamente "qualcuno" lo ha riportato alla vita!

Il gesto indifendibile compiuto da questi tre solerti magistrati non è solamente esecrabile biasimevole opinabile e finanche condannabile..ma anche illegittimo. Sembra infatti che la Procura di Milano non avesse titolarità nell'impugnare il caso per una questione di competenze... e non è tutto. La Procura milanese ha indagato sul capo del governo? Se sì, lo ha fatto solo dopo il 21 dicembre, quando il nome di Silvio Berlusconi è stato iscritto nel registro degli indagati? L’indagine è stata fatta in modo rispettoso delle prerogative della carica ricoperta dall'onorevole?
E ancora nel comunicato della procura si parla di un "deputato" intercettato durante le indagini. Se questi fosse Silvio Berlusconi sarebbe stato infranto l'articolo 68 della Costituzione che stabilisce l'inviolabilità della corrispondenza dei parlamentari, compresi i tabulati telefonici.
Se così risulterà.. quest'ultimo attacco ad personam potrebbe trasformarsi nella classica goccia che fa traboccare il vaso!
Forse questa volta l'enclave dei giudici l'unica elitaria corporazione che gode di una vera e totale immunità nel paese ha oltrepassato il segno...passato quel punto critico noto come punto di non ritorno! Auspichiamocelo...davvero, tutti quanti,di destra di sinistra e di centro per il bene dell'Italia e della Giustizia.

http://wwwsocialgame.blogspot.com/2011/01/boccassini-forni-sangermano-svestino-la.html?utm_source=BP_recent
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Cominciando dal CORSERVA, Ruby ! Empty Silvio Berlusconi : discorso in tv oggi.

Messaggio  Luciano Baroni Dom Gen 16, 2011 10:14 pm

16/01/2011 19:31:13 - Categoria: SILVIO

http://video.corriere.it/contro-me-accuse-risibili/d5c1d3f2-219e-11e0-b1a9-00144f02aabc

Cari amici,

alcuni noti PM della Procura di Milano hanno effettuato una gravissima intromissione nella mia vita privata, effettuando una inaccettabile schedatura dei miei ospiti nella casa di Arcore, con l’individuazione di tutti i loro numeri telefonici, hanno messo sotto controllo per diversi mesi i loro telefoni, hanno adottato un atteggiamento discriminatorio e umiliante nei confronti di persone che non hanno alcuna responsabilità se non quella di essere state mie ospiti e di portarmi amicizia e affetto.

Ancora una volta la giustizia è stata piegata a finalità di carattere politico, con una volontà chiaramente persecutoria nei miei confronti. A questi pubblici ministeri non è evidentemente piaciuto il voto di fiducia del 14 dicembre tanto che, subito dopo, mi hanno iscritto nel registro degli indagati.
A quegli stessi PM non è piaciuta nemmeno la decisione della Corte Costituzionale al punto che, il giorno successivo alla sentenza della consulta, con una tempistica perfetta, hanno reso pubbliche le loro indagini.

Ed è gravissimo ed è inaccettabile che, trascorsi 15 giorni, non abbiano man d ato gli atti di queste indagini al T ribunale dei Ministri, come prescrive la legge .

E’ gravissimo, inoltre, che abbiano tentato di accedere ai locali della mia segreteria politica, per ricercare poi chissà cosa, visto che sostengono di avere prove così evidenti da poter richiedere addirittura il giudizio immediato.

In realtà, le accuse che hanno formulato nei miei confronti sono totalmente infondate e addirittura risibili. Il dirigente della Polizia che sarebbe stato “concusso” nega di esserlo mai stato ,
e la persona minorenne nega di aver mai avuto avances né tantomeno rapporti sessuali e afferma di essersi presentata a tutti come ventiquattrenne, fatto avvalorato da numerosissime testimonianze.

La mia vita di imprenditore mi ha insegnato quanto sia difficile affermarsi per una persona giovane, soprattutto agli inizi, perciò, quando posso cerco di aiutare chi ha bisogno.

In particolare, conosco il mondo dello spettacolo e so cosa vuol dire e cosa succede a chi cerca di lavorare in quell' ambiente.

Nel corso della mia vita ho dato lavoro a decine di migliaia di persone e ne ho aiutate a centinaia .
Mai in cambio di qualcosa se non della gratitudine, dell’amicizia e dell’affetto. E continuerò a farlo.

E’ assurdo soltanto pensare che io abbia pagato per avere rapporti con una donna . E’ una cosa che non mi è mai successa neanche una sola volta nella vita. E’ una cosa che considererei degradante per la mia dignità.

A me piace stare con i giovani, mi piace ascoltare i giovani, mi piace circondarmi di giovani.

Alcune di queste persone le conosco da diversi anni, altre da meno tempo, ma di molte conosco la situazione di disagio e di difficoltà economica. Le ho aiutate in certe occasioni e sono orgoglioso di averlo fatto.

Ho dato spesso incarico ai miei collaboratori di aiutarle per la loro casa, per le cure mediche, per l’educazione dei loro figli. Non c’è mai stata, lo ripeto, mai, alcuna correlazione fra denaro e prestazioni sessuali.

Ancora: sono destituite di ogni fondamento le accuse a Emilio Fede, a Lele Mora e a Nicole Minetti.

Emilio Fede è un amico carissimo da sempre. Lele Mora lo conosco da molti anni per il suo eccellente lavoro a Mediaset. L’ho aiutato in un momento di grande difficoltà economica e di salute e sono orgoglioso di averlo fatto. So che, quando potrà, mi restituirà quanto gli ho prestato.

Nicole Minetti è una giovane donna brava e preparata, che sta pagando ingiustamente il suo volersi impegnare in politica.

In un paese libero e democratico è inaccettabile che la P rocura faccia in modo che vengano divulgati frammenti di telefonate private di tutte queste persone, che hanno osat o venire a casa mia.

Tra l’altro accade spesso, come è noto a tutti, che quando si parla al telefono si usino toni e modi diversi rispetto al dialogo diretto tra persone.

Certe frasi, pronunciate in tono magari scherzoso, sono completamente diverse quando vengono lette sulla stampa nelle trascrizioni . E poi molto spesso nelle conversazioni private, tra amici, ci si vanta magari per gioco di cose mai accadute o si danno giudizi superficiali per amore della battuta.

E in più è inaccettabile che si facciano delle perquisizioni con metodi intimidatori nelle case di queste persone ospiti, sequestrando di tutto e di più, conducendole poi per un intero giorno in questura
alla stregua di m alfattori e per di più impiegando in queste operazioni più di cento uomini, un impegno di forze degno di una retata contro un’organizzazione mafiosa.

E’ gravissima, è inaccettabile, è contro la legge, questa intromissione nella vita privata delle persone.

Perché quello che i cittadini di una libera democrazia fanno nelle mura domestiche riguarda solo loro .
Questo è un principio valido per tutti e deve valere anche per me.

Del resto nessuno può essere rimasto turbato da quelle serate perché tutto si è sempre svolto all’insegna della più assoluta eleganza, del più assoluto decoro e tranquillità e senza nessuna , nessuna implicazione sessuale.

Tutti i partecipanti a quelle serate hanno rilasciato al riguardo dichiarazioni inequivocabili.

Del resto io, da quando mi sono separato, ma non avrei mai voluto dirlo per non esporla mediaticamente, ho avuto uno stabile rapporto di affetto con una persona che ovviamente era assai spesso con me anche in quelle serate e che certo non avrebbe consentito che accadessero a
cena, o nei dopo cena, quegli assurdi fatti che certi giornali hanno ipotizzato.

In conclusione, non si può andare avanti così.

Non è un paese libero quello in cui quando si alza il telefono non si è sicuri della inviolabilità delle proprie conversazioni. Non è un paese libero quello in cui alcuni magistrati conducono delle
battaglie politiche usando illegittimamente i loro poteri contro chi è stato democraticamente chiamato a ricoprire cariche pubbliche.

Non è un paese libero quello in cui una casta di privilegiati può commettere ogni abuso a danno di altri cittadini senza mai doverne rendere conto.

Occorre fare immediatamente le riforme, tra cui anche quella della giustizia, che rendano il nostro paese anche sotto il profilo della tutela dei diritti fondamentali di ogni cittadino simile alle
altre grandi democrazie.

Noi ci impegneremo strenuamente per fare tutte queste riforme.

Silvio Berlusconi
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Messaggio  Luciano Baroni Dom Gen 16, 2011 11:47 pm



http://www.libero-news.it/news/630916/Pm_a_caccia_di_Silvio__mancano_foto_e_video.html
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Messaggio  Luciano Baroni Dom Gen 16, 2011 11:59 pm

L’articolo 600 bis

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Scritto da Bartolomeo Di Monaco
domenica 16 gennaio 2011


...
"Art. 600-bis Prostituzione minorile(1)
Chiunque induce alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto ovvero ne favorisce o sfrutta la prostituzione è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da €15.493 a €154.937.
Salvo il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a € 5.164.(2)
Nel caso in cui il fatto al secondo comma sia commesso nei confronti di persona che non abbia compiuto gli anni sedici, si applica la pena della reclusione da due a cinque anni.(2)
Se l’autore del fatto di cui al secondo comma è persona minore di anni diciotto si applica la pena della reclusione o della multa, ridotta da un terzo a due terzi.(2)</em>
(1)Art.inserito ex l. 3/8/1998 n.269;(2)Comma secondo così sostituito ex l. 6/2/2006 n.38"

.

Cito l’articolo con cui la Boccassini & C. incriminano Silvio Berlusconi per eventuali rapporti sessuali intrattenuti con l’allora (febbraio-maggio 2010) minorenne Ruby, perché leggendo questo ed altri articoli rifletto che il fidanzato Luca Risso potrebbe trovarsi nella stessa situazione del premier e rischiare un procedimento a suo carico da parte dei pm: milanesi o genovesi c’è solo l’imbarazzo della scelta. Nell’articolo si legge infatti:

“Ruby, che in questi giorni è a casa del suo manager-fidanzato Luca Risso a Genova, ha tra l’altro sempre ribadito di non avere mai avuto rapporti sessuali con il premier e, in ogni caso, di avergli sempre detto all’epoca della loro conoscenza (primavera 2009) di avere 24 e non 17 anni. “ Stando a quel che leggo qui, il fidanzamento tra i due dovrebbe essere avvenuto intorno all’agosto 2010, quando Ruby era ancora minorenne.

Se è vero, dunque, che non c’è nessuna foto che prova che Berlusconi sia stato a letto con la minorenne Ruby e le accuse si basano su illazioni, del tipo: Visto questo non ne può discendere che quest’altro; anche per Luca Risso un eventuale pm che decidesse di guadagnarsi la prima pagina sui quotidiani più in vista potrebbe dedurre che Luca Risso (“manager-fidanzato”), non solo abbia fatto sesso con la fidanzata minorenne Ruby, ma che fosse a conoscenza della sua abitudine tutta speciale (e che non sembra sia mai stata interrotta) di frequentare ambienti chiacchierati e a rischio secondo i divieti del 600 bis, primo comma, e non abbia fatto nulla per contrastarla.

Povero Luca Risso, se l’esempio della Boccassini dovesse essere preso a modello anche dai pm genovesi, o se la stessa Boccassini ravvisasse, per un’altra delle sue visioni, una qualche implicazione di Risso nella vicenda che colpisce il premier.

Un cittadino, al minimo proprio dell’obiettività, potrebbe legittimamente chiedersi come mai ci si fermi – se i criteri sono quelli – soltanto a Berlusconi, Lele Mora e Minetti.
La legge non è uguale per tutti?

A scanso di equivoci voglio assicurare Luca Risso che lo considero del tutto innocente, e che il mio è stato solo un modo per mettere in rilievo l’agire improvvido e scriteriato della magistratura milanese, che sembra agire nella totale mancanza di prove concrete, necessarie per sopportare un tale capo di accusa. Come considero innocenti fino a prova contraria i malcapitati in questa vicenda in cui i reati non sembrano sussistere, se non per l’odio politico, che fa strame degli elementari principi di giustizia e di buon senso.

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Cominciando dal CORSERVA, Ruby ! Empty Fossi uno dei pm milanesi…

Messaggio  Luciano Baroni Lun Gen 17, 2011 12:00 am

… che indagano sui rapporti tra il premier Silvio Berlusconi e la bella Ruby, mi vergognerei.
Con i tanti pasticci che accadono in Italia, si sprecano tempo e denaro per indagare su ciò che Berlusconi fa nella sua camera da letto. E questo da anni.

Mi domando se davvero Ilda Boccassini, Pietro Forno e Antonio Sangermano, i tre che hanno mosso le accuse, sentano di fare qualcosa che abbia a che fare con la giustizia, e non provino invece disgusto nel mettere le mani sulla vita privata di un uomo, sia pure il presidente del Consiglio.

Fallita ogni altra strada per eliminarlo dalla scena politica, certi magistrati si sono ridotti a frugare tra le lenzuola. Che squallore.

E che l’accanimento sia perverso, lo dimostra il fatto che una delle imputate, anzi la maggiore, Ruby, da quando è iniziata la caccia non fa altro che affermare che tra lei e il presidente del Consiglio non c’è mai stato sesso.
La si reputa pregiudizialmente mentitrice, pur di incastrare il presidente del Consiglio. Che squallore!

Chi sa quanti in Italia sono stati accusati da minorenni di averle sfruttate o circuite. Chi sa se i magistrati si siano mai mossi in loro difesa. Qui, invece, ci troviamo dinanzi al caso che la minorenne nega ripetutamente di aver fatto sesso con Berlusconi e i pm credono di saperne più di lei.

Hanno in mano qualche foto che la sorprende a letto con il premier? Non sembra proprio, altrimenti, visto con che velocità sono uscite le notizie dalla procura, tutti gli italiani lo avrebbero già saputo. Non solo, ma la foto sarebbe apparsa sin da stamani su tutti i giornali di casa nostra e stranieri. Su Youtube avrebbe fatto il giro del mondo.

Se non ci sono prove di questo tipo, che cosa mai può valere più delle parole dei diretti interessati? Mentono? Sia pure. Ma se non ci sono prove schiaccianti in grado di confutarli, la faccenda non può che rimanere nell’ambito privatissimo, tra loro due, insomma, e nessuno può violentare la loro scelta o metterla in dubbio.

Per metterla in dubbio ci vogliono prove schiaccianti.
E non sembra che lo siano quelle che hanno ipocritamente indotto i pm milanesi a scegliere il rito immediato. Ripeto: altrimenti le prove le avremmo già trovate riprodotte e scritte su tutti i giornali del mondo.
Quindi è accanimento, e grave accanimento, che mette aprioristicamente in discussione la credibilità di persone che, mi pare, non sono mai andate in galera per reati e che meritano credibilità. Non sarebbe stato meglio, per non sguazzare in questa melma, considerare quanto già dichiarò Berlusconi? Ossia, che in ogni caso egli non sapeva che Ruby fosse minorenne (del resto nel maggio scorso Ruby aveva 17 anni e mezzo e, guardando la ragazza, non sarebbe stato così difficile credere a Berlusconi).

Dove stiamo andando? In che marciume ci sta facendo precipitare certa magistratura? Come si può fare ad arrestare questa follia che non fa bene al nostro Paese?
Lo immaginate se altrove, in mancanza di prove certe, si andasse in giro a spifferare fantasiose ricostruzioni di scandali sessuali di questo o di quell’uomo in vista?

Ma non da giornali scandalistici, ai quali qualunque scoop falso o vero che sia porta denaro. No. Addirittura da magistrati! All’estero è impensabile quanto sta accadendo, per un’azione della magistratura, a Berlusconi e a Ruby, reputati, contro la presunzione di innocenza costituzionalmente protetta, colpevoli nonostante reclamino entrambi (parti in causa e contrapposte) la loro innocenza. O domattina saltano fuori le prove certe o questo abominio deve finire! Subito!

Se tutto finirà, come mi auguro e come sospetto, in una bolla di sapone, questa spregevole deriva della magistratura qualcuno dovrà avere il coraggio e l’onestà di sanzionarla.
La politica riassuma il suo ruolo primario. E in fretta!

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Cominciando dal CORSERVA, Ruby ! Empty A me pare una spiegazione da condividere.

Messaggio  Luciano Baroni Lun Gen 17, 2011 2:08 pm

http://linkati2lu.files.wordpress.com/2011/01/granzotto1.pdf
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Cominciando dal CORSERVA, Ruby ! Empty Qui c'è quanto, anche nel Blog di Crespi, non si capisce.

Messaggio  Luciano Baroni Mar Gen 18, 2011 1:12 am

LE INDAGINI SUL CASO RUBY

L'attacco alle libertà individuali
Qui sono in gioco persone la cui privacy e dignità
sono state violate due volte


Se la magistratura volesse intercettare il presidente del Consiglio dovrebbe chiederne l'autorizzazione al Parlamento; che (probabilmente) non la concederebbe. Così, gli inquirenti del «caso Ruby» - non potendo intercettare il presidente del Consiglio - hanno monitorato in vari modi le persone che ne frequentavano le abitazioni private e che perciò stesso sono finite sui giornali. Uomini che, nell'immaginario collettivo, sono, ora, l'archetipo del vecchio porcaccione; ragazze che una certa opinione pubblica immagina - diciamo così - disposte a concedersi a chiunque in cambio di una raccomandazione.

Qui, le (supposte) «distrazioni» di Berlusconi - delle quali, se passibili di sanzione giudiziaria, risponderà eventualmente in Tribunale - non c'entrano; qui sono in gioco persone le cui libertà individuali, fra le quali quella alla privatezza e alla dignità, sono state violate due volte: innanzi tutto, per essere state monitorate solo perché avevano frequentato le abitazioni private del presidente del Consiglio; in secondo luogo, per essere, adesso, segnate con un marchio morale di infamia agli occhi dell'opinione pubblica. Diciamola tutta: da che mondo è mondo, se si dovessero pubblicare le generalità di uomini e di donne dediti a certi esercizi non basterebbero le pagine degli elenchi telefonici, altro che le pruriginose cronache dei giornali! E, poi, a che pro? Mettiamola, allora, per un momento, sul paradosso. Personalmente, non ho alcuna familiarità con Silvio Berlusconi, non sono mai stato invitato in una della sue abitazioni; tanto meno in compagnia di ragazze di bella presenza. Ma, dopo quanto ho letto sui media, dico subito che se, per una qualsiasi ragione, il presidente del Consiglio mi volesse vedere, lo pregherei di incontrarci a Palazzo Chigi, magari in presenza del mio vecchio collega e amico Gianni Letta, o lo inviterei io stesso in qualche ristorante milanese dove vado con mia moglie e i miei nipotini. La prospettiva di finire sui giornali, dopo un incontro ad Arcore, come partecipe di un rito «bunga bunga» - che, a dire la verità, non ho neppure ancora capito che diavolo voglia dire; i lettori mi perdoneranno, sono un uomo all'antica - la trovo francamente surreale e inaccettabile.

Per essere ancora più chiaro. Di fronte a un'ipotesi di reato - e soprattutto un'ipotesi di reato che riguardi la prostituzione di una minorenne - è legittimo che la magistratura chiami Berlusconi a risponderne ed è, altresì, sperabile che lui vada a difendersi in un'aula di tribunale (invece di farne una questione politica) come ogni altro cittadino, fatte salve le prerogative proprie del suo ruolo, come ha riconosciuto la stessa Corte costituzionale. Non mi pare, invece, né consono a uno Stato di diritto né, tanto meno, a un Paese di democrazia liberale, diciamo pure, civile, che - per suffragare le accuse nei suoi confronti - si siano monitorate centinaia di altre persone, finendo con infangarne la reputazione, quale essa sia o si presuma che sia. L'idea che, d'ora in poi, sul bavero delle giacche di un certo numero di cittadini sia stato applicato, ancorché metaforicamente, un marchio quasi razzistico - ai maschi, il distintivo delle proprie senili debolezze; alle donne, quello della propria (supposta) disponibilità a soddisfarle - per il solo fatto di aver frequentato certe abitazioni, dovrebbe essere, per la coscienza di ciascun italiano, una mostruosità non solo giuridica, ma morale. Il Paese dovrebbe rifletterci se non vuole precipitare definitivamente nella barbarie.

L'agenzia inglese Reuters - si badi, inglese, un Paese dove la presunzione di innocenza è scritta nella tradizione, nel costume, nella storia, prima che nella legge - nel dare la notizia delle accuse a Berlusconi, ha rivelato anche la fonte dalla quale le aveva apprese: ambienti vicini agli stessi inquirenti. Anche qui non voglio entrare nel merito delle accuse. Mi limito a segnalare che, per ora, in attesa che la magistratura ne precisi la natura attraverso una serie di prove fattuali in sede di giudizio, tutto ciò che appare dai media è che anche al bavero della giacca dell'«inquisito» Silvio Berlusconi è stato applicato un marchio di infamia morale e che ciò, quale sia poi l'esito di un eventuale processo, è già sufficiente ad averne infangato l'immagine e la reputazione.

Questa non è una difesa del capo del governo, cui già provvedono lui stesso e i suoi avvocati, ma di alcuni principi che dovrebbero presiedere a ogni inchiesta giudiziaria e al giudizio di ciascuno di noi. Berlusconi ne risponda in un'aula di tribunale, dove, i suoi legali - che, finora, non hanno di certo goduto degli stessi mezzi di indagine, per non dire della complicità di certi media, di cui ha goduto la magistratura inquirente - sarebbero finalmente su un piano di parità con l'accusa.
Contemporaneamente, però, la domanda alla quale forze politiche, media, opinione pubblica, perché no, la stessa magistratura, mi piacerebbe volessero rispondere è se lo spettacolo cui stiamo assistendo sia quello di cui andare fieri come cittadini di un Paese appena normale. Tanto dovevo, non a Berlusconi, ma a quello straccio di verità cui dovrebbe sempre tendere ogni spirito libero.


Piero Ostellino
17 gennaio 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Cominciando dal CORSERVA, Ruby ! Empty Uno dei pochi che scrive di cose serie : attenzione agli altri.

Messaggio  Luciano Baroni Mar Gen 18, 2011 11:51 am


18-01-2011


Lo avevamo visto

Le dimissioni di Silvio Berlusconi non sono un evento probabile. Neanche auspicabile. Anzi, sarebbero una tragedia, un errore imperdonabile, un danno non ai suoi tifosi o agli interessi che direttamente egli rappresenta, ma all’Italia, che si vedrebbe nuovamente condannata a non uscire dalla propria storia peggiore. Le ammiraglie del giornalismo muovono in quella direzione, offrendo, in cambio delle dimissioni, il diritto di nominare il successore. Sembra una posizione cinica, invece è sintomo di scarso, o punto, senso delle istituzioni. E della storia, direi.

La questione rilevante non è l’ennesima inchiesta, nella quale si materializza l’essere giunti al fondo del trogolo, ma un attacco e una resistenza oramai privi di senso politico. In una democrazia la condotta privata dei governanti è rilevante, e quella cui s’è dedicato il presidente del Consiglio non accettabile. Ma è materia che si sottopone agli elettori. La pretesa della penalizzazione nasce dalla convinzione che gli elettori non sarebbero disposti a cambiare governate, sicché debbano essere le baionette giudiziarie a provvedere. Un incubo, questo, che viviamo dal 1992-1994, e dal quale non usciremo se non avendo il coraggio della verità e la forza delle riforme. Oggi, invece, anche nelle vicende pecorecce che colmano le pagine di un giornalismo cieco all’Italia, viviamo la viltà dell’attentato e lo sfinimento del campare senza cambiare.

Anche il più accanito degli antiberlusconiani non può non accorgersi che è pazzesco pensarlo al centro di trame mafiose, intrallazzi finanziari e traffico di prostitute. Si deve essere fuori di testa per immaginare una roba simile. Ma anche il più severo degli antigiustizialisti non può non osservare che i pubblici ministeri non possono essere sfidati e svillaneggiati uno ad uno, mano a mano che si fanno avanti, come se non spettasse al legislatore cambiare le regole in base alle quali agiscono. Se non si è capaci di farlo allora sì, sarà meglio togliersi di torno.

Il cambio di cavallo, il passaggio delle consegne dal capo del governo ad un suo nominato, sarebbe la peggiore delle soluzioni. Certamente non una via d’uscita. Sarebbe uno schiaffo agli elettori, una violazione delle regole, una certificazione d’impotenza, sia della maggioranza berlusconiana che dei suoi oppositori. Un suggello di generale insipienza.

Noi vedemmo tutto questo, segnalammo sia la necessità d’impostare, subito, le riforme istituzionali che d’avviare le procedure per le elezioni anticipate. E’ chiaro che non regge un sistema che produce personalismi esasperati senza predisporre poteri in capo ai vincitori. Frugare nelle mutande non m’entusiasma, ma ha un senso ove si selezionano capi cui ci si affida. Farlo in un sistema parlamentare, ove nessuno ha alcun potere specifico, è da perversi. E, del resto, era chiaro anche che, per l’ennesima volta, la maggioranza vincitrice nel 2008 si sarebbe spaccata, lasciando una compagine numericamente più debole ad affrontare i rigori della crisi (che si sentono oggi più che allora), sfidandola a far riforme di cui non sarebbe stata capace. Fu ragionando politicamente che immaginammo l’avvicinarsi delle urne e il focalizzarsi dello scontro sui temi dell’assetto costituzionale. Il mondo politico, invece, ha prodotto vaniloquio, mentre le elezioni anticipate sono concepite non come ripartenza, bensì come alternativa al trapasso. Ci si arriva per decomposizione, anziché per rigenerazione.

Cambiare cavallo è un trucco puerile, un modo per non fare i conti con gli ultimi venti anni di storia nazionale, un sotterfugio per far passare Berlusconi senza averlo battuto, predisponendo l’Italia a cadute rovinose e al precipitare nell’immoralità immonda del moralismo senza etica. Un Paese di scriteriati, che si danno malati se c’è da lavorare e rompono il termometro pur di andare a giocare a palla, quindi dediti alla decadenza e predisposti alle infezioni. C’è un’altra Italia che non merita tutto questo, che ha diritto di aspirare ad una terza Repubblica che non sia la tomba della seconda, come la seconda è stata l’agonia interminabile della prima. Trovi la forza di parlare, o si rassegni all’amara sorte d’essere ricommemorata, fra altri 150 anni, dai pronipoti di tutti quelli che le vollero male




18-01-2011


Nel fango


Vista da fuori l’Italia sembra un’arena di lottatori nel fango. Sembra che a nessuno importi nulla del danno arrecato non dico all’immagine, ma direttamente ai nostri interessi. Sembra che a nessuno importi un fico secco dei tantissimi italiani che si distinguono ed eccellono in giro per il mondo, cui la sera s’infligge il supplizio di spiegare cosa diavolo succede nel loro Paese. I più ottimisti dicono: anche negli Stati Uniti il Presidente è stato costretto a parlare di quel che avvenne sotto al tavolo dello studio ovale. E’ vero, ma il tutto durò qualche mese, fu comunque un danno, colpì la sua credibilità (anche perché non era credibile), e tutto si chiuse con la suturazione della ferita giudiziaria e l’inesistenza di motivi per procedere. Noi andiamo avanti da diciassette anni.

I brasiliani che si tengono Cesare Battisti (e lo fanno per mettere in difficoltà i rapporti con le nostre imprese, non certo per amore d’un personaggio spregevole quanto pochi altri) possono sempre dirci: non ci siamo mai permessi di descrivere la vostra giustizia con parole così colorite quali quelle utilizzate da chi vi governa. Tesi strumentale, ma non priva di fondamento. La stampa anglosassone pubblica quel che giunge dai festini, ma sottolineando che la fonte sono gli uffici giudiziari. Come a dire: un Paese incivile, ove rivolgersi alla giustizia serve solo ad esporsi al pubblico ludibrio. Da noi sono tutti pronti a far le prime pagine per le inchieste più inverosimili, in cui costumi debosciati vengono descritti come (improbabili) crimini, ma la notizia che i delinquenti condannati se ne vanno a spasso perché il signor giudice impiega più di quattro anni per redigere la sentenza finisce nelle pagine di cronaca, ci vive un solo giorno e poi se ne ricorda solo il citato criminale, che ci fa marameo a tutti.

Silvio Berlusconi ha le sue responsabilità, ne ho già scritto: certe condotte non sono compatibili con il posto che occupa, né si può pensare che un fidanzamento sia notizia rilevante per un Paese che ha bisogno d’essere governato. Ma la prima sua responsabilità è quella di non avere puntato subito, dopo la vittoria elettorale, ad una riforma profonda e radicale della giustizia, che la faccia somigliare a quella dei Paesi civili. E se il capo della maggioranza non è esente da colpe, che dire dei tanti capi e capetti dell’opposizione? Sono diciassette anni che cercano di mettere fuorilegge un avversario politico che non riescono a battere, sono tre lustri che puntano sulle procure perché riescano dove loro non sono capaci. Se avessero sale in zucca, se avessero un’idea, magari sfumata, di cosa sia l’interesse nazionale avrebbero provveduto loro a proporre la riforma necessaria, facendo la parte non solo delle persone responsabili e ragionevoli, ma anche di quelli abbastanza sicuri di sé da non dovere scommettere tutto sull’abbattimento dell’avversario.

Nell’insieme il sistema politico non è stato capace d’altro che continuare la lotta nel fango, inzaccherandoci tutti di schizzi che meritiamo solo nella misura in cui consideriamo sopportabile un tale spettacolo. Dal 1994 in poi s’è divisa l’Italia in tifoserie forsennate, disposte a tutto, pure a segare il ramo dove sono sedute, pur di vedere crollare l’altra curva. Il costo di tale comportamento è elevatissimo, e il più grande colpo lo si è portato alla democrazia: a che serve votare se a chi vince viene impedito, con ogni mezzo, di legiferare e governare?

Coltivo la speranza che le ultime vicende facciano accendere il lume dell’orgoglio e dell’interesse nazionale. Resto convinto che c’è un’altra Italia, che non merita d’essere strapazzata nel fango.
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Cominciando dal CORSERVA, Ruby ! Empty Mio intervento a Libero e in qualche Blog.

Messaggio  Luciano Baroni Mar Gen 18, 2011 3:00 pm

Qui ci sono dei "tutori della Legge" che, a mio avviso, la stravolgono e la prova sta nel fatto che NON hanno mandato il materiale, come la Legge prescrive, al Tribunale dei Ministri dopo i 15 giorni canonici dall'inizio dell'indagine.

Ancora una volta, questa casta dimostra di essere, loro sì, più uguali di qualsiasi altro cittadino, altro che l'art. della Costituzione che richiamano sempre a sproposito.

Aggiungo : abbiamo la "giustizia" peggiore di risultati al Mondo, vediamo TUTTI i giorni i guasti che LORO addossano ai cittadini e vediamo anche che la lungaggine dei processi porta a delle aberrazioni immense, quali quelle di "sentenze sullo stesso caso per persone e fatti avvenuti, DIVERSE TRA LORO anche dalla stessa Cassazione", vediamo che "hanno tanto lavoro" che permette a ergastolani condannati di uscire dalle carceri perchè NON VIENE DEPOSITATA LA SENTENZA.

Basta : Riforma inderogabile.
Via chi commette queste aberrazioni dalla Magistratura.

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Messaggio  Luciano Baroni Mar Gen 18, 2011 10:28 pm

Ma scusa, Luciano, in America silurarono un presidente che aveva messo cimici per ascoltare il partito avverso.


Quì la magistratura si permette di ascoltare un premier, che in Italia dovrebbe essere la massima carica operante e questo è nulla ?


Ma quei bastardi dei servizi segreti dove sono ?


Non so cosa ha detto il Presidente della repubblica, uno di quelli che fino a qualche anno fa disdegnava la bandiera italiana, bandiera che non essendo rossa, era fascista.


E poi se Fini insiste a dire che in fin dei conti è il Presidente che deve decidere se sciogliere le camere e cercare eventualmente una nuova maggioranza, vuol dire che il piano è questo e Fini lo sapeva da circa un anno e lui vi ha preso parte.
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Messaggio  Luciano Baroni Mer Gen 19, 2011 1:24 am


TOGHE IN FALLO


Quanti errori nella Procura che va a caccia di lucciole
Intercettazioni-fantasma, irregolarità procedurali, arresti poi rivelatisi ingiusti: qualche emblematica cantonata dei magistrati di Milano
ANDREA SCAGLIA

La risolutezza con cui i magistrati hanno chiesto il rito immediato per lo scandaloso Silvio lascia supporre che stavolta siano convinti di averla davvero in mano, la pistola fumante- e sia detto senza doppi sensi. E non è nemmeno che qui si voglia negare l’imbarazzante situazione in cui s’è cacciato il premier, figuriamoci, né l’eventuale gravità del reato se fosse accertato. Ma visti i toni imperanti, e mantenendosi su un piano strettamente giuridico-garantista, ecco, si vorrebbe ricordare che la colpevolezza la stabilisce la sentenza finale. E, in questo senso, le carte sventagliate dagli stessi pm non rappresentano di per sé un pronunciamento definitivo. Banale, ma in Italia ce lo si dimentica spesso.

Anche perché, in passato, persino gli immarcescibili giudici di Milano non si sono dimostrati impermeabili alle – diciamo così – gaffes procedurali. Anche legate alle intercettazioni. Tanto per cominciare con un evergreen, subito viene in mente il caso del bar Mandara, giorno 2 marzo 1996, con l’intercettazione ambientale del colloquio fra il giudice Squillante e il collega Misiano, inizialmente considerata uno dei cardini dell’inchiesta milanese sulla corruzione fra le toghe romane - inchiesta coordinata anche da Ilda Boccassini. E poi si sa, venne fuori che la microspia funzionava male, l’audio risultava frammentato – qualcuno insinuò addirittura manipolato - e gli agenti avevano trascritto quanto ascoltato su un tovagliolo. E insomma, la prova-regina fu considerata non valida, e la scorrettezza definita grave anche dal Csm. (Va detto che il fascicolo a carico dei due agenti fu archiviato).

Più recentemente, un altro scivolone milanese, anch’esso emblematico. Riguarda quella che, anche questa volta, veniva definita un’intercettazione chiave nell’inchiesta relativa alla scalata Antonveneta. Conversazione del 9 luglio 2005 fra il capo degli ispettori della Banca d’Italia, Francesco Frasca, indagato per abuso d’ufficio a favore del banchiere Gianpiero Fiorani, e il suo avvocato Franco Coppi. E poteva far pensare, quel colloquio, che il primo avesse in realtà eseguito ordini dell’allora governatore di Bankitalia Antonio Fazio. E però è illegale intercettare le conversazioni fra un soggetto e il suo legale: il nastro avrebbe dovuto essere distrutto. E invece rappresentò un importante elemento di prova nell’ordinanza con cui il gip Clementina Forleo accolse le richieste della Procura milanese di sequestrare d’urgenza quasi il 50 per cento delle azioni Antonveneta.
La stessa Procura ammise l’errore.

Un’ultima storia. Forse ancor più significativa, visto che coinvolse persone nient’affatto potenti né famose. Evidenziando come, a volte, anche un magistrato di grande esperienza come la Boccassini possa incappare in incredibili abbagli.
E dunque, siamo nel maggio 1998. Sharifa, una donna somala, viene fermata all’aeroporto di Linate. Con lei ha due bambini. In sostanza, viene accusata di voler far entrare clandestinamente in Italia i piccoli per chissà quali motivi. Lei protesta, sostenendo che siano suo figlio e sua nipote. Non le credono, forse non la capiscono, magari lei stessa si esprime male. Resta il fatto che proprio la Boccassini ne dispone l’arresto, decisione per la verità poi confermata da altri organismi quali il gip e il Tribunale della Libertà.
Sharifa finisce in carcere, a San Vittore, e ci resta per più di cinque mesi. I bambini in istituto. La vicenda si chiarisce solo dopo una battaglia legale e il risolutivo esame del Dna, che conferma la versione della donna. Nel 2000 il Csm avrebbe poi assolto la Boccassini e gli altri magistrati coinvolti nel caso, peraltro in disaccordo con la relazione di minoranza presentata da Michele Vietti. Il quale era convinto che potessero invece «ravvisarsi elementi di negligenza e di imperizia» nel loro comportamento. Vietti è attualmente vicepresidente in carica proprio del Csm.

E questo, ripetiamo, non necessariamente per dare addosso ai giudici in malafede.
Solo, è bene ricordare che questi - fino a sentenza - non sono la Legge. Ma solo una parte in causa.
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Messaggio  Luciano Baroni Mer Gen 19, 2011 1:29 am

I pm hanno superato ogni limite Serve una legge antibarbarie

GENNARO MALGIERI

La mattanza non prevede regole, né limiti.
Nella caccia grossa tutto è consentito. Anche la distruzione della dignità, della libertà e del diritto alla privacy di chi non ricopre il ruolo della preda, pur aggirandosi nei suoi paraggi. Insomma, se per estromettere Berlusconi dalla vita pubblica, ridurlo a simbolo del “male assoluto”, esiliarlo dalla comunità civile bisogna smembrare le esistenze di persone a cui nulla è imputabile se non la sua amicizia, è lecito servirsi degli strumenti investigativi, ben al di là di qualsivoglia criterio di ragionevolezza, vuol dire che la democrazia è in pericolo. I solerti inquirenti, animati dal sacro fuoco della moralità, ben sapendo che il Cavaliere non può essere intercettato in quanto parlamentare, hanno pensato bene di sottoporre ad una sistematica “sorveglianza” coloro che con lui hanno a che fare, il cui “privato” è ora alla mercé di chiunque, propalato a dispense quotidiane da sedicenti autorevoli giornali, anch’essi partecipi dell’immondo safari contro il Grande Corruttore. Attraverso le intercettazioni, insomma, è stato costruito un girone infernale mediatico nel quale sono finiti tutti quelli che, in un dato periodo, hanno frequentato, al di fuori della politica, il Nemico Pubblico. Il quale, sapendosi difendere, aggredirà legalmente i suoi accusatori.

Ma gli altri e le altre? Mostruosi personaggi, che sembrano usciti da un dipinto orrifico di Hieronymus Bosch, sulla cui pelle resterà attaccata chissà per quanto il marchio dell’infamia per essere entrati ed usciti dal Tempio della Perversione, vale a dire la brianzola villa di Arcore.
Cosa faranno le decine di innocenti sbattuti sulle pagine dei giornali, schizzati sui siti web di tutto il mondo, in fuga dalla vicinanza con le normali persone che salutavano cordialmente fino a pochi giorni fa? Impugneranno le decisioni dei solerti inquisitori e chiederanno giustizia sapendo di non averla né domani né mai? Certo, imprecheranno contro la barbarie delle intercettazioni, ma con poca soddisfazione.
Nei “Racconti della Kolyma” Varlam Salamov racconta del perfetto ingranaggio spionistico tra i prigionieri del sovietismo trionfante, non diversamente da come l’ha raccontato Aleksandr Solzenicyn in “Arcipelago Gulag”: informazioni sottilmente carpite atte a distruggere non soltanto le vite in ostaggio, ma anche le loro famiglie lontane, gli affetti forzatamente abbandonati.

Nei nostri tempi, i sorvegliati del gossip giudiziario a fini politici scontano colpe che non hanno, delitti mai commessi, intenzioni criminose neppure immaginate. E sono di dominio pubblico le loro facce, le abitudini che coltivano, i luoghi che frequentano, le provenienze sociali, le aspirazioni che nutrono.
Non so se in qualche altro Paese al mondo per distruggere un primo ministro ci si incanaglisca al punto di mettere a soqquadro le privatissime esistenze di persone imputate di nulla e nemmeno indiziate di qualcosa, infangate nella reputazione e private del diritto alla libertà di fare l’uso che credono del proprio tempo sempre che non costituiscano associazioni per delinquere.

Cosa c’è nelle centinaia di pagine di intercettazioni inoltrate alla Camera? Proviamo ad immaginarlo, senza difficoltà viste le anticipazioni che già sono state divulgate da chi dovrebbe avere il pudore di tener riservato ciò che dagli uffici giudiziari non dovrebbe mai uscire. Ci sono chiacchiere di nessuna rilevanza penale, per quanto scollacciate possano essere. Ma tanto basta a mettere alla gogna decine di esseri umani.

Dove sono i cultori della legalità? Continuano a negare che lo spregiudicato ricorso alle intercettazioni sta imbarbarendo il nostro Paese come nessun altro in Occidente? Diano uno sguardo alle legislazioni della Gran Bretagna, della Francia e della Germania dove quasi nessun magistrato fa ricorso a tale strumento investigativo, per rendersi conto della dissoluzione dello Stato di diritto in Italia. Essere processati, in assenza di reati specifici sui media senza potersi difendere, è la più mostruosa delle aberrazioni.

Se a Berlusconi rimanesse la possibilità di far approvare un solo provvedimento, dovrebbe riguardare la disciplina delle intercettazioni. Senza mediazioni e timidezze. Per un elementare senso di civiltà
.
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Cominciando dal CORSERVA, Ruby ! Empty Intervista ad un Liberale vero, altro che Bersani e company.

Messaggio  Luciano Baroni Mer Gen 19, 2011 12:32 pm

mercoledì 19 gennaio 2011, 08:00


Cubeddu: "Giusto resistere. Calpestate le libertà individuali"

di Luigi Mascheroni


Piero Ostellino, sul Corriere della se­ra di due giorni fa, il 17 gennaio, ha firmato un articolo dal titolo «L’at­tacco alle libertà individuali» nel quale denuncia la violazione della privatezza e della dignità commes­sa nell’inchiesta del caso Ruby. Un’opinione così «controcorrente» da suscitare commenti e discussio­ni. Che qui vogliamo continuare.

Raimondo Cubeddu, do­cente di Filosofia politica e pen­satore non allineabile, come tut­ti i veri liberali, su posizioni di de­stra o di sinistra, non è solo uno dei nostri più autorevoli studiosi del liberalismo, ne è anche un in­­terprete rigoroso: senza dubbi e senza distinguo. Garantire le li­bertà individuali, ossia la digni­tà, la privacy, il diritto alla riserva­tezza, di qualsiasi persona, in qualsiasi contesto, è un dovere assoluto.
È così professore? La liber­tà individuale è sacra, sem­pre e comunque?
«Sempre e comunque».
Anche se si tratta di un’alta carica dello Stato coinvolta in uno scandalo sessuale?
«Sì,anche in questo caso.E so­prattutto se si pensa che, nel ca­so Ruby, l’indagine si concentra non su comportamenti crimina­­li, ma morali. Il che è una follia».
Perché è una follia?
«Ammettiamo pure che tutte le cose che raccontano le inter­cettazioni siano vere, e che dav­vero nell’abitazione del premier sia successo quello che si dice. Bene: rimane il fatto che, alme­no secondo le rivelazioni dei giornali, non è emersa alcuna de­nuncia da parte delle ragazze coinvolte nelle feste. Non si ri­scontra alcuna ipotesi di violen­za o coe­rcizione da parte di qual­cuno nei confronti di qualcun al­tro. Insomma: le carte finora no­te registrano solo comporta­menti volontari, forse - ma è an­cora tutto da provare - dietro un corrispettivo economico. L’uni­co punto “critico” è il fatto che sia coinvolta una minorenne, ma dev’essere dimostrato che chi eventualmente ha avuto rap­porti sessuali con la ragazza fos­se a conoscenza della sua età. Per il resto, non esiste nessuno che ha compiuto, o subìto, un torto».
Però è in corso un’inchie­sta giudiziaria. E di fatto è già iniziato anche un pro­cesso mediatico.
«Ed è gravissimo. Perché per ora non ci sono reati, ma solo ­semmai - comportamenti im­morali. È qualcosa di incredibi­le: si è aperta un’inchiesta e si so­no usate delle intercettazioni per qualcosa che attiene alla sfe­ra morale! Capisce? Morale! La cosa ridicola è che tutto questo accade in un Paese come l’Italia, dove di solito chi si azzarda a sbandierare la necessità di una morale sessuale si prende imme­diatamente una pernacchia. Quando non viene bollato co­me bacchettone, o omofobo nel caso si permettesse di commen­­tare, chessò, l’omosessualità di un politico.. Che Berlusconi deb­ba rispondere in tribunale nel ca­so di violazione della legge o di abuso della propria carica, è ov­viamente sacrosanto. Ma che si utilizzino strumenti investigati­vi per verificare “reati” attinenti alla sfera morale e sessuale, è inaccettabile. E che addirittura si intercettino le conversazioni di persone solo perché sono en­­trate in una casa privata, e i loro nomi e volti poi finiscono sui giornali- senza che sia dimostra­to alcun reato- è una cosa inaudi­ta ».


Come reagisce un liberale come lei di fronte al fatto che c’è qualcuno disposto a infamare dieci o venti ra­gazze in cambio della possi­bilità di incriminare un uo­mo politico?
«Non ci sono parole. Che in al­cuni casi particolari, come la pre­venzione di atti terroristici o la lotta all’evasione fiscale,si apra­no­delle indagini basate sulle in­tercettazioni, già è una cosa che faccio fatica a capire e ad accetta­re. Ma posso chiudere un oc­chio in nome di una superiore esigenza di sicurezza. Posso cioè, facendo violenza alla mia natura liberale, contrabbanda­re un pez­zo della mia libertà per­sonale in cambio di un bene “ su­periore”. Esistono cioè casi ecce­zionali nei quali si possono rive­dere le procedure di garanzia dei diritti individuali, ma certo non eliminarle. In fondo, accet­tare di commettere un piccolo male per produrre un bene, è la dannazione della politica. Però dietro deve esserci una ragione davvero molto importante. Ma che un magistrato autorizzi del­le intercettazioni per “ reati”di ti­po morale... beh, di fronte a que­sta cosa si deve fare resistenza, resistenza, resistenza».
Quando e quanto l’interes­se pubblico può entrare nel­la sfera delle libertà indivi­duali?
«Di per sé non deve entrarci. E, per stare al caso concreto, nes­suno può negare una felice vita sessuale ad alcuno, nemmeno a una alta carica dello Stato. Detto questo...»
Detto questo?
«Visto che anche la vita sessua­le di un premier è, di fatto, ogget­to di giudizio da parte dell’opi­nione pubblica né più né meno delle sue decisioni in politica estera o economica, è consiglia­bile per lui ridurre il più possibi­le eventuali conflitti. La condot­ta di un uomo politico deve esse­re sempre improntata alla pru­denza, fosse solo per non mette­re in imbarazzo i propri sosteni­tori e non prestare il fianco agli oppositori. Il politico, fosse solo per motivi cinicamente utilitari­­stici, deve essere più prudente degli altri. Certo, poi ci sono i giornalisti che vogliono sapere tutto...».
E i magistrati che passano loro le informazioni. An­che quelle penalmente irri­levanti...
« Si chiama mettere alla gogna dei cittadini. E questo è gravissi­mo. Chi gestisce un potere non può permettersi di farlo in modi troppo “allegri”,questo è sconta­to: per sua stessa natura la politi­ca più è “triste”, più è autorevo­le. Però che una persona sia in­tercettata e che il suo nome e la sua immagine diventino pubbli­ci, senza che ci siano denunce, notizie di reato o accuse circo­stanziate, questo è intollerabile. Di più: è un imbarbarimento. La cosa grave è che di tutto ciò la gente non se ne accorge, non ne percepisce i rischi».
Quali?
«Oggi gode a leggere sui gior­nali di questo circo, domani piangerà quando finirà in piaz­za per delle cose private dette al telefono».
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Cominciando dal CORSERVA, Ruby ! Empty "Anomalie giudiziarie" ???

Messaggio  Luciano Baroni Mer Gen 19, 2011 1:01 pm



mercoledì 19 gennaio 2011, 08:25



Sesso per soldi col minore? Il giudice fa carriera

Gian Marco Chiocci

Massimo Malpica


Giudice del tribunale di Milano sorpreso a fare sesso con un quattordicenne nella toilette di un cinema: assolto perché tre anni prima aveva sbattuto la testa. No, non c’è niente da ridere. Di questi tempi, con un premier indagato a Milano per sfruttamento della prostituzione minorile senza che vi siano agli atti prove certe di un suo rapporto intimo con una diciassettenne, occorre ripensare a certe storture della giustizia. Ecco perché alcuni componenti del Csm hanno sentito il bisogno di rispolverare al Giornale una storiaccia a luci rosse su un magistrato milanese sporcaccione. Gli atti dei tre gradi di giudizio del processo a carico di un ex giudice di corte d’appello e gli approfondimenti svolti dal giornalista Stefano Livadiotti (nel libro scritto nel 2009 «Magistrati l’ultracasta») e prim’ancora dall’ex parlamentare radicale Mauro Mellini (nel pamphlet «il golpe dei giudici») ci consegnano uno spaccato indecente della casta in toga.

La vicenda si sviluppa lungo un quarto di secolo, partendo dalla metà degli anni Settanta. La toga in questione si ritrova in un cinema di periferia della Capitale. Per sua sfortuna, in sala, tra gli spettatori, c’è un poliziotto fuori servizio che si precipita nella toilette quando sente urlare «zozzone, zozzone». Era successo che la «maschera» aveva sorpreso il giudice e il ragazzino chiusi in bagno. Quest’ultimo, preso a verbale, confermerà le avances dell’adescatore che, a suo dire, si era avvicinato alla sua sedia, gli aveva sfiorato i genitali riuscendo successivamente a convincerlo a procedere oltre in bagno, in cambio di denaro. E qui, stando al processo, si sarebbe consumato un rapporto orale. Il giudice finisce dritto in cella. Nega ogni addebito ma finisce alla sbarra per atti osceni e corruzione di minore. Contestualmente la Disciplinare del Csm che lo sospende dalle funzioni. La condanna, a sorpresa, è però di lieve entità: un anno appena. «Atteso lo stato del costume» l’approccio sessuale viene considerato dai giudici solo «contrario alla pubblica decenza». In appello il reato diventa «atti osceni».

Ma poiché - scrive Livadiotti - il primo «approccio col ragazzino è avvenuto nella penombra e l’atto sessuale si è poi consumato nel chiuso del gabinetto» i giudicanti del giudice imputato arrivano a sostenere che «il fatto non costituisce reato». Il Nostro viene condannato ad appena 4 mesi, ma la Cassazione lo premierà ancor di più annullando la sentenza «senza rinvio», limitatamente al delitto di corruzione di minorenne «a seguito dell’estinzione del reato in virtù di sopravvenuta amnistia». Il Csm si adegua alla Supreme Corte revocando la sospensione dal servizio. Ma la sezione Disciplinare, guidata dal numero due di Palazzo dei marescialli, Vincenzo Conso, è pronta al miracolo. Durante l’istruttoria si fa presente che il medico curante del giudice ha sostenuto di aver sottoposto la toga imputata a intense terapie... tre anni prima «a causa di un trauma cranico riportato per il violento urto del capo contro l’architrave di una bassa porta. Si trattava di ferite trasversali da taglio all’alta regione frontale» dice il sanitario. Tre anni prima? E che c’entra con quanto avvenuto tre anni dopo? Non è chiaro nemmeno perché sia stato chiamato a testimoniare un notaio la cui sorella era stata la dolce metà del giudice: «Il loro fidanzamento è stato ineccepibile dal punto di vista morale».

Per i più che comprensivi componenti del Csm, infatti, «ciò che colpisce e stupisce, in questa dolorosa vicenda, è che l’episodio si staglia isolato ed estraneo nel lungo volgere di un’intere esistenza fatta di disciplina morale, studi severi, impegno professionale». Isolato ed estraneo. Per cui le spiegazioni di quel rapporto orale sono due: un raptus o una devianza sessuale. Si propende per la prima ipotesi, anche perché, prendendo a prestito quanto riferito dagli psichiatri, «l’episodio in esame non solo costituisce l’unico del genere ma esso, anzi, ponendosi in contrasto con le direttive abituali della personalità, è da riferirsi a quei fatti morbosi psichici» che iniziati tre anni prima «si trovano in piena produttività» tre anni dopo. Traducendo: la vecchia botta in testa, con un ritardo di oltre mille giorni, è stata fatale. «Ha svolto un ruolo di graduale incentivazione delle dinamiche conflittuali latenti nella personalità - osserva il Csm - fino all’organizzazione della sindrome nell’episodio de quo». Il giudice è diventato scemo in ritardo e solo per un po’, perché è subito tornato normale. «Proprio l’alta drammaticità delle conseguenze scatenatesi del fatto, unita alle ulteriori cure e al lungo distacco dai fattori contingenti e condizionanti - prosegue il Csm - hanno favorito il completo recupero della personalità nella norma, com’è testimoniato dai successivi 8 anni di rinnovata irreprensibilità».

S’è trattato di un banale incidente di percorso. L’imputato può tornare a giudicare? Certo. Perché «trattasi di episodio morboso transitorio che ha compromesso per breve periodo la capacità di volere, senza lasciare tracce ulteriori sul complesso della personalità». Il giudice sporcaccione va assolto. Non è punibile, udite udite, perché ha agito «in stato di transeunte incapacità di volere al momento del fatto». Transeunte. Dopodiché è tornato sano come prima, ha ripreso servizio, e stando a quanto racconta l’ex radicale Mellini «è stato valutato positivamente per la promozione a consigliere di Cassazione conseguendo però tale qualifica con un ritardo di molti anni».

Ciò ha comportato un cumulo di scatti d’anzianità sullo stipendio di consigliere d’appello. E per il «principio del trascinamento» il giudice si è ritrovato «a portarsi dietro, nella nuova qualifica, lo stipendio più elevato precedentemente goduto grazie a tali scatti e a essere quindi pagato più di tutti i suoi colleghi promossi in tempi normali. Questi ultimi, grazie al principio del galleggiamento, hanno ottenuto un adeguamento della loro retribuzione al livello goduto dal giudice».

Fatti due conti, l’onere per lo Stato di questo «marchingegno» ha sfiorato i 35 milioni di euro di oggi. Tanto è costato l’incontro nel wc, transeunte parlando.
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Cominciando dal CORSERVA, Ruby ! Empty Re: Cominciando dal CORSERVA, Ruby !

Messaggio  Luciano Baroni Mer Gen 19, 2011 10:34 pm



Lo scandalo Boccassini


Benché Ilda Boccassini detta « La Rossa », tuttora sostituto Procuratore della repubblica a Milano, abbia tentato di criminalizzare addirittura i giudici della Corte di Cassazione italiana che cercano di porre un limite alla sue gesta, definendoli « corrotti » in pubblica udienza, nessun provvedimento è stato preso da chi di dovere nei confronti di costei…



Come si spiega ?


Vediamo



Com’è noto, l’anno scorso l’allora capo della Procura milanese Gerardo D’Ambrosio venne preso da Stefano Surace con le mani nel sacco, in piena flagranza di una serie di reati (che spaziano, secondo vari giuristi, dal falso ideologico al sequestro di persona, dalla concussione alla calunnia, dall’abuso di autorità alla diffamazione…).



Nacque così il « caso Surace », conosciuto anche come « Suracegate », che ha scoperchiato il vaso di Pandora della magistratura italiana e scosso la cronaca mondiale per un anno colpendo a fondo, a livello nazionale e internazionale, l’immagine della giustizia del Bel Paese in modo che si è rivelato praticamente irreversibile.



Scandalo da cui è nata la cosiddetta « dottrina Surace » su certa magistratura italiana, dottrina che si è diffusa con velocità da record nel mondo politico, economico e in genere fra il pubblico italiano, stimolando potentemente una vera svolta nel settore.



Basti dire che il capo del governo ha dichiarato ufficialmente che certa giustizia italiana « è un vero cancro da estirpare », e che solo l’8 per cento dei cittadini ha dichiarato di aver fiducia nella magistratura italica (dato statistico non contestato dallo stesso presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Edmondo Bruti Liberati, come riportato fra l’altro da « La Repubblica » del 5 maggio scorso).



Mentre prima di quella « dottrina » erano almeno il 40 per cento…



Il D’Ambrosio in effetti aveva fatto sequestrare in carcere Surace - il noto giornalista italo-francese grande specialista in inchieste - in forza di una condanna definitiva a 2 anni 6 mesi e 12 giorni per traffico di droga che in realtà non era stata mai emessa. Per di più Surace non era mai stato neppure minimamente accusato di cose del genere.



A questo punto i magistrati dello staff del D’Ambrosio (Colombo, Boccassini, Davigo) vedendo così a mal partito il loro capo fino allora intoccabile, si videro dinanzi alla prospettiva di dover render conto anch’essi delle loro gesta.



L’allegra accolita meneghina


Tanto più che la Corte di Cassazione, massimo organo italiano di legittimità, cercava di porre limiti ai loro arbitrii. Fra l’altro con alcune precise sentenze di cui Surace si era appunto avvalso per dimostrare che il comportamento di quella Procura, non solo nei suoi riguardi, era stato gravemente illecito.



Stando così le cose, uno dei magistrati di quell’allegra accolita della Procura meneghina messa così rudemente alle strette da Surace - Ilda Boccassini detta « la Rossa » - ha cercato di reagire lanciandosi a una vera aggressione intimidatoria nei confronti dei giudici della Cassazione defininendoli testualmente, in pubblica udienza, "corrotti".



Cioé una Procura - che col caso Surace ha squalificato l'intera magistratura italiana, e si trova quindi in pratica del tutto delegittimata – ha tentato semplicemene di criminalizzare la Corte di Cassazione, massimo organo italiano di legittimità che cercava di porre limiti ai suoi arbitrii.



A questo punto dei provvedimenti a carico della Boccassini erano d’obbligo. Dovevano aprirsi vari procedimenti, alcuni penali da parte della Procura di Brescia (competente per i processi a magistrati milanesi) della Procura generale presso la Cassazione, nonché uno disciplinare da parte del Consiglio superiore della magistratura.



E invece, incredibile, non è successo proprio niente.



Ora, come si spiega questa più che scandalosa impunità di cui gode la Boccassini ?



« Mancanza di controllo nervoso »



Per cercare una risposta bisogna innanzitutto considerare la descrizione che di costei ha fatto proprio Francesco Saverio Borrelli, quand’era capo della Procura della repubblica milanese, allorché ebbe ad allontanarla bruscamente a suo tempo dal suo staff : « Mancanza di controllo nervoso », « carica incontenibile di soggettivismo », « mancanza di volontà di porre in comune risultati, riflessioni, intenzioni » e così via.



Si è agli antipodi, come si vede, dalle qualità di serenità ed equilibrio che innanzitutto si richiedono a un magistrato, per quanto mediocre possa essere.



Certo, quelle caratteristiche piuttosto deleterie della Boccassini possono spiegarsi in parte con l’ambiente familiare da cui proviene, con un padre presidente di tribunale sotto la cui casa a Napoli, ad ogni ricorrenza festiva, facevano la fila decine di macchine cariche di regali portati da personaggi dall’aria non precisamente di cherubini… Coi commenti dei vicini che si possono immaginare.



Il che non doveva esser ben vissuto dal figlio di detto presidente (e fratello della Boccassini) che non trovò di meglio che darsi a più non posso alla droga, abbondantemente fornitagli da gente della « mala », tanto che gli avvenne di essere più volte raccattato da terra per istrada in stato di incoscienza.



Si tratta, come si vede, di condizioni familiari di partenza non certo atte a favorire nella Boccassini lo sviluppo di una personalità serena ed equilibrata.

Personalità del resto anche descritta in modo preciso e assai poco lusinghiero anche da un alto magistrato stretto amico di famiglia, Vittorio Mele, già Procuratore generale a Roma, fra l’altro in un suo libro dal titolo « Procuratore a Roma » (edizioni « Tempo Lungo »).

Ora, viste le suddette sue caratteristiche, la Boccassini era evidentemente destinata, nella migliore delle ipotesi, ad un ruolo ben marginale nella magistratura, se non addirittura ad esserne allontanata.


La « punta di diamante »…


E tuttavia ha potuto evitare questo destino. Come ? Semplicemente rendendosi disponibile per certe cose piuttosto discutibili da cui in genere i magistrati preferiscono astenersi, e che qualche mala lingua potrebbe definire « basse bisogne » o « lavori sporchi ».



Ed è così che la Boccassini ha trovato un ruolo di strumento addirittura indispensabile di quel singolare gruppo di magistrati che si è installato nella Procura della Repubblica di Milano, fra cui tornò ad essere integrata, assurgendo addirittura a punta di diamante delle loro malefatte. Ruolo di cui ha finito per restare prigioniera.



Di quì la necessità assoluta - per i magistrati di quella Procura che la strumentalizzano e per gli ambienti in sintonia con costoro per una ragione o l’altra - di accorrere subito in suo soccorso allorché ne combina di troppo grosse : dato che i suoi difetti rilevatile dal Borrelli, dal Mele e da altri nel frattempo non si erano certo cancellati, essendosi anzi inaspriti quel suo insperato « potere » non avendo mancato di montarle la testa.



Si spiega così il fenomeno apparentemente assurdo che nessun provvedimento, né penale né disciplinare, sia stato preso nei confronti di costei, e addirittura che nessun procedimento sia stato aperto a suo carico, benché abbia accusato pubblicamente i giudici della Cassazione di essere « corrotti » !



Insomma ci si trova dinanzi al fenomeno di certi singolari personaggi, istallatisi nella Procura di Milano e altri punti chiave della magistratura, che si arrogano il potere senza limiti né controlli di criminalizzare chiunque ai fini più diversi, quanto poco confessabili.



Tenendo così sotto costante minaccia il Parlamento, il governo, gli altri organi istituzionali, l’intera classe politica italiana a tutti i livelli, i giornalisti, gli ambienti economici nonché qualsiasi cittadino, ed ora addirittura la Corte Suprema di Cassazione.



Si tratta di una situazione che sembrava ben consolidata, e che ha funzionato con perfetta efficienza… Finché quei personaggi han fatto l’errore di andarsela a prendere proprio con Surace, giornalista italo-francese particolarmente temibile e dall’onestà adamantina, che li ha presi con le mani nel sacco e non li ha più mollati.



C’est la vie…



http://aznews.free.fr/Scandalo_Boccassini.htm




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Cominciando dal CORSERVA, Ruby ! Empty La parola alla difesa : Silvio Berlusconi.

Messaggio  Luciano Baroni Mer Gen 19, 2011 11:59 pm




Care amiche, cari amici,

oggi il Senato e la Camera hanno riconfermato la loro fiducia al Governo e lo hanno fatto su un tema delicato e di grande rilievo per i cittadini: la relazione al Parlamento del ministro Alfano sullo stato della giustizia in Italia. Le opposizioni hanno nuovamente messo insieme tutti i loro voti nel tentativo di fare cadere il Governo ma come è avvenuto il 14 dicembre scorso, hanno perso.

Se oggi fossimo stati sconfitti, la sinistra e il cosiddetto terzo polo sarebbero andati su tutte le reti televisive per sostenere l’inesistenza di una maggioranza e quindi per chiedere le inevitabili dimissioni del Governo.

Invece abbiamo vinto noi, con un margine di venti voti!!

Ecco perché considero il voto di oggi come quello del 14 dicembre: un voto di rinnovata fiducia a me ed al Governo che presiedo. Ma anche un voto di fiducia in materia di giustizia che arriva proprio mentre il Presidente del Consiglio è ingiustamente attaccato per l’ennesima volta in sede giudiziaria.

Ho avuto finalmente modo di leggere le 389 pagine dell’ultima vera e propria persecuzione giudiziaria, la ventottesima in 17 anni, che la Procura di Milano mi ha notificato con grande e voluto clamore nei giorni scorsi.

Le violazioni di legge che sono state commesse in queste indagini sono talmente tante e talmente incredibili che non posso non raccontarvele perché possiate denunciarle e farvi portatori di un messaggio ai vostri amici di come si sta cercando di sovvertire il voto popolare.

Pensate che la mia casa di Arcore è stata sottoposta a un continuo monitoraggio che dura dal gennaio del 2010 per controllare tutte le persone che entravano e uscivano e per quanto tempo vi rimanevano.

Hanno utilizzato tecniche sofisticate come se dovessero fare una retata contro la mafia o contro la camorra.

Nella mia casa da sempre svolgo funzioni di governo e di parlamentare, avendolo addirittura comunicato alla Camera dei Deputati sin dal 2004, e la violazione che è stata compiuta è particolarmente grave perché va contro i più elementari principi costituzionali.

Ma questo comportamento è gravissimo anche per il comune cittadino perché gli toglie qualsiasi possibilità di privacy. Sappiate che la Procura di Milano mi ha iscritto come indagato soltanto il 21 dicembre scorso, guarda caso appena sette giorni dopo il voto di fiducia del Parlamento, e quindi tutte le indagini precedenti erano formalmente rivolte verso altri ma sostanzialmente tenevano sotto controllo proprio la mia abitazione e la mia persona.

Tutto questo potrebbe capitare a chiunque di voi.

Inoltre i fatti che mi vengono contestati secondo la stessa Procura sarebbero stati commessi nella mia qualità di Presidente del Consiglio dei Ministri.

Come prescrivono la legge e la Costituzione, entro 15 giorni dall’inizio delle indagini la Procura avrebbe dovuto trasmettere tutti gli atti al Tribunale dei ministri, l’unico competente per tutte queste vicende.

E’ gravissimo, ancora, che la Procura voglia continuare ad indagare pur non essendo legittimata a farlo. Tra l’altro la Procura di Milano non era neppure competente per territorio. Infatti il reato di concussione mi viene contestato come se fosse stato commesso a Milano. Questo è palesemente infondato poiché il funzionario della questura che ha ricevuto la mia telefonata in quel momento era, come risulta dalle stesse indagini, a Sesto San Giovanni. Quindi la competenza territoriale era ed è del Tribunale di Monza. Come vedete una serie di violazioni impressionanti. Io vorrei andare immediatamente dai giudici per contrastare queste accuse e per ottenere una rapida archiviazione, ma non posso presentarmi a dei pubblici ministeri che non hanno competenza né funzionale né territoriale, anche per non avallare la illegittimità che sto denunciando.

Ripeto, io vorrei andare subito dai giudici proprio perché i fatti contestati sono talmente assurdi che sarebbe facilissimo smontare il teorema accusatorio. Pensate, mi si accusa di aver costretto o indotto il dirigente della questura ad intervenire sul fermo di questa ragazza, di Ruby.

Vi leggo le risposte del funzionario al pubblico ministero dove descrive la mia telefonata: “l’addetto alla sicurezza mi disse: dottore le passo il Presidente del Consiglio perché c’è un problema. Subito dopo il Presidente del Consiglio mi ha detto che vi era in questura una ragazza di origine nord africana che gli era stata segnalata come nipote di Mubarak e che un consigliere regionale, la signora Minetti, si sarebbe fatta carico di questa ragazza. La telefonata finì così”. Ma vi pare che questa possa essere considerata una telefonata di minaccia? Tutto ciò è assolutamente ridicolo.

Ma altrettanto assurdo è quanto si sostiene per la vicenda di Ruby dove mi si contestano rapporti sessuali con una ragazza minore di 18 anni. Questa ragazza ha dichiarato agli avvocati e mille volte a tutti i giornali italiani e stranieri che mai e poi mai ha avuto rapporti sessuali con me e che si era presentata, creduta da tutti come risulta da numerosissime testimonianze, come una egiziana ventiquattrenne, inoltre sia lei sia il suo avvocato hanno radicalmente smentito di aver richiesto o ricevuto offerte di denaro. E vi leggo quello che ha detto la stessa Ruby in una dichiarazione firmata e autenticata dai suoi avvocati: “Non ho mai avuto alcun tipo di rapporto sessuale con l’onorevole Silvio Berlusconi. Nessuno, né l’onorevole Berlusconi né altre persone, mi ha mai prospettato la possibilità di ottenere denari o altre utilità in cambio di una disponibilità ad avere rapporti di carattere sessuale con l’on. Silvio Berlusconi. Posso aggiungere che, invece, ho ricevuto da lui, come forma di aiuto, vista la mia particolare situazione di difficoltà, una somma di denaro. Quando ho conosciuto l’on. Berlusconi, gli ho illustrato la mia condizione personale e famigliare nei seguenti termini: gli ho detto di avere 24 anni, di essere di nazionalità egiziana (non marocchina), di essere originaria di una famiglia di alto livello sociale, in particolare di essere figlia di una nota cantante egiziana. Gli ho detto anche di trovarmi in difficoltà per essere stata ripudiata dalla mia famiglia di origine dopo che mi ero convertita al cattolicesimo”.

Ecco perché vorrei fare il processo subito, con queste prove inconfutabili, ma con giudici super partes e non con P.M. che vogliono utilizzare questa vicenda come strumento di lotta politica.

Gli stessi P.M. che hanno ordinato con uno spiegamento di forze di almeno 150 uomini una imponente operazione di perquisizione contro ragazze colpevoli soltanto di essere state mie ospiti in alcune cene.

Queste perquisizioni nei confronti di persone che non erano neppure indagate ma soltanto testimoni sono state compiute con il più totale disprezzo della dignità della loro persona e della loro intimità. Sono state maltrattate, sbeffeggiate, costrette a spogliarsi, perquisite corporalmente, fotografati tutti i vestiti, sequestrati tutti i soldi, le carte di credito, i gioielli, i telefoni e i computer. Sono state portate in questura, alcune senza neppure poter chiamare un avvocato e tenute lì dalle otto di mattina fino alle otto di sera senza mangiare e senza poter avere alcun contatto con l’esterno. Trattate, dunque, come criminali in una pericolosa operazione antimafia.

Una procedura irrituale e violenta indegna di uno stato di diritto che non può rimanere senza una adeguata reazione.

Non c’è stata nessuna concussione, non c’è stata nessuna induzione alla prostituzione, meno che meno di minorenni. Non c’è stato nulla di cui mi debba vergognare. C’è solo un attacco gravissimo di alcuni pubblici ministeri che hanno calpestato le leggi a fini politici con grande risonanza mediatica.

Io sono sereno, state sereni anche voi perché la verità vince sempre. Il Governo continuerà a lavorare e il Parlamento farà le riforme necessarie per garantire che qualche magistrato non possa più cercare di far fuori illegittimamente chi è stato eletto dai cittadini.

Silvio Berlusconi


19 - 01 - 2011
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Cominciando dal CORSERVA, Ruby ! Empty Ho seguito per anni questo caso, come altri...

Messaggio  Luciano Baroni Gio Gen 20, 2011 12:32 am

...che spesso vengono "portati dai media" nell'oblio della loro sofferenza.
Qui, come in tante altre occasioni che Contrada assieme ai suoi avvocati, ha tentato per riaprire il processo, ci sono fatti certi che non sono in "linea" con il giuramento che ogni "magistrato" compie all'atto dell'assunzione da Concorso, anzi.

Penso che tra questo Ingroia e Spataro e la Bocassini, non vi sia molta differenza, nè nel piacere di essere sovraesposti mediaticamente, nè sul piano politico.

Penso sia quindi giusto farne una pubblicizzazione proprio qui, in questo momento e non nel post sulla Mafia.

E' un poco lungo, portate pazienza e leggete a cosa è costretto un vecchio servitore dello Stato per circa 40 anni, premiato ed elogiato per i suoi successi nella lotta alla Mafia, quella conosciuta.

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http://linkati2lu.files.wordpress.com/2011/01/ed-ingroicontrada-ingroia.doc
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Cominciando dal CORSERVA, Ruby ! Empty Il "sistema" è lo stesso : questa è parte dell'eversione ed il "giro dei pm, sempre lo stesso colore".

Messaggio  Luciano Baroni Ven Gen 21, 2011 12:17 pm




venerdì 21 gennaio 2011, 08:00



Parlamentari fatti spiare dai pm: Alfano vuole fare chiarezza



di Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica

Parlamentari spiati? Si muove il ministero della Giustizia. L’interpellanza urgente sottoscritta da 100 deputati (primo firmatario Amedeo Laboccetta del Pdl) per fare luce su un’inchiesta della procura di Napoli che - in violazione delle guarentigie parlamentari - avrebbe portato al pedinamento di esponenti politici fin dentro i palazzi della politica romana (inchiesta rivelata dal Giornale il 10 dicembre scorso), ha ottenuto il risultato sperato: un’ispezione negli uffici giudiziari partenopei. Lette le risposte a più quesiti avanzati alla procura vesuviana in relazione a modalità d’indagine intraprese dalla polizia giudiziaria degli uffici diretti dai pm Woodcock e Curcio impegnati nell’inchiesta sulla fantomatica P4, il Guardasigilli ha disposto accertamenti più che approfonditi.


Il ministro Angelino Alfano, spiega infatti Laboccetta, «ha annunciato di aver attivato le competenti articolazioni ministeriali per acquisire i dati informativi necessari a fare luce sugli aspetti critici segnalati». Come i pedinamenti, i monitoraggi fotografici di più parlamentari, le intercettazioni. «Nella sua risposta - spiega ancora Laboccetta - il ministro ha inoltre sottolineato la carenza degli elementi trasmessi dalla Procura di Napoli in particolare in riferimento alla violazione del segreto investigativo che è stato evidenziato nell’interpellanza», e che farebbe riferimento ad articoli del Fatto, della Repubblica e finanche del Giornale. E infatti a leggere la replica del sottosegretario Elisabetta Alberti Casellati, a nome del ministro Alfano, all’interpellanza dei cento, il componente dell’esecutivo fa presente che il Guardasigilli in persona «ha disposto che siano svolti accertamenti per il tramite della Procura generale della Repubblica di Napoli» relativamente al fascicolo che vede protagonista il deputato Pdl Alfonso Papa, già magistrato presso la procura di Napoli». Quindi, «data la molteplicità dei fatti dedotti e la gravità delle censure sollevate sull’operato della magistratura inquirente, è stata prontamente avviata - continua il sottosegretario - una prima attività istruttoria». Istruttoria, però, che la replica del ministero definisce «complessa», e dunque non conciliabile con i «tempi ristretti» dell’interpellanza. Napoli ha risposto, sì, ma «sviluppando soltanto taluni degli aspetti menzionati» nell’interpellanza urgente, spiega il sottosegretario, «primo fra tutti quello attinente il corretto esercizio dell’attività inquirente in relazione a una dedotta violazione del segreto investigativo, in quanto correlato alla diffusione, da parte degli organi di stampa, di notizie non ostensibili». È il punto più caldo, quello della fuga di notizie. Che, insieme alla complessiva «ricostruzione dell’iter procedimentale» seguito dai pm napoletani nell’indagine, rende secondo il Guardasigilli «del tutto indispensabile un maggiore e ulteriore approfondimento». Il che, tradotto, vuol dire che il ministero di via Arenula ha già disposto un «accertamento» nella procura del capoluogo partenopeo, che verrà svolta «per il tramite della procura generale della repubblica di Napoli, nell’esercizio dei poteri di vigilanza che a tale ufficio competono».

L’«ispezione» è quindi il prossimo passo. Decisivo per capire se nell’inchiesta napoletana di Woodcock e Curcio, e in particolare in quei pedinamenti e intercettazioni che i firmatari dell’interpellanza sospettano abbiano violato le guarentigie parlamentari, siano stati commessi illeciti. «Soltanto all’esito di tale ulteriore attività conoscitiva - conclude infatti il sottosegretario Alberti Casellati - sarà possibile apprezzare se le censure avanzate dagli interroganti (soprattutto con riferimento al contenuto delle determinazioni investigative adottate) possano ritenersi fondate e rilevanti sul piano deontologico».
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Cominciando dal CORSERVA, Ruby ! Empty Oggi solo i link iniziali, non ho molto tempo oltre i post messi da Crespi.

Messaggio  Luciano Baroni Sab Gen 22, 2011 1:32 pm

http://www.ilgiornale.it/interni/la_madre_non_credo_mia_figlia_dice_balle_avere_notorieta/22-01-2011/articolo-id=501008-page=0-comments=1


http://www.libero-news.it/news/652491/Il_moralista_Ferrigno_inchiodato_da_due_video.html


http://www.ilgiornale.it/interni/nel_mirino/22-01-2011/articolo-id=501018-page=0-comments=1


http://www.ilgiornale.it/interni/santoro_spaccia_gioielli_falsi/santoro-annozero-macri-caso_rubi-bunga_bunga-berlusconi-lele_mora-melandri-boccassini/22-01-2011/articolo-id=501182-page=0-comments=1
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Cominciando dal CORSERVA, Ruby ! Empty "Devoti pagliacci", ma non solo e ben più gravi i fatti.

Messaggio  Luciano Baroni Lun Gen 24, 2011 12:03 pm



http://www.ilgiornale.it/interni/la_rai_inventa_prove_anti_silvio_fan_foto_trattate_come_escort/24-01-2011/articolo-id=501383-page=0-comments=1


http://www.ilgiornale.it/interni/lavvenire_si_ribella_santoro_vergognati/24-01-2011/articolo-id=501386-page=0-comments=1


http://www.ilgiornale.it/interni/a_sinistra_scocca_lora_dei_devoti_papagliacci/24-01-2011/articolo-id=501527-page=0-comments=1
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Cominciando dal CORSERVA, Ruby ! Empty A qualcuno, forse qualchedue, non piacerà.

Messaggio  Luciano Baroni Mar Gen 25, 2011 12:16 am

Dalla prima pagina di Avvenire di ieri



LA SATIRA TV CHE FERISCE
SONO UN PRETE STUFO DI FANGO



MAURIZIO PATRICIELLO

Sono un prete. Un prete della Chiesa cattolica. Uno dei tanti preti italiani. Seguo con interesse e ansia le vicende del mio Paese. Non avendo la bacchetta ma­gica per risolvere i problemi che affliggo­no l’Italia, faccio il mio dovere perché ci sia in giro qualche lacrima in meno e qualche sorriso in più.

Sono un uomo che come tanti lotta, sof­fre, spera. Che si sforza ogni giorno di es­sere più uomo e meno bestia. Sono un uo­mo che rispetta tutti e chiede di essere ri­spettato. Che non offende e gradirebbe di non essere offeso, infangato. Da nessuno. Inutilmente. Pubblicamente. Vigliacca­mente.

Sono un prete che lavora e riesce a dare gioia, pane, speranza a tanta gente bi­strattata, ignorata, tenuta ai margini. Un prete che ama la sua Chiesa e il Papa. Un prete che non vuole privilegi e non pre­tende di far cristiano chi non lo desidera, che mai si è tirato indietro per dare una mano a chi non crede.

Un prete che, prima della Messa della se­ra, brucia incenso in chiesa per elimina­re il fetore sprigionato dalle tonnellate di immondizie accumulate negli anni ai margini della parrocchia in un cosiddet­to cdr e che vanno aumentando in questi giorni.

Sono un prete che si arrabbia per le inef­ficienze dello Stato ai danni dei più debo­li e indifesi. Che organizza doposcuola per bambini che la scuola non riesce ad inte­ressare e paga le bollette di luce e gas per­ché le case dei poveri non si trasformino in tuguri.

Sono un prete, non sono un pedofilo.

So che al mondo ci sono uomini che pro­vano interesse per i bambini e, in quanto uomo, vorrei morire dalla vergogna. So che costoro sono molti di più di quanto credono gli ingenui. So anche che poco o nulla finora è stato fatto per tentare di ca­pire e curare codesta maledizione.

Piaga purulenta la pedofilia. Spaventosa. Crudele. Vergognosa. Tra coloro che si so­no macchiati di codesto delitto ci sono pa­dri, zii, nonni, professionisti, operai, gio­vani, vecchi e anche preti.

Giovedì sera, trasmissione Annozero di Michele Santoro. Tantissimi italiani guar­dano il programma. Si discute di Silvio Berlusconi. Alla fine esce, come al solito, il signor Vauro con le sue vignette che do­vrebbero far ridere tutti e invece, spesso, mortificano e uccidono nell’animo tanti innocenti. Ma non si deve dire. È politi­camente scorretto. È la satira. Il nuovo i­dolo davanti al quale inchinarsi. La sati­ra, cioè il diritto dato ad alcuni di dire, of­fendere, infangare, calunniare gli altri sen­za correre rischi di alcun genere. Una vi­gnetta rappresenta il Santo Padre che par­lando di Berlusconi dice: «Se a lui piac­ciono tanto le minorenni, può sempre far­si prete». Gli altri, compreso Michele Santoro, rido­no. Che cosa ci sia da ridere non riesco a capirlo. Ma loro sono fatti così, e ridono. Ridono di un dramma atroce e di inno­centi violentati. Ridono di me e dei miei confratelli sparsi per il mondo impegna­ti a portare la croce con chi da solo non ce la fa. Ridono sapendo che tanta gente da­vanti alla televisione in quel momento si sente offesa in ciò che ha di più caro e sof­fre. Soffre per il Santo Padre offeso e per­ché la menzogna, che non vuol morire, ancora riesce a trionfare. Per bastonare Berlusconi, si fa ricorso alla calunnia. E gli altri ridono.

Vado a letto deluso e amareggiato, sempre più convinto che con la calunnia e la men­zogna – decrepite come la befana o come le invenzioni di qualche battutista e di qualche sussiegoso giornalista-presenta­tore televisivo – non si potrà mai costrui­re niente di nuovo e stabile. E il giorno dopo scopro che alla Rai, final­mente, stavolta qualcuno s’è indignato. Spero solo che adesso Vauro e Santoro e qualcun altro che non sto a ricordare non facciano, loro, le vittime. E che in Italia ci sia più di qualcuno che comincia a farsi a­vanti e, senza ridere, dice chiaro e tondo che non si può continuare a infangare im­punemente quegli onesti cittadini dell’I­talia e del mondo che sono i preti.
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Messaggio  Luciano Baroni Mer Gen 26, 2011 11:25 am

Davide Giacalone



26-01-2011



Fra la tonaca e la toga

L’idea di un governo con il centro destra e senza Silvio Berlusconi è una speranza cui si uniscono in molti, fra politici, giornalisti e palazzi romani, anche se non sanno descriverne né i contorni né la legittimità. Mi stupisce quanta brava gente non comprenda il punto che consente a Berlusconi, nonostante tutto, di mantenere un vantaggio elettorale: la resistenza agli attacchi giudiziari. Il calore polemico offusca la mente e molti non si rendono conto di quanto alto sia il discredito della nostra giustizia. Pochi numeri, di una ricerca effettuata da Ferrari Nasi & Associati, la dicono lunga: il 54% degli italiani hanno poca o nessuna fiducia nella magistratura, collocandosi sopra la media europea; per il 56 i magistrati agiscono a fini politici; per l’86 un magistrato che sbaglia deve pagare, contrariamente a quel che avviene oggi; e per il 68% i magistrati dovrebbero essere controllati da un organismo indipendente, non composto da loro colleghi. E non si dica che gli italiani sono troppo severi, perché sono assai più generosi dei giudici che siedono alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ci considerano direttamente incivili.

Gli italiani si sono fatti idee personali su quale possa essere il grado di responsabilità di Berlusconi, per ciascuna delle mille cose che gli sono imputate. E’ escluso che lo considerino un santo, ma gli riconoscono il miracolo di non avere ceduto. Una fetta consistente degli elettori ha continuato e continuerà a votarlo proprio per questo, perché sente che un nuovo colpo giustizialista, nuove condanne senza processi, incarnerebbe l’incubo della Repubblica giudiziaria. Del resto, diciassette atti d’inchieste penali offrono pezze d’appoggio per considerarle una persecuzione, anche prima che la commissione parlamentare considerasse tali le intercettazioni disposte dalla procura di Milano.

C’è di più: finché accusano Berlusconi d’essere il mandante delle stragi mafiose c’è chi reagisce con disinteressata incredulità e chi ricorda che la presunta contropartita la pagarono Ciampi e Conso, ma quando le accuse si spostano sul terreno delle personali debolezze, della sessualità compulsiva, allora in molti riconoscono il mondo che li circonda, e se non ci trovano nulla in comune con la propria vita avvertono, comunque, che si tratta di una vita, e allora l’inquietudine cresce. Chi si salva, se il peccato diventa reato? Allora, deducono in molti, meglio tenersi Berlusconi, che resiste e attira i fulmini.

Detto in altre parole, visto che certuni sono duri di comprendonio: la forza elettorale di Berlusconi è in buona parte dovuta alla cieca rabbia dei suoi avversari, al moralismo senza etica e all’uso strumentale della giustizia, che convincono gli italiani di quanto sarebbe pericoloso subirne le attenzioni.

Sollecitare Berlusconi a fare un “passo indietro”, dunque, significa non avere capito la persona (e passi), ma neanche l’Italia. Quel pentolone melmoso che sobbolle da quando la democrazia fu violentata per via giudiziaria (da quando un’intera classe politica fece il passo indietro, e fu decapitata). E’ vero, il popolo applaudì. Ma fu svelto a capire il seguito e interrompere la scena, consegnandosi nelle mani del più schietto prodotto del manipulitismo: Berlusconi. Sono gli intellettualoidi idioti a non capirlo, in compagnia degli speculatori manettari.

Pertanto, ove mai si trovi il tempo e la lucidità per pensare all’Italia e a chi ci abita, la si smetta con questa solfa deprimente, che in nome di un’avversione antropologica contro l’italiano più italiano pretende che l’intera collettività rinneghi la laicizzazione e la libertà nel disporre di sé. E’ vero, Berlusconi manca di rispetto per la gravitas della pubblica funzione. Ora che l’ho ripetuto posso pure sentirmi sollevato, ma per niente gratificato dall’avere detto una cosa significativa. La via d’uscita non consiste nel convocare al capezzale il parroco e il giudice, ma nel chiamare la politica ai suoi doveri.

Il governo ha un programma, se ne controlli l’attuazione, senza lasciare alla logorrea ministeriale l’elencazione delle “cose fatte”. Serve misurare i cambiamenti reali, mica i bolli apposti. E serve richiamare le opposizioni alla realtà: piantatela di misurarvi fra di voi calcolando la rispettiva distanza da Berlusconi, sembrate matti. Quando vi farà lo scherzo d’abbandonarvi non saprete più che cavolo esistete a fare. Piantatela con le primarie senza regole, che riuscite anche a violare: tanto a Napoli vincono i bassoliniani, come prima vincevano i gavianei e prima ancora i laurini. E’ inutile che vi attacchiate a Bagnasco, perché gli elettori guarderanno l’alternativa ed eviteranno di finire stritolati fra la tonaca e la toga. Finché voi sarete quel che siete Berlusconi sarà forte, a dispetto di tutto.

Gli chiedono un passo indietro e dovrebbero esigerne dieci in avanti, mentre un Paese fermo continua a tenerselo, per non ritrovarsi esposto sulla prima linea della maniacalità inquisitori




Luciano Baroni
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Cominciando dal CORSERVA, Ruby ! Empty Perchè deve valere per lei e per quasi tutta la "casta di cui fa parte" ???

Messaggio  Luciano Baroni Gio Gen 27, 2011 11:28 am


E non era, in nessuno dei casi indicati, tra le SUE mura di casa.




giovedì 27 gennaio 2011, 08:10



La doppia morale della Boccassini

di Anna Maria Greco

Roma - Ve la immaginate l’agguerrita pm dello scandaloso «caso-Ruby», che ha frugato nelle feste di Arcore e ascoltato le conversazioni pruriginose delle ragazze dell’Olgettina, nelle vesti della paladina della privacy?
Eppure, per difendere se stessa al Csm da accuse boccaccesche, che definisce «un’inammissibile interferenza», Ilda Boccassini dichiara: «Sono questioni che attengono esclusivamente alla sfera della mia vita privata, coperta, come tale, da un diritto di assoluta riservatezza».

Succede molti anni fa, nel 1982, quando l’allora giovane sostituto alla Procura di Milano viene sottoposta a procedimento disciplinare. L’accusa, si legge negli atti del Csm, è di «aver mancato ai propri doveri, per aver tenuto fuori dell’ufficio una condotta tale da renderla immeritevole della considerazione di cui il magistrato deve godere, così pure compromettendo il prestigio dell’ordine giudiziario».
Diciamo subito che, l’anno dopo, la Boccassini viene assolta a palazzo de’ Marescialli. E proprio in nome della tutela alla riservatezza della vita personale.
La sezione disciplinare del Csm, infatti, «nel ribadire il proprio orientamento in materia di diritto alla privacy del magistrato, ritiene che il comportamento della dottoressa Boccassini non abbia determinato alcuna eco negativa né all’interno degli uffici giudiziari, come provano le attestazioni dei colleghi della Procura, né all’esterno».
Il fatto di cui si parla appare banale, perché riguarda abbracci e baci con un uomo per strada, a due passi dal Palazzo di Giustizia. «Atteggiamento amoroso», lo definiscono con scandalo nel rapporto di servizio due guardie di scorta ad un pm aggiunto della Procura.
Il «lui» in questione non è uno sconosciuto, ma un giornalista di «Lotta continua», accreditato presso l’ufficio stampa del tribunale. Salteranno fuori altri episodi e si parlerà anche di rapporti con un cronista dell’Unità.
Il tutto va collocato in un contesto preciso: quello degli Anni di piombo, di scontro, tensioni, sangue e forte militanza politica anche da parte di magistrati e giornalisti sulla linea che lo Stato doveva tenere verso i terroristi. Poco prima di questi fatti, nel 1979, uno dei pm di Milano e cioè Emilio Alessandrini, era stato ucciso da esponenti di Prima linea mentre andava a Palazzo di Giustizia.
Lo ricorda il Procuratore capo Mauro Gresti, quando si decide a segnalare la questione e a chiedere il trasferimento d’ufficio della Boccassini, parlando di altri episodi «disdicevoli» dentro la Procura, legati a «presunti comportamenti illeciti», tra l’autunno 1979 e l’inverno 1980, che prima non aveva denunciato.
A segnalare incontri molto ravvicinati, violente liti, riunioni serali in ufficio erano stati un ex-carabiniere addetto alle pulizie e un tenente colonnello dell’Arma.
Gresti sottolinea che a farlo muovere non fu tanto «lo sconcerto procuratomi dall’esibizione di affettuosità più consone all’intimità di quattro mura che alla pubblicità di una via, ma piuttosto lo sconcerto per la constatazione che l’oggetto delle affettuosità della Boccassini era una persona solita a frequentare gli ambienti della Procura di Milano per ragioni della sua professione giornalistica». Una persona che più volte aveva «manifestato il proprio acido dissenso verso la linea della fermezza adottata dai magistrati della Procura nella lotta al terrorismo e alle sue aree di supporto», con un «atteggiamento di critica preconcetta all’operato delle istituzioni».


Sembra che il Procuratore si preoccupi di legami personali che possano favorire fughe di notizie o, addirittura, l’ispirazione di articoli e campagne di stampa contro il suo ufficio. In particolare, critica la politicizzazione di magistrati come la Boccassini (già allora aderente alla corrente di sinistra Magistratura democratica), che avevano anche sottoscritto un documento di solidarietà per un imputato di terrorismo che, con lo sciopero della fame, chiedeva di essere trasferito in un carcere normale. E contro le carceri speciali, sottolinea il Procuratore allegando alcuni articoli, contemporaneamente scriveva anche il giornalista amico di Ilda.
Per Gresti, quell’iniziativa dei pm era stata «un proditorio attacco all’atteggiamento di intransigente e ferma lotta all’eversione proprio dei magistrati dell’ufficio stesso che trattavano di terrorismo, nonché una chiara manifestazione di dissenso dalla loro linea, del tutto inopportuna e tale da poter sottoporre a pericoli la loro incolumità personale». In sostanza, dice con durezza il Procuratore, va bene la libertà d’opinione, ma così si poteva anche involontariamente «additare come obiettivi da colpire i magistrati impegnati nella difesa intransigente delle istituzioni». E qui Gresti ricorda proprio Alessandrini, «barbaramente trucidato dai terroristi in un vile attacco».
Questa lettera al Procuratore generale della Cassazione e al Pg della Corte d’appello è del giugno 1982, mentre si celebra il processo disciplinare iniziato a dicembre, che si concluderà con l’assoluzione. È provocata dall’iniziativa di 27 pm (c’è anche Alfonso Marra, quello dimessosi per la P3), che a marzo insorgono in difesa della Boccassini, «ingiustamente offesa anche nella sua dignità di donna» anche da una «pubblicità di per se’ umiliante». Parlano di «pettegolezzo» che incide nella «sfera della riservatezza personale» e di rischio per tutti di «inammissibile interferenza nella vita privata».
Il primo a firmarla è Armando Spataro, collega della Boccassini alla Procura e suo difensore a Palazzo de’ Marescialli. È lui a redigere la memoria difensiva dell’aprile ’82, in cui spiega che la pm non è voluta entrare nel merito delle accuse rivoltele in nome della privacy, ritenendo «umiliante» dover spiegare e giustificare rapporti personali con un giornalista, di cui Spataro difende la correttezza. E aggiunge: «Il concreto esplicarsi della vita privata del magistrato, come quella di ogni cittadino, non può essere soggetto a limiti o divieti precostituiti per legge». Dunque, non può essere sanzionato alcun rapporto personale con persone che lavorano nello stesso ambito. Sempre che non si arrivi a comportamenti scorretti, come «la rivelazione ad un giornalista di notizie coperte da segreto istruttorio». La difesa non convince e c’è il rinvio a giudizio della Boccassini.
Ma il Pg della Cassazione, Sofo Borghese, chiede la «perentoria censura» con il trasferimento, non per questioni di sesso, moralità o decoro. Per lui i comportamenti del pm sono gravi «non certo per il compiaciuto scambio di vistose affettuosità» vicino al Palazzo di Giustizia, ma perché l’altro è un giornalista accreditato al tribunale. «Intuibili perciò - afferma il Pg - le facili battute, il pettegolezzo spicciolo, le maliziose insinuazioni e, soprattutto, il sospetto - fondato o meno non importa - nell’ambiente giornalistico, forense o in altri a questi vicini, che la pubblicazione di talune notizie possa ricollegarsi a privilegiate confidenze». Per Borghese «urge» intervenire, per «evitare prevedibili intollerabili malintesi o capziose strumentalizzazioni tali da non consentire di amministrare giustizia nelle condizioni richieste dal prestigio dell’ordine giudiziario». Il sostituto pg Antonio Leo sostiene l’accusa, si svolge l’istruttoria, si ascoltano i testi, si ricostruiscono altre vicende. Tutto per appurare se il pm ha tenuto «in ufficio o fuori una condotta tale che comprometta il prestigio dell’ordine giudiziario». Per smontare il capo d’accusa, Spataro fa stralciare gli altri episodi e sostiene che si tratta solo di un fatto privato che non si è svolto «secondo modalità illecite o anche solo sconvenienti». È «non soltanto perfettamente lecito, ma anche assolutamente normale». La sentenza di assoluzione della sezione disciplinare del Csm, guidata dal vicepresidente Giancarlo de Carolis, arriva ad aprile ’83.



giovedì 27 gennaio 2011, 08:00



L’accusa alla Boccassini e quei controlli serali nelle stanze dei giudici

di Gian Marco Chiocci

L’atto d’accusa del procuratore capo e della procura generale. La memoria dell’avvocato-pm Spataro che invoca il rispetto della privacy. Le relazioni di servizio dei poliziotti-testimoni. Gira intorno a questi documenti al Csm la diatriba coi vertici degli uffici milanesi indispettiti dagli «atteggiamenti amorosi» del sostituto Ilda Boccassini. Il 4 novembre del 1981 il procuratore capo Mauro Gresti scrive alla procura generale per segnalare un’informativa della Digos dove si dà conto di questi «rapporti» con un giornalista di Lotta Continua, e nel farlo prega il collega «di esaminare se non sia inopportuno e compromettente del prestigio dell’ordine giudiziario che detto magistrato (la Boccassini, ndr) continui a prestare servizio presso la procura di Milano». Il procuratore generale Sofo Borghese spedisce tutto al Csm (che poi archivierà assolvendo la Boccassini, ndr) e per conoscenza al Guardasigilli. Nel frattempo ben 27 colleghi di Ilda insorgono per iscritto contro il loro capo lamentando una sproporzione dell’iniziativa «per un episodio di trascurabile rilevanza».

"INCONTRI" SERALI IN UFFICIO E LE INDAGINI DEI CARABINIERI
Il procuratore Gresti risponde per le rime, indirettamente, parlando col Pg «in ordine ai comportamenti tenuti in ufficio dal sostituto Ilda Boccassini in un lasso di tempo tra l’autunno del 1979 e l’inverno del 1980». Non un singolo episodio, dunque. Gresti fa riferimento a quanto raccontatogli sia da un addetto alle pulizie del tribunale che dal colonnello dei carabinieri Adolfo Bono «da me riservatamente incaricato di ispezionare, specie nelle ore serali, gli ambienti della procura di Milano al fine di evitare il ripetersi di episodi disdicevoli o comunque non certo commendevoli a me segnalati». Una delle soffiate finisce addirittura negli atti di indagine della procura generale allorché si chiede di riscontrare quanto riferito dall’addetto delle pulizie, e cioè «di aver visto, una sera d’inverno del 1980, nell’entrare dell’ufficio della medesima, per le pulizie, la dottoressa Boccassini in atteggiamento compromettente, seduta a gambe aperte sulle gambe di un uomo e di fronte allo stesso». Interrogato successivamente, l’addetto alle pulizie preciserà di aver solo detto a un colonnello dei carabinieri ciò che gli era stato confidato da un avvocato. A sollevare dubbi sul superteste alcune colleghe della Boccassini (Annamaria Gatto e Manuela Manzi) che al difensore di Ilda riferiranno di confidenze ricevute dallo stesso addetto delle pulizie, che parlava di altri «incontri» in ufficio con altre donne in toga. Non con la Boccassini.

LA LETTERA "EVERSIVA" E L’IRA DEL PROCURATORE
Ma torniamo al j’accuse del procuratore Gresti. «Non assunsi allora iniziative disciplinari nei confronti della dottoressa Boccassini perché ritenni, che i fatti riferitimi non avevano avuto risonanza fuori dall’ambiente ristretto dell’Ufficio (...)». Oltre all’episodio «amoroso» avvenuto a due passi dal Palazzo di giustizia, scrive Gresti, a turbarlo fu il rapporto con un giornalista critico con l’azione della procura di Milano sul fronte delle fermezza nella lotta al terrorismo. Rimase stupito da una lettera scritta dalla Boccassini «insieme ad altro magistrato della procura di Milano e sottoscritta da numerosi “operatori del diritto”...», di solidarietà verso un imputato di partecipazione a banda armata e di altri reati eversivi che chiedeva di cambiare carcere. Alla richiesta di trasferimento del procuratore capo, e del procuratore generale Antonio Leo che sosterrà l’accusa, non verrà dato seguito.


LA VERSIONE DI ILDA: "FATTI PRIVATI E RISERVATI"
Anche grazie a questa memoria difensiva presentata dal suo «avvocato» di allora, il pm Armando Spataro. Che riporta alla lettera le parole della Boccassini che nella sua arringa difensiva si appella alla privacy, alla riservatezza: «(...) Intendo precisare pur col rispetto verso l’autorità che ha promosso il procedimento, che non ritengo di dover entrare nel merito del fatto contestatomi. Ritengo infatti che esso concerne un tipo di questioni che attengono esclusivamente alla sfera della mia vita privata coperta, come tale, da un diritto di assoluta riservatezza. Il trattarne nel merito in questa sede - insiste Ilda la rossa - sia pure a fini difensivi equivarrebbe, a mio giudizio, ad accettare un’inammissibile interferenza in ambito di comportamenti che, nei limiti della loro evidente liceità alla stregua delle norme che regolano la vita di tutti i cittadini, e in particolare la disciplina dei magistrato, non ritengo sottoponibili a controllo». Successivamente, però, la Boccassini qualcosina dice: «Non ricordo con precisione l’episodio del 15 ottobre 1981. Conosco da tempo il giornalista (...) non escludo di averlo salutato affettuosamente. Tale amicizia non ha avuto alcuna influenza sul lavoro di ufficio. Mai mi ha chiesto notizie, mai ha interferito sulla mia attività».

GLI AGENTI-TESTIMONI FIRMANO L’INFORMATIVA
Nella relazione a doppia firma dei testimoni oculari del «fattaccio» (un poliziotto e un finanziere) inviata al dirigente Digos e da qui all’ufficio del procuratore, si fa presente che «il giorno 15.10.1981 alle ore 18.30, lungo via Cesare Battisti, angolo corso di Porta Vittoria veniva attirata la mia attenzione (e il poliziotto che parla, ndr) da una coppia di giovani che abbracciati, in atteggiamento amoroso, si baciavano mentre camminavano (...). Mi colpiva in modo particolare lo sguardo insistente e cattivo che mi veniva lanciato dalla dottoressa in questione, tale da trarre anche l’attenzione del benzinaio sito nella stessa via, al punto di dirmi poi “ma hai visto che sguardo che ti ha lanciato quella lì?”...».
Luciano Baroni
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