ALCUNI BUONI MOTIVI PER RIFLETTERE
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ALCUNI BUONI MOTIVI PER RIFLETTERE
Innanzi tutto un saluto a tutti.
Mi scuso per l'assenza ma: da un lato il lavoro e dall'altro il rinnovamento del PC (cambiato dopo innumerevoli problemi).
Ho trovato queste osservazioni interessanti e condivisibili. Ve le sottopongo, scusandomi per la lunghezza, perchè mi paiono calzanti alle situazioni che ciascuno di noi vive nel proprio territorio.
Il sindaco di Genova Marta Vincenzi (PD) sta imponendo la costruzione di una delle più grandi moschee italiane a una città che non la vuole. Nel quartiere del Lagaccio scelto dal sindaco per accogliere la moschea è intervenuto di persona il ministro per le Politiche comunitarie Andrea Ronchi (PdL) incontrandosi con gli abitanti palesemente contrari al progetto. Da mesi in tutta la città si sono moltiplicate le iniziative di cittadini legati a differenti parti politiche unite però dalla medesima intenzione di raccogliere le firme per contrastare l’azione della Vincenzi. Adesso che la costruzione della moschea è stata ugualmente approvata dal Comune di Genova, contro la volontà popolare e creando ulteriore allarme sociale in una città complessa come il capoluogo ligure, gli abitanti si stanno organizzando per adire la via referendaria consultiva su base cittadina al fine di notificare la volontà popolare contraria alla moschea e abolire la normativa comunale. Partecipano attivamente alla promozione del referendum An, Fi, Lista Biasotti, Udc, Lega, oltre a parecchi esponenti di associazioni e circoli comunali.
A fronte di tutto ciò emergono varie considerazioni sulla questione, alcune legate al comportamento del sindaco, altre connesse, ovviamente, ai motivi legali e morali di rigetto della moschea.
Innanzi tutto, la decisione del sindaco PD pare voler dimostrare pubblicamente un intento squisitamente propagandistico, ammantato dalla solita coltre politically correct di chi ama l’ipocrisia alla verità. Ciò lo si deduce in primis da come la signora Vincenzi a ogni comizio e intervista si ostini a definire la moschea: «Luogo di culto». Ebbene, nessuno può dubitare dell’intelligenza e della cultura del sindaco genovese, né può ragionevolmente pensare che su un argomento tanto delicato, non solo per la vita della città ma finanche per il futuro della società europea, ella non si sia presa la briga d’informarsi almeno sulle definizioni esatte del concetto di moschea. La moschea NON è un luogo di culto. La moschea non è una chiesa; i musulmani non necessitano di un luogo di culto per pregare; i musulmani non necessitano di intermediari per praticare il loro culto e le preghiere giornaliere, né hanno sacramenti da rispettare all’interno di un luogo predefinito come è ad esempio per i cristiani. La moschea è, invece, un luogo d’aggregazione sociale, culturale, conviviale, anche commerciale, ma soprattutto è foro di competenza giuridica e d’indottrinamento religioso. Già questo modo falso di porre la questione di fronte ai suoi cittadini induce a dubitare della buona fede del sindaco, in ciò confortati pure da un ulteriore elemento taciuto dall’amministrazione comunale nella sua campagna pubblicitaria a favore della moschea, ossia che a Genova vi sarebbero già altre tre moschee. Se quindi un sindaco intelligente come la signora Vincenzi vuole andare a tutti i costi contro la realtà a discapito della volontà dei suoi concittadini, che cosa si dovrebbe pensare? Forse che voglia soltanto ingraziarsi i futuri voti degli immigrati?
La seconda considerazione concerne invece la legalità e la moralità delle moschee in territorio occidentale. Qui gli aspetti che decretano la contrarietà alla loro edificazione sono molteplici. L’articolo 8 comma 3 della Costituzione prevede che i rapporti delle confessioni religiose con lo Stato siano regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze; ciò è ribadito anche dalla legislazione ordinaria con la L. 24.06.1929 n. 1159 e rd 28.02.1930 n. 289 (Disposizioni sull’esercizio dei culti ammessi nello Stato e norme di attuazione). La nostra Costituzione richiede, quindi, un “patto di intesa”, sottoposto alle Camere, affinché si verifichi che “la confessione religiosa professata non sia portatrice di una concezione di vita che induce a vivere il rapporto tra fedeli e Stato secondo modalità profondamente diverse dai convincimenti religiosi o meno che la maggioranza dei cittadini recepisce come disvalori e incompatibili con il nostro ordinamento giuridico”. La confessione islamica, al contrario, contrasta con l’ordinamento giuridico italiano e coi principi di riconoscimento di libertà e di dignità della persona garantiti da decenni dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Tutte le religioni praticate in territorio italiano, compresa la cattolica, sono sottoposte ai relativi patti d’intesa, tranne la musulmana, i cui rappresentanti non hanno mai firmato tali patti, ma hanno tuttavia continuato a erigere illegalmente moschee a ritmo esponenziale nel territorio grazie all’accondiscendenza di amministrazioni compiacenti e alla farraginosità delle legislazioni regionali mal interpretate e ancor peggio applicate. Attualmente in Italia esistono oltre 750 moschee, tutte illegali.
Ma si badi bene, non sono illegali in quanto luoghi di culto privi dei requisiti giuridici, poiché, come abbiamo detto prima, non si tratta di luoghi di culto: in realtà sono le confessioni musulmane tout-court a essere illecite ove non abbiano aderito ai patti costituzionali. Le moschee, invece, sono illegali perché in esse vengono propugnati principi profondamente contrari all’ordinamento giuridico italiano. Infatti lo scopo principale della proliferazione di moschee in Europa consiste non nella preghiera comune fra fedeli, bensì nella creazione di un sistema giuridico alternativo e in opposizione ai sistemi giuridici statali europei, basato non sui codici e sui tribunali statali ma nell’applicazione della sharia, ossia del diritto coranico.
Il fenomeno è già tragicamente in vigore in Inghilterra dove le corti islamiche delle moschee applicano la sharia fra i musulmani per una serie di normative di diritto privato (famiglia, successioni, proprietà, diritti della persona, eccetera): i risultati sono la perdita dei diritti umani e sociali da parte di interi settori civili, come quello delle donne islamiche, ora schiave di tradizioni medievali e tribali superate in Occidente da secoli. Negli ospedali inglesi si registrano quotidianamente atti di violenza contro le donne e i minori destinati a restare impuniti perché ammessi e propugnati dalle interpretazioni coraniche estremiste degli imam nelle moschee britanniche. Che la Sinistra italiana ed europea non si avveda di tutto ciò sconcerta, specie considerando che apparterrebbe proprio alla sua bandiera difendere la legalità, i diritti dei deboli, delle donne, dei minori, invece che rendersi complice di chi ha come obiettivo esattamente l’eversione dei principi democratici.
In Italia una delle organizzazioni islamiche maggiormente attive nella creazione di moschee è l’Ucoii, e anche dietro quella di Genova appaiono i suoi finanziamenti e i suoi uomini (come denuncia, fra gli altri, Abu Bakr Moretta, esponente dei musulmani moderati del Coreis). L’Ucoii è unanimemente considerata l’estensione in Italia dei Fratelli Musulmani egiziani. I rapporti di polizia e d’intelligence, nonché i tribunali italiani, sono ricchi di documentazioni al riguardo; sul sito dell’Ucoii appaiono perfino manifesti a favore del terrorismo e della distruzione d’Israele, nonché chiari intendimenti eversivi a favore dell’instaurazione in Occidente di una società dominata dal diritto coranico. Magdi Cristiano Allam, il direttore del Corsera Paolo Mieli, e il professor Abdul Hadi Palazzi (segretario generale dell’Assemblea Musulmani d’Italia, autorità assoluta nel mondo islamico) sono solo tre delle importanti voci levatisi contro l’Ucoii, in ciò confortate anche dalle recenti sentenze che ne hanno stabilito la veridicità delle denunce. Mentre nelle sentenze dei tribunali italiani si riporta come «sia opportuno compiere attente indagini prima di individuare l’Ucoii quale principale interlocutore per quanto riguarda i rapporti con i musulmani evidenziando inoltre che le moschee in Italia possano essere un serbatoio di kamikaze e terroristi», fa rabbrividire la lettura delle traduzioni delle prediche solitamente in uso nelle moschee italiane.
Parole dell’imam di Ponte Felcino, vicino Perugia, il marocchino El Mosthapa Korchi: «Colpire gli altri bambini finché non esce loro il sangue»; «Ci sarà un giorno del giudizio in cui tutti i musulmani andranno in paradiso, mentre gli italiani miscredenti andranno all’inferno e bruceranno»; «Dio accetta i martiri musulmani, Dio ci protegga dagli americani, dagli ebrei, dai cristiani, dai traditori, Dio li distrugga e li renda deboli». La lezione ai fedeli: Sgozzateli così: «Per sgozzare un uomo devi prenderlo da dietro, immobilizzargli entrambe le mani dietro la schiena. Poi premere con forza la lama da sinistra verso destra». «Per strozzarlo prima che urli, fondamentale è la sorpresa, serve una corda resistente». E ancora: «Fare un silenziatore è facile, basta andare dal ferramenta».
Genova, infine, non è Varese, ma una città di frontiera, con una casbah enorme di clandestini dediti a illegalità, racket, narcotraffico e prostituzione in mano a immigrati musulmani, oltre a miseria e degrado sociale: tutto ciò è l’humus ideale per l’oscurantismo culturale, il fondamentalismo, il terrorismo. Prima di fare un’ennesima moschea, quindi, occorre esigere garanzie concrete di rispetto dei valori costituzionali italiani e dei principi etici occidentali, fortius delle leggi repubblicane. Qui non è in gioco la libertà religiosa di una minoranza (che a breve diventerà maggioranza), ma sono in gioco i diritti umani e sociali di una civiltà che grazie ai valori cristiani e illuministici ha fondato la democrazia e la pace, e ora rischia di abdicarvi per un mal’interpretato senso di correttezza verso chi la vuole combattere. Ancora una volta è strabiliante non tanto la strategia d’islamizzazione dell’Occidente perpetrata dagli integralisti, bensì la sindrome di Monaco che occlude gli occhi e la mente a certi ambienti sinistrorsi e bempensanti europei.
Mi scuso per l'assenza ma: da un lato il lavoro e dall'altro il rinnovamento del PC (cambiato dopo innumerevoli problemi).
Ho trovato queste osservazioni interessanti e condivisibili. Ve le sottopongo, scusandomi per la lunghezza, perchè mi paiono calzanti alle situazioni che ciascuno di noi vive nel proprio territorio.
Il sindaco di Genova Marta Vincenzi (PD) sta imponendo la costruzione di una delle più grandi moschee italiane a una città che non la vuole. Nel quartiere del Lagaccio scelto dal sindaco per accogliere la moschea è intervenuto di persona il ministro per le Politiche comunitarie Andrea Ronchi (PdL) incontrandosi con gli abitanti palesemente contrari al progetto. Da mesi in tutta la città si sono moltiplicate le iniziative di cittadini legati a differenti parti politiche unite però dalla medesima intenzione di raccogliere le firme per contrastare l’azione della Vincenzi. Adesso che la costruzione della moschea è stata ugualmente approvata dal Comune di Genova, contro la volontà popolare e creando ulteriore allarme sociale in una città complessa come il capoluogo ligure, gli abitanti si stanno organizzando per adire la via referendaria consultiva su base cittadina al fine di notificare la volontà popolare contraria alla moschea e abolire la normativa comunale. Partecipano attivamente alla promozione del referendum An, Fi, Lista Biasotti, Udc, Lega, oltre a parecchi esponenti di associazioni e circoli comunali.
A fronte di tutto ciò emergono varie considerazioni sulla questione, alcune legate al comportamento del sindaco, altre connesse, ovviamente, ai motivi legali e morali di rigetto della moschea.
Innanzi tutto, la decisione del sindaco PD pare voler dimostrare pubblicamente un intento squisitamente propagandistico, ammantato dalla solita coltre politically correct di chi ama l’ipocrisia alla verità. Ciò lo si deduce in primis da come la signora Vincenzi a ogni comizio e intervista si ostini a definire la moschea: «Luogo di culto». Ebbene, nessuno può dubitare dell’intelligenza e della cultura del sindaco genovese, né può ragionevolmente pensare che su un argomento tanto delicato, non solo per la vita della città ma finanche per il futuro della società europea, ella non si sia presa la briga d’informarsi almeno sulle definizioni esatte del concetto di moschea. La moschea NON è un luogo di culto. La moschea non è una chiesa; i musulmani non necessitano di un luogo di culto per pregare; i musulmani non necessitano di intermediari per praticare il loro culto e le preghiere giornaliere, né hanno sacramenti da rispettare all’interno di un luogo predefinito come è ad esempio per i cristiani. La moschea è, invece, un luogo d’aggregazione sociale, culturale, conviviale, anche commerciale, ma soprattutto è foro di competenza giuridica e d’indottrinamento religioso. Già questo modo falso di porre la questione di fronte ai suoi cittadini induce a dubitare della buona fede del sindaco, in ciò confortati pure da un ulteriore elemento taciuto dall’amministrazione comunale nella sua campagna pubblicitaria a favore della moschea, ossia che a Genova vi sarebbero già altre tre moschee. Se quindi un sindaco intelligente come la signora Vincenzi vuole andare a tutti i costi contro la realtà a discapito della volontà dei suoi concittadini, che cosa si dovrebbe pensare? Forse che voglia soltanto ingraziarsi i futuri voti degli immigrati?
La seconda considerazione concerne invece la legalità e la moralità delle moschee in territorio occidentale. Qui gli aspetti che decretano la contrarietà alla loro edificazione sono molteplici. L’articolo 8 comma 3 della Costituzione prevede che i rapporti delle confessioni religiose con lo Stato siano regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze; ciò è ribadito anche dalla legislazione ordinaria con la L. 24.06.1929 n. 1159 e rd 28.02.1930 n. 289 (Disposizioni sull’esercizio dei culti ammessi nello Stato e norme di attuazione). La nostra Costituzione richiede, quindi, un “patto di intesa”, sottoposto alle Camere, affinché si verifichi che “la confessione religiosa professata non sia portatrice di una concezione di vita che induce a vivere il rapporto tra fedeli e Stato secondo modalità profondamente diverse dai convincimenti religiosi o meno che la maggioranza dei cittadini recepisce come disvalori e incompatibili con il nostro ordinamento giuridico”. La confessione islamica, al contrario, contrasta con l’ordinamento giuridico italiano e coi principi di riconoscimento di libertà e di dignità della persona garantiti da decenni dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Tutte le religioni praticate in territorio italiano, compresa la cattolica, sono sottoposte ai relativi patti d’intesa, tranne la musulmana, i cui rappresentanti non hanno mai firmato tali patti, ma hanno tuttavia continuato a erigere illegalmente moschee a ritmo esponenziale nel territorio grazie all’accondiscendenza di amministrazioni compiacenti e alla farraginosità delle legislazioni regionali mal interpretate e ancor peggio applicate. Attualmente in Italia esistono oltre 750 moschee, tutte illegali.
Ma si badi bene, non sono illegali in quanto luoghi di culto privi dei requisiti giuridici, poiché, come abbiamo detto prima, non si tratta di luoghi di culto: in realtà sono le confessioni musulmane tout-court a essere illecite ove non abbiano aderito ai patti costituzionali. Le moschee, invece, sono illegali perché in esse vengono propugnati principi profondamente contrari all’ordinamento giuridico italiano. Infatti lo scopo principale della proliferazione di moschee in Europa consiste non nella preghiera comune fra fedeli, bensì nella creazione di un sistema giuridico alternativo e in opposizione ai sistemi giuridici statali europei, basato non sui codici e sui tribunali statali ma nell’applicazione della sharia, ossia del diritto coranico.
Il fenomeno è già tragicamente in vigore in Inghilterra dove le corti islamiche delle moschee applicano la sharia fra i musulmani per una serie di normative di diritto privato (famiglia, successioni, proprietà, diritti della persona, eccetera): i risultati sono la perdita dei diritti umani e sociali da parte di interi settori civili, come quello delle donne islamiche, ora schiave di tradizioni medievali e tribali superate in Occidente da secoli. Negli ospedali inglesi si registrano quotidianamente atti di violenza contro le donne e i minori destinati a restare impuniti perché ammessi e propugnati dalle interpretazioni coraniche estremiste degli imam nelle moschee britanniche. Che la Sinistra italiana ed europea non si avveda di tutto ciò sconcerta, specie considerando che apparterrebbe proprio alla sua bandiera difendere la legalità, i diritti dei deboli, delle donne, dei minori, invece che rendersi complice di chi ha come obiettivo esattamente l’eversione dei principi democratici.
In Italia una delle organizzazioni islamiche maggiormente attive nella creazione di moschee è l’Ucoii, e anche dietro quella di Genova appaiono i suoi finanziamenti e i suoi uomini (come denuncia, fra gli altri, Abu Bakr Moretta, esponente dei musulmani moderati del Coreis). L’Ucoii è unanimemente considerata l’estensione in Italia dei Fratelli Musulmani egiziani. I rapporti di polizia e d’intelligence, nonché i tribunali italiani, sono ricchi di documentazioni al riguardo; sul sito dell’Ucoii appaiono perfino manifesti a favore del terrorismo e della distruzione d’Israele, nonché chiari intendimenti eversivi a favore dell’instaurazione in Occidente di una società dominata dal diritto coranico. Magdi Cristiano Allam, il direttore del Corsera Paolo Mieli, e il professor Abdul Hadi Palazzi (segretario generale dell’Assemblea Musulmani d’Italia, autorità assoluta nel mondo islamico) sono solo tre delle importanti voci levatisi contro l’Ucoii, in ciò confortate anche dalle recenti sentenze che ne hanno stabilito la veridicità delle denunce. Mentre nelle sentenze dei tribunali italiani si riporta come «sia opportuno compiere attente indagini prima di individuare l’Ucoii quale principale interlocutore per quanto riguarda i rapporti con i musulmani evidenziando inoltre che le moschee in Italia possano essere un serbatoio di kamikaze e terroristi», fa rabbrividire la lettura delle traduzioni delle prediche solitamente in uso nelle moschee italiane.
Parole dell’imam di Ponte Felcino, vicino Perugia, il marocchino El Mosthapa Korchi: «Colpire gli altri bambini finché non esce loro il sangue»; «Ci sarà un giorno del giudizio in cui tutti i musulmani andranno in paradiso, mentre gli italiani miscredenti andranno all’inferno e bruceranno»; «Dio accetta i martiri musulmani, Dio ci protegga dagli americani, dagli ebrei, dai cristiani, dai traditori, Dio li distrugga e li renda deboli». La lezione ai fedeli: Sgozzateli così: «Per sgozzare un uomo devi prenderlo da dietro, immobilizzargli entrambe le mani dietro la schiena. Poi premere con forza la lama da sinistra verso destra». «Per strozzarlo prima che urli, fondamentale è la sorpresa, serve una corda resistente». E ancora: «Fare un silenziatore è facile, basta andare dal ferramenta».
Genova, infine, non è Varese, ma una città di frontiera, con una casbah enorme di clandestini dediti a illegalità, racket, narcotraffico e prostituzione in mano a immigrati musulmani, oltre a miseria e degrado sociale: tutto ciò è l’humus ideale per l’oscurantismo culturale, il fondamentalismo, il terrorismo. Prima di fare un’ennesima moschea, quindi, occorre esigere garanzie concrete di rispetto dei valori costituzionali italiani e dei principi etici occidentali, fortius delle leggi repubblicane. Qui non è in gioco la libertà religiosa di una minoranza (che a breve diventerà maggioranza), ma sono in gioco i diritti umani e sociali di una civiltà che grazie ai valori cristiani e illuministici ha fondato la democrazia e la pace, e ora rischia di abdicarvi per un mal’interpretato senso di correttezza verso chi la vuole combattere. Ancora una volta è strabiliante non tanto la strategia d’islamizzazione dell’Occidente perpetrata dagli integralisti, bensì la sindrome di Monaco che occlude gli occhi e la mente a certi ambienti sinistrorsi e bempensanti europei.
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